Ormai l’alba era passata da un pezzo quando i nostri eroi varcarono l’uscio del maniero. L’androne era pieno di cavalieri, di scudieri e di paggi, che andavano e venivano di continuo e tutto quel via vai non era affatto compatibile con la loro indagine segreta in corso d’opera. Estellen sperò vivamente che Lord Gunthar avesse fatto in tempo a sostituire il cuoco e a sgombrare i cadaveri dal maniero col favore del buio o sarebbero sorti molto presto problemi davvero seri.
La timida luce del sole mattutino si abbatté impietosamente sugli occhi sensibili del mezzelfo, lasciandolo stordito per un paio di secondi: la permanenza, forzatamente prolungata dentro le quattro mura del maniero, l’aveva davvero sfiancato e anche i suoi amici sembravano godere finalmente di quella fioca luce e della fresca aria invernale. Purtroppo il terreno fangoso non aiutava invece molto a rimanere puliti, soprattutto Estellen si rammaricò per non aver cambiato l’abito che le aveva regalato Ulther, ma non c’era tempo per pensare ai vestiti e al galateo: bisognava agire subito, perché il Consiglio di Whitestone si sarebbe officiato poco più di ventiquattro ore dopo e le loro chances di chiudere in tempo l'indagine si assottigliavano ogni secondo in più che passava!
Non fu difficile raggiungere la tenda del fabbro, che si trovava vicino a quella del maniscalco, ma scostando la pesante copertura, ormai completamente sfatta e fradicia per via della tempesta, i nostri eroi si resero conto che la forgia era quasi spenta e, cosa ben peggiore, all’interno non sembrava esserci nessuno. Pareva come se essa fosse stata usata fino a poche ore prima, per poi lasciare che si freddasse da sola.
Stuard notò alcuni lingotti vicino alla fucina e delle tracce d’oro fuso sull’incudine, dettagli che registrò in un angolo della sua mente prima di gettare una voce per richiamare l’attenzione di chiunque vivesse in quella gigantesca tenda. Poco distante sentirono un tonfo e un’imprecazione, come se qualcuno fosse caduto dal letto svegliandosi di soprassalto. Si trattava del giovanissimo Stan, il quale sembrava non avesse dormito molto quella notte. Kail inarcò polemicamente un sopracciglio: lui e i suoi amici non avevano dormito affatto, ed erano sicuramente più vecchi di lui: i giovani d’oggi erano davvero dei mollaccioni, rifletté tra sé il mezzelfo scuotendo lievemente la testa.
Sbadigliando e grattandosi i corti ricci bruni, Stan accettò di rispondere ad alcune domande riguardo gli spiacevoli fatti della sera prima. Fatti che avevano portato alla morte di Paul de Gaulle, tragedia di cui Stan era purtroppo venuto a conoscenza.
Stuard andò subito al punto come era sua abitudine e domandò senza mezzi termini al giovane se era a anche a conoscenza del fatto che il fabbro avesse realizzato la chiave che Estellen aveva appena tirato fuori da una tasca. Kail puntualizzò anche che quella chiave era proprio la copia dell’originale che era stata portata lì, in quella stessa forgia, il giorno prima. Era un mezzo bluff, lui lo sapeva, ma non avevano tempo per ciò che era "politicamente corretto".
Stan rispose che Mastro Theros non perdeva tempo a realizzare cose di così basso livello, ma che in effetti qualcuno era venuto a chiedere una cosa del genere la mattina precedente. Rivelò che era stato proprio lui a ricevere la chiave originale da un paggio di nome Paul deGaulle, su richiesta specifica di Sir Derek Crownguard e che era stato sempre lui a realizzare quella copia.
La motivazione ufficiale era stata quella di far replicare tutte le chiavi delle stanze degli ospiti del maniero, su ordine diretto di Lord Gunthar a cominciare da quella, per poi, pian piano, estendere le copie a tutte le altre.
Estellen ascoltò il racconto del ragazzo, ma ad un certo punto colse qualcosa nella voce di Stan che non la convinceva: stava mentendo su qualcosa. Oppure tentando di nascondere una scomoda verità. Era come se quel giovane avesse capito molto bene che quella richiesta era solo una facciata, che invece celava una ben più importante e sinistra motivazione. Solo che Stan stava facendo di tutto per sviare l’argomento.
Estellen provò a convincerlo a parlare con le buone, ma fu Kail che riuscì alla fine a farlo confessare, minacciando di arrestarlo per intralcio alle loro indagini. Spaventatissimo, il giovanissimo aiuto fabbro ammise che a dargli l’ordine a procedere con la copia della chiave fu lo stesso principe Ackal Sedun, dopo aver brevemente parlato in privato con lo stesso Paul deGaulle.
I nostri eroi si guardarono perplessi, poi chiesero a Stan dove fosse la tenda del principe.
Il ragazzo si offrì di accompagnarli, ma poi si ritirò subito alla forgia, visibilmente impaurito forse per le probabili conseguenze della sua spiata. Prima che andasse, Stuard gli domandò di Theros, ed il ragazzo riferì che il fabbro aveva lavorato incessantemente alla forgia per ore la scorsa sera, per poi recarsi alle prime luci dell’alba a nord, accompagnato da una splendida elfa di Qualinesti dai capelli color del miele. Rammaricandosi per il fatto che probabilmente sarebbero riusciti a conoscerlo solo l’indomani, proprio al Consiglio di Whitestone, i nostri eroi entrarono nella tenda del principe Sedun.
Tuttavia ad aspettarli questa volta non c’era un assonnato e sprovveduto ragazzino, ma due guardie armate, che solo per un soffio Stuard riuscì ad avvisare in tempo, evitando così di farsi ammazzare. Il sigillo di Lord Gunthar infatti fu sufficiente a calmarle un po’, ma esse ancora sbraitavano nella loro lingua nativa e agitavano le affilate armi davanti ai loro nasi. Fortunatamente tutto quel baccano portò il claudicante principe Sedun a uscire dalla sua tenda interna e ad accoglierli come suoi ospiti.
La camera del principe apparve parecchio esotica agli occhi di Kail e dei suoi amici. C’erano cuscini dalle rifiniture parecchio particolari e dei bracieri che ardevano continuamente incensi dall’odore molto forte ed insolito.
Zoppicando vistosamente, Sedun si sdraiò quindi su un giaciglio fatto di pelli, ed invitò i nostri eroi a sedersi su comodi sofa o sui cuscini davanti a lui. Poi domandò il motivo di una tale inaspettata visita.
Lì per lì Estellen aveva pensato che Ulther avesse fatto bene a sospettare di Sedun, visto che aveva dato lui l’ordine a Stan di realizzare la copia della chiave, ma parlandoci meglio ed osservando i suoi modi, si accorse che egli non sembrava affatto arrogante e spocchioso come invece l’aveva descritto il suo promesso. Anzi, pareva un uomo educato e gentile e molto attento all’etichetta, soprattutto nei suoi confronti. Notando il suo volto sofferente, Estellen chiese a Kail di pazientare qualche secondo con le domande, perché prima voleva chiedere a Paladine di curare la sua zoppia. Lo fece per due motivi: il primo perché non amava vedere esseri viventi che pativano dolori indicibili se poteva evitarlo, il secondo per capire se Paladine l’avesse ritenuto degno della sua misericordia.
Quando la dama bianca terminò di operare i suoi prodigi, per la prima volta dopo anni, il volto di Sedun sembrava rilassato, sicuramente meno teso e descrisse quello che stava provando come se finalmente gli avessero portato via un doloroso peso dalla sua anima. Peso che trascinava con sé da anni.
Sedun ringraziò Estellen davvero sinceramente e le chiese anche di ringraziare Kiri – Jolith per conto suo, perché lei era davvero una sacerdotessa degli antichi dei. Divinità che egli si vantò di avere tutte in grande considerazione. Tuttavia quando la dama bianca gli spiegò che era stato Paladine a guarirlo e non suo figlio, Sedun cambiò espressione, come se Estellen l’avesse smascherato e scoperto il suo bluff. Da quel momento in poi il suo atteggiamento mutò completamente e Kail comprese quale fosse stato il piano dell’ergothiano: verificare quanto si diceva sul conto di Estellen, magari sperimentandolo in prima persona sulla sua pelle. Successivamente, entrare nelle sue grazie, magari facendo il ruffiano utilizzando argomenti religiosi in attesa del Consiglio del giorno dopo.
Purtroppo la sua ignoranza in fatto di divinità l’aveva tradito.
Adesso avrebbero verificato se fosse stato almeno un uomo riconoscente, oltre che infido.
Il mezzelfo cominciò dunque ad interrogarlo, ma Sedun rimaneva evasivo su qualunque questione: si percepiva bene che non vedeva l’ora che i suoi ospiti togliessero presto il disturbo. Tuttavia Estellen, che non mollava l’osso tanto facilmente, domandò al principe se poteva tenergli le mani, mentre lei gli avrebbe posto poche semplici domande. Alla fine lui le doveva almeno questa cortesia.
Sedun la guardò un po’ titubante, ma alla fine accettò e scoprì in prima persona quale fosse la portata del potere di quella giovane donna.
Nonostante fosse molto più forte di lei, il corpulento principe non riuscì infatti a sottrarsi dalla stretta di Estellen e sentiva dentro di sé la necessità di doverle dire la verità. Il principe alla fine confermò di aver ricevuto la visita di Paul deGaulle, ma non per avere il permesso di realizzare la copia di tutte le chiavi del maniero, ma per fabbricarne una sola: quella che avrebbe portato il giovane paggio a mettere le mani sul Globo dei Draghi!
Proprio la chiave che il mezzelfo teneva in mano.
Con un enorme sforzo, Sedun riuscì a sottrarsi finalmente alla presa di Estellen, che lo aveva inchiodato fino a quel momento a dire la verità. Tuttavia Kail seppe che, anche senza l’aiuto di Paladine, quell’uomo stava continuando a dire il vero.
Pesantemente provocato dalla sagacia delle sue domande, il principe alla fine sbottò, rivelandosi esattamente per come Ulther l’aveva descritto. Alzando con arroganza la voce, l’ergothiano rivelò infatti che mai e poi mai avrebbe permesso a mani non umane di gestire tutto quel potere. Se non poteva andare ai regni del sud, che il Globo rimanesse perlomeno presso i cavalieri di Solamnia, visto poi la promessa da parte di Crownguard di concedergli molto più di una voce in capitolo sul suo utilizzo futuro: adesso contro l’oscurità di Takhisis, ma in seguito anche in tutte quelle circostanze in cui avessero ritenuto necessario usarlo.
Quando però Kail azzardò a domandargli se era andato con Paul la sera prima a tentare il furto nella stanza degli avventurieri di Solace, egli negò fermamente. Era pur sempre un principe, non un ladro.
In effetti la cosa poteva essere vera, visto che Sedun probabilmente non era mai entrato nel maniero e sicuramente non poteva essere a conoscenza dei passaggi segreti che Paul e il suo complice avevano utilizzato per arrivare a destinazione. Al di là della sua ammissione di esser stato apertamente complice di un furto, con la scusa di essere a favore dell’utilizzo del Globo da parte degli umani e quindi dei cavalieri, la sua implicazione nella cospirazione sembrava finire lì. Nella testa di Kail quindi anche gli ergothiani ne uscivano male da questa faccenda. Anche loro avevano perso qualcosa la sera scorsa: la loro credibilità, al pari di tutte le altre parti implicate!
L’architetto aveva pensato un piano complesso e geniale in cui nessuna delle fazioni coinvolte avrebbe avuto peso specifico nel Consiglio del giorno dopo.
Nessuna tranne una. Ma quale poteva essere?