Eiliana era corsa immediatamente in fondo alla stanza, perché era certa che dietro lo scranno rialzato, finemente adornato, ci fosse seduto qualcuno, sensazione peraltro condivisa da tutti i nostri eroi. Purtroppo però le sue aspettative furono subito smentite dai fatti: nessuno infatti sedeva sull’antica sedia, ove tutti i più grandi re silvani avevano preso decisioni importanti per il proprio popolo e quindi la delusione poteva chiaramente leggersi sul suo viso affranto.
Estellen e Stuard faticarono ad avanzare verso di lei per darle conforto, poiché entrambi percepivano un’atmosfera satura di angoscia e negatività quasi debilitanti in quella stanza. Solo Kail sembrava quasi immune a questa ineffabile, impalpabile, malvagità che permeava l’aria, quindi poté in qualche modo scuotere l’amica e riportarla alla realtà.
Pian piano il gruppo si ricompattò e si divise i compiti senza doverne parlare: Eiliana andò a guardare tra gli appunti di suo zio, sparsi caoticamente sul lungo tavolo in noce del suo studio. Kail si soffermò invece a sbirciare alcuni interessanti affreschi e cimeli appesi al muro, ed infine Stuard ed Estellen controllarono più attentamente uno lo scranno e l'altra la parte del tavolo dirimpetto ad esso, nella remota ipotesi che potessero nascondere qualche invisibile segreto.
Ci misero un po’ di tempo ad ottenere delle informazioni utili alla loro ricerca, ma alla fine scoprirono diverse cose importanti.
Intanto Estellen notò che in quel punto del tavolo, proprio difronte la sfarzosa sedia, si evidenziava una lieve traccia circolare, che sottolineava in maniera inequivocabile che un oggetto abbastanza pesante aveva leggermente inciso il legno con il suo peso e la giovane sacerdotessa di Paladine affermò accigliata che “un grande male si era posato lì di recente”. Kail, che era poco distante dai suoi amici, affermò che poteva trattarsi proprio dell’artefatto che Lorac aveva utilizzato per scacciare i nemici di Silvanesti e purtroppo maledire la foresta stessa, teoria che fu confermata qualche minuto dopo dalle ricerche di EIliana sugli appunti di suo zio. Alcuni frammenti infatti parlavano della delicata situazione di Silvanesti, sconvolta dall’invasione delle Dragonarmies da est e dall’attacco al tempio di Chislev a sud. Riportavano fedelmente dei commenti di Lorac pieni di ansia e d’angoscia, sulla disperazione del popolo silvano e sulla sua decisione assai sofferta di utilizzare un oggetto che egli aveva definito più volte “maledetto”, ma anche “necessario” se avessero voluto sopravvivere. In un’altra data di circa tre mesi prima, un altro frammento affermava che il re aveva utilizzato “il globo” per istillare paura nelle armate di Takhisis e alla fine esprimeva la soddisfazione di averle ricacciate via o uccise, grazie alla foresta stessa, “risvegliata” dal grande potere dell’artefatto. Purtroppo però, ad un certo punto i frammenti cominciavano a farsi deliranti, inconcludenti, questo perché Lorac affermava di aver perso lentamente il controllo sul globo, ammettendo che questo avrebbe sancito la sua fine e probabilmente anche quella di Silvanesti. In più punti suo zio parlava di “presenze malvagie, subdole e potenti”, che si agitavano dentro l’artefatto stesso. Presenze che all’inizio lo avevano aiutato per loro interesse, ma che alla fine lo avevano dominato per poter controllare la grande foresta. In particolare ce n’era una che odiava gli elfi più di ogni altra cosa, ed il cui desiderio più grande era quello di distruggerli dall’interno, portandoli alla disperazione e alla follia. Il diario si interrompeva definitivamente, con il re che scriveva di non riuscire più a sfuggire alla morsa del globo e si rammaricava immensamente per il suo popolo e per la figlia.
“Possa Paladine aver pietà della mia anima, ed Alhana pena per il suo povero padre. Tutto ciò che ho fatto, nonostante tutto, l’ho fatto per Silvanesti, per il mio popolo… ma mi assumo le mie responsabilità e trovo giusto il fatto di essere stato bandito con disonore come presidente delle Stelle…”
Queste furono le ultime parole raziocinanti di Lorac Caladon, Presidente delle Stelle di Silvanost.
Sopprimendo i singhiozzi, Eiliana terminò di leggere quelle poche carte scarabocchiate, con i suoi amici che non sapevano come fare per tirarle su il morale. Mentre Estellen tentava di darle forza, Stuard notò che c’era un altro dettaglio importante che la sua amica elfa non aveva notato. In mezzo al mucchio di carte, c’era un piccolo plico, contenente un altro appunto arrotolato che recitava così:
“Lascio questa chiave a mia figlia Alhana, che mi succederà sul trono per linea di sangue. Spero che ella riuscirà, attraverso di essa, a recuperare l’antico potere benedetto da E’li, così da avere la forza di uccidere il suo folle padre e liberare il suo popolo dai sussurri e le nefandezze del Drago…”
Purtroppo però il plico non conteneva alcuna chiave, ed Eiliana si imbestialì, maledicendo chiunque avesse osato entrare nello studio del re e trafugare un oggetto così importante per pura avidità. Quella chiave infatti apriva le porte della “Torre delle Stelle”: un luogo mistico di preghiera e di raccoglimento, all’interno del quale erano custoditi i doni di E’li. Solo il re di SIlvanesti poteva accedervi, anche se era usanza, nell’antichità, una volta l’anno, aprire la Torre al popolo, che poteva in questo modo rendere grazie al drago di Platino, ed ottenere la sua benedizione. Tuttavia questo costume non si ripeteva più da diversi secoli: Eiliana non ricordava nemmeno chi fosse il re che aveva decretato l’inutilità di una simile usanza.
Nel frattempo Kail aveva studiato con attenzione un documento appeso al muro, che riportava l’albero genealogico di tutti i re succeduti sul trono di Silvanost. Al di la di chi fossero costoro, comunque tutti imparentati più o meno direttamente con l’antico primo elfo, Silvanos Goldeneye, ce ne furono due di cui nessuno, nemmeno Lorac, conosceva il nome o l’identità. Tra l’altro i ritratti di questi due elfi erano per la verità molto simili, non tanto per l’aspetto, quanto per le bizzarre caratteristiche somatiche quasi identiche. Avevano infatti i lineamenti duri, il mento marcato e gli occhi meno obliqui rispetto agli elfi che il mezzelfo aveva visto e conosciuto durante i suoi lunghi viaggi e questo dettaglio, alla luce delle recenti rivelazioni fatte da Eiliana sugli appunti di Lorac, lo fecero riflettere parecchio. Soprattutto perché Estellen aveva “visto nei suoi sogni” e descritto un elfo in maniera sospettosamente simile appena qualche giorno prima. Chi erano stati dunque questi reali misteriosi, che avevano seduto sul trono della capitale? Erano stati loro a decidere di reprimere le antiche usanze dedicate ad E’li? A boicottare abitudini millenarie o addirittura pratiche taumaturgiche che oggi non funzionavano più? Solo la Torre delle Stelle poteva rispondere a questa domanda.
Mentre Kail andò a parlare di questo con Estellen, Stuard aveva preso a controllare la libreria. Eiliana invece aveva imboccato un corridoio interno e si era diretta alla sala del trono, adiacente allo studio del re.
Stuard notò che non tutti i libri erano rimasti perfettamente allineati sullo scaffale: uno in particolare sembrava esser stato consultato e rimesso al suo posto, ma non a filo con gli altri. Il cavaliere, non conoscendo l’elfico, non riusciva però a capire di cosa parlasse. Anche se, dal disegno sulla copertina, sembrava si riferisse ad uno strano gioiello: uno che tra l’altro rammentava di aver già visto da qualche parte. Quando richiamò a sé Kail per aiutarlo a tradurre il libro, ricordò bene dove l’avesse notato, anche se riportarlo alla mente non fu cosa per nulla piacevole: era il monile che indossava sulla fronte il cadavere della sacerdotessa di E’li, all'esterno del tempio del drago di platino!
Il mezzelfo con difficoltà provò a tradurre parte del libro, scoprendo che il gioiello veniva chiamato “il soffio azzurro”, ed era il sigillo che le iniziate al culto di Paladine ottenevano, quando venivano insignite al rango di sacerdotesse.
Mentre Estellen, incuriosita dal discorso, si era avvicinata al mezzelfo, Stuard, non vedendo più Eiliana, si era mosso per andarla a cercare. La trovò nella stanza oltre il corridoio, in preda alla disperazione più assoluta. L’elfa si era gettata sul trono di suo zio, singhiozzante, immaginando per lui un triste e infausto destino. Il cavaliere la consolò e la spronò a non dare per spacciato il proprio congiunto. Forse era davvero passato a miglior vita, ma forse no e questa risposta risiedeva quasi certamente alla Torre delle Stelle. Eiliana capì che Stuard aveva ragione, si asciugò dunque le lacrime e ritrovò il sorriso, prese poi il cavaliere sotto braccio e tornarono dai loro amici con rinnovata determinazione.
Estellen tenne con sé il libro sul “soffio azzurro”: sarebbe potuto tornare utile in futuro e tutti insieme si apprestarono ad uscire dallo studio del re per dirigersi alla Torre delle Stelle.
Prima di uscire Kail rammentò a tutti che avrebbero potuto trovare delle persone ostili in quel luogo, poiché l’idea che un Kender (tutti lo pensavano ma nessuno lo diceva) fosse davvero giunto fino allo studio di un re silvano, era comunque più probabile rispetto a quella che quello stesso Kender avesse potuto perdere ben due oggetti dalle proprie bisacce. Essi infatti erano conosciuti più per svuotare le tasche degli altri, che per perdere i propri averi per strada. Questo voleva dire che li aveva perduti non per distrazione o per superficialità, ma che magari gli erano caduti perché aveva lottato con qualcuno, che alla fine l'aveva sollevato con la forza e rapito.
Insomma, quel panino e quella fionda erano entrambi due ottimi motivi in più per non abbassare la guardia quando fossero arrivati laggiù!