Quando Kail cominciò a destarsi dal sonno magico, si sentiva intorpidito e frastornato. Tuttavia il suo istinto di guerriero e la sua abitudine nel dormire all’addiaccio, gli consentirono di percepire alcuni dettagli che gli placarono immediatamente l’ansia di sentirsi così inerme. Per prima cosa stava accanto al fuoco, quindi qualcuno aveva avuto la premura di volerlo tenere al caldo, in secondo luogo non percepiva rumori che potessero allarmarlo, come lo sferragliare di un’armatura o il gutturale linguaggio degli orchi. Inoltre notò Estellen poco distante da lui e un’ombra china su di lei che non pareva affatto minacciosa, ma anzi protettiva nei suoi riguardi.
Era buio pesto, quindi era notte e faceva un freddo cane.
Quando l’ombra si tirò su, lui poté metterla meglio a fuoco e tirò un sospiro di sollievo quando capì che si trattava di Stuard. Il mezzelfo cercò di parlare, di attirare la sua attenzione, ma le parole gli morirono in bocca, ancora impedite dai postumi del sonno incantato. Il cavaliere però si accorse dei movimenti scomposti dell’amico e accorse subito ad aiutarlo, portandogli alle labbra un po’ d’acqua della sua borraccia. Pian piano Kail riacquistò la sua lucidità e i due iniziarono lentamente a parlare.
Stuard gli raccontò del suo faticoso viaggio e delle preoccupazioni di Deneva circa il maniero Uth Wistan, motivo per il quale erano atterrati a qualche miglio di distanza da esso. Il mezzelfo inarcò un sopracciglio: pensava che il maniero di Lord Gunthar fosse uno dei pochi avamposti sicuri su Krynn e non un luogo di cui doversi preoccupare, ma si guardò bene dal mettere in discussione la chiaroveggenza di Deneva. Quando anche Estellen si tirò su, ancora stordita dall’incantesimo del drago, confermò, dopo qualche momento di confusione, le dichiarazioni del maestoso wyrm nero e d’argento: in direzione nord est c’era qualcosa di potente e pericoloso che anche lei avvertiva. Qualcosa che sarebbe stato meglio evitare!
Il silenzio calò implacabile sui nostri eroi.
Poi la giovane guardò con più attenzione il suo amico Stuard, scoprendo che era davvero stremato, ed aveva un aspetto orribile: i capelli scarmigliati, la barba e i baffi incolti e il viso emaciato e smunto, le davano una chiara testimonianza che il cavaliere aveva urgente bisogno di riposo. Pertanto lei e Kail rimasero di guardia per la notte, anche se la spada di Stuard non mostrava nemici nelle vicinanze, mentre il guerriero poteva finalmente riposare qualche ora indisturbato.
L’indomani, il gruppo uscì dalla radura e trovò un guado per il fiume che tagliava in due la regione, poi si infilarono in un fitto sottobosco per alcuni chilometri, fino a sbucare in un’altra radura, dove assistettero ad uno spettacolo davvero inconsueto.
Per tutto il tragitto, pur senza una mappa, Kail li aveva guidati ugualmente verso nord est, orientandosi facilmente con la posizione del sole. Da quella parte infatti sapeva si ergesse a baluardo il maniero di Lord Gunthar, il capo dell’ordine dei cavalieri di Solamnia, ma tutto quel flusso di persone, di razze e nazionalità disparate, non si aspettava davvero di trovarle così vicine ad esso. Infatti su un sentiero chiaramente costruito dall’uomo, che camminava nei due sensi davanti a loro, si avvicendavano decine e decine di persone, tra cui ergothiani, nani, elfi e perfino gnomi! Alcuni procedevano verso sinistra, altri invece si infilavano in uno stretto budello di alberi, verso destra.
Il gruppo si guardò perplesso: si erano aspettati di trovare solamente cavalieri in quella zona e invece c’era metà continente di Ansalon su quella striscia di terra!
Le persone erano divise per razze e portavano delle livree rappresentative, come se fossero delegati del popolo elfico, nanico ecc…
I soli soldati che Kail e Stuard riuscirono a scorgere erano quelli appartenenti alla milizia locale, che indossavano una livrea bianca che mostrava una spada rovesciata come simbolo di appartenenza. Tutti gli altri giravano disarmati o con armi puramente decorative. Non c’erano cavalieri di Solamnia in mezzo a questa folla processante, altro dettaglio molto strano.
Kail fece segno si seguire il flusso di destra, perché quella era la direzione del maniero degli Uth Wistan. Probabilmente l’altra fila portava all’accampamento di tutta quella gente, alle loro tende: per ora non avevano elementi per determinarlo con sicurezza.
Mentre seguivano la fila, Estellen riuscì a carpire brandelli d’informazione, capendo che il consiglio di Whitestone doveva per fortuna ancora iniziare e che da ovest era arrivata una nuova speranza per il destino dei popoli liberi. Una speranza che forse avrebbe addirittura permesso di vincere la guerra!
Quando arrivarono alla fine del passaggio tra gli alberi, rimasero senza fiato nel constatare che lì sotto non c’era solo un maestoso e gigantesco maniero, il più grande e imponente che Stuard avesse mai visto in vita sua, ma anche che, attorno ad esso, erano state tirate sue decine e decine di tende che ospitavano diverse razze e popoli, a giudicare dai variegati vessilli che svolazzavano liberi al vento. Nonostante il freddo, la giornata era meravigliosa e sia Stuard che Kail poterono scorgere accampamenti di nani, ergothiani, gnomi, ed elfi di Qualinesti.
Quando discesero la china e arrivarono a valle, si inebriarono nel brulicare di vita che c’era laggiù, dettaglio che rievocò in loro il ricordo di ciò che avevano visto e vissuto davanti alla grande città nave, solo molto meno incivile e molto più organizzato di quello. C’erano dei mercati che vendevano cibo e mercerie che proponevano interessanti articoli di varia utilità, mentre i maniscalchi e i fabbri, permanevano all’interno degli accampamenti stessi, offrendo i loro servigi agli avventori dell’ultima ora che avevano bisogno urgente della loro maestria.
Dopo un attimo di puro sgomento, i tre amici decisero di chiedere ad un passante cosa stesse succedendo, perché tutta quella gente, così diversa, si fosse unita davanti al cancello del maniero di Lord Guntahr. Mentre cercavano la persona giusta a cui domandare, tutti e tre percepirono qualcosa negli sguardi delle persone che passavano loro accanto. C’era una punta di ammirazione e di speranza nei loro confronti in quegli occhi ricolmi di aspettative, ma anche di una certa diffidenza.
Kail cercò di scorgere se ci fossero dei Silvanesti tra la folla, ma non vide alcun loro accampamento qui. Tuttavia dovevano essere certamente presenti, perché notò un silvano dialogare con un suo cugino di Qualinesti poco distante e si ripropose di approfondire la questione successivamente.
Nel frattempo Estellen aveva chiesto ad un maniscalco dell’ergoth, che stava risuolando uno stivale poco fuori il suo accampamento, il perché di quegli sguardi interessati e parecchio insistenti nei loro confronti. Molto cordialmente l’uomo si scusò con loro, realizzando di averli confusi per altri viandanti, giunti qui in circostanze misteriose, portando con loro la “speranza”. Di che genere di speranza l’uomo stesse parlando però nessuno lo sapeva.
Prima di congedarsi dal maniscalco, Stuard fece una scappata dal fabbro degli ergothiani per sistemare lo scudo, scoprendo però che egli non era presente nella fucina. Ad accoglierlo ci fu un ragazzo di appena tredici, forse quattordici anni, che sconsigliò vivamente al cavaliere di perdere tempo dietro un clipeo ridotto in quelle condizioni. Stuard rispose che era un oggetto a cui teneva particolarmente e che non avrebbe badato a spese pur di recuperarlo. Il ragazzo a quel punto replicò che il loro fabbro, mastro Theros, era in grado di fare miracoli, quindi, viste le circostanze, gli chiese di lasciare ciò che rimaneva dello scudo di Trenet alla fucina e gli disse che il fabbro se ne sarebbe occupato appena possibile.
Stuard acconsentì, ed uscì in silenzio.
Tuttavia c’era qualcosa che non gli quadrava e che condivise subito con i suoi amici.
Mastro Theros?
Ma non avrebbero dovuto recarsi a Qualinesti per incontrarlo ed aiutarlo a recuperare il famoso “braccio d’argento”? Perlomeno era questo che avevano capito alla fucina di Reorx e nessuno riuscì nemmeno ad immaginare che il dio dei nani avesse voluto prendersi gioco di loro. Che stava succedendo dunque?