Estellen guardava quel ragazzo alto e dai capelli rossi sempre più intensamente, insistentemente, senza dire una parola e lui si innervosiva ogni secondo di più. Non servivano certo i poteri di una sacerdotessa di Paladine quindi per capire che quel giovane soldato sapeva qualcosa riguardo quel bottone, per intuire che stava nascondendo la verità, per qualche motivo che ancora lei non conosceva. Forse lo avevano ricattato o avevano minacciato la sua famiglia. Forse qualcuno l’aveva obbligato a scagliare quella freccia maldestra, costringendolo a diventare un feroce assassino. Non esisteva certo solo il “mead” come mezzo coercitivo per fiaccare la volontà delle persone.
Convinta delle sue asserzioni, Estellen avvicinò Stuard e gli riferì le sue sensazioni riguardo quel ragazzo. Il cavaliere le lanciò un’occhiata eloquente e fece per tornare indietro dal soldato dai capelli rossi, ma la sua compagna lo fermò: non desiderava mettergli addosso ancora più pressione di quella che già sicuramente sentiva da solo dopo le aspre parole del suo governatore. Aveva solamente bisogno di un luogo dove potergli parlare da sola: era sicura che in quella condizione si sarebbe aperto con lei, che le avrebbe detto tutto pacificamente. Stuard annuì, ben sapendo però che non avevano tempo per traccheggiare ulteriormente: ogni ora che perdevano era un’ora andata in fumo per sperare di trovare il responsabile di ben quattro omicidi e probabilmente il complice da questa parte del mondo del leader delle forze di Takhisis: il temibile Lord Ariakas!
Così, come spesso accadeva, Stuard si lasciò quindi convincere dal sorriso e dai modi della sua migliore amica e sospirando tornò sui suoi passi, dirigendosi verso il governatore.
Nel frattempo Kail aveva scandagliato tutte le divise dei soldati presenti in quel cortile, cercando di esaminare perfino se esse avessero avuto dei rammendi recenti. Niente. Le livree erano perfette e senza apparenti ricuciture o rattoppi di sorta. Notando che il suo amico Stuard stava nel frattempo parlando con Serdin, decise di rimanere in disparte, ma allungò comunque un orecchio appuntito per cercare di capire di cosa i due stessero parlando.
In buona sostanza il cavaliere chiese al governatore e al reticente maresciallo Tholus, se Estellen avesse potuto interrogare uno dei soldati dal quale aveva percepito un certo nervosismo crescente quando MarThasal aveva esordito con il suo animato discorso. Secondo il parere della sua amica quindi, era molto probabile che quel ragazzo, che poco dopo apprese da Tholus si chiamasse Gustave Lecleren, fosse in qualche modo implicato nella questione legata al bottone. Non fu facile calmare i bollenti spiriti del maresciallo, che avrebbe voluto spellarlo vivo, ma alla fine il cavaliere, anche grazie al supporto del governatore, ottenne di far parlare Estellen con il ragazzo, da qualche parte nel corpo di guardia e possibilmente senza interferenze.
Kail intese la quasi totalità degli argomenti trattati nella discussione e anticipò le loro mosse, affiancando Estellen che era rimasta vicina a Gustave. Allorché il maresciallo ordinò al giovane di seguire la dama bianca nella gendarmeria per essere interrogato, il mezzelfo poté dunque notare chiaramente anche lui il nervosismo, la sudorazione elevata e le labbra secche del soldato dai capelli rossi. Sembrava dovesse svenire da un momento all’altro.
Tuttavia Gustave si fece forza e seguì Estellen nel corpo di guardia, dove trovarono con facilità un posto sicuro dove poter parlare serenamente. Serdin infatti fece strada, accompagnandoli nella stanza di Tholus, la più spaziosa di tutte, dove i due poterono sedersi e prepararsi ad una lunga chiacchierata.
Kail sperò solo di fare presto, perché era davvero tardi e loro dovevano rientrare il prima possibile se volevano sperare di chiudere in tempo l’indagine.
“Come ti chiami?”
Domandò gentilmente Estellen.
Il giovane teneva lo sguardo basso e quando lo alzava, ed incontrava quello severo di Serdin o di Tholus, fermi sulla porta, si affrettava tosto ad abbassarlo.
“M - mi chiamo Gustave, mia signora. Gustave Lecleren”.
Estellen gli sorrise e provò a metterlo a suo agio, a calmarlo, ma sicuramente la presenza di troppe persone nelle vicinanze non riuscivano a rasserenarlo abbastanza. La dama bianca gli si fece più vicino e gli domandò cos’era che lo rendesse così nervoso e se aveva ben chiaro la gravità di quello che era successo e la necessità quindi di parlarne subito, se davvero era a conoscenza di qualcosa di utile sull’argomento.
“M – mia signora, non saprei c - cosa dirvi. Non so perché abbiate pensato che io possa essere c - coinvolto in questa storia.”
Estellen sapeva bene che quel ragazzo stava mentendo, ma percepiva anche che la sua anima era buona, che non era un uomo malvagio. C’era qualcosa però che lo rendeva agitato, che lo preoccupava e lei doveva scoprire cos’era. Tuttavia prima che potesse fare un respiro e passare alla prossima domanda, il governatore MarThasal, che evidentemente conosceva quel ragazzo da quando era nato, tuonò in tutta la sua proverbiale e caratteristica determinazione.
“Gustave, se sai qualcosa di questa storia, ti ordino di parlare! Stai mettendo me e tutta la città in una grave situazione: potremmo perdere forza e autorità domani, al Concilio di Whitestone! Hai una vaga idea delle conseguenze del tuo silenzio? Parla, avanti”.
Estellen chiuse di scatto gli occhi. Talvolta gli sembrava di vedere, in quell’uomo così autoritario, il ritratto di Ulther da vecchio.
Spostò dunque i suoi occhi violetti su di lui e gli fece segno di no con la testa.
Il giovane si era messo le mani nei capelli, ed aveva cominciato a piangere come un bambino.
“Proprio quello che avrei voluto evitare”. Pensò tra sé la dama bianca.
Estellen gli afferrò la mano e lo implorò di stare tranquillo e di parlare con lei. Il giovane tirò su con il naso e disse:
“P - parlerò con voi mia signora, ma vi prego… non esponete la mia vergogna al pubblico ludibrio. Ho sbagliato, certamente, ma le mie azioni non volevano giungere a questo risultato. Mettere il governatore in difficoltà… non è certo stata mia intenzione. Ve lo giuro.”
“Finalmente qualcosa su cui lavorare.” Si disse tra sé la portavoce di Paladine, mentre faceva segno con la testa e con gli occhi a tutti di uscire di lì e di chiudere bene la porta dietro le loro spalle.
Poi unì le mani sul tavolino ed invitò il giovane a parlare, perché adesso solo lei avrebbe udito le sue parole.
“La scorsa settimana eravamo di ronda come al solito sul sentiero del maniero di Lord Gunthar, pioveva molto forte e non si vedeva molto bene. Ad un certo punto Lucas ha messo male un piede e si è storto una caviglia. Sarebbe stata troppa strada da ripercorrere indietro, quindi abbiamo chiesto aiuto all’ospitalità degli Uth Wistan.”
Il ragazzo si inceppò quasi subito, ma Estellen intervenne prontamente, versandogli un bicchiere d’acqua ed invitandolo a fare le cose con calma, a prendersi tutto il tempo che voleva. Alcuni secondi dopo Gustave riprese a parlare.
“Ho affidato alle cure di un cerusico il mio grosso e pesante amico Lucas che zoppicava vistosamente e nel frattempo ho ingannato il tempo cercando una… una persona…”.
Terminata la frase, il giovane diventò rosso come i suoi capelli, ed Estellen aggrottò le sopracciglia, incuriosita. Gli domandò chi fosse questa persona e perché l’avesse contattata e la risposta del giovane le aprì finalmente una finestra su ciò che poteva esser successo a quel famigerato bottone.
“Il suo nome è Justine mia signora e lavora come governante al maniero di Lord Gunthar. Credo… credo che sia lì che ho perso il bottone della mia divisa…”
Estellen domandò dove si erano incontrati, lui e la sua amica e Gustave le fugò gli ultimi dubbi che aveva avuto su quello che poteva essere accaduto tra i due.
”Ci siamo visti al solito posto, in un’ala vuota del maniero, nella parte dedicata agli Uth Wistan. Abbiamo parlato, poi gli animi si sono un po’… scaldati e… beh, il resto non credo che debba raccontarvelo. Credo di aver smarrito lì il mio bottone. Se proprio stiamo parlando di quello che ho perso io… come poi sia finito da qualche altra parte questo io non lo so. Dovete credermi!”
Ecco perché prima aveva parlato di “vergogna”, pensò la dama bianca tra sé. Estellen si appoggiò allo schienale, le braccia tenute conserte mentre rifletteva sulla situazione.
Il ragazzo temeva di esser punito per la scappatella che aveva avuto con una ragazza durante il servizio, non sapeva niente dell’omicidio e del perché quel bottone rischiava di incriminarlo pesantemente. Quando la portavoce di Paladine glielo accennò, Gustave per poco non cedette ad una crisi di nervi e ci volle tutto il suo tatto e le sue capacità per rassicurarlo e per tranquillizzarlo sul suo futuro.
Tuttavia c’erano delle cose strane in quel racconto. La più inquietante era quella che riguardava la posizione di Justine in quella situazione. Se infatti era vero che Gustave avesse perso un bottone mentre si trovava con lei, come aveva fatto poi quello stesso bottone a finire nelle mani dell'assassino? Significava che esso non era andato affatto perso, ma era stato preso dalla ragazza volutamente e consegnato direttamente nelle mani del cospiratore.
”Vi prego, non fate arrestare Justine, lei non c’entra niente in questa faccenda! Ci conosciamo da bambini, ma ci vediamo spesso solo da qualche mese. Le ho promesso di sposarla quando questa guerra finirà. E’ una brava ragazza, ve lo giuro!”
Terminò Gustave, cercando lo sguardo condiscendente di Estellen.
La dama bianca annuì però in maniera non troppo convinta, ma non disse nulla per non ferire la sensibilità del ragazzo. Poi richiamò tutti nella stanza, sentenziando di aver ottenuto delle informazioni importanti e che Gustave Leceleren era di fatto innocente. Estellen omise i dettagli più piccanti del racconto del giovane soldato, ma rivelò a tutti di Justine e domandò se qualcuno aveva da fare qualche domanda conclusiva a Gustave.
Kail gli chiese a quel punto cosa avesse fatto dopo l’incontro con lei e il ragazzo gli rispose con queste poche parole:
“Sono tornato con Lucas in città e ho dichiarato al magazzino lo smarrimento di un bottone. Me ne hanno fornito un altro e la cosa è finita lì.”
Il governatore sottolineò quanto questo dettaglio fosse importante e lo spronò ancora una volta a dire il vero.
“Mio signore, appena sono arrivato ho subito comunicato le condizioni della mia divisa ad Andrew, al magazzino in città. Lui potrà confermare di certo le mie parole. Questa cosa è successa la settimana scorsa, mentre il bottone è stato ritrovato oggi. Come posso entrarci in questa faccenda?”.
Il giovane si prese la testa tra le mani ed iniziò a lamentarsi sommessamente. Estellen egli altri si guardarono tra di loro per un breve attimo, poi fissarono il giovane soldato disperato. Vedendone la fragilità e capendo che il suo agitarsi non era frutto di nervosismo o preoccupazione, ma solo della vergogna per essersi concesso un capriccio di gioventù, Serdin lo congedò senza particolari ammonizioni, ma lo invitò con decisione ad essere più sincero la prossima volta. Almeno con lui.
Kail e Stuardi (e anche i due uomini che rappresentavano Gavin) si mostrarono subito d’accordo con Estellen e la sua interpretazione sul comportamento apparentemente ambiguo di Justine, pertanto decisero di partire immediatamente per andare ad interrogare anche lei. Stuard in particolare sentiva che erano finalmente quasi arrivati a destinazione, dopo lungo peregrinare. Dietro Justine infatti doveva per forza nascondersi il vero mandante della cospirazione!
Ringraziarono dunque il maresciallo Tholus ed il governatore MarThasal per la loro disponibilità e si diedero appuntamento al Concilio di Whitestone il giorno dopo. Senza perdere altro prezioso tempo, si lanciarono dunque al galoppo per tornare velocemente al maniero.