Il primo a muoversi con decisione fu Stuard. Egli cercò con lo sguardo uno degli eroi di Solace: il cavaliere di nome Sturm Brightblade. Si fece quindi largo tra le persone, una volta che lo ebbe individuato e aspettò pazientemente il momento opportuno per potergli parlare.
Sturm non gli parve un cavaliere canonico, simile a Sir Derek o a suo fratello Theodor per intendersi, piuttosto lo trovò molto affine a come era fatto lui: fiero ma non superbo, coraggioso ma non avventato, severo ma non dispotico. Insomma gli sembrava un cavaliere che seguiva il Codice piuttosto che la Misura.
Lo pescò mentre cercava di trattenere il nano Flint dallo strangolare il Kender di nome Tasslehoof, per aver per l’ennesima volta fatto qualcosa di stupido, precipitoso e soprattutto molto pericoloso.
“Forse questa volta però il vostro piccolo amico ha agito con criterio, non credete?”
Esordì Stuard, catturando così l’attenzione del cavaliere.
“Voi non sapete quante volte mi sono ripetuto quella stessa frase…”
Rispose Sturm, sorridendo. A quel punto Stuard si presentò e domandò se poteva scambiare qualche breve parola con lui. Ovviamente Sturm lo assecondò e i due si allontanarono di qualche passo per trovare un punto nella radura che fosse meno chiassoso.
“Porto un messaggio da parte di Alhana Starbreeze, spero che possa recapitarlo direttamente a voi, come la principessa mi ha chiesto di fare.”
Sturm rimase senza parole sentendo nominare Alhana e ovviamente invitò Stuard a parlare. Il giovane cavaliere aveva memorizzato il messaggio con le precise parole della principessa, pensando che quello fosse il modo corretto che lei avrebbe voluto che lui le ascoltasse. Un messaggio che era nella sostanza un giuramento di amore eterno e allo stesso tempo una constatazione di quanto fosse tuttavia impossibile da concretizzare.
Sturm abbassò il capo e a Stuard gli si spezzò il cuore nel vedere un uomo così fiero perdere il controllo anche se solo per pochi istanti. Poi però il cavaliere più anziano tirò su la testa ed annuì, ringraziando il collega più giovane per avergli riportato quelle poche ma preziose parole di colei che amava. Lui infatti era perfettamente consapevole che il loro amore non avrebbe probabilmente visto mai la luce, ma sentire quelle poche frasi, così intense, che dimostravano quanto anche per Alhana le cose non fossero cambiate e non sarebbero mai cambiate, gli aveva dato forza e conferito coraggio.
Sturm si sfiorò il petto, dove Stuard sapeva bene fosse custodito il “Gioiello delle Stelle” della principessa elfica. Accennando un sorriso, il cavaliere più giovane fece poi un lieve segno di saluto con la testa e provò ad allontanarsi.
Tuttavia Sturm lo richiamò a sé, chiedendogli se poteva azzardare a domandargli un favore. Probabilmente lui sarebbe partito molto presto con le legioni per la Solamnia Settentrionale e non sapendo se fosse tornato da questa campagna militare, voleva sapere se magari lui e la sua famiglia, gli Uth Breannar, potessero prendersi cura del maniero Brightblade, caduto in disgrazia molti anni prima, ma ancora simbolo e ricordo dei suoi avi. Avrebbe potuto provare ad occuparsene lui, una volta investito della nomina di cavaliere, ma ora c’era una guerra da combattere e le possibilità di tornare dal fronte non erano molte. Quindi desiderava che gli Uth Breannar prendessero il maniero come loro proprietà, qualora lui non fosse sopravvissuto, a patto che se qualcuno della sua famiglia, un giorno, fosse tornato a reclamarlo, avrebbero fatto il possibile per aiutarli a soddisfare la loro richiesta.
Stuard rimase molto sorpreso da quella richiesta, ma decise di accettare.
“Siete molto giovane, Sir Stuard, ma già così pronto. Non perdete mai il vostro coraggio e la determinazione che scorgo nei vostri occhi. Rimanete saldo nei vostri principi e tutto andrà bene. Vedrete.”
I due si fecero il saluto solamnico e poi Stuard si allontanò raggiungendo suo padre e suo fratello poco distanti.
La prima persona che Estellen volle incontrare fu Ulther.
Egli era rimasto da solo dove Estellen l’aveva visto l’ultima volta e sembrava assorto nei suoi pensieri, come se qualcosa lo preoccupasse nel profondo. Quando vide la sua amata, le sorrise teneramente e la abbracciò, tirandola a sé e stringendola forte. Rincuorata da quel caldo abbraccio, Estellen chiuse gli occhi e per una volta si lasciò rinvigorire dalla sua forza.
Entrambi cercarono di parlare delle proprie ansie, mettendo a nudo i dubbi su quella campagna pericolosa che li avrebbe portati a rischiare seriamente la vita. Infatti lei sarebbe dovuta partire per qualche luogo misterioso, seguendo i piani di creature ultraterrene che muovevano i fili del mondo, mentre lui sarebbe dovuto partire per la guerra. Una guerra definitiva, che si sarebbe abbattuta come un macigno sulla Solamnia. Sulla terra di entrambi.
Tuttavia, nonostante quel momento fosse certamente difficile, di assoluta tristezza ed incertezza sul domani, Ulther ad un certo punto lo trasformò magicamente in uno di gioia e di speranza. Il cavaliere infatti, si inginocchiò, tirò fuori da una tasca l’anello della sua famiglia, l’anello che era stato al dito di sua madre, purtroppo morta molti anni prima e le chiese se voleva essere sua per sempre. Estellen rimase stordita e confusa: non si aspettava certo una proposta del genere proprio in quella circostanza. Continuava a fissare Ulther e l’anello, passando dall’uno all’altro, senza riuscire a dargli una risposta. Il cavaliere faceva segno con gli occhi alla dama bianca che non poteva certo rimanere così per tutto il giorno, ed Estellen a quel punto gli sorrise, lo tirò su e lo abbracciò, accettando con entusiasmo la sua proposta.
La giovane portavoce di Paladine non voleva più staccarsi da lui, talmente fu la gioia che le aveva invaso il cuore, ma il cavaliere le sussurrò che aveva ancora l’anello di sua madre da metterle al dito e quindi i due si divisero. Ulther la teneva per le mani, poi le afferrò la destra e fece per toglierle il lungo guanto che nascondeva il braccio, ma Estellen lo fermò appena in tempo e gli fece notare che forse sarebbe stato meglio che l’anello andasse sulla mano sinistra. Preferiva così. Non era proprio il caso mostrare a lui e a tutti i presenti di che natura fosse composto il suo corpo. Mettere così a nudo la sua luce, sarebbe stato troppo rischioso.
Comunque Ulther non si scompose: le tolse il guanto al braccio sinistro e le infilò l’anello della sua famiglia al dito. Estellen non riusciva a trattenere l’emozione: osservava l’anello come se non potesse credere che adesso era promessa sposa. Tuttavia, la dama bianca non ebbe tempo per rendersene conto, perché il cavaliere la baciò teneramente e i due poterono vivere quel momento e portarlo nel cuore per sempre.
Kail si muoveva nervoso come una bestia in trappola. I suoi occhi leggermente obliqui avevano catturato la sua preda: la principessa di Qualinesti Laurana Kanan. Malgrado quello che maliziosamente si potrebbe pensare circa le sue intenzioni, non era per la sua bellezza che il mezzelfo ne era attratto, ma per il fatto che la giovane elfa poteva farlo arrivare a suo padre.
Così, quando lei gli passò accanto, provò ad attaccare bottone.
Laurana doveva aver appena discusso con Solostaran per via di un mezzelfo di nome Tanis, che a suo padre, evidentemente, non doveva andare molto a genio.
“La mia solita fortuna…” Pensò Kail, aggrottando le sopracciglia.
“Non credete a vostro padre, mia signora: i mezzelfi sono brave persone in fondo… ma molto in fondo.”
Esordì il mezzelfo abbozzando un sorrisetto sghembo, incuriosendo così Laurana. I due iniziarono così a parlare e Kail scoprì che quella donna aveva davvero qualcosa di speciale, un'attitudine regale al comando, che però non scadeva mai nella vanità o nella boria. Aveva una carattere molto forte, di un vero leader, uno di quelli che lui avrebbe seguito senza discutere anche quando non c’era più speranza, quando il futuro era appeso ad un filo.
Solo che probabilmente ancora se ne doveva rendere pienamente conto.
I due parlarono brevemente delle loro rispettive vite inserite a forza in quella maledetta guerra, delle loro imprese per nulla “volute” o “cercate”, ma semplicemente “capitate”. Poi lei le rivelò del suo amore per Tanis, un mezzelfo come lui, mentre Kail le mostrò il “Gioiello delle Stelle” donatogli da Eiliana.
Laurana rimase decisamente colpita da questo incredibile pegno d’amore che la cugina carnale della principessa di Silvanesti gli aveva fatto:
“… evidentemente i mezzelfi vanno parecchio di moda nella sfera alta della nobiltà elfica!”
Commentò Laurana sorridendo.
I due si concessero una genuina risata riguardo questa incredibile casualità e alla fine Kail, vedendo che ormai erano entrati in confidenza, andò dritto al punto, domandando alla giovane principessa se poteva intercedere per lui con suo padre. Ovviamente Laurana non gli negò questa cortesia, ma terminò la conversazione un po’ delusa, affermando che evidentemente un’altra caratteristica che avevano in comune i mezzelfi, oltre al fascino, era certamente l’egoismo. Kail ammiccò un po’ imbarazzato, ma accettò ugualmente l’aiuto di Laurana, che lo lasciò immediatamente nelle sapienti mani di suo padre.
Nel frattempo Stuard aveva raggiunto i suoi parenti, preparandosi ad un colloquio che non sarebbe stato facile. Infatti avrebbe dovuto prepararli al fatto che non avrebbe potuto seguirli in battaglia questa volta, anche se l’indomani fosse stato investito del titolo di cavaliere.
Sir Theodor cercò di intercedere per lui con suo padre, il quale sembrava il più infastidito tra i due riguardo questa sua decisione, ma quando Stuard spiegò che Estellen aveva ricevuto una nuova missione da svolgere e che lui non l’avrebbe mai abbandonata, suo padre lo guardò con fiero cipiglio ed esclamò:
“Perché non mi hai parlato anche mesi fa di questa tua intenzione di non lasciare la tua amica da sola? Perché ci hai messo tutti di fronte al fatto compiuto? Avremmo potuto proteggerti e adesso non saresti costretto a difenderti da solo e da accuse infamanti!”
Stuard poteva addurre diverse considerazioni per smontare quell’asserzione e la metà di queste riguardavano quanto fosse inadeguata la Misura a guidare ancora i cavalieri dal cuore puro come loro, soprattutto in tempi di guerra, duri come quelli. Invece scelse il silenzio e chiese semplicemente rispetto per quelle che sarebbero state le sue decisioni, qualunque esse fossero state. A ridosso di una campagna militare che avrebbe decimato i cavalieri, né Sir Theodor e né suo padre Sir Marcus aggiunsero altro, limitandosi infine ad annuire.
Prima di accomiatarsi, Stuard parlò loro del maniero Brightblade e della richiesta di Sturm. I suoi famigliari si complimentarono intanto con lui per il grande onore che gli era stato concesso. Senza meno, la casata Uth Breannar si sarebbe presa cura di quelle terre e di quel maniero ora diroccato, appartenuti però ad una famiglia blasonata ed eroica come i “Brightblade” e avrebbe assegnato proprio Stuard come suo reggente dislocato in loco, quando la guerra fosse finita. Inserendo ovviamente ogni postilla che il suo erede legittimo, Sturm Brightblade, aveva posto come condizione necessaria per questo “affido”.
Era una promessa da parte della sua famiglia, ma al contempo anche una speranza. La speranza di potersi alfine rivedere e tornare a stare insieme, quando la tempesta fosse passata.
Sir Ulther dovette poi allontanarsi, per riaccompagnare suo padre al maniero, ed Estellen decise dunque di fare una visitina a Fizban.
L’eccentrico “mago”, stava parlando con Lord Gunthar e Lord Kerwin principalmente, specificando che non gli interessavano i dettagli tattici della campagna o come le tre legioni sarebbero state suddivise e strutturate. A lui interessava solo di iniziare subito ad inviare truppe, perché la Solamnia era già sotto attacco e le casate dovevano unirsi per creare un esercito, un fronte unito, ma diviso in tre parti che avrebbero dovuto proteggere gli innocenti e i più deboli, prima di tutto. Ovviamente l’imperatore “ergothiano” avava offerto il suo contributo promettendo di inviare una poderosa flotta navale di supporto e il dignitario gnomo, Gnosh III, aveva messo a disposizione tutta la tecnologia che l’ingegno degli gnomi avrebbe potuto fornire, ma nessun supporto sarebbe invece arrivato dagli elfi o dai nani, troppo presi ancora a leccarsi le ferite.
Estellen raggiunse FIzban in quel momento, il quale si tolse il cappello e sbuffò sonoramente, chiaramente stanco di discussioni che erano francamente inutili. Adesso bisognava solo agire e non parlare!
Lui la guardò con la consueta dolcezza e per la prima volta la chiamò col suo vero nome: Lindaara. Confermò chi lei fosse e giustificò questo suo particolare attaccamento alla causa di Paladine con il fatto che era la seconda volta consecutiva che era stata chiamata sul piano materiale a rappresentare il “verbo di Paladine”. Purtroppo non negò la possibilità che in futuro avrebbe dovuto invece portare avanti la volontà di Takhisis o di un altro dio malvagio. Estellen si disse atterrita dall’idea, ma Fizban sottolineò che non doveva esserlo, perché questa era la sua natura. Lei era nata, era stata creata per quello e non c’era niente di cui vergognarsi.
Il vecchio barba grigia le alzò poi il volto mesto e la costrinse a guardarlo negli occhi.
“Nessuno ti giudicherà un giorno per quello che farai, se ti chiederanno di farlo. Come dicevo, è la tua natura e non c’è niente che deve intristirti o crearti dolore, perché è semplicemente quello che sei.”
Estellen abbozzò un sorriso, ma aveva il cuore pesante.
Poi azzardò a chiedere a Fizban qualcosa riguardo la sua missione imminente, gli raccontò di Keegal e del suo stratagemma per aggiustare la linea temporale. Fizban rispose laconicamente che lei avrebbe dovuto accompagnare e guidare Theros, attraverso un viaggio iniziatico che si sarebbe strutturato attraverso tre tappe diverse. Una di queste prevedeva l’imprescindibile benedizione di Mishakal, sposa di Paladine, un’altra era portarlo a scegliere tra “battesimo” o “magia” (qualunque cosa volesse intendere il vecchio barba grigia) e l’ultima, quella più importante per entrambi, ma per ragioni diverse, fargli ricevere “il Soffio di Paladine”: il mistico alito che avrebbe alimentato la forgia attraverso cui sarebbero state create le “Dragonlance”.
Il pittoresco mago dal cappello a punta lasciò poi Estellen immersa nei suoi pensieri e si allontanò, puntando il kender, ancora costretto a sentire la noiosa e quindi per lui terribile ramanzina del nano.
La dama bianca si avvicinò quindi a Theros, a pochi passi da lei e gli consegnò il perno del “braccio d’argento”, presentandosi a lui e riferendogli che lei e i suoi amici lo avrebbero aiutato a raggiungere la Tomba di Huma e a ricevere l’investitura necessaria per infondere alle armi il “potere divino”. Ovviamente Theros sembrava cadere dalle nuvole, ma si disse entusiasta di iniziare con loro questo nuovo cammino, così come aver recuperato il pezzo mancante del suo braccio incantato. Le lance dovevano esser pronte per la primavera, così le aveva detto Fizban e quindi dovevano partire subito: non avevano tempo da perdere!
Estellen gli domandò dove avesse trovato una fucina qui vicino, nella quale forgiare la lancia scintillante che ancora era conficcata dentro la bianca pietra al centro della radura e Theros ammise che era stato aiutato dagli gnomi. Grazie ad un mezzo di locomozione chiamato “dirigibile” che letteralmente viaggiava in aria come gli uccelli, essi lo avevano accompagnato fino al Monte Nonimporta e dopo aver finito il lavoro con la lancia, lo avevano poi riportato qui, giusto in tempo per non perdersi la parte finale del “Concilio”. La dama bianca decise di non fare altre domande in merito all’ergothiano, ma di sicuro un mezzo del genere avrebbe aiutato molto ad accorciare il loro cammino!
Kail non digerì molto bene lo sguardo sprezzante del re degli elfi di Qualinesti, ma comprese la situazione e il profondo disagio che l’aveva visto sopportare per anni l’amore di sua figlia, una principessa di sangue reale, verso uno come lui e decise di non creare polemiche e giungere subito al punto. D'altronde, lui non era Tanis.
“Mio signore, ruberò solo pochi attimi del vostro tempo. Vengo a riportarvi una triste notizia, vissuta in prima persona: una strage di elfi viene tutti i giorni consumata nelle Terre Selvagge e nello specifico alla “City of the Morning Dew”. Abbiamo infatti scoperto che uno degli ingredienti con cui viene prodotto “il mead” altro non è che la ghiandola pineale degli elfi … pertanto potete immaginare da solo quale carneficina questo abbia comportato e comporti tutt’oggi tra i nostri fratelli e sorelle. Vi chiedo di unirvi a me e a ripulire questa oscenità il prima possibile!”
Solostoran all’inizio mostrò diffidenza nei confronti di Kail, come era lecito aspettarsi, ma quando ascoltò il suo dettagliato rapporto sulle nefandezze cui egli aveva assistito personalmente laggiù, si disse inorridito e ovviamente offrì subito la sua disponibilità e il suo aiuto.
Tuttavia aveva bisogno di prove. Prove parecchio sostenibili per muovere una guerra a est. Se lui avesse fornito queste prove, gli elfi si sarebbero certamente mossi per lavare via questo scempio!
Kail lo ringraziò: comprese molto bene che la questione era assai più complessa di come Solostaran l’aveva presentata, ma per adesso era tutto quello che gli serviva sapere. Un giorno sarebbe tornato laggiù, si sarebbe procurato un po’ di quell’intruglio maledetto e attraverso l’aiuto di un mago o di un alchimista, si sarebbe fatto dire quali fossero gli ingredienti precisi di quella nefasta bevanda. Quel giorno si augurava che tutto il mondo sarebbe insorto e avrebbe cancellato le porcherie di quel posto osceno e ripugnante!
Poi il mezzelfo si congedò con un lieve inchino dal re degli elfi e, poco dopo i suoi amici, tornò al maniero: adesso aveva solo voglia di mangiare qualcosa e dormire tutto il resto del giorno, fino all’alba dell’indomani.