Il secondo piano della casa era arredato più o meno come tutti gli altri, ma qui e solo qui, erano presenti anche dorate armature montate su appositi trespoli ed affilate ed antiche armi affisse alle pareti. Non ce n’erano moltissime, ma quelle che c’erano erano davvero preziose, tanto che Stuard rimase affascinato dagli elaborati intarsi che notò soprattutto su un paio di armature recanti il simbolo della rosa e sulla meravigliosa spada che aveva visto riprodotta nel quadro al piano terra. Essa giaceva silenziosa e solitaria fissata ad un muro con due solidi ganci e la sua vista diede al cavaliere un senso di tristezza molto forte. Sembrava come prigioniera, del tempo e della polvere.
Glavio scortò i suoi ospiti davanti ad una porta a due ante di cui una era rimasta aperta. Il tappeto rosso che guidava la camminata dei quattro terminò proprio lì e il ciambellano titubò qualche secondo, sistemandosi meglio la blusa, prima di bussare ed annunciarsi al suo signore.
Il governatore MarThasal era un uomo imponente, anche se aveva passato da tempo le sessanta primavere, ed un dettaglio che Estellen notò subito di lui, fu che aveva la stessa luce negli occhi di quando era giovane, segno che non aveva perso quella brillantezza che lo aveva contraddistinto e che l’artista che l’aveva riprodotta su tela era stato davvero fenomenale a realizzarla.
Quando Glavio annunciò i nostri eroi, il loro legame diretto con Lord Gunthar e il motivo per cui si erano recati nella sua casa, Serdin li fece accomodare e congedò immediatamente il ciambellano, chiedendogli tuttavia di rimanere a disposizione.
Tutti e tre intuirono immediatamente che il governatore era stato un ex cavaliere non dai quadri sui muri o dalle armature sui trespoli, ma dai modi che aveva: scostò infatti con delicatezza la sedia ad Estellen, accompagnandola mentre si accomodava, ed attese che i suoi ospiti fossero seduti prima di sedersi a sua volta. Stuard aveva visto prima solo in suo nonno tanta accortezza ed attenzione all’etichetta. Un dettaglio curioso poi che Kail notò in quella stanza piena di carte, libri e orpelli vari, fu che non c’era niente che ricordasse chi era stato un tempo. Come se la sua vera identità doveva essere repressa quando si trattava delle questioni di Gavin.
Il mezzelfo venne quindi subito al punto, mostrando il bottone trovato nella radura. Gli raccontò dell’omicidio di Martin, cercando di evitare dettagli inutili, ma solo i contenuti essenziali. Tuttavia, quando si aveva Estellen nel gruppo, ormai aveva ben imparato che la verità non poteva mai essere celata. Nemmeno parzialmente. Quindi ciò che il mezzelfo cercava di nascondere, in qualche modo Estellen riusciva sempre a far emergere, tanto che ad un certo punto Kail guardò Stuard sconsolato e lasciò che fosse la giovane portavoce di Paladine a parlare con Serdin.
“State forse suggerendo che qualcuno dei miei uomini abbia compiuto un efferato omicidio?”
Esordì il governatore, dopo aver ascoltato Estellen e i particolari sulla morte di Martin. La giovane, aiutata dai compagni, fece intendere che quella interpretazione non poteva essere esclusa, visti i fatti. Tuttavia, siccome avevano incontrato situazioni simili in precedenza, che si erano rivelate degli arguti depistaggi da parte dei cospiratori, era molto probabile che anche questa volta le cose stessero in questo modo. In ogni caso dovevano approfondire la questione: era loro dovere farlo. Il governatore annuì e disse:
“Fate bene a voler indagare, perché si, questo è certamente uno dei bottoni della divisa militare cittadina e la verità, come ben dite mia signora, va sempre rivelata. Posso riunire tutti i soldati in servizio e chiedere loro se qualcuno ha per caso perso un bottone durante il servizio, ma dubito che potrebbe essere d’aiuto.”
Stuard ringraziò il governatore per la disponibilità e gli domandò lo stesso se poteva procedere in questo modo, visto che i soldati della guardia cittadina erano solo 24, più l’uomo a capo della caserma, il maresciallo Tholus. Sarebbe stato quindi un interrogatorio breve e facile da gestire e avrebbero fatto molto presto a capire se quel bottone l’aveva perso davvero uno di loro e come. Serdin annuì nuovamente e richiamò prontamente Glavio.
“Glavio, manda degli emissari al posto di guardia o nelle loro case, se necessario. Desidero incontrare tutti e ventiquattro i soldati oggi stesso, entro un’ora da adesso.”
Glavio si inchinò e tornò al suo lavoro.
Il governatore ammise che trovava difficile che quei ragazzi che aveva addestrato lui personalmente e che conosceva da quando erano in fasce potessero compiere un atto così disgustoso, ma valeva comunque la pena approfondire se fosse servito alle loro indagini e a togliere dai pasticci il suo amico Gunthar.
“Non vi assicuro che questo tentativo porterà a qualcosa di utile per la vostra indagine, ma ci proveremo.”
Concluse MarThasal, guardando Estellen negli occhi.
La giovane portavoce di Paladine era affascinata dai modi e da ciò che vedeva dentro il suo sguardo profondo, carico di amara consapevolezza. Pertanto azzardò a chiedergli qualcosa della sua vita andata, della sua gioventù. Perché mai un giovane e valoroso cavaliere della rosa, a capo della fortezza più importante di tutta la Solamnia, era finito su quest’isola dimenticata da Paladine e dagli altri dei?
“Non mi piace parlare del mio passato, mia signora. Preferisco parlare del futuro. Il Concilio di Whitestone si terrà domani e sarà un evento decisivo per il futuro di Krynn… dobbiamo concentrarci su questo.”
Rispose conciso Serdin, unendo le mani sul tavolino. La giovane sorrise e annuì, ma sia Kail che Stuard sapevano bene che non avrebbe molato l’osso tanto facilmente.
Dovendo aspettare il ritorno di Glavio, MarThasal ed Estellen, entrarono più nel dettaglio della morte del povero Martin e quando la giovane nominò il “mead”, il suo interlocutore reagì in maniera strana. Si infuriò infatti oltre quello che la misura avrebbe imposto come giusto, come se conoscesse bene gli effetti e la natura di quella bevanda maledetta. Vedendo il suo bieco cipiglio e ponderando bene le sue parole, che aveva pronunciato a proposito del fatto che aveva già cercato di combattere il diffondersi di quell’intruglio presso l’aristocrazia del cavalierato, ma era stato ignobilmente sconfitto, Stuard capì che probabilmente egli aveva scelto di allontanarsi da Vingaard Keep anche, se non soprattutto, per quel motivo.
La discussione scivolò poi su Gunthar, che Serdin conosceva da bambino. Egli era stato amico di suo padre Michael e sua madre Katharina. Raccontò in un triste sussurro la pazzia che aveva afferrato la mente di Michael quando sua moglie era morta per una malattia che l’aveva consumata in poche settimane. Gli brillarono gli occhi quando descriveva il diciottenne Gunthar, che era già a capo di una delle famiglie più importanti della Solamnia, dopo la scomparsa di suo padre. Rivelò che era stato sempre Gunthar, un paio d’anni dopo, ad aver commutato la sentenza di morte che Kerwin Crownguard aveva richiesto per lui, in un esilio forzato. Lord Gunthar aveva ereditato il posto del padre e gli aveva salvato la vita, come gran maestro dell’ordine della rosa. Aveva preteso la sua presenza vicino a lui sull’isola di Sancrist, dove aveva il suo maniero principale e gli aveva chiesto di assumersi la responsabilità di occuparsi di Gavin, la capitale dell’isola. Egli aveva sempre creduto alla sua innocenza, tanto da riabilitare il suo nome e la sua dignità. Serdin sembrava commosso da ciò che Gunthar, il figlio del suo amico, aveva fatto per lui, ma non si sbilanciò di una parola per spiegare quali fossero le accuse che Crownguard aveva mosso contro di lui, il motivo del suo esilio.
Tuttavia forse i nostri eroi potevano fare qualche collegamento a riguardo ed arrivarci da soli.
Quando Glavio tornò nella stanza del governatore, dicendo che i soldati erano stati tutti avvertiti e che si trovavano tutti al posto di guardia adesso, MarThasal afferrò il cinturone con la spada e il suo mantello, ed uscì a grandi passi dalla sua sala tattica, seguito dai nostri eroi che non lo mollarono di un centimetro.
Arrivare al posto di guardia fu facile, ma scoprire chi aveva perso quel bottone lo fu molto meno, perché, malgrado Tholus apparisse un uomo risoluto e duro nei modi, nessuno dei soldati, disposti in tre file ordinate, ammise la propria colpa spontaneamente.
Kail controllò con occhio attento anche lo stesso maresciallo, per non lasciarsi nulla alle spalle, ma anche lui, come tutti i soldati, avevano la loro livrea sistemata e perfetta come al solito.
Fu in quel momento che Serdin MaThasal mostrò a tutti il suo carisma.
Afferrò il bottone dalle mani di Stuard, lo tenne alto e passando lentamente accanto ad ogni uomo, dicendo a voce alta:
“Sapete molto bene che potrei scoprire facilmente da solo se una delle vostre livree ha subito un rammendo o una sostituzione negli ultimi giorni. Non costringetemi a gettarvi nel fango del disonore. Sono sicuro che chi ha perso questo bottone lo ha fatto per incuria e non per altri più sgradevoli motivi. Fatevi avanti spontaneamente dunque, salvate il vostro onore e vi prometto che vi ascolteremo senza pregiudizi.”
Il discorso di Serdin fu molto convincente, tuttavia nessuno dei soldati sembrava farsi avanti e confessare.
Tutti tranne uno, che Estellen notò di sfuggita.
Era molto giovane, diciotto, forse venti anni al massimo e sembrava essersi innervosito parecchio dopo aver ascoltato le parole del governatore. La portavoce di E'li si fermò a guadarlo e l’occhio violetto di Paladine era ormai calato implacabile su di lui. In quel momento Quill atterrò sulla sua spalla.