Estellen riuscì a dedicarsi un po’ di tempo quel giorno.
Quando indossò gli abiti che Ulther aveva messo a sua disposizione, non si riconobbe neanche. Per la prima volta, in tanti mesi, si guardò allo specchio e vide una donna e non un’avventuriera sempre sporca e lacera, per i lunghi viaggi e le battaglie affrontate. Il cavaliere aveva scelto un abito e delle scarpe che si intonassero con il colore dei suoi occhi. Estellen sorrise a quel bel pensiero, anche se non era affatto sicura di riuscire a camminare su scarpe con tacchi così alti.
Passò del tempo alla finestra, osservando la tenuta degli Uth Wistan rischiarata dal chiarore delle lune. Notò che le ronde attorno all’edificio erano davvero molto rade: un segnale chiaro di amicizia e fiducia da parte di Lord Gunthar agli altri popoli ospiti nel suo territorio, ma anche un pesante rischio assunto dal cavaliere, in caso fossero accaduti eventi criminosi dentro o fuori il maniero. Sarebbe stata sua infatti la responsabilità se qualcosa di spiacevole fosse accaduto all’interno o all’esterno delle sue mura. Solo una piccola zona restava costantemente pattugliata: una minuscola area a nord ovest dalla sua posizione, come un passaggio ben curato tra i cespugli e gli alberi. Chissà dove conduceva quel sentiero in mezzo al verde: sicuramente in qualche luogo importante. Sospirando, Estellen richiuse le tende si ripropose di domandarlo l’indomani ad Ulther. Poi la giovane portavoce di Paladine sbadigliò e si mise a dormire, prendendo sonno quasi subito.
Stuard finalmente poté fare un bagno caldo e sistemarsi capelli, baffi e barba e in generale il suo aspetto, decisamente trasandato. Prima di coricarsi, il giovane cavaliere decise di pregare Kiri – Jolith e di chiedere il suo aiuto in questo momento così delicato per lui e per i suoi amici, poi spense la luce e andò a dormire.
Kail camminava per la stanza nervosamente.
Non riusciva a prendere sonno: era nervoso e preoccupato e c’era qualcosa nell’aria che non gli piaceva. Il suo sesto senso lo stava avvertendo di un pericolo latente, come se si fossero seduti senza saperlo sul tesoro di un drago. Passò alcune ore alla finestra, poi riprese a camminare, finché decise di smetterla di tormentarsi e di provare a chiudere gli occhi e stendersi un po’. Prima di abbandonarsi ad un meritato sonno ristoratore, il suo sguardo si posò per istinto sul ciondolo che gli aveva donato Eiliana e con questa immagine nella mente, si addormentò, sperando che lei stesse bene da qualche parte nella foresta di Silvanesti, a mezzo mondo di distanza.
Estellen si agitò non poco durante la notte, sudava e si contorceva e così i suoi amici nelle stanze adiacenti la sua.
Ognuno di loro era stato assegnato ad una camera, all’interno della zona delimitata dai drappeggi della propria casata, ma tutto sommato esse erano piuttosto vicine le une alle altre. Più o meno ad una ventina di metri. Quando la giovane portavoce di Paladine aprì la porta e si mosse verso la fine del corridoio, passando dentro l’area degli Astarte, Kail riuscì a sentirla e si mosse per andare ad indagare.
Estellen era cosciente di essere intrappolata in un sogno, come in una “paralisi notturna”, ma assurdamente vigile e capace di muoversi. Si vedeva circondata da ombre, ombre con le ali! Subito questa esperienza le ricordò un’altra molto più terribile vissuta a Silvanesti e quando una di queste ombre le mostrò il proprio volto, lei ebbe un sussulto di terrore e di angoscia: si trattava di Cyan Bloodbane, il terribile drago verde che aveva fatto impazzire Lorac e quasi distrutto Silvanesti durante un piano diabolico che era sopravvissuto al passare dei millenni! Lei sapeva che non poteva essere possibile, ma era cosciente anche che qualcosa ad “Egli” affine era vicino.
Quando udì rimbombare mille voci nella sua testa che le dicevano all’unisono:
“Vieni da noi”, Estellen capì.
Capì la portata del pericolo.
Quasi posseduta, si destò dal letto e uscì correndo dalla porta, noncurante delle limitazioni che il consiglio aveva posto alla loro libertà vigilata, inseguendo un silenzioso e potente richiamo.
Stuard ebbe la sensazione di cadere da un’incredibile altezza, come se il suo drago l’avesse abbandonato al suo destino e quando si alzò di scatto dal letto ebbe una terribile consapevolezza: qualcosa di pericoloso ed orribile stava accadendo nella casa di Lord Gunthar, una presenza potente si era destata e loro erano capitati in mezzo. Come in un maelstrom, si sentiva schiacciato e allo stesso tempo attratto da qualcosa oltre la porta.
D’improvviso una voce calda e rassicurante gli sfiorò la mente come un lampo in mezzo ad un temporale:
“Fai attenzione, qualcosa di crudele si sta lentamente risvegliando. Rimani saldo.”
Fu difficile, ma Stuard riuscì a resistere e a rendersi conto di stare ancora sognando, quando si ritrovò con la mano sulla maniglia della porta.
L’udito elfico di Kail, gli fece percepire il rumore sordo di una porta che si apriva nell’area di competenza degli Uth Monnar e qualcosa dentro di lui gli suggeriva che si trattava della sua amica Estellen.
Il mezzelfo provò a tirarsi su, ma non ci riuscì e fu in quel momento che comprese di essere incastrato ancora tra il sonno e la veglia. La sua mente era vigile, ma incollata, da una volontà potente e malvagia, a dei registri percettivi diversi da quelli a cui era abituato normalmente. Inoltre il suo medaglione stava ben rispondendo a quelle sollecitazioni nefaste e Kail, per un momento, pensò che non sarebbe riuscito a controllare l’oscurità che portava con sé, di non averne la forza.
Tuttavia una luce lo costrinse ad aprire gli occhi e notò che il gioiello delle stelle brillava come un faro nella notte.
Il mezzelfo si rilassò, seguendo quella luce fino ad imboccare idealmente un’uscita, da ombre ed oscurità, e quando vide sé stesso con la mano sul pomello della porta, si rese conto che la sua direzione non era più il buio, ma la luce. La luce di Estellen.
Quando uscì dalla sua camera, udì un basso richiamo alle sue spalle: Stuard lo stava seguendo.
Bene. Fece segno al suo amico di seguirlo.
Poi girò l’angolo e vide che Estellen si trovava davanti una porta, in un’area che era stata assegnata evidentemente ad ospiti che non erano cavalieri. Infatti il vessillo di una grande quercia su sfondo verde, non apparteneva ad alcuna casata solamnica, ma ad una piccola delegazione di avventurieri proveniente da Solace.
La portavoce di Paladine sembrava come se si fosse destata da un sogno, come se fosse uscita improvvisamente da una condizione di sonnambulismo che l’aveva condotta a sua insaputa fin lì. Il mezzelfo, anch’egli a piedi nudi come gli altri, si sbrigò a raggiungerla quanto più velocemente potesse, ma quando la porta si aprì dall’interno, prima che la sua giovane amica potesse bussare o tentare di aprirla dall’esterno, qualcuno di completamente inaspettato li accolse sull’uscio.
Si trattava di un vecchio nano.
Ma non era né Dougan, né un altro nano che avevano incontrato mesi prima nelle terre selvagge. Sembrava un nano di collina, in base ai lineamenti meno marcati e tozzi che possedeva. Portava una vestaglia rossa e delle ciabatte marroni, ed Estellen percepì subito che non stava molto bene, perché era molto emaciato, si toccava di continuo il petto, ed aveva il fiato corto.
“Buonasera signore, mi chiamo Estellen”.
La giovane sorrise al vecchio nano con calore.
“Buonasera voi mia signora, il mio nome è Flint. Cosa posso fare per voi?”
Estellen cercò con gli occhi qualcosa dentro quella stanza che potesse assomigliare ad un artefatto a forma di sfera, come si ricordava che Alhana gliel’aveva descritto. Il nano le sorrise di rimando. La giovane sacerdotessa abbassò leggermente gli occhi, imbarazzata, poi rivelò con parole più edulcorate possibili, la grande minaccia che percepiva nella stanza.
“Mi ricordate molto un’amica che non vedo da un po’ di tempo e che forse non vedrò più … avete lo stesso sguardo pulito, ed espressione nobile. Tuttavia non posso mostrarvi ciò che percepite da qui fuori, mia signora. Non è sicuro”.
Estellen corrucciò lo sguardo, non aveva collegato ancora tutti i puntini, ma era sicura che quel vecchio e malato nano, doveva essere per forza connesso agli avventurieri giunti al maniero per portare quella “speranza” cui tutti agognavano. E lei iniziò ad intuire che genere di “speranza” fosse.