Quello che all’inizio a Stuard era parso un evento unico e irrinunciabile, qualcosa che ogni cavaliere avrebbe dovuto provare almeno una volta nella vita, si trasformò ben presto in uno sforzo indicibile che mise a dura prova la sua famosa tempra. Rimanere a dorso di un drago per quasi cinque giorni infatti, risultò un compito estremamente difficile e spossante, nonostante Deneva gli avesse concesso ben più di una sosta al giorno.
Il drago aveva dovuto viaggiare veloce e soprattutto alta, sopra le nubi: questo per evitare che sguardi indiscreti ed ostili potessero rilevarne la posizione e la presenza, mettendo a repentaglio la sicurezza sua e dei suoi ospiti. Tuttavia questa strategia aveva peggiorato ancor di più le già precarie condizioni dei suoi tre fragili passeggeri umani, che non potevano tollerare certe temperature ed altezze senza soffrirne terribilmente. Stuard si era sincerato di coprirsi bene, lui e i suoi amici, prima di issarsi con loro sull’ampio dorso di Deneva, ma il freddo pungente e il vento che fischiava feroce sferzando i loro volti, non aiutarono certo il giovane guerriero a viaggiare non privo di preoccupazioni.
Kail ed Estellen erano immersi in un sonno magico, quindi non abbisognavano di abbeverarsi o mangiare, ma i loro visi biancastri e lividi, mostravano ampiamente che non erano per niente immuni al gelo invernale. Inoltre sarebbe bastata una sola distrazione, per vederli piombare verso il suolo senza possibilità di salvezza.
Quando arrivarono a Sancrist, Stuard, che di tutto questo non si era mai lamentato con la sua cavalcatura, sospirò di sollievo quando il drago cominciò a scendere verso il basso e la tenuta degli Uth Wistan. Era stanco, stremato e intirizzito come mai si era sentito in vita sua, ma finalmente sollevato perché la loro mèta era finalmente giunta a portata di mano.
Tuttavia, senza che lui potesse aspettarselo, Deneva riprese improvvisamente quota e Stuard quasi perse l’equilibrio per il violento scossone che le ali del possente wyrm diedero per tornare su, verso il cielo. Fu un miracolo che riuscì a tenere fermi i suoi due amici, evitandogli di capitombolare verso il suolo.
Il drago si allontanò di qualche centinaio di metri, poi trovò un punto in cui poter scendere e finalmente atterrare. Stuard si apprestò a far smontare subito i suoi due amici dalla groppa del drago, ancora immersi nel loro sonno incantato e ad adagiarli delicatamente vicino un grosso tronco poco distante. Il freddo era a dir poco pungente, ma niente a confronto con ciò che si era appena lasciato alle spalle.
Poi si confrontò con Deneva, la quale gli confidò che non si poteva spingere oltre questo punto, per la sua sicurezza e quella dei suoi amici. C’era qualcosa più avanti, verso il castello di Lord Gunthar, qualcosa di pericoloso e potenzialmente malvagio che la preoccupava. Qualcosa che avrebbe avuto il potere perfino di condizionare la sua volontà, se non fosse stata attenta e cauta. Per questo aveva scelto di allontanarsi un po’ e lasciare lui e i suoi amici al sicuro. Il cavaliere rimase un po’ perplesso per quella risposta, ma la accettò senza fiatare.
Deneva lo baciò teneramente e poi, indurendo lo sguardo, lo benedì, avvisandolo che lei si sarebbe recata alla montagna del drago d'argento, sopra Foghaven, dove sorgeva la tomba di Huma. Aggiunse che se fosse stato in grave pericolo avrebbe potuto chiamarla e lei sarebbe accorsa se avesse potuto, anche se la sua missione era prioritaria per il buon proseguimento della guerra.
Dunque i due si separarono di nuovo, ben sapendo che presto si sarebbero ritrovati e questa volta per combattere insieme contro gli eserciti dei draghi.
Nel frattempo lui e i suoi amici avevano delle cose importanti da fare: raggiungere il maniero Uth Wistan e raccontare tutto ciò che avevano visto durante il loro lungo viaggio. Mostrare a tutti il vero potere del “Verbo di Paladine” e avvisare il consiglio dei cavalieri che la loro missione non era ancora finita, perché avrebbero dovuto prima incontrare Theros Ironfeld e poi accompagnarlo a recuperare un mitologico “braccio d’argento”. Grazie a questo artefatto e al martello di Kharas, egli avrebbe potuto creare delle armi dalle caratteristiche leggendarie: armi che nel mito erano state indispensabili ai tempi di Huma per sconfiggere Takhisis e le sue armate oscure.
Stuard si ritrovò seduto sul tronco di legno a riflettere sui prossimi passi da compiere.
Tuttavia in quel momento l’urgenza era quella di riscaldarsi e a tale scopo andò a raccogliere dei piccoli ceppi con i quali poté accendere un piccolo fuoco scoppiettante che riuscisse a scaldare lui e i suoi compagni per la notte incombente. Ancora era l’imbrunire, ma al cavaliere gli si chiudevano già gli occhi per la stanchezza. Decise dunque di appoggiare la schiena al tronco e riposare qualche istante, prima di montare l’ennesima guardia, che avrebbe fatto, ancora una volta negli ultimi cinque giorni, completamente da solo.