Eiliana condusse i suoi amici fuori dal palazzo reale, raccogliendo via via, mentre scendevano velocemente i piani, cibo e strumenti che sarebbero potuti tornare utili nel loro viaggio alla ricerca del libro bianco di Paladine.
Poco prima di imboccare il ponte e recarsi alla Torre delle Stelle però, il gruppo passò davanti al municipio e Kail, un po’ imbarazzato, fece presente a tutti che avrebbe gradito molto una sbirciatina tra i suoi archivi per capire se ancora esistevano notizie utili su sua madre: Eyne Londelle. Ovviamente nessuno si oppose al desiderio più che comprensibile del loro amico e, anzi, cercarono di aiutarlo con i registri, abbandonati a loro stessi come sassi in un fiume, in un edificio oggi più che mai diventato testimone di un perduto passato.
Le informazioni sugli abitanti censiti di Silvanost erano state catalogate e sistemate in diverse rastrelliere o blocchi circolari di circa tre metri di raggio, composti da una miriade di scaffali, sui quali erano state riposte migliaia di foglie d’acero, conservate con resine speciali, che riportavano fedelmente il nome e le generalità di gran parte del popolo elfico vissuto in città nel corso dei millenni. Eiliana spiegò come bisognava fare una ricerca su questi registri di foglie assai particolari: utilizzando ed applicando una speciale carta traslucida, che metteva in risalto solamente dei riferimenti precisi, tipo quelli alfabetici e cronologici, si poteva infatti riuscire a scartare sia gli anni e i secoli non attinenti alla ricerca, sia tutti quei nomi che, in quello speciale blocco, non cominciassero per la lettera “L” di “Londelle”. In questo modo si sarebbero risparmiate moltissime ore di ricerca.
Il gruppo si divise le numerose rastrelliere equamente e ci mise ben sei ore ininterrotte prima di trovare qualche riferimento utile dell’elfa che rispondeva al nome di “Eyne Londelle”. Ironia della sorte, fu proprio Kail a trovare una “Eyne Londelle”, nata nel 126 AC a Silvanost e residente proprio a SIlvanost, nella zona bianca, al terzo livello della città. Anche i suoi genitori, Arielle e Demetrius Londelle, risultavano entrambi residenti nella stessa abitazione.
Purtroppo Eiliana non poteva dire quanto “vecchie” fossero quelle informazioni, poiché i materiali con cui venivano conservate le foglie erano praticamente eterni. Parlando di elfi e quindi di una longevità impensabile per le altre razze, quei riferimenti potevano dunque non aver alcun senso oggi.
Comunque, i quartieri di Silvanost erano divisi a secondo del livello sociale e strutturati in base a colori specifici e alle iniziali del loro cognome. In particolare i “Londelle” si trovavano al terzo livello, quindi erano di molto umili natali.
La sera ormai era calata tra le fronde della grande città silvana immersa nella natura, ed Eiliana, notando l’espressione affranta e allo stesso tempo piena di aspettative di Kail, commentò che forse non valeva la pena andare subito alla Torre delle Stelle, visto che avrebbe significato arrivare a destinazione la notte del giorno dopo. Siccome però era appena l’imbrunire, forse sarebbe valsa la pena andare a dare un’occhiata al terzo li vello della città e verificare se laggiù esistesse ancora una famiglia di nome Londelle.
Il mezzelfo la ringraziò silenziosamente con gli occhi e così discesero le piattaforme di collegamento con destinazione: livello tre, zona bianca, lettera “L”. Con un’elfa esperta come Eiliana come guida, non fu troppo difficile arrivare molto presto alla loro meta.
Si trattava di una modesta abitazione ricavata dal tronco di una sequoia: il nome “Londelle”, spiccava all’entrata di un piccolo recinto di legno, ricoperto di foglie e di abbandono. La porta d’entrata era chiusa, ma Kail la forzò senza difficoltà, rivelando solo un’umile dimora abbandonata.
La casa aveva una stanza interna accogliente, con un angolo per la cucina e due vani che ospitavano due camere da letto, di cui una chiusa a chiave. Tutto era perfettamente ordinato e pulito, anche se dalla polvere si vedeva che quella casa non era stata più vissuta da diversi mesi.
Kail forzò dunque anche la seconda serratura, ma quando si mosse per entrare fu costretto invece ad indietreggiare, poiché l’odore fortissimo di chiuso e di polvere inondò le sue narici come un pugno sul naso, facendolo lacrimare e tossire. Dopo qualche minuto, necessario per far cambiare l’aria, il gruppo poté finalmente ispezionare la stanza.
Essa era molto piccola e spoglia, con cassettiere e armadi vuoti. C’erano anche dei portagioie e un piccolo baule, ma anch’essi vuoti. Eiliana rivelò che quella stanza era rimasta chiusa da anni, forse da secoli e che probabilmente era stata evacuata di tutto ciò che l’aveva riempita da moltissimo tempo.
L’unico dettaglio importante era un ritratto appeso alla parete, che mostrava una giovanissima elfa, con alle spalle uno strano silvano dai lineamenti marcati. L’elfa indossava “il soffio azzurro”, mentre il silvano rievocava, sia ad Estellen che a Kail, alcuni personaggi inquietanti ed ambigui che avevano visto in sogno o su ritratti e di cui avevano sentito parlare un po’ troppo spesso nel corso della lunga storia di Silvanesti.
Il mistero dunque si infittiva.
Se l’elfa nel ritratto era davvero sua madre, voleva significare che aveva preso i voti come sacerdotessa di E’li, cosa non facile per chi nasceva di umili natali. Generalmente infatti, per stessa ammissione di Eiliana, questo compito era spesso assegnato alla classe abbiente di Silvanost. Non era rarissimo però che qualcuno proveniente dal basso fosse diventata nei millenni sacerdotessa, ma doveva dimostrare una forza, una volontà e una fede doppia rispetto a quelle delle consorelle altolocate. Sembrava dunque assai strano che una così devota seguace di Paladine si fosse poi convertita al culto di Takhisis!
Kail scuoteva la testa, non capendoci più nulla.
Ancora una volta Eiliana venne in suo aiuto, dicendo a tutti che se l’elfa nel ritratto era davvero Eyne, nel tempio di E’li avrebbero dovuto trovare l’alcova dove era stata conservato “il soffio azzurro” a lei assegnato. Ad esclusione delle dodici sacerdotesse infatti, morte con ancora indosso il mistico gioiello, tutti gli altri avrebbero dovuto esser preservati dentro la “stanza delle dodici vergini”: valeva a quel punto tornare di sopra e approfondire la questione. Così i nostri eroi si recarono nuovamente al Tempio di E’li, con Kail che non sapeva se augurasi di scoprire che quella nel ritratto non fosse in realtà sua madre o meno. Infatti realizzare che in realtà Eyne era stata una sacerdotessa di Paladine, poi caduta in disgrazia nell’abbraccio oscuro di Takhisis, sarebbe stato un peso forse un po’ troppo grande da sopportare per lui.
Comunque, la "stanza delle dodici vergini" era il più sacro dei luoghi del tempio: esso rappresentava il crocicchio ove tutte le sacerdotesse di E’li, di tutti i tempi, si erano riunite, ed avevano ricevuto i loro sacri voti, ritirando il famoso sacro gioiello, frutto di un sapere antico donato agli elfi dallo stesso drago di platino: un monile azzurro di grandissimo valore e potere, che differenziava le sacerdotesse dalle novizie.
All’interno della enorme e magnificente stanza, la cui porta d’entrata poteva esser aperta un tempo solo dalla somma sacerdotessa, ma che adesso giaceva spalancata ed esposta a ogni forma di contaminazione esterna, c’erano dodici file di cassettiere. Ogni fila, intrecciata in maniera diversa alle radici di molteplici alberi che spuntavano libere dal terreno, conteneva dodici nomi diversi impressi ognuno su una foglia di betulla diversa. Ogni foglia si trovava poi al di sopra di una piccola teca di legno di quercia e riportava su di essa il nome del possessore di qualcosa che evidentemente un tempo era custodito nella teca stessa. Alla terza fila trovarono il nome che cercavano: “Eyne Londelle”, ma il suo gioiello giaceva stranamente ancora intonso all’interno della teca, chiaro segno che lei non l’aveva mai ritirato. Purtroppo chi ad oggi poteva conoscere qualcosa in più sul destino e sulle scelte fatte da una giovane Eyne Londelle giaceva morto, preparato per essere inumato nei pressi del tempio stesso (tra l’altro cosa assai inusuale).
Kail sentiva di essere arrivato dunque ad un vicolo cieco, tuttavia c’era un dettaglio nei suoi ricordi che spingeva per uscire e dargli speranza. Una frase che gli era stata riferita da un gruppo di elfi profughi, prigionieri degli orchi insieme ai nani di Dougan Redhammer. Un riferimento ad una leggenda per bambini riguardante la “dama oscura”, una certa “Eyne Londelle”: la strega malvagia che portava via i bambini cattivi che solevano compiere marachelle un po’ troppo spesso per il loro genitori.
Adesso avevano la Torre delle Stelle come loro prossimo obiettivo, ma quando fossero dovuti andare a nord, verso la fonte miracolosa di E’li, avrebbero potuto verificare se in quelle leggende ci fosse stato qualcosa di vero.
Probabilmente dare uno sguardo ad Alinosti poteva valerne la pena per aggiungere altre informazioni preziose sulla storia della madre del mezzelfo.