Il gruppo si era stretto attorno ad Estellen e alla sua luce: unico faro nell’oscurità più buia e assoluta.
Gnosh tremava ed ansimava e, in quel tetro silenzio asfissiante e totale, poteva sentirsi solo l’eco del digrignare dei suoi denti che battevano spasmodicamente, senza sosta. Il piccolo gnomo si era aggrappato ad una gamba di Stuard come un’ancora al fondale marino. Affermare che fosse semplicemente terrorizzato, significava sminuire la parola “eufemismo”.
Gli altri, armi in pugno, erano pronti a tutto. Continuavano ad avanzare, cautamente, passo dopo passo, per la smisurata caverna, in attesa che al prossimo spostamento accadesse qualcosa di terribile e letale. E in effetti qualcosa di perlomeno strano ad un certo punto accadde.
Kail infatti alzò una mano per arrestare il gruppo: aveva visto un movimento sull’enorme frana ormai abbastanza vicina. Come un riflesso traslucido, che la luce dell’amica aveva messo in evidenza.
Eppure lì c’era solo roccia!
Migliaia, forse milioni di tonnellate di roccia, che l’intera parete aveva portato giù in seguito evidentemente a qualche crollo davvero epico.
Il mezzelfo indicò il punto dove aveva visto quel dettaglio perlomeno bizzarro, ma, nonostante tutti i loro sforzi, nessuno dei suoi amici notò invece niente di particolare. Tuttavia, dopo aver ripreso a camminare per qualche decina di metri, era stato Flint a notare lo stesso curioso fenomeno. Il nano dichiarò che c’era chiaramente qualcosa laggiù, tra sassi e pietre e, a giudicare dai peli dritti che aveva sulle braccia, non doveva essere nulla di piacevole.
Il vecchio nano rimase a riflettere un po’ su ciò che gli era sembrato di scorgere sulla parete franata, d’altronde era l’avventuriero più esperto. Poi, con un bieco cipiglio e stringendo ancor più fermamente la sua poderosa ascia, chiese ad Estellen di illuminare meglio molto più a sinistra rispetto al punto dove aveva scorto lo strano baluginante riflesso.
Sul fondo dell’immensa grotta, buia e opprimente, qualcosa di sinuoso e traslucido cominciò ad intravedersi. Era la sagoma immensa di uno strano e mai visto prima “drago spettrale”, seppellito sotto una valanga di tonnellate di roccia e, per fortuna di tutti, immobile e martoriato da vecchie e ormai insanabili ferite. Il suo corpo semitrasparente, a contatto con la luce di Estellen, rimandava indietro incredibilmente ogni tipo di colore. Il suo occhio sinistro era maciullato ed inservibile ed il suo muso affusolato squarciato per metà. Le zampe, incastrate sotto la roccia, erano piegate e storte in posizioni innaturali e certamente inutilizzabili. Così come la sinistra coda, sepolta ed inutile, poiché appena visibile da sotto l’onnipresente granito che inesorabilmente la teneva schiacciata e costretta sotto il suo intollerabile peso. Il volto del possente dragone spiccava però assolutamente distinguibile da sotto la nuda pietra e quando Estellen ne illuminò le fattezze, il povero Gnosh trasalì, urlando e fuggendo via spaventato. La sua testa era talmente grande che Deneva, l’amato drago femmina legato a Stuard, avrebbe dovuto riempirla due volte per arrivare appena a coprine l’altezza.
Fu un miracolo che Theros riuscì ad afferrare il piccolo gnomo prima che si perdesse nei meandri della caverna e si ficcasse in chissà quale pasticcio. Tutti trattennero il respiro quando tornarono ad osservare la reazione del leviatano alle grida sguaiate di Gnosh e la loro più grande paura purtroppo si concretizzò dopo pochi secondi.
L’unico occhio sano del mastodontico drago infatti si spalancò, rivelando una circonferenza giallastra e una pupilla fessurata grandi almeno quanto il maniero di Lord Gunthar. Flint finalmente comprese cos’era che aveva scatenato le scosse di terremoto che prima li aveva seppelliti: era stato quel dragone gigantesco, che, come si muoveva anche solo impercettibilmente, causava terribili crolli in tutta la montagna. Quindi, malgrado debole ed invalido, “Egli” ancora aveva abbastanza potere da spazzarli via tutti con una singola parola.
La pupilla fessurata del drago si strinse e si allargò per mettere a fuoco quella nuova e imprevista situazione, mostrando quasi incredulità per chi si era presentato al suo cospetto. Una smorfia di dolore, ma al tempo stesso di sollievo, accompagnò il suo prossimo commento. Un commento che aveva aspettato più di tre secoli.
“Finalmente…”
Sussurrò con voce sinuosa e potente.
Solamente lo spostamento d’aria, costrinse i nostri eroi a piantare meglio i piedi in terra o avrebbero rischiato di essere spinti indietro dalla forza del suo alito.
“Finalmente delle creature senzienti al mio cospetto!”
Sentenziò il drago, amaro.
“Così tanti secoli a contemplare solo quelle patetiche creature mangia roccia, frutto di un potere antico e dimenticato. Io, Berigthor il “Magnifico”, primo generale e consigliere della regina Takhisis, costretto a vivere come un miserabile prigioniero sotto la custodia di quegli infimi esseri! Ma ora sembra che il vento sia cambiato. Avvicinatevi. Avvicinatevi pure e non temete: non vi farei mai del male. Non subito almeno.”
Concluse Berigthor, suadente.
I nostri eroi, cautamente, fecero come gli era stato ordinato, poi Stuard afferrò la spada, la capovolse e trovò un punto nel terreno dove poterla infilare. Quando scorse che sia la gemma rossa, che quella blu e quella verde rimandavano TUTTE E TRE una luce intensissima, capì con chi o cosa stavano avendo a che fare: quell’essere non era solo un drago straordinariamente grande, aveva una qualche sorta di natura divina, che rendeva vana a chiunque qualunque velleità di poterlo controllare o manipolare. Quindi il cavaliere ordinò a tutti di rinfoderare le armi e lasciare che fosse lui a parlare. Tenendo entrambe le mani sulla spada conficcata nel terreno, gli raccontò dell’ultima parte della visione di Estellen e dello scontro tra lui e l’altro titano. Morso dalla curiosità, Stuard azzardò quindi le prime domande sulla natura di quel feroce combattimento, su chi fosse il suo nemico e soprattutto sul “Tempio di Paladine”, che l’amica aveva visto sradicare dalle fondamenta.
L’occhio di Berightor si strinse minaccioso ed infastidito per quelle domande forse un po’ troppo insolenti, mentre una scossa di terremoto per poco non fece crollare l’intera volta della caverna. Kail notò che quelle incontrollate reazioni emotive da parte di Berigthor, più simili a spasmi che a movimenti volontari del suo rotto corpo al di sotto della roccia, causavano più danni a lui che non a loro. Infatti più si muoveva e più doveva soffrire di un dolore indicibile. Il mezzelfo non riusciva a capacitarsi come quella creatura così martoriata potesse essere ancora viva. Come riuscisse a tollerare tanta sofferenza.
“Dici il vero mortale. La tua compagna ha assistito al combattimento tra me e la mia nemesi: L’astriok, il leggendario: primo generale e consigliere di Paladine. Tuttavia, sebbene i fatti sembrino smentirmi, io vinsi quello scontro. Ubbidendo ai voleri della dea oscura, ho salvato il “Tempio di Paladine”, consegnandolo a lei per i suoi blasfemi scopi.”
Un ghigno deforme si dipinse sul muso sfregiato del drago.
“Io sono “IL” drago Cromatico. L’unico. Creato da Takhisis, all’alba dei tempi, con la Pietra del Caos.”
Berigthor fece una pausa intensa, quasi melodrammatica per enfatizzare quelle solenni parole.
“L’astriok invece è “IL” drago Prismatico. Creato da Paladine per bilanciare lo squilibrio quando io venni al mondo.”
Stuard ed Estellen, sbalorditi da quelle incredibili rivelazioni, incalzarono nemmeno troppo timidamente il dragone con domande relative alla modalità della sua creazione e al suo scopo, ma Berigthor sembrava già abbastanza soddisfatto di come avesse solleticato la loro attenzione.
“Capisco la vostra curiosità, ma anche io potrei essere molto curioso, se già non sapessi il motivo per cui vi troviate qui. Immagino ci sia una guerra lassù… e che la mia “Signora” sia finalmente tornata. Anche se devo presumere che si sia dimenticata di Berightor, il “Magnifico”.”
Estellen percepì nelle sue sbiascicate parole più di una punta di astio. Astio nei confronti della dea per cui aveva sacrificato tutto e che però l’aveva abbandonato al suo destino di isolamento ed agonia.
Una nuova, improvvisa scossa di terremoto rischiò di nuovo di far implodere l’immensa grotta sotterranea.
“Tuttavia, visti i secoli di solitudine e silenzio, vorrei che foste voi a parlare. E’ così fastidioso e noioso non aver bisogno di apprendere le cose per conoscerle.”
Terminò il drago sospirando. Berigthor fece ancora una pausa profonda, dando il tempo al gruppo di raccogliersi e trovare il coraggio di rispondere alla sua richiesta.
Stuard iniziò quindi a raccontare daccapo la loro ordalia, ma fu Estellen a terminarne la narrazione. La giovane sacerdotessa di Paladine in qualche modo intuì che anche quella volta, davanti ad una creatura assolutamente malvagia, sarebbe convenuto a tutti raccontare la verità. Dopo aver esaudito l’istanza di Bergthor però, osò domandargli del “Tempio di Mishakal”. Della loro ricerca in quella grotta.
“Avete detto la verità e questo è una cosa che apprezzo. Pertanto anche io sarò sincero con voi. L’antico “Tempio di Mishakal” si è spaccato, ed è franato con me e L’astirok per miglia e miglia. Delle antiche guglie bianche del culto splendente… non è rimasto oggi che cenere e miseria.”
L’inquietante silenzio, che si frappose tra il dragone e gli avventurieri, si interruppe solo dopo molti secondi, quando cioè il piccolo gnomo, ancora ben nascosto tra le gambe del cavaliere, balbettò spaventato:
“Ma il tempio c’è, noi l’abbiamo visto, scavando sottoterra e sorvolando l’esterno”.
Il drago indurì l’unico occhio sano e la sua replica fu come una sentenza.
“Se ciò che cercate è il “Tempio di Mishakal”, per ricevere la benedizione della Dea affinché lui possa forgiare le Dragonlance, sappiate che… QUI… non troverete modo di poter soddisfare le vostre aspettative. La fiamma Blu è spenta. Si è spenta con il Cataclisma, così come la sua presenza divina.”
Estellen rifletté su quelle aspre parole per alcuni secondi, ritenendole perlomeno possibili. Era vero infatti che aveva percepito la presenza di Mishakal nelle vicinanze, ma quello che aveva "sentito" poteva benissimo essere la scintilla divina che la dea della guarigione aveva infuso nelle creature mangia roccia. La presenza del tempio, sebbene distrutto, garantiva comunque un simulacro di sacralità all’area, che quelle creature empatiche non avevano fatto altro che condividere e rimandare fuori da loro. La portavoce di Paladine provò ad insistere ancora: loro DOVEVANO ASSOLUTAMENTE ricevere la benedizione della Dea o tutto sarebbe andato perduto, ma il drago rimarcò ancora una volta che non era possibile farlo qui. Quindi Estellen domandò dove allora sarebbe stato possibile farlo e a quel punto la voce del possente wyrm si fece imperiosa e sprezzante.
“Non dove… ma quando.”
Mentre ognuno dei mortali presenti si scambiava occhiate perplesse e assai preoccupate sulle conseguenze a cui avrebbero condotto le parole di Berigthor, l’occhio del drago si fissò per qualche secondo prima sullo gnomo e poi sul nano, dettagli che Estellen per fortuna non si lasciò sfuggire. Poi il Cromatico riprese a parlare e lo fece in un sussurro sibilante che per poco non mandò in pappa le fragili menti dei suoi ospiti:
“Io posso mandarvi indietro nel tempo e permettervi di recarvi nel “Tempio di Mishakal” e ricevere la vostra agognata benedizione. In cambio però dovrete fare qualcosa per me, quando sarete laggiù. Prendetevi pure tutto il tempo per decidere, non ho fretta.”
Dichiarò il dragone laconicamente, lasciando ai nostri eroi il modo di riprendersi dalle sue potenti ed imperiose parole.
Kail fece notare che non c’era certo da fidarsi di una creatura così malvagia, ma sottolineò anche che sentiva covare in lui un certo crescente risentimento nei confronti della sua regina Takhisis. Lei lo aveva abbandonato e questa consapevolezza, soprattutto alla luce del fatto che sulla superficie si stava combattendo una guerra, proprio non riusciva a tollerarla. Né si stava sforzando molto per nasconderlo. Forse il suo desiderio di vendetta o di rivalsa nei confronti della “sua Signora” poteva essere uno strumento che loro potevano utilizzare a proprio vantaggio. Stuard non pareva troppo convinto, ma annuì lo stesso per cortesia. Estellen si schiarì dunque la voce, replicando che non avrebbero potuto accettare una simile proposta senza sapere prima che cosa avrebbero dovuto fare per lui una volta giunti a destinazione.
“Mi sembra giusto.”
Commentò stringatamente il drago, stupendo in verità un po’ tutti per l’inaspettata comprensione delle loro giuste rimostranze.
“Ho bisogno solo di un piccolo favore, da parte del nano o dello gnomo. Un favore che è inutile che io vi spieghi adesso e che riguarda me e me soltanto. Loro sapranno con chiarezza cosa fare, quando saranno al posto giusto nel momento giusto. Avete inoltre la mia parola che non sarà nulla che interferirà con la missione del fabbro dal braccio d’argento.”
Estellen si confrontò ancora una volta con i suoi amici, ma non c’era assolutamente modo di poter ottenere di più da una creatura così intelligente. Egli aveva dedotto tutto solamente guardandoli e nonostante fosse in fin di vita, sosteneva di avere ancora il potere per mandarli da un’altra parte, in un altro tempo. Inoltre c’era da essere ottimisti circa il fatto che Berigthor non sapesse della clessidra di Keegal. Pertanto avrebbero avuto in tasca anche un piano B per tornare indietro, qualora il dragone avesse voluto abbandonarli al loro cieco destino. Kail si mostrò solo un po’ perplesso sulla scelta che il Cromatico aveva fatto del nano o dello gnomo come portavoce dei suoi interessi. Infatti aveva letto da qualche parte che gnomi, nani e kender, non andavano molto d’accordo con i viaggi nel tempo, ma spiegarne adesso i motivi era un’altra cosa. Allargando le braccia il mezzelfo si silenziò: l’impasse gli sembrò piuttosto evidente. Fu Theros che, a quel punto, decise per tutti. Avevano una sacra missione da compiere e la proposta dal drago era l’unica speranza per portarla a termine. Non c’era molto altro a cui pensare.
“Affare fatto.”
Pontificò in tutta fretta il dragone.
Con le sue ultime forze, fece apparire dal nulla un bizzarro e scintillante congegno a forma di uovo, con una strana catenella attorcigliata, che si materializzò innanzi agli sgomenti avventurieri e poi si depositò dolcemente a terra. Gnosh gli si avvicinò timidamente, per poi iniziare a maneggiarla, smontandola e rimontandola fino a trasformare l’uovo in una specie di corto scettro.
Nel frattempo Berigthor, il “Magnifico”, aveva chiuso il suo unico occhio per sempre, ed era finalmente spirato.
Tuttavia parte della sua potentissima aura o forse della sua scintilla divina immortale, era ancora latente e danzante innanzi a lei, questo Estellen lo percepì molto bene e, come se ancora fosse stata senziente, si indirizzò lestamente verso lo gnomo e verso Flint nel tentativo di entrare in comunione con loro. Estellen seppe che avrebbe avuto il tempo per proteggere solo uno dei suoi due amici da quello che interpretò come un inaspettato attacco.
La giovane scelse Gnosh.
Con un sussulto di disappunto, il nano fu dunque pervaso della magia del drago, ma non sembrò manifestare alcun cambiamento in quel momento.
Dopo alcuni minuti Gnosh si tirò su in piedi e mostrò con fierezza lo scettro perfettamente montato, spiegando anche a tutti il suo funzionamento. Theros annuì gravemente e dopo che lo gnomo ebbe tirato la catenella, una luce accecante esplose davanti agli occhi dei nostri eroi, che si ritrovarono così, all’improvviso, da un’altra parte e in un altro tempo.