Kail aveva provato più volte a dire a Stuard di pensarci bene riguardo al suo “Giuramento” e a spingerlo a seguire il saggio consiglio di suo padre che lo invitava alla prudenza, visto il giudice che l’avrebbe quasi sicuramente esaminato. Lord Crownguard infatti era notoriamente uno dei più fervidi sostenitori della Misura, ma non quella sana ed equilibrata di un tempo, bensì quella che era diventata oggi: distorta, anacronistica e alle volte perfino contraria al più elementare buon senso. Ecco, se c’era qualcuno che oggi la rappresentava “fisicamente” nel cavalierato, questi era proprio Lord Kerwin. Era davvero il suo testimonial perfetto!
Dunque una persona del genere non avrebbe mai mollato l’osso, né utilizzato un metro di giudizio un po’ più bilanciato, visti i tempi drammatici in cui si stava vivendo. Se avesse trovato un cavillo per condannarlo a morte, beh, lui l’avrebbe fatto.
Tuttavia le parole di Kail erano come lacrime nelle pioggia: quando il giovane cavaliere metteva quel bieco cipiglio, non c’era niente che nessuno potesse fare per fargli cambiare idea. Lo sapeva bene il mezzelfo e lo sapeva altrettanto bene anche Estellen, che invece non disse una parola per tutto il resto della serata. Si limitò a sorridergli e a salutarlo quando fu l’ora di tornare nelle loro stanze a dormire.
Alle prime luci dell’alba, Stuard aveva già messo l’armatura, presa in prestito da suo fratello, aiutato ad indossarla dalle sapienti mani di Sir Theodor e da suo padre Sir Marcus.
Estellen procurò la colazione a tutti e i tre amici, più i famigliari di Stuard, la consumarono velocemente mentre scesero al piano terra. Da lì seguirono un lungo corridoio fino a raggiungere una delle tante sale tattiche del maniero.
La stanza antistante questa “camera cerimoniale” era molto spaziosa, ed era stata adibita a sala d’aspetto, dove gli aspiranti cavalieri e i loro accompagnatori ormai gremivano ed occupavano ogni spazio disponibile. 47 giovani virgulti, più il loro testimone e almeno un paio di accompagnatori a testa, rappresentavano un numero piuttosto consistente di persone dentro una singola stanza, anche se molto spaziosa e nonostante Lord Gunthar e Lord Crownguard avessero iniziato le investiture poco dopo l’alba, intorno a mezzogiorno ancora non erano arrivati al turno di Stuard.
Tuttavia l’attesa aveva avuto almeno un risvolto positivo: Sturm Brightblade avrebbe affrontato il “Giuramento” subito dopo di lui e questo offrì la possibilità a Stuard di scambiare qualche parola in più con lui.
“Beh, il fatto che questo esame sia stato messo in ordine alfabetico, ha perlomeno un lato piacevole, non trovate?”
Gli disse Stuard, abbozzando un sorriso. Mancavano ancora dieci candidati al suo turno e l’armatura cominciava a dargli davvero fastidio.
“Invero, è così. Voi almeno avete un testimone a tenervi compagnia, io nemmeno quello…”
Rispose Sturm, ricambiando il sorriso.
“Non avete un testimone?”
Replicò ancora Stuard incredulo.
“Purtroppo no, attualmente non ho più nessuno tra i miei parenti che sia un cavaliere. A dire il vero non ho nemmeno più i parenti… ma ho molti amici però.”
Disse Sturm, cercando con gli occhi qualcuno fuori la stanza, oltre il corridoio. Stuard seguì con lo sguardo quello del cavaliere più anziano, poi lo fissò per un attimo intenso e si incupì, perdendosi nei suoi pensieri.
“Cosa c’è che non va? Vi ho forse offeso, sir cavaliere?”
Stuard trasalì: era ovvio che il suo stato d’animo non dipendesse certo da ciò che gli aveva appena detto Sturm.
“Eh? No, no figuratevi. Anzi, vi ammiro molto. Vorrei avere la vostra stessa sicurezza nel voler diventare un cavaliere, malgrado il destino avverso e le condizioni in cui vertono certi valori morali che dovrebbero essere inattaccabili e inalienabili per chi dovrebbe guidarci e giudicarci.”
Stuard parlò con amarezza e per la prima volta non guardò negli occhi il suo interlocutore.
“Uhm, capisco cosa volete dire. Beh, sappiate che questo mio desiderio non dipende dalla gloria dei miei avi o dal fatto che provenga da una famiglia di cavalieri. Questa mia ferma volontà, dipende solo dal fatto che ritengo che io possa fare ancora la differenza. Se notiamo qualcosa che non va nel mondo, soprattutto in quello in cui siamo cresciuti, noi, soprattutto noi, abbiamo il dovere di cambiare le cose. Di sforzarci di farle andare per il verso giusto. Non possiamo girare le spalle e far finta di niente. Voi siete figlio di cavaliere e nipote di cavaliere come me, ma questo c’entra poco con chi o cosa dovremmo diventare. Non è il titolo che conta, ma cosa esso rappresenta. E solo dall’interno, attraverso il nostro esempio, possiamo migliorare le cose. Renderle come dovrebbero essere.”
Stuard alzò fieramente il mento e tornò a guardarlo. Poi aggiunse:
“Se diventassi cavaliere, potrei rischiare di perdere la vita. Hanno mosso infamanti accuse nei miei confronti e se dovessi uscirne male potrebbero condannarmi a morte…”
Sturm afferrò con la mano guantata il “Gioiello delle Stelle” di Alhana.
“Laddove il compromesso, per il bene della maggioranza, può essere accettato, accettatelo. Qualora il compromesso, malgrado la maggioranza, non può essere accettato, perché andrebbe contro la vostra stessa natura, non fatelo. Malgrado tutti vi gridino di piegarvi, di scansarvi dal giusto, voi non vi spostate. Rimanete saldo, poiché non c’è niente che valga di più dei vostri principi, nemmeno la vostra vita.”
Stuard ascoltò le parole del cavaliere più maturo con molta attenzione. Egli era giunto qui a sostenere il “Giuramento” senza un testimone e indossando un’armatura che cadeva letteralmente a pezzi. Doveva essere vicino ai trenta anni e l’età media dei candidati non arrivava nemmeno a venti. Tuttavia, tutte queste cose non l’avevano affatto demotivato, anzi l’avevano spronato ad esser ancor più determinato e caparbio nel centrare il suo obiettivo.
Quello era lo spirito giusto. Ciò che dovrebbe fare di un uomo un cavaliere.
I due aspiranti cavalieri rimasero in silenzio per un’altra ora, finché un paggio annunciò che finalmente era il turno di Stuard.
“Sir cavaliere… rimarrò qui e se me lo permettete, vorrei assistere al vostro “Giuramento”. Vorrei ovviamente che voi faceste altrettanto con me, se non vi arreca fastidio.”
“Senza meno, Sir Sturm.”
Concluse Stuard voltandosi e, scortato da suo padre, incamminandosi a grandi passi nella sala tattica.
Anche questa sala era molto ampia, con due fila di sedie laterali per gli ospiti e una centrale per il candidato. Davanti a lui, messa a ferro di cavallo, era stata montata una pedana e un lungo bancone. I simboli del martin pescatore, della spada e della rosa, tappezzavano sia i muri che il bancone stesso, dietro il quale due cavalieri piuttosto stanchi, presenziavano la cerimonia.
Dopo qualche altro istante, il leggero brusio che aleggiava nella stanza scemò fino ad interrompersi bruscamente del tutto. Poi Lord Gunthar si alzò, si schiarì la voce e disse:
“Si proceda ad esaminare la candidatura a “Cavaliere della Corona” di Stuard Uth Breannar, della casata Uth Breannar. Il testimone per il candidato è il cavaliere della corona Sir Marcus Uth Breannar. Mettete a verbale. Prego cavaliere, a voi la parola.”
Terminò Lord Gunthar, recitando una procedura standard che aveva già detto quaranta volte quel giorno e che introduceva il candidato e il suo testimone.
Sir Marcus fece alcuni passi in avanti ed iniziò a descrivere le gesta di suo figlio, dal suo primo combattimento contro i goblin al guado del feudo del maniero, fino al viaggio entusiasmante che l’aveva portato a svolgere una missione sacra in giro per il mondo. Sir Marcus non era un guerriero abile come suo padre o suo figlio Theodor, ma era un oratore eccezionale, tanto che la sua descrizione che fece delle gesta del figlio fu talmente dettagliata e inattaccabile, che né il Gran Maestro e né il Sommo Giudice, azzardarono ad aggiungere alcunché. Tuttavia quando la sua presentazione terminò e la parola passò ai due Giudici, le ansie e le paure di Sir Marcus purtroppo si concretizzarono tutte.
“Molto bene. Constatate le generalità e le gesta del candidato, c’è qualcuno che si oppone alla sua investitura?”
Sentenziò Lord Gunthar annuendo soddisfatto verso Stuard, non intuendo affatto quello che invece il suo collega avrebbe aggiunto pochi secondo dopo. Lord Crownguard infatti si alzò in piedi e prese la parola.
“Personalmente, non mi sognerei mai di oppormi all’investitura di vostro figlio Sir Marcus, viste le nobili origini della sua casata e le sue eroiche gesta da voi certamente documentabili, ma le accuse contro di lui di “alto tradimento” non sono sfumate come quelle dei suoi compagni e potrebbero assumere un livello più grave se fosse nominato cavaliere. Ne siete consapevole?”
“Si, milord.”
Rispose Sir Marcus, dopo un attimo di pausa.
“Pertanto ve lo devo chiedere, giovane Uth Breannar: volete rischiare di essere investito di tale carica? Perché in questo caso, Stuard Uth Breannar, sapete bene che la pena per alto tradimento, soprattutto per un cavaliere della corona, la cui scintilla vitale deve essere prima di tutto la cieca obbedienza, è la morte. Di contro, se rinunciate a tale carica, verrete assolto pienamente, come è stato fatto con i vostri amici, ma con disonore. Questo vuol dire che non potrete mai più diventare un cavaliere. Sia chiaro: non desidero mandare a morte nessuno, ecco perché sto insistendo affinché ponderaste bene le vostre decisioni in merito.”
Gli occhi di tutti si erano spostati su Stuard e questo non aiutò certamente il giovane cavaliere. Kail scuoteva la testa, mentre Estellen lo guardava intensamente, cercando di trasmettergli forza. Suo fratello Theodor ed Ulther invece, rimanevano impenetrabili come due sfingi.
Sturm fu l’unico ad annuire.
“Sono consapevole anch’io dei rischi, milord. Ma scelgo di procedere ugualmente.”
Lord Crownguard, abbassò per un attimo lo sguardo, mentre Lord Gunthar non riusciva a non fissarlo con aperto disgusto.
Poi Lord Crownguard, si alzò di nuovo e disse:
“Molto bene, si metta agli atti la scelta del candidato. A questo punto prendo io in carica il giudizio. In relazione ai fatti accaduti al maniero Uth Breannar ad inizio dell’Autunno, l’accusato ha deliberatamente deciso di disobbedire agli ordini ricevuti, stabilendo arbitrariamente di intraprendere un lungo e pericoloso viaggio non autorizzato dai due allora reggenti del cavalierato. Disubbidendo dunque agli ordini diretti ricevuti. Ordini che tra l’altro prevedevano tutt’altra soluzione e che hanno portato conseguenze gravi per l’intera operazione militare, oltre che per alcuni complici che hanno aiutato ad assecondare questo misfatto. Come si dichiara l’accusato?”
Stuard si guardò un’ultima volta intorno, passando da Sir Ulther ai suoi amici, poi fece un bel respiro e affermò senza esitare:
“Colpevole, milord.”