Nonostante il ritmo serrato, i nostri eroi non riuscirono a giungere al maniero Uth Wistan che sul calar della sera.
Solinari cominciava a far capolino tra le nubi plumbee e Lunitari poteva esser percepita solo a causa di un lieve bagliore rossastro che risaliva su da ovest. La rada pioggia si era finalmente quietata già da qualche ora, ma il terreno fangoso non aiutava il galoppo sfrenato, pertanto Kail riuscì a varcare il basso guado del "Whitestone river" soltanto verso le sei di pomeriggio e arrivò definitivamente a destinazione intorno alle sette. Era tardi, tragicamente tardi.
Giunti nelle stalle, Tyler prese in consegna i cavalli e fece notare al gruppo che il destriero fuggiasco, che Martin aveva richiesto poco prima dell’alba, era stato ricondotto al maniero circa un’ora prima da un elfo di Qualinesti di nome Gideon. Ovviamente nessuno, nemmeno Estellen, famosa in tutti i sette regni per la sua nobile predisposizione a pronunciare sempre la verità, si azzardò a raccontare il vero motivo per cui il giovane Martin non era tornato al maniero insieme alla sua cavalcatura. Stuard si limitò ad annuire, accarezzando il cavallo e a ringraziare lo stalliere per aver fornito loro destrieri forti e resistenti e per la sua disponibilità a condividere le informazioni.
Mentre entrarono ad ampie falcate nel maniero, i nostri eroi dibatterono brevemente sul da farsi. L’intenzione primaria era quella di cercare subito Justine, di interrogarla e di procedere con la parte finale della loro indagine, ma dopo un veloce scambio di opinioni, alla fine scelsero di andare a fare prima rapporto a Lord Gunthar. Troppe infatti erano le cose truci che avevano scoperto e di cui lui non era ancora a conoscenza. Bisognava assolutamente metterlo al corrente dei fatti e della direzione che aveva preso la loro indagine.
Quindi raggiunsero velocemente l’ala dedicata agli Uth Wistan e chiesero in giro dove fosse Lord Gunthar. Lo trovarono poco dopo in una delle tre sale tattiche, impegnato in una conversazione serrata con altri esponenti del cavalierato: esponenti importanti e decisamente vicini alla sua casata. Diffidenti, Kail e gli altri, attesero di esser soli con lui prima di riferirgli quanto avevano scoperto, nonostante Lord Gunthar li avesse richiamati più di una volta all’interno del suo cerchio di persone fidate, per condividere con loro le informazioni di cui disponevano.
Come Stuard gli spiegò poi, quando il signore del maniero si decise a congedare i suoi alleati per conferire finalmente con loro, non era per mancanza di rispetto che non si erano avvicinati, ma perché non ci si poteva fidare di nessuno, nemmeno degli amici, fino al Concilio del giorno dopo. E anche dopo, a dire il vero, c’era poco da stare tranquilli, visti i crimini efferati che erano stati compiuti nelle ultime ore. Lord Gunthar si sedette affranto e si preparò ad udire cose terribili.
Kail riferì a quel punto della morte di Martin, tecnicamente ucciso da una freccia, ma di fatto a causa di una potente droga che era servita a fiaccargli la volontà e a renderlo un burattino nelle mani dei cospiratori. Un omicidio che non era stato solo violento, ma sadico, visto come si era consumato.
Quando Estellen nominò il “mead” infatti, Uth Wistan trasalì. Rammentava bene la crisi che ebbe il cavalierato anni prima, in seguito alla vergognosa scoperta che i più ricchi tra loro utilizzavano quel maledetto intruglio per il proprio sollazzo e per potersi controllare a vicenda.
Kail raccontò senza lesinare sui dettagli del ritrovamento del cadavere, gettato come uno straccio vecchio al di sotto di uno scosceso dirupo, grazie ad uno scout elfico di nome Gideon. Sottolineò con tristezza come il povero Martin fosse stato costretto a rimanere immobile fino a morire dissanguato e concluse enfatizzando i due strani dettagli che li avevano confusi non poco e su cui avevano dovuto poi indagare per forza: il bottone della milizia di Gavin, rinvenuto nella piccola radura, ed il messaggio inciso sul terreno con le iniziali K e C davanti al corpo immobile del servitore di Sir Derek.
Il mezzelfo attese pazientemente che Lord Gunthar assorbisse per intero quel flusso di informazioni, poi riprese a narrare del loro viaggio a Gavin e dell’incontro con il governatore MarThasal, del bottone di Gustave e della sua tresca con Justine, l’ultimo tassello rimasto del puzzle. Anzi il penultimo, per essere davvero precisi.
Gunthar apprezzò il comportamento collaborativo del suo vecchio amico Serdin annuendo lievemente con il capo, ma sembrò a tutti che stesse sentendo le parole del mezzelfo, ma che non le stava ascoltando del tutto. Come se il suo cervello stesse elaborando alcune informazioni che evidentemente non aveva ancora digerito del tutto. Allorché Estellen gli domandò a che cosa stesse pensando, il signore del maniero fece emergere le sue perplessità, innanzitutto riguardo lo strano dettaglio dell’incisione capovolta trovata sul terreno. Tuttavia, prima di sviscerare l'argomento, Lord Gunthar volle conoscere prima la loro opinione su alcuni dei fatti riportati da Kail e domandò in che modo i nostri eroi avessero interpretato per esempio il furto dell’invenzione degli gnomi e come l’avevano inserito all’interno di questo quadro generale, piuttosto complesso e grondante di sangue.
Il mezzelfo rispose che lo stesso attrezzo rubato agli gnomi nei loro capanni, era stato usato un paio di settimane prima per aggiustare una finestra all’interno di una delle stanze da pranzo del maniero. Nello specifico, quella che avrebbe dovuto ospitare “il presidente del sole” Solostaran. Qualcuno degli invitati a quella cena, dunque, doveva aver visto l’ingegnoso strumento e doveva aver ordinato di andarlo a rubare per poterlo utilizzare successivamente nella stanza di Sir Ulther Uth Monnar, per incastrarlo a dovere. Non solo, ma Gideon, lo scout Qualinesti, aveva dichiarato che la freccia che aveva colpito Martin, senza però ucciderlo, apparteneva senza dubbio ad un “wardancer”, un guerriero speciale della scorta personale di Solostaran. Sembrava quindi ovvio che quella freccia fosse stata rubata dal deposito, per poi essere utilizzata contro il povero paggio di Sir Derek, per incastrare lui e gli elfi Qualinesti.
Chi poteva avere dunque tale autorità da prelevare una freccia così caratteristica e preziosa della scorta personale del re degli elfi, senza destare troppi sospetti?
Lord Gunthar si grattò i lunghi baffi biondi, rispondendo che gli uomini che si succedevano ci continuo al deposito armi erano tutte persone fidate, ma di certo lui non poteva conoscerle personalmente una ad una. Sarebbe bastato però controllare i registri per capire chi avesse lavorato al deposito quel giorno di due settimane prima: ogni impiegato doveva lasciare il suo nome e il suo cognome sul registro, nonché l’ufficiale che l’aveva messo in quel turno, quindi non sarebbe potuto sfuggire ad un controllo incrociato.
Dopo aver appreso, con un pizzico di disgusto, del principe Ackal Sedun e della sua sfrontata ammissione nell’aver permesso di realizzare la copia della chiave che sarebbe servita ai cospiratori ad aprire la stanza degli eroi di Solace e di averlo fatto per la sua dichiarata xenofobia nei confronti delle razze non umane, il signore del maniero riprese finalmente l’argomento dell’incisione sul terreno che l’aveva fatto innervosire qualche minuto prima. Aveva ascoltato pazientemente l’idea che si era fatto Kail su chi avesse potuto lasciare lì quell’indizio e perché, ma non si trovò d’accordo con lui. Non sul soggetto cui quelle iniziali presumibilmente si riferivano, che era quasi certamente Kerwin Crownguard, ma sulla possibilità che anche quello non fosse un depistaggio.
Infatti Lord Crownguard era molte cose: era arrogante, spocchioso e spesso insopportabile, ma non era mai stato un viscido assassino. Inoltre quando Crownguard era più giovane e lui solo un ragazzo di quindici anni, l’aveva visto combattere e condannare animatamente, all’interno del cavalierato, chi faceva libero uso del “mead” e solo per miracolo non aveva fatto la fine del suo amico MarThasal, costretto all’esilio, quando la maggior parte dei ricchi possidenti gli si erano rivoltati contro. Solamente dopo esser stato eletto anni dopo a Sommo Giudice, riuscì a promulgare un editto che rese illegale l’uso e il consumo di questa infame bevanda. Editto che ovviamente un giovane Gran Maestro dell’Ordine della Rosa si sbrigò immediatamente ad approvare.
Lord Gunthar dunque consigliò a tutti prudenza nei giudizi, poiché era molto probabile che Lord Kerwin fosse innocente o implicato in forma decisamente minore, come per esempio lo era stato l’esuberante principe ergothiano. Una testa calda esaltata, ma non certamente un infame assassino.
Stuard bisbigliò tra i denti che anche se implicati con responsabilità minori, non significava estranei alla vicenda. Poteva anche essere vero che Lord Crownguard avesse appoggiato all’inizio i cospiratori, ma non fosse riuscito a evitare gli effetti collaterali accaduti in seguito. Questo però non lo rendeva meno colpevole, né lui e nemmeno il principe Sedun.
Tuttavia il cavaliere cambiò subito discorso vedendo lo strano cipiglio del signore del maniero. Si limitò a riportare che i sospetti attualmente ricadevano principalmente sulla famiglia Uth Hadar e Lord Gunthar sembrò cadere dalle nuvole di fronte a quelle nuove e pesanti accuse, ma non si espose questa volta negandone la possibilità, visto che in effetti molte strade sembravano portare proprio a loro. Prima tra tutte la conoscenza di alcuni passaggi segreti nel maniero, ignote a tutto il cavalierato tranne a quelle pochissime famiglie amiche da decenni degli Uth Wistan.
Suggerì comunque cautela, ed invitò i nostri eroi ad essere tempestivi perché il Concilio di Whitestone era alle porte e anche se erano molto stanchi, dovevano stringere i denti e terminare ad ogni costo quella indagine.