“Ma tu scotti, hai la febbre… mettiti a letto, che ti preparo subito qualcosa di caldo da mangiare…”.
La giovane aveva tentato di spiegare ai suoi genitori cosa le era successo nel bosco, ma nessuno dei due l’aveva presa molto sul serio. O meglio, avevano cambiato discorso, preoccupandosi più per la sua salute che per il contenuto del suo resoconto.
Sua madre Brigida aveva scambiato un’occhiata d’intesa con suo marito Marius e poi l’aveva liquidata con un: “Va bene, d’accordo…domani mattina, se ti sentirai meglio, andremo al maniero a parlare con Madama Brunilde. Lei saprà certamente interpretare la tua esperienza giù al ruscello…. ora però dormi.”
Sua madre le sorrise mentre le carezzava la fronte, scostandole una ciocca di capelli rossi da davanti agli occhi turchesi semichiusi. Ed attese finché sua figlia non li chiuse del tutto, addormentandosi.
Probabilmente a causa dei fumi della febbre, la giovane si trovò a passare una notte agitata, costellata di visioni ed immagini orribili.
Si ritrovò infatti sul sentiero nella foresta, ma questa volta non si limitò ad osservare orribili creature sciamare verso di lei, ma anche finirle addosso e passarle attraverso come fossero stati dei fantasmi. Una coltre di nero fumo avvolgeva ogni cosa e in alto, in cielo, delle ombre immense, sputavano fuoco sul feudo degli Uth Breannar, ormai ridotto in misere macerie.
Casa sua non esisteva più.
Riusciva a sentire le grida d’angoscia della gente, molti di loro erano suoi amici e lei finì per cadere in ginocchio in preda alla disperazione.
“Non disperarti mia cara”, le disse un vecchio vestito con abiti grigi e un buffo cappello a punta. “Sei troppo giovane per assistere a così tanto dolore e distruzione”.
La ragazza si alzò cercando di portar via quell’uomo da quel luogo così pericoloso, ma lui non ne voleva sapere di muoversi da lì. Almeno per il momento. Si era infatti tolto uno stivale e stava rovistando dentro di esso in cerca di una improbabile chiave, che avrebbe dovuto aprire una qualche porta esistente presumibilmente solo nella sua testa. La ragazza, sempre più terrorizzata, cercò di trascinare quel vecchio pazzo via di lì, ma invano: il vecchio era molto più forte di quello che lei si fosse aspettata. Alla fine si arrese e decise di rimanere a morire lì con lui. L’avrebbe difeso fin quando le fosse stato possibile.
Quando tutto pareva perduto il vecchio si alzò, le offrì il braccio e si infilò dentro la foresta. Liquidò la questione con un semplice “Adesso è il momento giusto per andare…”.
Sembrava saper bene dove dovesse recarsi, ma la ragazza era comunque in preda alla confusione e alla paura. Alla fine, tenendosi stretti l’una all’altro, giunsero davanti ad un piccolo tempio ricavato interamente dal legno della foresta. Gli intricati simboli che lo caratterizzavano, dicevano chiaramente che fosse un tempio elfico. La giovane si avvicinò per osservarlo meglio, scoprendo che la chiave che il vecchio stava cercando era in qualche modo finita nella sua mano.
Decise dunque di aprire.
Dentro c’era un piccolo e scarno ambiente con apparentemente niente di rilevante, a parte un piccolo leggio con sopra un tomo bianco chiuso. La ragazza, incuriosita dal libro, lo afferrò e cominciò a sfogliarlo. Ovviamente quelle parole per lei erano incomprensibili, ma in un qualche assurdo modo, quei segni così armoniosi erano riusciti a tranquillizzarla, le avevano infuso pace nel cuore.
Il vecchio le sorrise e le disse che lei avrebbe dovuto compiere un disperato viaggio fino a Silvanesti e raggiungere proprio il tempio in cui si trovava. Qui avrebbe dovuto recuperare il tomo bianco di Paladine e portarlo alla Torre del Sommo Chierico prima del volgere della primavera. Se ci fosse riuscita, la guerra contro le forze del male molto probabilmente sarebbe stata vinta. Altrimenti, tutto sarebbe andato perduto. Tuttavia le disse di non temere, perché lei era stata creata per quello.
Con un respiro affannato la giovane si svegliò di soprassalto.
Era già mattina e lei doveva andare ad avvertire il suo amico Stuard del pericolo che incombeva sul mondo intero e magari implorare delle risposte alle sue incombenti domande.
Il conclave durò fino a sera e Stuard aveva accumulato talmente tanta ansia nel suo cuore che pensava di scoppiare da un momento all’altro.
Nessuno infatti gli aveva voluto dire niente e lui era un po’ stufo di essere considerato la mascotte della casata Uth Breannar. Aveva diciotto anni ormai e voleva dimostrare di essere degno di partecipare al conclave come lo era suo fratello e gli altri ospiti presenti in sala.
Pertanto l’indomani mattina, fu il primo a farsi trovare davanti alla porta delle udienze, ma di nuovo le guardie gli suggerirono educatamente di rimanere indietro: ordine di suo nonno Gerald. Tuttavia quando suo fratello Theodor gli passò vicino, infilò il braccio sotto al suo e se lo portò dentro alla stanza. Stuard non faticò poi tanto a capire chi aveva spinto suo fratello a prendersi quella responsabilità. Sua sorella Eleanor sarebbe stata davvero un grande cavaliere!
La discussione riprese poco dopo, ma le casate non erano molto d’accordo su come agire. Erano d’accordo di praticare un piano d’azione congiunto con gli altri cavalieri più a nord, per questo Theodor era stato indicato come portavoce delle tre casate (Uth Wistan a parte) nella prossima riunione a Vingaard Keep di fine mese.
Tuttavia non sapevano bene cosa fare adesso.
Quando la matrona Brunilde irruppe senza preavviso nell’aula del conclave, tutti scattarono sull’attenti.
Fu un’azione inaspettata e assolutamente inusuale, non perché la matrona non avesse la facoltà di agire in quel modo se avesse voluto, quanto perché i motivi che avrebbero dovuto spingerla a fare una cosa del genere dovevano essere davvero gravi.
Quando la giovane uscì da dietro le sue spalle, intimorita da presenze così importanti, Stuard capì da chi avesse preso sua sorella Eleanor. Sorrise e cercò con lo sguardo la sua giovane amica per rassicurarla.
“Ascoltate cosa ha da dire questa giovane donna, potrebbe salvare le nostre vite e quelle di migliaia di persone su Krynn!” Disse con fare imperioso Brunilde, zittendo qualunque obiezione dei presenti nel far partecipare una ragazzina ad un conclave di cavalieri.
La giovane si fece coraggio e si fece avanti. Aveva la mano su uno strano medaglione che suo padre gli aveva legato al collo con un filo d’argento.
“Mi chiamo Estellen e sono certa che Paladine mi abbia mandato una visione.”
La ragazza raccontò il suo sogno, il viaggio con il vecchio attraverso la foresta e la necessità di recuperare il libro bianco di Paladine entro la fine della primavera. Parlò dei goblin, di creature inquietanti ed alate ed orribili che non poteva in nessun modo aver già visto da qualche altra parte, di ombre alate che sputavano fuoco che gelarono le ossa dei cavalieri più anziani. Parlò dei morti, delle città distrutte e dell’arrivo di una donna malvagia che si chiamava Takhisis, che avrebbe portato con sé dolore e disperazione su Krynn.
Estellen fu come un fiume in piena e sottolineò con molto ardore quanto ogni sforzo di arginare questa minaccia, questa guerra incombente, sarebbe stato vano se non l’avessero aiutata a recuperare questo sacro tomo. Poi tacque, aspettandosi come minimo di essere allontanata dal conclave immediatamente. Stuard anche condivideva i pensieri dell’amica, conoscendo l'atteggiamento di alcuni di quei cavalieri, tanto che si era appena alzato per darle manforte, qualunque cosa fosse accaduta.
Egli infatti sapeva bene che la sua amica d'infanzia non era una persona qualunque. Non lo era mai stata e lui immaginava che quando fosse cresciuta, tutti avrebbero capito quanto lei fosse speciale. Stava quasi per intervenire, quando sia suo nonno Gerald che Victor Astarte, si guardarono intensamente per qualche secondo e poi annuirono solennemente.
Il portavoce degli Uth Wistan non riusciva a credere alla proprie orecchie e con lui anche Gregor Uth Monnar.
Tuttavia fu suo figlio Ulther a spostare l’ago della bilancia, affermando con decisione che di sicuro esisteva una spiegazione chiara che giustificasse le loro posizioni, che certamente Gerald e Victor avrebbero fornito ai presenti quanto prima. Tuttavia aggiunse anche che lui credeva alle parole di Estellen. Credeva nella sua missione benedetta da Paladine. Ci credeva perchè le parole di quella ragazza avevano raggiunto il suo cuore,
Tuttavia non poteva offrirsi come difensore della ragazza nel suo pellegrinaggio a Silvanesti per via dei preparativi alla guerra. Nemmeno Theodor poteva intraprendere questa missione a causa dei suoi impegni a Vingaard Keep.
Fu allora che Stuard si offrì di guidarla, di proteggerla. Sarebbe stata la sua missione, la sua ordalia per diventare cavaliere. Tuttavia suo nonno non la pensava così, nonostante suo padre fosse in parte d’accordo con lui. Stuard era troppo giovane per una responsabilità simile e lui non aveva intenzione di perdere il suo nipote più piccolo in un viaggio che sarebbe stato ai limiti del suicidio. Il peso della missione era ricaduta dunque sulle spalle di
Così il consiglio si sciolse e si diede appuntamento per l’indomani mattina: una decisione importante doveva esser presa su chi avrebbe dovuto accompagnare Estellen nel suo lungo viaggio fino alla terra degli elfi. Astarte aggiunse solo di recarsi prima al porto di Schalsea e parlare con Kail, la sua guida. Sarebbe potuto essere determinante a guidare lei e il cavaliere che l’avesse seguita, nei territori impervi di Blode e di Silvanesti.
Mentre Stuard mestamente stava ritornando alle sue stanze però, sua sorella Eleanor lo intercettò, le diede la sua spada (un dono di suo nonno per il suo diciottesimo compleanno) e gli disse che doveva andare lui con Estellen. Prima di tutto per via del loro forte legame di amicizia e secondo poi perché lui era pronto e doveva dimostrarlo, prima di tutto a sé stesso. Ci avrebbe pensato lei a suo nonno.
Stuard rimase senza parole, sellò dunque due cavalli e col favore delle tenebre si recò a casa di Estellen.
I suoi genitori si accomiatarono dalla loro figlia con grande sofferenza, ma ammisero che in lei c’era molto di più che una semplice contadina di un feudo sperduto tra i monti Dargaard. Riconobbero con tristezza entrambi che l’avevano allevata come se fosse stata figlia loro, ma che lei non era in realtà la loro figlia biologica.
Aggiunsero solo che le risposte alle sue domande giacevano dentro il maniero Uth Breannar, ma Stuard le ricordò che non avevano tempo da perdere ora: dovevano partire subito o il conclave dei cavalieri si sarebbero opposti alla loro improvvisata fuga!
Così si recarono ai cancelli e poi fuori, verso sud, verso Shalsea.
Qui incontrarono con loro sommo stupore, Ulther Uth Monnar, il cavaliere che aveva appoggiato Estellen e la sua missione divina.
Disse soltanto che li avrebbe scortati sani e salvi fino al porto, attraverso il territorio della sua famiglia e fece giurare a Stuard di riportare Estellen viva quanto prima.
Stuard ovviamente lo promise con tutto il suo coraggio ed ardore, tuttavia aveva il sospetto che qualcosa fosse scattato tra la sua amica e quel giovane cavaliere. Se quei tempi non fossero stati così incerti e preoccupanti, tra loro sarebbe quasi certamente scattato l’amore.