Dopo aver parlato con Alhana, i nostri eroi si trovarono innanzi a un bivio importante: lasciare la Torre e provare a curare Estellen alla fonte miracolosa, oppure rimanere ancora e tentare di portare alla luce la sala dei doni di E’li.
Alhana spiegò che le due cose erano in effetti collegate, in quanto senza l’ascensione, senza accedere alla sacra sala attraverso il sentiero dei dodici passi (ora tredici), sarebbe stato impossibile poter usufruire delle grazie di E’li, tra cui anche quella della mistica fonte guaritrice. Alhana si disse disponibile ad aiutare gli amici di sua cugina con il libro bianco nascosto nella foresta nel tempio di Paladine, ma sarebbe stato tutto vano senza ottenere prima la sua benedizione. Pertanto, ancora una volta, tutti guardarono ad Estellen per farsi guidare e ancora una volta la giovane portavoce di Paladine esaudì il loro desiderio.
Con lo sguardo rivolto al cielo e le mani leggermente sporte verso l’alto, il suo corpo si inondò di luce azzurra. Poi afferrò i suoi amici per mano e tutti loro si lasciarono inebriare dalla gloria di Paladine.
Quando i loro occhi si abituarono a qualcosa di più tangibile, più fisico, scorsero che erano giunti in una’ampia stanza, di base quadrata e dal pavimento in pietra, illuminata da otto incensieri che si accesero come per magia al loro arrivo. A circa trenta passi verso la parete nord, la stanza si innalzava di circa mezzo metro, a causa di tre gradini che si sviluppavano per tutta l’ampiezza della stanza e, dove iniziava questo dislivello, potevano notarsi degli oggetti straordinari, unici e meravigliosi, accatastati ordinatamente lungo la parete nord della stessa. Il più visibile era un trono, ma interamente composto da smeraldi e forse ricavato anch’esso da un’unica immensa gemma smeraldina. Stuard ne aveva sentito parlare molto nei racconti di sua nonna: “il Trono di Smeraldo” era lo scranno degli antichi re silvani, il primo sul quale aveva seduto Silvanos Goldeneye! Arazzi di incredibile fattura e antichità, spiccavano poi su alcune pareti: la maggior parte di essi ritraevano il drago di platino, riccamente rifinito con dettagli d’argento ed oro.
Prima che qualcuno potesse muoversi oppure semplicemente chiudere la bocca per lo stupore assoluto, una voce calda e rassicurante, potente ma misericordiosa, squarciò il velo del silenzio e disse perentoria:
“Benvenuti, figli miei. E’ davvero una gioia vedervi, in questi tempi bui, voi e pochi altri come voi, portate speranza su questo mondo affranto dalla guerra e del dolore.”
La voce proveniva da Estellen, che rimaneva ferma a mezzaria, immobile, la schiena dritta e la testa leggermente ricurva all’indietro.
Stuard si inginocchiò deferente, mentre Alhana e sua cugina, tenendosi ancora per mano, iniziarono a cantare una lode per E’li, estasiate finalmente da un momento di gioia senza pari. Kail fu l’unico a non essersi unito a questo momento spirituale, ma aveva nella testa cose ben più importanti che pregare, dal suo punto di vista.
Quando Estellen esclamò:
“Ponete le vostre domande, avrete le vostre risposte”,
il mezzelfo non si fece attendere e domandò al verbo di Paladine come avrebbe potuto aiutare la sua amica Estellen, il cui braccio lo preoccupava ogni ora di più e dove avrebbe potuto trovare sua madre, la sacerdotessa di Paladine, Eyne Londelle. La voce cercò di rassicurarlo, ma senza mentirgli: era una voce determinata e forte oltre ogni umana comprensione. Rispose che solo con l’ascensione avrebbe potuto aiutare la sua amica, mentre riguardo sua madre disse che fisicamente si trovava a Neraka, ma di fatto albergava prima di tutto nel suo cuore, ed era lì che egli avrebbe dovuto cercarla, prima di volerla incontrare.
Stuard rimase inginocchiato fieramente: la sua spada emanava un bagliore cremisi fortissimo, nonostante l’antica lama fosse ancora riposta nel suo fodero. Mai il cavaliere si era sentito così “benedetto” da una forza divina tanto maestosa. Quando si rialzò, seguendo Alhana ed Eiliana verso gli scalini e l’ascensione, la voce ammonì:
“Le mistificazioni di Cyan Bloodbane sono state infine rivelate, quindi ora sapete che nessun velo mai è stato posto dal drago di platino ai suoi figli diretti. Egli li ama tutti e non esiste alcuna gradazione, alcun livello, alcuna barriera, per impedire ad un figlio di poter toccare il proprio padre. Gli altri suoi pargoli, “coloro che sono venuti dopo”, sono ugualmente amati da Lui, ma molte delle cose che riguardano la loro ambigua natura, li discosta dai precetti spirituali che invece sono insiti nei primogeniti. Tuttavia, chi tra loro sarà ritenuto degno potrà ascendere comunque, ed entrare nella camera dei doni di E’li con i loro fratelli elfi.”
Stuard rifletté non poco su quelle intense parole, ma il suo cuore era sgombro da dubbi e ripensamenti e quando salì orgogliosamente i tre gradini, si sentì come mai in vita sua: senza rimorsi, né rimpianti, senza paura, né odio, ma con solo la luce di Paladine accanto. Così, pensò, doveva sentirsi un vero cavaliere della spada, un genuino paladino degli dei del bene. Avrebbe dovuto pensarci su molto bene, se questo sarebbe stato il percorso giusto da fare quando fosse divenuto cavaliere.
Restavano solo Estellen e Kail.
La giovane finalmente mise di nuovo i piedi in terra e i suoi occhi tornarono del consueto colore turchese che tutti conoscevano. Tuttavia, nonostante la gloriosa esperienza, l’essere costantemente usata come tramite da una volontà ben più forte della sua, non le aveva lasciato sensazioni positive. Se ne accorse maggiormente quando di nuovo la voce parlò per bocca sua per l’ultima volta, rivolgendosi al mezzelfo.
“Avverto il tuo tormento figlio mio. Hai preso il meglio della parte elfica e il peggio di quella umana o forse, financo, il peggio della parte elfica e il meglio di quella umana. In ogni caso a una delle due dovrai rinunciare per sempre se vorrai ascendere. Tu sei per metà elfo, dunque l’ascensione ti spetta di diritto, ma possiedi anche quella parte umana che giammai potrebbe sperare di vedere il trono di smeraldo. Quindi ti chiedo, cosa sceglierai, Kail Uth Mohdi? La tua natura elfica o quella umana?”
Kail sussurrò alcune rapide parole tra sé e sé, che Estellen ovviamente non riuscì a sentire, rimanendo con gli occhi chiusi qualche secondo in profonda meditazione. La giovane invece decise di salire in fretta i gradini e raggiungere il suo amico cavaliere.
Estellen era piuttosto contrariata per quell’ennesimo abuso subito: sarà stata anche il verbo di Paladine, ma perdere il controllo in quel modo non era mai piacevole: era come se il suo corpo l’abbandonasse e lei fosse relegata in un limbo in attesa di riaverlo indietro.
Alla fine Kail anche raggiunse i suoi amici ed ascese, ma a dispetto di tutti gli altri, non fu per lui un’esperienza positiva, anzi fu quasi dolorosa. Acquisì una maggiore consapevolezza e fermezza mentale, ma perse parecchie delle peculiarità umane che l’avevano sfamato per decenni: la capacità di adattamento, una certa spietatezza nel modo di pensare e soprattutto il suo rapporto relativamente libero con il medaglione di sua madre. Infatti seppe per istinto che qualcosa di sostanziale era cambiato con esso: non avrebbe mai più potuto utilizzarlo a suo piacimento, poiché se l’avesse fatto, in quanto oramai spiritualmente elfo per intero, sarebbe stato questa volta mutato in un ogre: un malvagio servo primigenio di Takhisis e non ci sarebbe mai più stata per lui possibilità di redenzione.
Kail intuiva fin dall’inizio che quell’ordalia l’avrebbe certamente cambiato alla fine del suo percorso, ma non avrebbe mai pensato che l’avrebbe trasformato così tanto.