“Mi raccomando cara, stai attenta giù al ruscello. Stanno iniziando le gelate e rischi di cadere se non guardi dove metti i piedi…”.
La donna aveva messo le mani sui fianchi mentre avvertiva sua figlia e aveva l’aria di chi la sapeva lunga sull’argomento.
“Non ti preoccupare mamma, starò attenta…”.
La ragazza si era quindi caricata i due secchi d’acqua sulle spalle, tenuti in equilibrio da un solido bastone e si apprestò a prendere il sentiero per la foresta che l’avrebbe condotta al ruscello. Era suo il compito di rifornire casa sua di acqua e non aveva certo intenzione di mandarci sua madre o suo padre solo perché era qualche giorno che la temperatura si era abbassata. Inoltre quello era il SUO posto. Il luogo dove si sentiva in pace con tutto e tutti.
Il luogo dove aveva trovato quello strano medaglione.
O meglio: era stato il ruscello a portarlo a lei. Infatti uno dei tanti giorni in cui era andata a raccogliere l’acqua, ormai quasi un anno prima, aveva notato un bagliore dorato tra le rocce. Aveva dunque infilato le mani nell’acqua gelida del ruscello e qualcosa di metallico le era finito delicatamente sopra.
Quasi avesse avuto vita propria.
Quello strano oggetto sembrava raffigurare qualcosa, ma nessuno riuscì a spiegarle di preciso cosa. Solo Brunilde, la matrona del maniero Uth Breannar e moglie di Gerald, le aveva detto che quella era un’antica effige di Paladine, il drago di platino. Perché proprio lei lo avesse trovato restava comunque un mistero: centinaia erano infatti le persone che si recavano al ruscello ogni giorno a prendere l’acqua, ma "Esso" sembrava avesse scelto lei.
Mentre camminava ricordando quello strano avvenimento, un senso di oppressione cominciò a salirle dalle viscere fino al petto. Una sensazione di pericolo imminente. La giovane cominciò a guardarsi a destra e a sinistra, nel tentativo di capire se c’era qualcosa che potesse minacciarla, ma tutto sembrava tranquillo. Fece dunque qualche altra decina di metri dentro la foresta e a quel punto qualcosa di completamente inaspettato, in effetti accadde.
Stuard Uth Breannar era l’ultimo rampollo della famiglia Uth Breannar. Suo nonno Gerald era stato un cavaliere molto importante, stimatissimo da tutto l’ordine di Solamnia. La sua parola era sempre tenuta in considerazione dal Gran Maestro della Rosa, Lord Gunthar Uth Wistan.
Suo padre, Lord Marcus, era un cavaliere della Corona, ma non era come suo nonno. Egli aveva preferito rimanere dentro il raggio d’azione del suo feudo, proteggere la sua gente, invece di compiere imprese valorose come aveva fatto Gerald. Questo atteggiamento non l’avrebbe mai portato all’altezza di suo nonno, anche lo stesso Marcus lo sapeva bene.
Suo fratello Theodor invece, anche lui cavaliere della Corona, aveva il temperamento e il coraggio di suo nonno, ma non il suo discernimento, la sua saggezza. Tutti sapevano che era un valoroso, ma probabilmente non sarebbe mai diventato un buon capo.
Poi c’era sua sorella Eleanor, che possedeva forse le migliori doti di tutti i componenti della famiglia, ma era costretta a rimanere in disparte a causa delle regole della Misura che vietavano alle donne di prestare giuramento come cavaliere. Eleanor era l’unica che avesse un ascendente potente su Gerald.
Sua nonna Brunilde e sua madre Gabrielle infine, non erano combattenti, ma erano due donne forti che sapevano come farsi rispettare in un maniero pieno zeppo di cavalieri.
Stuard si stava allenando quel giorno. Il suo maestro d’arme, Lord Marek Brenthon, aveva iniziato a dargli lezioni fin da quando era un bambino, ed oggi, ad appena un mese dal suo diciottesimo compleanno, Stuard era diventato un giovane spadaccino dal grande talento. Inoltre era un mancino e nessuno voleva combattere con un mancino, visto che utilizzavano lo scudo molto meglio della spada.
Allievo e maestro stavano parlando proprio di questo quando il suono di un corno si levò dal posto di guardia ai cancelli del maniero. I due si guardarono un po’ perplessi, ma quando Theodor spiegò quello che stava succedendo, Stuard non riusciva a credere alle sue orecchie: per la prima volta da quando era nato, un consiglio di cavalieri era stato approntato presso la sua casata, per discutere di cose evidentemente di estrema importanza.
Infatti molto presto poté vedere gli Astarte, gli Uth Monnar e gli Uth Wistan (che rappresentavano gli Uth Mohdi), caduti in disgrazia qualche decennio prima sfilare con aria solenne dentro il cortile del maniero. Lasciati i cavalli, l'alta delegazione di cavalieri raggiunse poi l’atrio ed infine entrò con passo deciso dentro la costruzione centrale.
Stuard osservò tutta la scena, poi alzò gli occhi e incrociò lo sguardo preoccupato di sua sorella. Lei gli disse di aspettare, tra un attimo sarebbe scesa da lui.
Occhi rossastri, suoni gutturali spaventosi e ombre di fumo nel cielo furono solo alcune delle orribili cose che la giovane stava percependo nella foresta.
Arretrò, mentre la paura cominciò a serpeggiare nella sua mente e nel suo cuore. Cadde (la madre l’aveva avvertita di guardare dove mettere i piedi), ma si rialzò prontamente, finché il fuoco si abbatté implacabile sui rami del bosco, incenerendoli. Nel chiarore rosato dell’incendio che avvampava, la ragazza afferrò i suoi secchi e corse a perdifiato verso il ruscello: non sapeva perché, ma fu come se intuisse che “quel posto”, il “suo posto”, l’avrebbe tenuta al sicuro da qualunque cosa stesse accadendo. Arrivò dunque di corsa, lanciò via i due secchi e si immerse nell’acqua gelida fino alle ginocchia. Poi chiuse gli occhi e ascoltò se i rumori della foresta fossero per caso cambiati. Non lo erano. Quindi si toccò il medaglione e respirò profondamente. Fu un gesto istintivo, non ponderato e in quel momento si rese conto che non era lei o quel bosco ad essere in pericolo, ma lo era tutta la Solamnia. Tutto Krynn!
Eserciti oscuri erano in marcia, mostri dinoccolati ed altri con ali tozze ma massicce, stavano preparando un attacco. Stavano muovendosi alla guerra. Sopra di esse, creature enormi e leggendarie, stavano iniziando a sferrare il loro attacco distruttivo e, in disparte, una donna bellissima e crudele come il male più assoluto, tesseva i fili di quello che stava per succedere e che aveva un unico e solo nome: invasione!
Terrorizzata, la ragazza raccolse i secchi, li immerse nell’acqua e poi si apprestò a tornare rapidamente a casa.
Fu una scelta coraggiosa, perché per tutto il tragitto quelle immagini spaventose non l’avevano abbandonata nemmeno per un momento. Eppure tenne duro. Qualcosa infatti le dava coraggio: la consapevolezza di non essere soli in questa battaglia. Avvertiva una forte luce intorno al tutta quell’oscurità e lei si concentrò su questo per tornare da sua madre.
Stuard raggiunse Eleanor che lo mise al corrente del piano del giorno. Sembrava che un’oscura minaccia stesse salendo dall’Ergoth del sud e sarebbe arrivata ad avvolgere tutta l’Abanasinia al volgere dell’Autunno.
I cavalieri stavano decidendo cosa fare, se riunirsi prima a Vingaard Keep per decidere insieme alle altre casate come dover agire in merito a questa imminente crisi, oppure risolvere la questione internamente e subito, magari mandando uno o due contingenti di cavalieri laggiù per sedare qualunque minaccia stesse per arrivare.
Le fonti della casata Astarte sembravano sicure che questa minaccia fosse molto più che una scorribanda di qualche goblin od orco, ma qualcosa di programmato, di militare. I cavalieri dunque dovevano per forza prendere una posizione in merito.
Al che Stuard tentò di seguire suo fratello nella stanza delle riunioni, ma non essendo di fatto ancora un vero cavaliere, l’accesso gli fu negato e fu costretto dunque ad accontentarsi di ascoltare brandelli di conversazione, che comunque non lo fecero faticare troppo a capire cosa si stessero dicendo e quali fossero le loro specifiche posizioni in merito a questa situazione.
Gli Uth Wistan suggerivano cautela, di riunirsi agli altri cavalieri a Vingaard Keep e decidere insieme una strategia congiunta. Gli Astarte invece stavano proponendo di sbarrare il fronte meridionale, inviando un intero contingente di cavalieri a presiedere il porto di Schalsea e dintorni. Infatti grazie ai frequenti rapporti di un ranger di nome Kail, (che al momento si trovava a Schalsea) negli ultimi anni, essi si erano ragionevolmente convinti che l’argomento di cui si stava discutendo, fosse molto più che una voce, ma un’evidenza, una tragica realtà. Gli Astarte erano anche certi che presto questi eventi avrebbero afflitto ben presto anche tutta la Solamnia.
Gregor Uth Monnar e suo figlio Ulther, infine, proposero una soluzione ancora più drastica: quella di inviare addirittura due contingenti di cavalieri nell’Ergoth del sud e stroncare sul nascere qualunque velleità del nemico, chiunque esso fosse stato.
Una strana sensazione assalì Stuard dopo aver ascoltato quegli esperti cavalieri: qualcosa dentro di sé continuava a suggerirgli che nessuna di quelle soluzioni proposte avrebbe fermato l’imminente guerra che stava per arrivare a casa loro. Il disastro era quasi alle porte e c'era molto poco che si potesse fare per evitarlo a parte forse sperare in un intervento divino.
Se solo gli dei ci fossero stati.