I nostri eroi seguirono Gnosh fin dentro quello che sembrava un vero e proprio borgo in miniatura sull’isola fluttuante. Il piccolo gnomo percorse corridoi, vialetti e cortili, tutti mirabilmente collegati tra di loro tramite ponteggi, elevatori e piccole navette di trasporto. Alla fine, scortò Kail ed i suoi amici nella costruzione centrale: una specie di Ateneo principale, all’interno del quale venivano discussi, ed eventualmente approvati, tutti quei progetti pensati per essere condivisi da due o più discipline. Qui avrebbero dovuto incontrare “il sommo Gluck IV”, il quale avrebbe deciso se e come aiutarli nella loro missione.
La grande aula magna in cui entrarono aveva un curioso aspetto: essa, infatti, si sviluppava non in due ma in tre dimensioni, ospitando sedie, tavoli, lavagne e banchi da lavoro, non solo al livello del pavimento, ma anche su piccole piattaforme levitanti. Su una di queste stanziava il celeberrimo Gluck IV, tutto preso ad esaminare due progetti distinti e a riflettere se dare la sua approvazione o meno alla collaborazione tra le parti in causa. Due gnomi, infatti, erano fermi innanzi a lui, lo sguardo speranzoso rivolto verso l’alto, in attesa che il “capo della settima ordinanza interdisciplinare” approvasse la loro richiesta.
Gnosh si girò verso i suoi ospiti umani e non notando il loro bieco cipiglio, fece spallucce e allargò le braccia, come se volesse lasciar intendere che c’era poco che potesse fare se non attendere la fine di quel provvedimento. Stuard, a quel punto, fece un minaccioso passo avanti e questa volta accorgendosi del suo atteggiamento un po' meno amichevole del solito, Gnosh decise saggiamente di richiamare l’attenzione del capo della commissione, compiendo però una grave infrazione del regolamento.
I nostri eroi capirono poco di quello he gli gnomi iniziarono ad urlarsi contro nei successivi venti secondi, ma dall'aspro tono delle loro voci, sembrava chiaro che stessero prendendosela con il povero Gnosh per aver interrotto qualcosa di evidentemente molto importante per la loro comunità. Lo gnomo più volte fece segno con la mano nella loro direzione, provando a far interessare la commissione al problema impellente e vitale del gruppo degli stranieri, ma sembrava non riuscire molto bene nell’intento. Finché il suo sguardo affranto e afflitto, spronò Estellen a prendere la parola.
Sfoggiando una discreta padronanza della parlata “gnomesca”, che zittì ed incuriosì al contempo tutti quanti, la sacerdotessa di Paladine espose con chiarezza i motivi che li aveva portati lì, a chiedere il loro aiuto. Quando Estellen spiegò della loro esigenza di raggiungere il prima possibile il Tempio di Mishakal, tutti gli gnomi presenti nell’aula, compreso il sommo Gluck IV, smisero di fare quello che stavano facendo e iniziarono a calcolare quante possibilità potevano esistere concretamente di trovare una soluzione, priva di rischi, che li portasse a destinazione in tempi brevi. Purtroppo, quando uno di loro sventolò un foglio stracolmo di calcoli che dimostrava senza ombra di dubbio che esisteva solo il sessanta percento di probabilità di centrare il loro obiettivo, un gemito affranto esplose tra la comunità “gnomesca” e nonostante Kail si sforzò di far capire loro che il sessanta percento era un buon punto di partenza, tutti avevano ripreso le loro normali attività, non curandosi più né dei visitatori e né della loro guida.
Guardandoli sinceramente dispiaciuto, Gnosh bisbigliò velocemente, ma affranto, che gli gnomi non li avrebbero aiutati.
Formando una silenziosa fila indiana, i nostri eroi lo seguirono dunque mestamente, tornando al punto di partenza.
Tuttavia, Kail non aveva minimamente intenzione di arrendersi. Prima si sincerò se a piedi avrebbero potuto comunque raggiungere l’entrata del luogo sacro, ma quando Gnosh lo informò che il Tempio di Mishakal ormai giaceva sottoterra, poiché l'antico portone esterno era stato fatto crollare dalla montagna di fuoco del Cataclisma, Kail allora espose il suo piano “b”.
Domandò a Gnosh delle macchine perforatrici e se fosse stato possibile utilizzarne una per raggiungere o perlomeno avvicinarsi alla loro meta. Lo gnomo ebbe una reazione decisamente avversa a quell’idea. Sembrava terrorizzato a intraprendere quella via, non perché non fosse in grado di manovrare il veicolo, ma perché lì sotto, in prossimità del Tempio, vivevano: “lecreaturestrisciantimangiaroccia”!
Stuard, incuriosito, chiese allo gnomo cosa fossero tali creature, ma egli pareva fosse davvero spaventato anche solo a descriverle. Dall’idea che Kail si era fatto però, grazie alle sue poche e sconnesse parole, esse non dovevano avere una forma umanoide. Il mezzelfo immaginava che assomigliassero a dei “blob” striscianti ed informi, i cui fluidi acidi corrodevano la roccia, per poi poterne assorbire le proprietà e quindi cibarsene.
Estellen capì invece che le macchine perforatrici degli gnomi, erano state create copiando il modo di agire e di muoversi nelle profondità del vulcano, proprio di queste singolari creature. La maggior parte dei tunnel esistenti infatti erano stati scavati da loro e non dalle trivelle! Gli escavatori si tenevano ben lontani dalle creature mangia – roccia, poiché nemmeno il loro scafo rinforzato poteva resistere per molto al loro terribile acido corrosivo.
Dopo un breve momento di stallo che gli servì per elaborare le informazioni, Kail domandò infine a Gnosh se quel sessanta percento di successo, che i suoi fratelli avevano previsto, si riferisse a quella soluzione e quando lo gnomo annuì, il mezzelfo lo spronò a portarli subito giù. Sarebbero andati al Tempio di Mishakal con quella dannata trivella comunque: con o senza il suo aiuto!
Il gruppo si riunì dunque con Theros e Flint alla piattaforma e Kail mise al corrente del piano i suoi due nuovi amici, che appoggiarono in toto la sua decisione. Alla fine, anche Gnosh si lasciò convincere, soprattutto perché, rivelando che le creature erano fortemente fotosensibili, Estellen lo rincuorò, spiegandogli che aveva l’arma giusta per contrastare questi esseri, qualora si fossero fatti avanti per minacciarli.
Ora però c’era il problema concreto di scendere dabbasso e dalla loro posizione non sembravano esserci né dirigibili e né elevatori adatti allo scopo. Gnosh però disse a tutti di seguirlo, mentre entrava ciondolando in un ampio foro scavato nella roccia poco distante i cubicoli dell’alveare. Camminando per qualche decina di metri lungo quello che poi si rivelò essere uno stretto budello, scortò alla fine tutti dentro una specie di hangar minerario, pieno di polvere, frastuono e rotaie. Al termine di ciascuna coppia di esse poi, spiccava un congegno di cui Gnosh provò a spiegare il funzionamento, ma invano. I suoi ospiti compresero assai vagamente che questo meccanismo aveva a che fare con il magnetismo e che questo stesso magnetismo garantiva ai carrelli di muoversi lungo le rotaie. Questo era tutto. Scuotendo la testa per tanta ignoranza, Gnosh raggiunse un carrello vuoto, i cui materiali che portava erano probabilmente già stati prelevati e stoccati da qualche altra parte e salì agilmente a bordo.
Nel vano c’era abbastanza spazio per tutti ovviamente, ma lo gnomo fece abbassare ugualmente i nostri eroi sotto il livello dell’altezza del carrello, raccomandandosi di rimanere compatti e di non allontanarsi troppo gli uni dagli altri. Nuovamente incuriosito e questa volta anche un po' intimorito da quelle strane parole di avvertimento, Stuard domandò allo gnomo il perché di quella precauzione e Gnosh rispose così:
“Perchéunognomopuòstarciancheinpiedicosìcomeancheunnanomalagentealtadevesedersiassolutamentealtrimentisarebbepericolosoperloro.”
Il cavaliere tentò di approfondire, ma Gnosh azionò subito il meccanismo, che sparò letteralmente il vano di metallo lungo le rotaie, per circa centocinquanta metri, facendogli compiere una corsa sfrenata, incrociando altre rotaie e altri vani, abbassandosi ed alzandosi di continuo, fino a concludere il suo viaggio iperbolico dentro un magazzino simile a quello di partenza, arrestandosi di botto davanti un altro di quei congegni “magnetici”. La frase che il cavaliere stava terminando gli morì in bocca, trasformandosi in un urlo che durò per tutta la durata di quella folle discesa. Fu un miracolo che nessuno vomitò, ma Flint fu seriamente tentato di colpire la testa dello gnomo con il dorso della sua ascia. Ci volle qualche minuto per riaversi del tutto: perfino il gigantesco Theros dovette piegarsi sulle ginocchia e riprendere fiato. Poi tutti guardarono eloquentemente lo gnomo, come ad intimargli di non farlo mai più!
Gnosh fece spallucce e trotterellò fino ad un’altra ampia caverna, dov’erano parcheggiati alcune di queste possenti macchine trivella - roccia. Gnosh domandò se fosse davvero questo quello che i nostri eroi volevano e quando tutti annuirono, sospirò ed entrò sconsolato all’interno del mezzo.
Il veicolo era lungo cinque metri e altro tre, completamente blindato e dotato di alcuni “piedi” meccanici che si muovevano in maniera sincopata, facendo sembrare il veicolo in movimento più una rana che un rinoceronte.
Gnosh tirò quindi una leva che “accese” il mezzo, che, con un roboante frastuono, iniziò a muoversi lungo uno dei budelli che sparivano dentro il muro. Tutti potevano vedere cosa succedeva davanti a loro, poiché un pannello di vetro era stato montato internamente. Inoltre, una qualche sorta di lanterna, posta sapientemente proprio sopra la trivella, sparava una sorta di fascio di luce davanti a loro, garantendo una certa visibilità generale apprezzabile.
Flint fremeva e tremava per il nervoso, afferrando con forza la sua ascia, ed ancorandosi così a qualcosa di tangibile che gli trasmettesse sicurezza. Il gruppo e Theros rimasero invece tutti accanto a Gnosh, intento a pilotare il mezzo. Quando lo gnomo fu costretto ad abbandonare i sentieri già battuti e a creare un passaggio alternativo, che si avvicinasse il più possibile al Tempio di Mishakal, accadde qualcosa che egli aveva avvertito fosse molto possibile che accadesse. Il forte rumore provocato dal mezzo, infatti, avrebbe potuto attirare una di quelle creature, poiché adesso si trovavano dentro al loro territorio.
Qualcosa, infatti, aveva urtato il veicolo, facendolo traballare per un breve attimo e sfrigolare invece per diversi secondi.
Gnosh urlò dal terrore, mentre Kail, arco in pugno, si diresse al piano di sopra attraverso un oblò di collegamento con l’esterno. Non appena aprì il portello circolare e uscì, notò che l’ambiente era stracolmo di polvere e mandava un fetore nauseabondo. Nonostante la poca luce, il mezzelfo individuò comunque il suo bersaglio, pertanto prese la mira e scagliò con perizia la sua freccia.
Nessun effetto.
Un po' preoccupato, Kail guardò in basso verso i suoi amici.
Estellen indurì gli occhi e spronò l’amico a scendere. Tossendo per la polvere ed il poco ossigeno, il mezzelfo le fece dunque spazio. Senza pensarci su due volte, Estellen si sfilò il guanto, ed irradiò tutto l’ambiente di luce divina.
La portavoce di Paladine riuscì a vedere finalmente quella creatura, ed era più o meno come se l’era immaginata: un insieme di fluidi striscianti attorno ad un nucleo centrale, informe ed indefinito, che si muoveva agilmente in quei budelli che erano la sua casa e che si nutriva certamente di roccia.
L’essere si ritirò in uno dei cunicoli, ferito. Tuttavia, quel bagliore intenso servì anche a capire meglio la gravità della loro situazione: infatti, attorno al loro veicolo, almeno cinque di quelle creature si erano momentaneamente ritirate nel buio, ma tutti sapevano che presto sarebbero tornate all’attacco. D’altronde, laggiù, nelle viscere della terra, erano loro gli intrusi.