Il gruppo era purtroppo giunto ad una impasse totale.
Tutti ormai, perfino Eiliana, avevano capito ed accettato il fatto che nella Torre delle Stelle e anche a Silvanost, ci fossero dei dettagli poco chiari che facevano pensare che qualcuno o qualcosa, insomma una qualche intelligenza astuta e malvagia, avesse compromesso l’antico legame che era sempre esistito tra il popolo silvano ed E’li. Questa “intelligenza” l’aveva fatto pazientemente, sagacemente e con metodo. Non aveva scelto di distruggere Silvanesti con il fuoco o con le armi, ma attraverso il suo stesso retaggio e la meticolosa riplasmazione degli antichi precetti che regolavano il profondo rapporto che essi avevano con il loro dio, dai riferimenti numerici ricorrenti (l’onnipresente simbologia del numero dodici), quasi ossessivamente riproposti ovunque, ai due (o forse di più) re passati, oggi stranamente perduti e dimenticati, che avevano istituito profondi cambiamenti strutturati e inesorabili, incredibilmente passati inosservati e anzi divenuti dogmi da tramandare di generazione in generazione.
Perfino le sacerdotesse di E’li insegnavano il “sentiero dei dodici passi”. Finanche loro, le più vicine a Paladine, avevano un legame parziale, incompleto con Lui. Insomma costui o costei, voleva distruggere i silvani dall’interno, spargendo ovunque dolore, pazzia e morte!
Estellen parlò proprio di questo ai suoi amici. Spiegò molto chiaramente che non era stata lei ad aver compiuto male il “sentiero dei dodici passi”, ma era stato il “sentiero” stesso che l’aveva condotta all’undicesima porta. Come se fosse stato manipolato da un’altra volontà che, in contrasto con la sua, aveva voluto portarla lì. Il motivo di tanta sicurezza? Semplicemente perché lei non poteva andar contro la sua stessa natura! Lei era il verbo di Paladine e quindi ad “Egli” completamente connessa.
Tuttavia il “piano” ordito da cotale entità era evidentemente talmente ben congegnato e subdolo, che il gruppo arrivò a pensar male perfino di Elliana. Ci mancò davvero poco perché lo stesso Kail arrivò a puntarle contro un dito accusatore, dopo aver sostenuto anche lui la prova dell’ascensione. Sebbene non avesse pregato Paladine, né desiderato alcuna comunione con lui, si era infatti risvegliato nei pressi dell’ottavo passo del “sentiero”; cosa impossibile, visto che Eiliana era a malapena riuscita ad accedere al quarto. Questo dettaglio l’aveva quasi convinto a sospettare che dietro al suo aspetto da elfa nobile, ci fosse in realtà qualcos’altro, magari proprio il silvano dai lineamenti duri e squadrati che aveva visto nei ritratti di un paio di antichi re e su quello di sua madre.
Fortunatamente però il mezzelfo si trattenne dall’accusare prematuramente l’elfa di sangue reale, decidendo invece, in accordo con gli altri, di far riprovare prima Estellen, ma questa volta però chiedendole di raggiungere Paladine a modo suo e non attraverso “il sentiero dei dodici passi”. Infatti esisteva una più che consistente possibilità che quando la Torre era stata restaurata, pur non potendo modificare il verbo di Paladine impresso a fuoco sulle pareti, questa “intelligenza”, potente ed astuta, avesse potuto fare delle aggiunte, spronando i candidati a far emergere le proprie insicurezze e la propria naturale soggezione nei confronti del loro dio, spingendoli a ritenersi indegni anche solo di avvicinarsi al dodicesimo passo. Nella remota possibilità poi in cui creature come Estellen o poco al di sotto, si ritenessero invece all’altezza di sfiorare Paladine, avrebbero comunque fallito, poiché come la giovane sacerdotessa aveva detto qualche ora prima:
“Nella Torre mancava qualcosa”.
O meglio: era stato sottratto qualcosa da essa.
Qualcosa di fondamentale, come la “Verità”. Nella sua accezione religiosa, come proprietà intrinseca del dio, ma anche nel senso figurato, avendo mistificato completamente le condizioni per poterla raggiungere. Perfino la spada di Stuard era stata ingannata.
Tuttavia qual’era o cos’era la “Verità”? La somma dei dodici passi certo, ma se questo famoso “sentiero” fosse stato un’ancora più velata astuzia di chi aveva congegnato un piano così complesso e sviluppato nei millenni? E se dietro a tutto ci fosse stato davvero un genio malvagio, dall’intelligenza superiore, in grado di riuscire a prevedere quasi tutto? E se alla fine poi questa entità ci fosse davvero riuscita? Se alla fine avesse davvero vinto?
Determinata a verificare la sua teoria e quella dei suoi amici, Estellen si raccolse in preghiera, cercando dentro di sé l’abbraccio di E’li. Dimenticò il “sentiero”, scordò le sacre parole e i dodici presunti passi contenuti in esso e si appellò alla sua vera natura: lei era il verbo di Paladine e niente poteva tenerla lontana dal suo creatore!
Così alla fine Estellen scomparve dalla loro vista, ma questa volta una luce azzurra abbagliante esplose prima di tutto nella volta a cupola sopra di loro, per poi lentamente discendere verso il pian terreno dopo appena pochi secondi. Stuard e i suoi compagni con grande sforzo abituarono gli occhi a quella abbagliante lucentezza azzurrina, per rendersi conto che si trattava proprio della loro amica, che era ascesa fino a toccare Paladine, ed era poi tornata da loro sorridente e serena come raramente l’avevano mai vista.
Si accorsero della sua ascensione perché finalmente la “Verità” fu rivelata: le costellazioni da cui filtrava la luce divennero finalmente Tredici e la montagna di menzogne sui dodici passi di E’li fu finalmente estirpata. Infatti i passi che "Egli" aveva compiuto quando era uscito dal fiume Thon – Thalas e si era rivelato a Silvanos Goldeneye erano stati tredici, non dodici; ma questa ineluttabile verità era stata nascosta al popolo elfico in millenni di cambiamenti, lenti ma radicali: nelle loro antiche tradizioni, conoscenze religiose e perfino nei loro luoghi di culto.
Quando Eiliana abbracciò con calore Estellen, un’altra terribile bugia fu rivelata: accanto alle parole di E’li infatti, una serie di scritte blasfeme, dal potere inimmaginabile, si erano affiancate ad esse sulle pareti. Un linguaggio che nessuno poteva capire, ma di cui il cavaliere aveva da subito intuito la natura e la forza: l’antica lingua dei draghi! Stuard sapeva che nel suo cuore c’era qualcuno che poteva aiutarlo però a comprenderle, qualcuno che non avrebbe mai smesso di sostenerlo e guidarlo: la sua amata Deneva. Il loro legame era indissolubile e lei l’avrebbe trovato sempre, anche se si fossero trovati a migliaia di miglia di distanza. Chiuse dunque gli occhi e la cercò dentro di sé.
“Eccomi mio cavaliere, cosa posso fare per te?”
Rispose una voce calma, ma determinata come nessun’altra Stuard avesse mai udito in vita sua. Il giovane le domandò se poteva aiutarlo a capire le parole segnate sui muri e la reazione di Deneva, quando le vide, definendole “uno scempio” e un “abominio”, fu terribile. Deneva ebbe uno scatto d’ira talmente improvviso e violento che quasi gli fece perdere i sensi. Tuttavia “la furia nero e argento” si riprese immediatamente, ma Stuard continuò a percepire la sua rabbia dentro la sua testa per molte ore, anche dopo che quell’incontro era terminato. Quelle scritte erano in effetti parole di potere utilizzate dai draghi malvagi per piegare la volontà degli umani e delle altre razze inferiori. Deneva immaginava che a segnarle sui muri era stato un drago verde, anche piuttosto antico e potente, poiché il loro odio nei confronti degli elfi era risaputo e la loro astuzia ed intelligenza, superiori agli altri draghi cromatici, li rendeva i soli a voler e poter rischiare di fare una cosa del genere dentro un luogo così devoto a Paladine.
Infatti le parole di E’li non erano state alterate, sarebbe stato impossibile, ma solo camuffate, in maniera tale che quelle dal drago segnate accanto, potessero prenderne il posto al momento del contatto con il candidato all’ascensione.
Finalmente però anche la tredicesima frase era apparsa sui muri adesso, quindi l’ordito del mostro era stato ormai disfatto e l’antica funzione della Torre delle Stelle ripristinata. Ora i nostri eroi avevano capito anche chi aveva preparato tutto questo nei millenni e anche il perché.
Per dipanare completamente il mistero, dovevano solo rivelare adesso chi si trovasse al dodicesimo livello e scoprire così se re Lorac davvero fosse ancora vivo. La fine dell’incubo con le ali era comunque vicina.