La sensazione generale, poco prima di raggiungerli, fu che la donna avesse fretta di abbandonare quella conversazione e stesse facendo il possibile per svicolare dalle grinfie e dall’attenzione dell’uomo. Ragione in più perché Stuard volle accelerare il passo, ed inserirsi tra i due per evitare che la giovane governante potesse squagliarsela.
Fu in quel momento che il gruppo apprese i loro nomi e a Kail brillarono gli occhi, perché, per la prima volta da quando erano arrivati in quel maniero, la fortuna sembrava avesse girato il proprio volto bendato verso di loro. Finalmente infatti avrebbero potuto prendere due piccioni con una fava!
Dopo le adeguate presentazioni, il cavaliere innanzitutto domandò il motivo del loro acceso dibattito e che la legittimità della sua apparentemente sconveniente domanda, pur non essendo avallata dalla Misura, era però sostenuta dal Codice, visto che stavano indagando su fatti terribili accaduti recentemente nel maniero. L’anello con il sigillo di Lord Gunthar bastò a convincere l’anziano cavaliere della veridicità delle parole di Stuard.
In buona sostanza, Lord Alan Uth Hadar, stava rimproverando Justine perché il suo letto non era stato rifatto e la sua camera era ancora sottosopra, esattamente come l’aveva lasciata di prima mattina. La ragazza sembrava autenticamente addolorata per questa sua negligenza, ma aveva tentato di giustificarsi attribuendo ai Crownguard la responsabilità per quel ritardo, a causa di una momentanea indisponibilità del loro personale adibito a svolgere commissioni e prestazioni simili alle sue. A detta della donna infatti, ben due di loro si erano ammalati, forse a causa della forte pioggia e del freddo pungente del giorno prima.
L’anziano cavaliere non aggiunse nulla a quelle parole, ma Estellen percepì che non aveva gradito tale spiegazione. D’altronde era anche normale: i Crownguard erano i primi antagonisti degli Uth Wistan e quindi l’anziano cavaliere non poteva che non vederli di buon occhio. Poi Lord Alan le sorrise condiscendente, notando il volto contrito della giovane, scusandosi per i suoi modi eccessivamente aggressivi e comprendendo le sue ragioni.
“Non ti preoccupare ragazza, tanto mio figlio non è nelle sue stanze, ed io credo che mangerò ancora una volta da solo stasera. Quindi vai pure a fare il tuo lavoro, non avevo intenzione di creare malumore. Nessuno saprà di questo incidente con i Crownguard, te lo prometto.”
Justine fece un inchino rispettoso, ma ebbe anche un lieve sussulto quando recepì le parole del vecchio guerriero. Estellen non sapeva bene quale fosse il particolare argomento che l’aveva turbata dell’esternazione del cavaliere, ma era certa che non si sbagliava a riguardo: la minuta fantesca aveva appena appreso delle informazioni che non le erano piaciute o che non si era aspettata di ricevere! Non esistevano dubbi a riguardo. Iniziò dunque a guardare quella ragazza con occhi diversi. Inoltre non vedeva l’ora di poter parlare con lei in separata sede, di capire chi fosse davvero quella governante dai capelli rossi dall’aria così ingenua, ma che nascondeva certamente qualcosa.
Nel frattempo Stuard aveva chiesto al vecchio cavaliere il permesso di interrogare entrambi, come la procedura imponeva.
“Sarò ben lieto di ospitarvi a cena e parlare con voi di ciò che volete, ragazzo. Facciamo tra un’ora qui da me?”
Rispose prontamente Lord Uth Hadar, quasi contento di esporsi a quell’interrogatorio, per non essere lasciato solo per l’ennesima volta da un figlio che evidentemente non amava troppo la sua compagnia. A proposto della volontà di interrogare invece la ragazza, l’anziano guerriero aggiunse:
“Sprecate il vostro tempo, signori… Justine è una dama seria e lavoratrice. Le vostre accuse sono sicuramente infondate. Quali prove avete a sostegno di questa disdicevole intenzione che manifestate nei suoi confronti?”
Stuard mostrò il bottone di Gustave e il frammento di lana rinvenuto nel passaggio segreto, ma non volle dare troppe spiegazioni a Lord Alan. Sperò con quel gesto di smuovere qualcosa nella ragazza, di portarla a manifestare qualche reazione emotiva. Rimase piuttosto di sasso quando notò che Justine non mosse ciglio innanzi a quelle che egli definì con voce altisonante: “prove schiaccianti”. Tuttavia Estellen non ne rimase affatto colpita, anzi cominciava a capire di che pasta fosse fatta quella ragazza.
Justine sembrava comunque smaniare per andare via, per abbandonare quella situazione che evidentemente la stava mettendo a disagio. Quindi disse:
“Signori, davvero non posso perdere altro tempo. Devo lavorare adesso. A meno che vogliate farmi compagnia mentre rassetto la stanza di Lord Alan...”
Mentre gli altri riflettevano seriamente su quella proposta, Stuard invece ne intuì la profondità. Infatti la Misura imponeva che fosse assai sconveniente interrogare una dama, con domande provocatorie, sul proprio posto di lavoro e incalzata da ben tre persone, a meno di non avere prove schiaccianti sulla sua colpevolezza. In quel preciso momento anche il cavaliere capì che davanti a lui non c’era una povera ragazza impaurita ed inconsapevole, ma una donna capace ed astuta, che conosceva benissimo le procedure dei cavalieri di Solamnia.
Tuttavia Kail ruppe l’imbarazzante silenzio e spezzò il lieve sorriso che si era dipinto sulle labbra di Justine. Decise infatti di accettare la sua proposta e si prodigò a sottolineare che qualche piccola risposta era tutto ciò di cui avevano bisogno da lei. Sbuffando leggermente, ma camuffandone abilmente il senso, la giovane fece di nuovo un lieve inchino in direzione di Lord Alan e si incamminò nel corridoio fino alle stanze del capostipite del casato Uth Hadar.
Estellen notò subito che il vecchio cavaliere non zoppicava affatto mentre si ritirava nella sala da pranzo e si ricordò immediatamente della protesi che gli gnomi gli avevano donato perlomeno la mattina precedente (da quel che loro personalmente avevano visto) e che sicuramente lui stava indossando in quel momento. Considerando che tutto era cominciato con l’effrazione della sera prima, se davvero fosse stato Lord Alan il partner di Paul Degaulle, egli non avrebbe dovuto zoppicare come invece avevano visto fare al cospiratore. Sarebbe stato sciocco infatti rischiare così tanto senza eliminare il suo handicap indossando la protesi e restringendo in questo modo drasticamente il ventaglio di sospetti sulla sua persona. Così, anche il maggior indiziato che avevano tra le mani stava perdendo pesanti posizioni, ma la sacerdotessa di Paladine tenne per lei queste preoccupanti riflessioni, per ora.
Giunti davanti alla porta d’entrata, Justine tirò fuori la chiave delle stanze di Lord Alan ed entrò, pensando che solo Estellen l’avrebbe accompagnata all’interno. Invece anche Kail andò con la sua amica, mentre Stuard rimase oltre la porta come imponeva la Misura.
Un po’ contrariata dalla piega che avevano preso gli eventi, ma fingendo noncuranza, Justine si mise subito a lavoro, ma né Estellen, né il mezzelfo, desistettero dal voler parlare con lei. Seguendola per la stanza passo passo e mostrandosi per nulla spazientiti, le fecero vedere di nuovo il bottone, chiedendole se aveva qualcosa da dire su di esso:
“Non so che rispondervi signori, non ho mai visto quel bottone.”
Evasiva, la donna non arrossì nemmeno quando Estellen le parlò esplicitamente della storia romantica che aveva avuto con Gustave e dei fatti a luci rosse che avevano portato i due amanti ad incontrarsi clandestinamente in un’ala scarsamente utilizzata del maniero.
“Conosco Gustave, certo… fin da piccola… ogni tanto parliamo, passiamo del tempo insieme, ma questo è tutto.”
Il modo di comunicare della minuta governante era freddo, calcolatore, ed Estellen lentamente comprese che non ci si poteva assolutamente fidare di lei. Non era stata drogata con il “mead” e quindi piegata da una volontà più forte della sua, sembrava semplicemente avesse il cuore di ghiaccio come lo erano i suoi occhi e nemmeno lei riusciva a penetrare con facilità dentro la sua anima. Una scorza dura e rivestita di livore sembrava infatti proteggergliela con grande forza dal suo sguardo indagatore.
“Si, ci siamo incontrati la settimana scorsa, ma abbiamo solo parlato. Non capisco perché Gustave debba farmi passare per una ragazza dai facili costumi.”
Sentenziò stizzita la giovane.
Quando però Kail le domandò se poteva confrontare il frammento di lana con il materiale di cui era composto il suo scialle, Justine commise un errore che le risultò fatale. Non tanto per via del fatto che fossero identici, cosa che giustificò con facilità dicendo che d’inverno quasi tutti gli indumenti erano fatti di lana come quella, ma perché sottovalutò l’acuta vista del mezzelfo. O forse non aveva mai visto un mezzelfo prima e non ne conosceva a fondo le capacità.
In quel mezzo secondo infatti Kail notò che Justine portava al collo un ciondolo molto particolare: un gioiello raffigurante due serpenti d’oro che erano intrecciati attorno ad un'ancora d’argento. Un monile raro, se non unico, che rappresentava la casata degli Uth Hadar!
Quando il mezzelfo le domandò come mai un gioiello così prezioso fosse attorno al suo collo e non riposasse invece su quello di una delle due figlie di Lord Alan, Justine rispose in questo modo:
“Non è delicato sbirciare nel decollete delle brave ragazze, milord. Comunque, questo è l’unico gioiello che mi ha lasciato mia madre, se proprio lo volete sapere.”
Pur rimanendo all’apparenza calma e distaccata, questa volta Estellen percepì in lei una punta di agitazione. La ragazza stava improvvisando e infatti fece un secondo errore, questa volta sulla base del fatto che non poteva sapere che Kail, oltre ad essere un mezzelfo, era anche figlio di un cavaliere, cresciuto tra cavalieri. Era stato solo per un attimo, ma egli era riuscito a vedere distintamente che il ciondolo rappresentava con certezza assoluta il casato Uth Hadar e a meno che lei fosse stata una figlia illegittima di Lord Alan, cosa improbabile perché era troppo giovane, gli sembrò chiaro che stesse mentendo.
A quel punto Kail le ordinò di gettare la maschera o sarebbe andato immediatamente dal vecchio cavaliere a chiedergli se davvero le cose stavano nel modo in cui lei sosteneva. Non ci avrebbe messo molto a farlo e per lei sarebbe stata la fine.
La trasformazione che subì Justine dopo le parole del mezzelfo, soprattutto agli occhi di Estellen, aveva dell’incredibile. Iniziò a piangere e a singhiozzare, a ostentare una fragilità e una ricerca spasmodica di compassione che erano palesemente forzate.
Tra una lacrima e l’altra, Justine ammise dunque di aver incontrato Gustave e di non essersi limitata a parlare con lui. Inoltre confessò che era vero che gli aveva strappato il bottone dalla divisa e che lo aveva consegnato proprio a Lord Alan:
“Io non volevo farlo, ma mi ha minacciata di svergognarmi davanti a Lord Gunthar e avrei perso il lavoro. Io amo Gustave e non lo avrei mai messo in difficoltà con il governatore di Gavin, ma devo pur vivere in qualche modo. Questo gioiello mi è stato donato per il mio servigio. Che c’è di male?”
Ovviamente Kail le fece notare che la sua dichiarazione, se successivamente dimostrata falsa da Lord Alan, avrebbe portato lei ad essere la maggiore indiziata per essere perlomeno “il gancio” principale con i cospiratori, ma Justine giurò e spergiurò che le cose stavano come lei aveva raccontato e non si mostrò per nulla contraria al fatto di venir relegata momentaneamente nelle sue stanze e controllata a vista dalle guardie, fintanto che loro avessero terminato di conferire con l’anziano cavaliere.
I nostri eroi fecero appena in tempo a scortare la giovane fantesca nelle sue stanze e a chiedere ad un cavaliere della scorta personale di Lord Gunthar di piantonare la zona e di non far entrare nessuno all’interno, per poi farsi trovare abbastanza puntuali alla cena con Lord Alan.
Avevano tutti una strana sensazione a riguardo, come se stessero nuovamente perdendo tempo, prendendosela per l’ennesima volta con la persona sbagliata.
Mentre bussavano alla stanza del vecchio cavaliere, Stuard ricordò chiaramente che in cucina mancavano due tazze e non una sola. Sapeva bene che Martin non avrebbe avuto il tempo di preparare una seconda colazione per avvelenare Regina, né probabilmente quello di uccidere Tom. L’idea di aver quindi lasciato quella serpe velenosa da sola nelle sue stanze, non riusciva affatto a tranquillizzarlo.