"Soffionero" attendeva al centro della radura che qualcuno raccogliesse la sua sfida, ma ad un certo punto dovette arrendersi all’evidenza: gli umani erano spesso gretti, ma non erano poi così stupidi. Con un sogghigno di autocompiacimento, il drago, celato da un incantesimo in forma umana, alzò la mano destra e si apprestò a comandare al guerriero in armatura nera di dare il colpo di grazia al maresciallo Tholus. Il combattente veterano giaceva a terra, ansante e ringhiante, in attesa che la punta della spada del suo nemico gli trafiggesse la carotide.
Tuttavia, prima che ricevesse l’ordine a svolgere l’esecuzione, la voce potente di Stuard squarciò il silenzio e le sue parole arrivarono al nero incantatore forti e dirette come sempre:
“Non siamo qui per sfidarti. Nessuno di noi vuole morire oggi, ma non posso tollerare che un uomo venga assassinato in questo modo atroce. Pertanto ti chiedo di risparmiargli la vita e nessuno di noi, né io e nemmeno i miei amici, proveremo ad ostacolare il tuo cammino. Hai la mia parola!”
"Soffionero" fu alquanto sorpreso dal coraggio palesato dal cavaliere e replicò, sibilando tra i denti, rivolgendosi con disprezzo alla pozza di liquami che un tempo era stata Sir Geremiah:
“Ecco, vedi? Questo è un cavaliere. Quello che, per fortuna di tutti, tu non fingerai di essere mai più!”
Poi l’oscuro individuo alzò gli occhi verso il nascondiglio dove erano assiepati i nostri eroi e ancora continuò:
“L’accordo che ho stipulato con Tholus verrà rispettato, ho dato la mia parola. Ma questo accordo non prevedeva che lui avrebbe avuto salva la vita. Ci sono troppi scomodi testimoni in questa radura e francamente bastate voi a ricordare, finché la dea oscura lo permetterà, questa cospirazione!”
Pronunciate queste aspre parole, il tetro figuro fece dunque segno al guerriero di procedere.
A quel punto Stuard fece un lungo respiro, una breve ma intensa preghiera a Kiri – Jolith, ed uscì allo scoperto. Aveva lo sguardo determinato puntato sul guerriero oscuro e nella sua mente e nel suo cuore solo l’immagine di Deneva a fargli coraggio. A lei si aggrappava per ciò che avrebbe dovuto fare. Per ciò che era giusto fare. Fece dunque il saluto solamnico di sfida al suo avversario e si preparò a combattere: vivere o morire non avrebbe avuto importanza: nessuno poteva perdere la vita in quel modo così sommario. Non se lui avesse potuto fare qualcosa per evitarlo.
Essendo proprio accanto al cavaliere, Kail non credeva ai suoi occhi. Non che non fosse preparato ad una cosa del genere, ormai ci era abituato, ma pregò ogni singolo dio del cielo stellato, che per una volta il suo amico Stuard agisse in maniera meno cavalleresca del solito. Purtroppo le sue speranze crollarono miseramente in pochi istanti e lui fu costretto a prendere dei provvedimenti immediati, improvvisando al meglio delle sue possibilità. Uscì dal nascondiglio quindi subito dietro di lui e, rapido come un fulmine, scagliò una freccia verso il guerriero in armatura scura. Purtroppo però quello non era il suo arco e nella faretra non c’erano certamente le sue frecce. Fu un miracolo che riuscì comunque a compensare la scarsa qualità dell'arma con l’esperienza. In qualche modo riuscì a centrare il bersaglio, anche se la freccia si spezzò immediatamente a contatto con l’armatura del guerriero.
Questo piccolo diversivo però offrì la possibilità a Stuard di intercettare il colpo del combattente di Takhisis e salvare quindi la vita di Tholus, il quale scivolò via, raccolse la spada e si unì alla pugna.
Prima che “Soffionero” potesse intervenire, Estellen iniziò a pregare Paladine di venire in suo soccorso e in quello dei suoi amici, tuttavia il drago era rimasto all’erta e, memore dell’ultima volta, aveva deciso di giocarsi un asso nella manica. Infatti scagliò un feroce incantesimo su di lei, che la sollevò letteralmente da terra e la strappò dalla foresta, trascinandola con la forza davanti a lui. La mano destra dell’incantatore era mutata orrendamente: mostrava degli artigli ricurvi e una pelle spessa e striata come quella di una serpente. Pronunciando parole blasfeme e serrando l'arto come se volesse afferrare l’anima della sua vittima, “Soffionero” ordinò al corpo di Estellen di tenere braccia e gambe divaricate e soprattutto la bocca chiusa. Poi le si avvicinò di qualche passo e bisbigliò sinistro:
“Ho avvertito la tua presenza laggiù, a Silvanesti, ed ora sono perlomeno curioso. Gli antichi chierici non esistono più da secoli. Ordunque, chi sei tu che ti sei levata senza che nessuno avesse avvertito la tua presenza e ti agiti adesso di continuo contro le forze del male?”
Estellen non riusciva a parlare: c’era una forza invisibile e potentissima che la obbligava a soccombere ad una volontà ben più forte della sua. Tuttavia riuscì a vorticare gli occhi verso la foresta e a lanciare un richiamo mentale disperato verso il suo animale guida. “Soffionero” avrebbe sicuramente anticipato quella mossa, se in quel momento Kail non avesse scagliato una seconda freccia verso di lui. La punta del dardo esplose in mille pezzi a contatto con la nuda pelle della sua mano mostruosa, ma questo bastò a distrarlo per un breve secondo, che fu sufficiente alla civetta di ferirlo al volto con gli artigli. Poi Quill si dileguò nuovamente nella foresta . Toccandosi la guancia e notando che sanguinava leggermente, “Soffionero” guardò Estellen con ancor più attenzione e stupore, poi le domandò ancora una volta chi fosse.
“Io sono… sono il Verbo di Paladine!”
Esclamò la giovane senza paura, vincendo alfine l’incantesimo che l’aveva resa temporaneamente soggiogata. A quel punto l’uomo vestito di nero si ricordò di lei.
“Tu sei Lindaara non è vero? Eri più avanti con l’età l’ultima volta che ci siamo incontrati, quasi mille anni fa. Ora finalmente ti riconosco.”
Con un gesto della mano “Soffionero” la depositò delicatamente a terra e aggiunse:
“L’ultima volta anche hai servito Paladine, ma la prossima servirai Takhisis. Rammenta bene le mie parole, quando sarà l’ora di andartene da questo mondo!”
Sentenziò il drago, schioccando le labbra in maniera derisoria. Estellen cercava di ribattere, ma rimase stordita da quelle parole, perché sebbene non rammentasse nulla della sua vita oltre la settima porta, istintivamente percepiva che potevano essere tragicamente vere. Ailin gliel’aveva accennato e “Soffionero” era pur sempre un figlio di Takhisis, quindi poteva essere a conoscenza di qualcosa che lei ancora non poteva sapere. Non c’era dubbio su questo. Come avrebbe potuto rappresentare la volontà della dea dalle cinque teste? Era una follia solo a pensarci!
Mentre Estellen arrancava per respirare, l’oscuro incantatore si avvicinò a Sedun, che prese a strisciare via terrorizzato:
“Per favore milord, non uccidetemi. Potrò servirvi bene in futuro. Lo giuro!”
Supplicò il figlio dell’imperatore ergothiano.
“Soffionero” teneva stretta a sé Justine, quasi inglobandola nella sua oscurità. Prima di rispondere adeguatamente al principe gettò un’occhiata fugace al guerriero in armatura nera, che stava combattendo con Stuard e Tholus. Poi tornò a fissarlo e sussurrò malevolo:
“Tu mi servi vivo, umano. Per adesso ti aspetta un destino ben peggiore della morte, ma quando verrà il momento, farai bene la tua parte, così che io non sia costretto a venirti a cercare e a consumarti vivo come questa nullità.”
Il drago in forma umana mostrò i resti di Sir Geremiah, poi tornò a fissare l’ergothiano in maniera talmente malvagia che il povero principe non percepì nemmeno i terribili bisbigli e le parole gutturali ed empie che il drago gli sputò con disprezzo contro. Quando terminò, Sedun si teneva le orecchie, quasi volesse filtrare l’orrore con le dita, poi i suoi occhi si spalancarono, divenendo vuoti e folli come qualcuno che era stato svuotato da ogni raziocinio.
Con un gesto, il drago nero fece poi esplodere i barili, disseminandone il contenuto ovunque nella piccola radura erbosa. Il dono del principe era stato distrutto, così come la sua sanità mentale. Egli strisciò verso i resti dei barili, con la speranza di raccogliere un po’ di “mead”. Anche solo “un po’” di quell’intruglio maledetto, sarebbe bastato a farlo diventare ricchissimo, solo che Estellen intuì che stava agendo così solo per riflesso, per un meccanismo spontaneo che metteva a nudo la sua insaziabile avidità. Un desiderio inconscio che emergeva per tentare di renderlo di nuovo consapevole, di strapparlo dalla sua follia, ma che in realtà manifestava solo la sua natura gretta e meschina. Egli non sapeva nemmeno ciò che stava facendo lì, in ginocchio, con piccoli, umidi frammenti di legno in mano.
La dama bianca, con lo sguardo colmo di pena, si fermò di nuovo ad osservare “Soffionero”, che le restituì un ultimo, genuino, sguardo di puro biasimo. Poi si ritirò tra le ombre, sparendo nell’atra foresta con Justine al seguito.
Proprio in quel momento, dall’altra parte della radura, Tholus trafisse il collo del suo giovane avversario, rimasto senza difese dopo aver visto il suo signore allontanarsi senza di lui. Il combattimento aveva preso una brutta piega per i due guerrieri, quando l’arma di Stuard si era spezzata sotto i potenti colpi dello spadone del paladino di Takhisis. Tholus fortunatamente era intervenuto in tempo per salvarlo, mentre Kail, nascostosi dietro un cespuglio per evitare l’ira del drago, era riuscito a lanciare all’amico la sua arma per farlo tornare tosto nel combattimento. Probabilmente il guerriero scuro avrebbe avuto la meglio anche contro entrambi i suoi nemici, poiché era dotato di difese soprannaturali, ma quando aveva visto uscire di scena il suo signore, era rimasto senza parole e a quel punto Tholus l’aveva ucciso.
Così, i nostri eroi erano adesso di nuovo insieme.
Estellen rivelò che il principe Sedun era certamente uscito di senno e quindi non abbisognava di particolari misure di sicurezza. Kail e Stuard non faticarono infatti a legarlo e prenderlo prigioniero. Per ciò che riguardava Tholus, malgrado l’iniziale diffidenza assolutamente giustificata del mezzelfo, egli si arrese immediatamente, consegnando la sua arma al cavaliere.
Prima di andar via da quella maledetta radura, Stuard recuperò il ciondolo dai miseri resti di sir Geremiah e si domandò come avrebbe fatto a dire a suo padre che non solo suo figlio era morto, ma che faceva anche parte della stretta cerchia dei cospiratori. Stringendo nel pugno il gioiello, si interrogò seriamente se diventare cavaliere fosse davvero quello che voleva per la sua vita. Quanto poteva essere pericoloso perdersi in questo momento di disfacimento e di degrado dei valori in cui era caduto vittima il cavalierato?