Estellen strisciò letteralmente verso il suo amico Stuard.
La ferita al ventre e il braccio rotto la facevano sussultare di dolore ogni movimento che faceva, ma sapeva bene che c’era poco tempo a disposizione prima che il drago finisse l’opera iniziata dal suo cavaliere. Con fatica e sofferenza, alla fine riuscì a raggiungerlo, ma il giovane cavaliere sembrava assente, con gli occhi che sbattevano veloci per restare cosciente, ed il respiro ansante e corto. Il sangue scorreva copioso attraverso le sue dita stanche: non mancava molto alla sua dipartita.
Egli si aggrappava alla spada conficcata nel terreno come fosse un’ancora, mentre la sua mente viaggiava verso Deneva, il suo drago, il suo amato angelo custode d’argento e nero. Egli ‘La’ sfiorò con la mente e vide il suo occhio vigile su di lui, che gli chiedeva di resistere, perché lei stava arrivando a salvarlo, anche se non aveva bisogno di essere salvato, perché aveva dentro di sé la forza per superare da solo quella situazione disperata.
Quando la luce di Estellen entrò nel suo corpo, guarendolo almeno in parte, il cavaliere si tirò su lentamente senza dire una parola. Teneva lo sguardo fisso sull’oscurità che ondeggiava poco distante da lui, minacciosa, incombente, latrice di una morte orribile. Anzi, non capiva come potesse essere possibile che Soffionero non li avesse già uccisi tutti, ma immaginò di scoprirlo entro pochi istanti. Afferrò dunque l’antica lama e la estrasse con forza dal terreno: dalle gemme benedette, incastonate lungo tutta la sua lunghezza, salivano ora tre bagliori distinti, due rossi e uno verde. Riusciva a intuire che quello rosso e quello verde potevano essere attribuiti al drago, ma l’altro bagliore cremisi a chi mai poteva appartenere? Decise dunque di andarlo a scoprire, incamminandosi con passo deciso verso la radura. Tenendo bene a mente le parole del druido Waylorn su Marcus Brightblade e la sua leggendaria spada, che adesso era lui ad impugnare, si apprestò a fare qualcosa che forse nessun mortale aveva mai osato fare prima, consapevole di avere almeno una possibilità su cento di sopravvivere: sfidare a viso aperto un terribile drago nero!
Alhana, che del gruppo era quella meno ferita, corse a soccorrere immediatamente Estellen, che si lamentava e gemeva, completamente ricoperta di sangue. Aveva scoperto il braccio destro per curare Stuard e la sua forma di luce illuminava questo angolo di foresta quasi a giorno. L’elfa cercava di dirle qualcosa, ma la giovane portavoce di Paladine aveva i sensi annebbiati e le parole di Alhana le giungevano alle orecchie rallentate, distorte. Alla fine si trovò in piedi, con la regina degli elfi che le premeva un fazzoletto sulla ferita e la spronava a raggiungere subito il mezzelfo, anche se era molto probabile che fosse per lui troppo tardi.
Estellen crollò in ginocchio di fronte all’amico, mentre Alhana lo girava e gli sorreggeva la testa.
Kail non aveva più battito e non respirava più!
Lo sguardo disperato della regina degli elfi incontrò quello stanco e affranto di Estellen, che solo in quel momento riuscì a destarsi dal torpore. Sfiorando la fronte dell’amico con la sua mano di luce, comprese che Kail non era ancora entrato nelle sacre e splendenti aule di Paladine, ma certamente era già sulla via per farlo. Doveva dunque agire in fretta. Vergognandosi per quello che stava per chiedere al suo dio, impose la sua volontà, mentre Quill sulla sua spalla sbatteva violentemente le ali, quasi a ricordarle che contraddire i dettami di un dio era una cosa che non si doveva assolutamente fare. Estellen implorò comunque E’li di non prendersi il suo amico, non ancora perlomeno. Troppe erano le cose che ancora dovevano fare e lei non ce l’avrebbe fatta a compiere il suo destino senza l’aiuto di Kail e di Stuard. Lacrime di tristezza e dolore le solcarono il volto, mettendo a nudo la sua anima, finché un colpo di tosse violento venne su dalla gola del mezzelfo, che fece sussultare Alhana per lo stupore!
Kail aprì stancamente gli occhi, ma era troppo debole perfino per respirare. Tuttavia era vivo e questo per adesso era sufficiente! Estellen ringraziò silenziosamente Paladine, per aver avuto pietà della sua debolezza.
Nello stesso momento Stuard mise piede nella radura, trovando un coraggio insperato. Era preparato ad essere divorato, sciolto nell’acido o calpestato da quel maledetto drago nero, ma non a quello che trovò davanti a i suoi occhi.
Il vecchio barba bianca era ancora vivo!
Non solo, stava puntando il suo nodoso bastone da passeggio in direzione di Soffionero, intimandogli di restituirgli immediatamente il suo cappello! Il vecchio gli stava urlando di tutto contro, accusandolo di essere un ladro e che non avrebbe permesso che se ne fosse andato via senza prima restituirgli il suo evidentemente prezioso copricapo.
Stuard rimase a bocca aperta, un po’ per il vecchio e molto di più per il drago, che sembrava piuttosto confuso, con il muso affusolato che si allungava verso l’anziano barba bianca, per poi ritrarsi come infastidito.
Il cavaliere deglutì per il nervoso: per fortuna Soffionero non l’aveva ancora visto.
Prese dunque la spada, che rimandava bagliori cremisi e verdastri molto intensi adesso e la conficcò con forza nel terreno. Il giovane cavaliere notò che anche il vecchio riluceva di un luccichio rossastro, ma aveva altre cose per la testa adesso che non riflettere su questo strano e inquietante dettaglio.
Come Stuard impugnò la spada per l’elsa, gli occhi rossi e fessurati del grosso Wyrm si puntarono ferini su di lui, ricolmi d’odio genuino e totale. In quel preciso istante il giovane guerriero fu sul punto di darsela a gambe a quella vista terribile: il terrore che i draghi causavano agli umani era infatti rinomato, ed era praticamente inutile cercare di resistergli.
Tuttavia l’immagine di Deneva nella sua mente gli diede forza, tanto da tenere botta per il momento, anche se con estrema difficoltà. ‘Lei’ stava arrivando in suo soccorso e lui doveva solo resistere qualche minuto in più, era il mantra che continuava a ripetersi. Il drago non parlava la lingua degli uomini, ma comunicava molto bene attraverso il pensiero. Se non fosse stata una creatura crudele e spietata, sarebbe stato meraviglioso rimanere a contemplarne l’incredibile bellezza, l’assoluta, fantastica sinuosità del suo corpo, e lo straordinario riflesso della luce delle lune che veniva rifranta sulle sue scaglie nere come la pece. Il drago cercò di intimidirlo, di spezzare il suo coraggio e la sua fede, ma Stuard era cresciuto con Estellen e sapeva bene come rimanere saldo sui propri principi e sul proprio credo. Tuttavia i secondi passavano implacabili e la mente del drago era troppo più forte della sua e nonostante tutte le sue buone intenzioni, la sua audacia e il suo piglio ardimentoso, il cavaliere stava alla fine soccombendo al panico e alle minacce terribili del suo invincibile avversario. Posò gli occhi sul vecchio, che lo guardava di rimando con uno strano sorriso appena accennato sulle labbra.
Poi barba bianca chiuse gli occhi e Stuard si trovò a fare la stessa cosa, quasi cercando sostegno, copiando quel gesto istintivo e spontaneo. Tutta la luce che Estellen aveva infuso dentro di lui e che finora l’aveva protetto, venne risucchiata immediatamente via e nella sua mente adesso non c’era più niente. Niente, tranne Deneva.
“Si, puoi uccidermi. Puoi ucciderci tutti.”
Sussurrò d’improvviso il cavaliere.
“Ma lei sta arrivando, sarà qui a momenti. Forse potrai uccidere anche lei, forse no. La domanda che ti faccio è questa: te la senti di rischiare di morire, per obbedire agli ordini di umani del cui destino non ti interessa nulla? Non sarebbe meglio ritornare dai tuoi fratelli e sorelle a Neraka, ed evitare di cadere, da solo, in questo angolo dimenticato dagli dei? Perché stai pur certo che nessuno ti ricorderà, Soffionero, se perirai qui, nel regno degli elfi!”.
Il drago lo fissò per alcuni, brevi ed intensi istanti, provò anche a muoversi, spinto dall’ira verso quell’insignificante omuncolo, con l’intenzione di farne un solo boccone, ma non ci riuscì e ancora una volta fissò con un odio indicibile il vecchio barba bianca, che sembrava esser tornato a guardarlo con estrema severità e a intimargli di restituirgli immediatamente il mal tolto.
Poi il muso del drago si ritrasse via di scatto e con esso il suo enorme flessuoso corpo d’ossidiana. Quando dispiegò le ali e spiccò il volo, Stuard fu quasi sbalzato via dalla sua spada, mentre la lunga coda del mostro sferzava ripetutamente l’aria come una frusta e i suoi poderosi artigli grattavano gli alberi per darsi lo slancio e prendere quota.
Così Soffionero uscì di scena, oscurando per un attimo perfino le lune alte nel cielo terso e Stuard mollò finalmente la presa sulla capovolta spada, accasciandosi al suolo sfinito.
Pochi istanti dopo, Alhana, Kail, ed Estellen, entrarono nella silenziosa radura, appena in tempo per notare con meraviglia e felicità che il loro amico era ancora vivo, così come quello strano vecchio, che si era appena chinato a recuperare il suo cappello da terra, imprecando contro il drago appena volato via di averglielo tenuto nascosto fino all’ultimo momento!
Alhana sistemò Kail su un sasso poco distante, poi seguì Estellen intenta ad avvicinare l’anziano e dal suo punto di vista, un po’ svitato, barba bianca, quasi con timore reverenziale. Perplessa, la regina degli elfi si limitò a sostenere l’amica.
“Io ti ho visto nei miei sogni. Tu sei Fizban, colui che mi ha guidato in questi mesi interminabili … il vecchio saggio che mi ha preso per mano in questo lungo viaggio alla ricerca del libro bianco di Paladine. Finalmente ti incontro di persona! Dimmi dunque, dov’è il Tempio di E’li, così che finalmente possa compiere la mia missione?”
Il vecchio guardò la dama bianca quasi con compassione. Poi le rispose calmo:
“Figlia mia, il Tempio non esiste più, il drago l’ha distrutto e con esso, il Libro. Perché nessuno vuole credermi quando lo dico?”
Il tono di Fizban era stato quasi scherzoso, mentre mostrava le macerie squagliate di ciò che rimaneva del piccolo edificio alle sue spalle, ma Estellen sentì salire la bile in gola: se il Tempio non esisteva più e il libro era andato distrutto, voleva dire che la sua missione e quella dei suoi amici era fallita. Era arrivata tardi, ed ora tutto Krynn poteva pagare amaramente il prezzo di quel ritardo, di quella sconfitta. Disperata, la dama bianca si allontanò.
Niente sembrava avere più senso ormai.
Niente sembrava avere più importanza.