Nanàin guidò con sicurezza la compagnia attraverso il primo livello della massiccia struttura, spiegando che queste antiche miniere, appartenute al suo popolo da sempre, un tempo erano ancor più maestose ed imponenti. Escol si guardava attorno incredulo: si era aspettato delle caverne piene di fuliggine e polvere e invece stava camminando in una enorme e stratificata città sotterranea. L’eco dei loro passi e delle loro parole rimbombavano sorde, rimbalzando più volte sulle solide pareti di granito lavorato. La voce del nano era ferma, mentre raccontava aneddoti appartenuti ad un ormai perduto passato. Aneddoti sull’enorme importanza strategica ed economica di questo posto, ed il figlio del Duca poté riscontrare in effetti che non si stava certo muovendo in rabberciati corridoi o cunicoli scavati malamente nella roccia. Questo era un vero e proprio avamposto nanico sotterraneo, un capolavoro costruito con la proverbiale praticità tipica del popolo basso, ma che non disdegnava anche un’architettura a tratti elaborata e non trascurata nei dettagli. Mano a mano che si inoltravano più all’interno della montagna, iniziarono a sentir spicconare quà e là sempre più forte, come un frastuono perpetuo di sottofondo: il classico tintinnio metallico dell’acciaio sulla roccia, ma nessuno riuscì a rendersi conto bene da dove provenisse, né tantomeno dove potessero trovarsi i minatori. Escol girava di continuo la testa a destra e a sinistra perplesso: nonostante i rumori costanti la miniera sembrava vuota, ma Nanàin procedeva spedito, come chi sapeva quel che faceva e dove dovesse andare. Il figlio del Duca gli domandò ad un certo punto come mai non c’erano minatori su questo piano e il nano prontamente rispose che essi lavoravano ormai quasi esclusivamente al secondo livello, dove c’erano le vene più imponenti da cui estrarre il ferro e soprattutto l’oro necessari all’impero. Quella miniera infatti rappresentava la principale riserva aurea di Arios! Tuttavia, nonostante tutti loro sapessero bene quanto costasse mantenere in piedi una macchina bellica come quella dell’imperatore maledetto, il perché egli avesse dislocato qui, ferma, un’intera coorte imperiale (circa cinquecento uomini addestratissimi) solo per difenderne i confini, pareva più un’eccentrica assurdità. Sembrava a tutti una scelta esasperata, quasi folle, persino per uno come Arios. Dopo aver attraversato tutto il primo piano, Nanàin mise in guardia la compagnia: di certo scendendo al secondo livello, avrebbero potuto incontrare molto più facilmente ronde di mercenari. Lui avrebbe fatto il possibile per prendere la via più sicura, ma avvertì tutti di tenersi comunque pronti per uno o più scontri con gli aguzzini del suo popolo. Infatti, scesi ad un livello più profondo delle miniere, non solo lo scalpiccio dei picconi si fece più presente ed incessante, ma nel bel mezzo di un corridoio scarsamente illuminato, ad un certo punto, videro distintamente tre fiaccole che si avvicinavano sempre più a loro. Cinque mercenari stavano sfortunatamente tornando in superficie per chiedere il cambio. Escol provò ad evitare lo scontro, ma la presenza di Krispin e Stee tra le loro fila non poteva certo essere nascosta. Le domande dei mercenari diventarono sempre più intimidatorie e alla fine la battaglia fu inevitabile. Fortunatamente il maestro d’armi era un guerriero formidabile e riuscì ad abbattere ben tre di loro. Escol e i nani invece, ebbero la meglio sui restanti due. La compagnia fece sparire velocemente i cadaveri, per poi entrare nelle cave poco distanti e liberare i minatori oppressi. Circa ottanta nani, sporchi, stanchi e sfregiati dal marchio di Arios, ascoltarono attoniti ed increduli le parole di Nanàin e Slanter, che li avvisarono che i loro congiunti erano stati salvati dagli umani e dagli elfi e condotti con la magia ad un rifugio sicuro. Mentre i nani condividevano le informazioni, Escol notò che Krispin, aveva preso a tossire, ed aveva delle strane venature nerastre che gli erano spuntate sulle braccia e sul viso. “Un grande male si cela quaggiù. Dobbiamo indagare, Escol… dobbiamo conoscere la verità.” Bisbigliò Krispin, con un fil di voce. Il mago non seppe spiegare ciò che gli stava capitando, cosa fosse quella strana ed inquietante “reazione allergica” che gli era apparsa sulla pelle, ma riteneva che potesse dipendere da una potente fonte magica oscura, che si nascondeva nelle viscere della miniera. Quando i nani rivelarono che alcuni loro compagni erano stati condotti di sotto, al terzo livello, in una sezione off limits per tutti, persino per gli uomini di Arios, Escol domandò se vi fossero volontari per andare a controllare. Venti nani prontamente ripresero in mano i picconi e si unirono alla compagnia, mentre agli altri, guidati da Nanàin, risalirono in superficie obbedendo al comando di Escol. Il giovane guerriero disse chiaramente al vecchio nano quello che già aveva dichiarato di sopra ad Eofaulf ed Alarien: se le cose si fossero messe male, dovevano voltare le spalle e fuggire sulla collina, con o senza di loro o nani al seguito. Dovevano sopravvivere e raggiungere le loro famiglie o il loro sacrificio sarebbe stato vano. Nanàin non pareva troppo convinto, ma obbedì comunque agli ordini del figlio del Duca. Prima di farlo però gli rivelò un dettaglio che fece rabbrividire il giovane guerriero: nessuno dei nani che erano stati condotti al terzo livello era mai tornato indietro! Per il popolo basso, finire laggiù era come subire una condanna a morte. Escol sospirò e sguainò con coraggio Enwel, invitando chiunque non fosse convinto ad andare con lui nelle viscere della montagna, a seguire i sessanta malconci nani che lentamente sarebbero risaliti in superficie. Ovviamente nessuno abbandonò il suo fianco, così Escol imboccò senza aggiungere una parola la via per raggiungere il terzo livello delle miniere. Il condotto era stato scavato nella roccia molto più approssimativamente rispetto al resto della miniera, segno inequivocabile che era stato creato dai nani molto più di recente e terminava in una gigantesca, mastodontica caverna. Essa era talmente grande che poteva tranquillamente contenere una piccola città al suo interno. All'inizio Escol pensò al peggio, temendo che una gargantuesca creatura, forse una viverna o peggio, un drago, potesse aver fatto di questo luogo la sua tana, ma qui sotto c’era solo un enorme albero frondoso! Quando lo vide, Krispin trasalì: i suoi occhi erano quasi diventati del tutto bianchi, consumati come il resto del suo corpo. I rami dell’albero toccavano l’altissimo soffitto e le sue radici si inoltravano prepotentemente nel terreno per metri e metri. Escol si voltò verso il mago, che balbettando riuscì solo a dire che si trattava di un Nemeton: gli alberi incantati, da cui gli elfi traevano la loro magia! La sua circonferenza era ampia come venti uomini che si tenevano per mano in cerchio. Tuttavia non era quella la cosa più sconcertante: un elfo semi decomposto giaceva come assorbito all’interno della sua corteccia e quando il figlio del Duca, sconcertato come rare volte in vita sua, si avvicinò per osservarlo meglio, scoprì che si trattava di Helix, nientemeno che il figlio scomparso di Eledras! Istintivamente Escol fece un passo indietro per lo stupore e lo sdegno, mentre Krispin addirittura annaspò per respirare: quell’albero miracoloso era stato maledetto, corrotto da qualcuno così malvagio e potente, che in pochissimi su Eord avrebbero potuto solamente sperare di purificarlo da quell’oscurità esacerbante. Di certo non lui. Incredibilmente Helix aprì lentamente gli occhi e quando parlò, Escol rabbrividì nel profondo della sua anima e a quel punto tutto gli fu chiaro: “Ci rivediamo finalmente, Escol di Berge.” Disse una voce profonda e cavernosa. Una voce che Escol conosceva molto bene, perché era la voce dell’imperatore maledetto! Lui e i suoi amici avevano appena scoperto una delle fonti del suo immenso potere e compreso il vero motivo per cui una sua intera coorte era stata dislocata qui solo per proteggere la zona. Il figlio del Duca, assolutamente sorpreso da questa rivelazione, cercò di tenere botta ad Arios, che però non sembrava avesse intenzione di minacciarlo od ucciderlo. Anzi. Sembrava volesse piuttosto convertirlo alla sua oscura e tetra volontà, sfruttando subdole leve emotive, come quella di suo padre, ancora tenuto in catene nelle sue segrete, ed Hilda, anche lei prigioniera in un luogo senza tempo, ed ancora in vita solo grazie all’elementale del fuoco che la proteggeva. Tuttavia Escol non cedette alle malcelate lusinghe di Arios, anzi si oppose fermamente a qualunque possibile conciliazione tra di loro. A quel punto l’imperatore commentò che allora sarebbe stato sufficiente che lui si fosse tenuto lontano dai suoi affari, per far sì che Egli avrebbe fatto altrettanto. Escol ribatté che non desiderava affatto uno scontro diretto: troppa gente l’aveva tradito l’ultima volta che ci aveva provato, ed aveva perso ogni cosa, pertanto non avrebbe fatto più lo stesso errore, ma di certo non sarebbe rimasto in disparte ad osservare le sue malefatte. Avrebbe vigilato sui suoi loschi e malvagi affari, pronto a sabotarne gli intenti ogni volta che avesse potuto. Prendendone atto, Arios concluse quella breve chiacchierata sentenziando che se lui non fosse diventato generale delle sue legioni e se non aveva intenzione di ritrarre i remi in barca, suo padre non gli sarebbe servito più a nulla, tantomeno Hilda, che non poteva sperare di rimanere in eterno nelle grazie dell’elementale. Fu però l’ultima cosa che l’imperatore riferì per bocca di Helix a far trasalire Escol: egli gli disse che la mezzelfa portava in grembo suo figlio! Di fatto, il nuovo primogenito della famiglia Mohdi! Visti i presupposti, diventava dunque imperativo per lui uccidere Hilda e suo figlio. L’elfo tornò a chiudere gli occhi e a rintanarsi nell’albero, lasciando Escol senza parole per diversi minuti. Il giovane guerriero avrebbe preferito una coltellata che una notizia del genere. All’inizio egli non credette alle parole di Arios, ma poi cambiò idea. Perché mentirgli infatti? Questa rivelazione spiegava inoltre tante cose, tra cui le due visioni che aveva avuto alcuni giorni prima. Visioni di lui che combatteva Arios, insieme ad Enwel e Hilda e di un’altra persona che lo faceva invece al posto suo, sempre spalleggiato dalle due donne, ma che sembravano molto più in là con gli anni. Escol iniziò a pensare che potesse trattarsi proprio di suo figlio non ancora nato. Una cosa davvero pazzesca! Il figlio del Duca fu riportato alla realtà dalle flebili parole di Krispin. Il mago sosteneva che con un albero di Nemeton così vicino a lui, anche se corrotto forse irreparabilmente, avrebbe potuto aprire un secondo portale. Egli avrebbe utilizzato solo una piccolissima parte del suo potere, una che Arios non aveva ancora depravato: la cosa era pericolosa, ma possibile. Intravedendo una via d’uscita, Escol non ci pensò su due volte: ordinò a Stee di andare a richiamare tutti in superficie e di fare in fretta, poi assistette l’elfo nell’evocare un nuovo portale nella caverna. Dopo pochi minuti il mezzelfo fece ritorno, portando con sé i nani, Eofaulf ed Alarien, ma anche cattive notizie: l’accampamento era in fibrillazione e presto sarebbero arrivati qui sotto sciami di legionari e mercenari malintenzionati. Escol iniziò ad urlare ai nani di varcare il portale e quando anche l’ultimo di loro passò dall’altra parte, invitò i suoi amici ad andare con loro. Anche se riluttanti, essi obbedirono. Rimasero nella caverna solo lui e Krispin. Il mago sembrava consumato, incapace di muoversi, stremato, ma Escol non voleva abbandonarlo, nemmeno quando i primi soldati dell’imperatore maledetto fecero capolino nella caverna. L’elfo gli fece segno di non perdere tempo con lui e di fuggire via, oltre il varco ancora aperto ma sempre più tentennante. Il figlio del Duca non avrebbe però mai lasciato indietro un compagno, pertanto, sfidando la sorte, lo prese in braccio e proprio quando Krispin staccò la mano dall’albero, proprio un attimo prima che il mistico passaggio si chiudesse, saltò oltre e riuscì a portarlo con sé al rifugio. Quando Escol mise piede nell’avamposto, con gli occhi di tutti addosso e portando seco il corpo esanime di Krispin, piangeva disperato. Il coraggio dell’elfo aveva salvato la compagnia e i nani, ma lui aveva perso un amico valoroso quel giorno e questo non riusciva proprio a sopportarlo.
Capitolo 6 - Un oscuro segreto custodito nelle miniere.
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- Scritto da Jack Warren
- Categoria: Eord
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