Estellen mise tutti in guardia una seconda volta: oltre la soglia di quel tempio c’era qualcosa di orribile. Orribile e pericoloso. Qualcosa che non si poteva affrontare con le armi e che andava ben oltre le loro capacità.
Stuard parlottò proprio di questo con Kail, decidendo se fosse il caso imbarcarsi in un’altra avventura disperata e con un alto rischio di mortalità. Tuttavia i due amici non ebbero tempo di capire quale scelta fosse davvero la migliore e riuscisse a contenere i rischi, perché Eiliana, tenendo alto il suo esotico gioiello lucente, era già entrata spavaldamente all’interno del tempio di Chislev.
Malgrado la navata mostrasse chiaramente l’effige della dea, la piuma dorata, corrotta e irreparabilmente rovinata al di sopra della pietrosa porta d’ingresso, anch’essa ormai in frantumi e sparpagliata sul terreno erboso, l’indomita elfa ruppe lo stesso gli indugi e anticipò forse un po’ troppo avventatamente le più prudenti mosse dei nostri eroi. La sua luce illuminava parzialmente l’ingresso e parte dell’androne, ma non riusciva ad impedirle di procedere in avanti che a piccoli passi, come se una forza malvagia, crudele e feroce, cercasse di rimandarla indietro, con dei violenti, invisibili spintoni.
Il puzzo di marcio e di morte era fortissimo qui, ma il ringhio gutturale e disumano che saliva dall’oscurità, aveva un aspetto ancor più spaventoso. Quando poi un’ombra, più nera della pece, alta almeno tre metri, si levò dal pavimento e si stagliò in tutta la sua possanza davanti ai nostri eroi, ed i suoi piccoli occhi coloro brace si puntarono furibondi sull’elfa, Estellen entrò immediatamente nel tempio e si affiancò a lei, pronta a tutto.
Eiliana continuava a salmodiare una nenia ripetitiva e ossessiva nella sua melodiosa antica lingua e la sacerdotessa di Paladine, pur non capendo le parole da lei pronunciate, riusciva comunque a intuirne il senso. Si trattava di una lode ad E’li, il nome con cui gli elfi chiamavano Paladine, che Eiliana stava implorando affinché scacciasse l’oscurità da questo luogo ora empio, ma un tempo fulgido e rigoglioso, dedicato alla natura e alla vita. Tuttavia, nonostante gli sforzi impagabili della nobile di Silvanost, quella “cosa” enorme, che bloccava loro il passaggio, si stava comunque avvicinando pian piano, inglobando nella sua aura oscura la tiepida luce del suo gioiello elfico. Fu allora che Estellen le prese la mano che teneva stretto il prezioso monile e chiuse gli occhi.
La portavoce di Paladine pregò il suo dio affinché calasse la sua sacra benedizione su tutti loro, sommergendo della sua santa gloria questo luogo impuro, profanato dai servi di Takhisis. L’intervento della sacerdotessa del drago di platino amplificò a tal punto la luce di Eiliana, che per alcuni secondi tutti furono abbagliati come da un lampo improvviso di una stella nascente. Compreso il gigantesco mostro, che si ritirò nell’ombra, disperato.
Ora Kail e Stuard poterono osservare meglio il tempio, accorgendosi che ogni cosa era morta e marcita attorno a loro: ogni pianta, ogni arbusto, ogni fiore era caduto e ormai decomposto, spezzato da una malvagità indicibile ed irrefrenabile. Questo spiegava il tanfo terribile, ma non ancora ciò che aveva portato a tutta quella distruzione e a quel putridume così largamente diffusi nel tempio. Ciò che aveva maledetto quel santo luogo, era ancora lì, potente ed imperituro e non aveva corrotto solo la flora, ma anche la sua stessa sacralità. Perfino la presenza di Chislev.
Tuttavia Estellen non era riuscita solo ad ingigantire la luce sacra di Eiliana e a scacciare lontana quella gargantuesca bestia, che lei istintivamente sapeva essere inarrestabile ed invincibile per qualunque guerriero, ma anche a creare un varco per passare oltre, verso la parte più interna del tempio.
In ogni caso entrambe le donne sapevano bene che non era quel mostro il pericolo maggiore in quel luogo sconsacrato: l’oscurità che si era intrufolata e insediata nella struttura aveva corrotto anche esso, incancrenendo la sua mente e il suo spirito ferino. Insieme, Eiliana ed Estellen, presero ad avanzare quindi, passo dopo passo, con determinazione crescente, raggiungendo infine il centro del tempio.
Il cavaliere ed il mezzelfo seguivano le loro compagne avvolti nella luce. Tuttavia, a pochissimi metri dal cuore della sacra costruzione, Kail cominciò a sentirsi strano. Sudava, ma non solo per il nervoso e la paura. Comprese molto bene che l’azione combinata delle due mistiche donne, stavano interagendo con la sua maledizione, con il suo oscuro medaglione. C’era infatti qualcosa nel profondo della sua anima che stava urlando di dolore e sofferenza, qualcosa di tenebroso ed antico come il nero abisso dell’oceano. Il mezzelfo non riusciva a prendere fiato: per un secondo la sua mano sfiorò la sua elfica spada, come se una voce dentro di sé gli stesse bisbigliando all'orecchio di aggredire subito quelle odiose femmine, di ucciderle seduta stante, perché gli stavano provocando troppo dolore e sofferenza. Fu per lui una grande prova di volontà riuscire ad evitare quell’azione sconsiderata e comprese che se fosse rimasto per altro tempo nella sfera della loro influenza, non sarebbe riuscito più a controllare la sua terribile trasformazione già parzialmente in atto. Kail dunque si fermò e in pochi secondi si lasciò avvolgere dal buio famelico, attendendo il più possibile per poter riprendere il controllo di sé stesso, ma capì solo poco dopo quanto il suo tentennamento fosse stato per lui pericoloso. Kail riuscì a salvarsi infatti per puro miracolo e solo grazie alla sua natura elfica per metà. Il gigante dentro il tempio, aveva visto che egli era uscito dalla mistica sfera di luce protettiva e ne aveva approfittato per cercare di ghermirlo e farlo a pezzi.
Kail aveva percepito perfino lo spostamento d’aria, mentre si tuffava disperato fuori dal tempio, intuendo che se avesse tardato solo di qualche secondo sarebbe stato certamente afferrato e dilaniato dalla grossa mano di quel mostro furibondo. I due rimasero occhi negli occhi per diversi intensi secondi e malgrado il terrore che provava, il mezzelfo cercò ugualmente di mettere a fuoco la creatura, capire cosa diavolo fosse. L’esperto scout aveva molta esperienza, aveva girato e visitato molti luoghi, alcuni dei quali tra i più esotici di Krynn, ma non aveva mai visto prima una essere del genere. Era alto più di tre metri, con delle larghe corna che spuntavano dalla scura fronte. Aveva occhi rossi come il fuoco e una fitta peluria, come quella dei minotauri, che rivestiva e copriva tutto il corpo. Le estremità inferiori avevano la forma delle zampe e degli zoccoli di una capra, mentre due braccia incredibilmente poderose e sproporzionate, simili a tronchi di acero, lambivano il pavimento come facevano le grosse scimmie.
Era una creatura davvero possente ed enigmatica, di cui Kail non aveva mai nemmeno mai sentito parlare, ma che in qualche modo percepiva non fosse di natura demoniaca o un’altra creatura similmente malvagia. Piuttosto gli pareva più una maestosa fiera, una belva feroce tenuta in cattività, ora ferita ed arrabbiata oltre misura. Sperò solo che la luce della fede generata dalle due coraggiose seguaci di Paladine riuscissero a tenerlo lontano da loro o li avrebbe smembrati tutti in pochi secondi.
Nel frattempo i tre amici rimasti dentro il tempio continuarono ad avanzare, finché non si resero conto che la creatura si era spostata e proprio in quel momento Stuard realizzò che Kail era scomparso. Così avvertì Estellen ed Eiliana, le quali si voltarono verso l’entrata terrorizzate.
Lì poterono finalmente osservare il mostro e capire cosa fosse davvero: si trattava di un fauno, una creatura solitamente mansueta e tranquilla, utilizzata da Chislev come guardiano per scacciare i ladri ed i visitatori poco opportuni. Tuttavia qualcosa era cambiato adesso in esso: sembrava come se un oscuro sortilegio, probabilmente lo stesso che aveva fatto marcire ogni cosa viva dentro il tempio, avesse ottenebrato la sua mente, trasformandolo in una belva dissennata e furiosa.
Fu così che Stuard ebbe un’illuminazione, una di quelle che per fortuna sua e dei suoi amici avrebbe cambiato le sorti della situazione, che, comunque, rimaneva ancora decisamente disperata.