Escol salutò Wizimir, ed entrambi si ritirarono dalla sala del Tempio ove il “Fondatore” giaceva dormiente. Enwel, o colei che era chiamata semplicemente “l’eletta”, rimaneva con lui ad accudirlo, anche se sarebbe stato meglio dire: “ad osservarlo”, tra l’altro quasi meccanicamente, come se quella di prendersi cura di lui fosse l’unica preoccupazione che dovesse avere in vita sua. Il figlio del Duca si rattristò per l’infausto destino toccato alla sua amata: il suo corpo era costretto a servire un vecchio fino alla sua dipartita, mentre il suo spirito lottava e soffriva per proteggerlo dall’incantesimo di Arios. Incantesimo che nessuno, nemmeno il “Fondatore” stesso, sarebbe mai riuscito a rimuovere. La morte gravava costantemente sulla testa del giovane Berge, ed Enwel, la sua Enwel, non lo avrebbe mai abbandonato: nemmeno per servire i Paradine come nuovo “Fondatore”! Ecco perché doveva trovare in fretta una soluzione a quell’enigma: Lucas infatti non avrebbe resistito per molto altro tempo ancora e Eord aveva bisogno di un nuovo protettore. Soprattutto adesso, dopo che aveva operato l’incantesimo che aveva restituito al “legame indissolubile” la sua forma originale, l’anziano “Primo Imperatore” era prossimo alla fine. Sospirando, il giovane guerriero uscì a grandi passi dalla stanza e si recò da Volker con idee assolutamente chiare in testa. Prima avrebbe salvato la famiglia di Slanter e prima avrebbe potuto dedicarsi a problemi di più vasta entità come quello! Il comandante in capo dei soldati elfici del Tempio, stava per fortuna già organizzando questa missione di salvataggio. Aveva affidato il raid alle abili ed esperti mani del capitano Krispin, ed aveva individuato in dieci unità il numero giusto di guerrieri elfici per raggiungere l’obiettivo. Escol stava già parlando con i suoi compagni per stabilire un piano alternativo, ma Alarien gli fece giustamente notare che sarebbe stato più corretto discuterne prima con colui che prendeva le decisioni in questo posto. Non sarebbe stato cortese fare altrimenti. Escol le sorrise ed annuì. Quindi si inchinò leggermente a Volker, seduto su uno scranno che poteva assomigliare vagamente ad un trono, e domandò se potesse concedergli l’onore di occuparsi di questa faccenda. Gli elfi avevano già mille problemi, per difendersi e proteggere contemporaneamente tutti i rifugiati. Non serviva dunque privarsi di soldati validi, molto più utili qui, tra le mura amiche: sarebbe andato lui insieme ai suoi compagni a risolvere il problema. Volker gli domandò chi aveva pensato di inserire nella sua squadra, ed Escol mostrò con la mano Eofaulf, Alarien, Slanter, Stee e poi azzardò a chiedergli se potesse aggiungere a questo piccolo gruppo anche un chierico, in grado di curare ferite che sicuramente avrebbero subito durante il viaggio e nella permanenza nelle miniere. Volker si rivolse al generale Stee, chiedendogli se fosse vero che sarebbe andato in missione con il Duca di Berge (così l’elfo definì Escol), ad aiutarlo in questa impresa e quando vide che il mezzelfo annuiva solennemente, affermò che allora la loro compagnia sarebbe stata anche in eccedenza, numericamente parlando. Il figlio del Duca sorrise, ringraziando il comandante per l’interessamento. Volker annuì di rimando, ed indicò in Krispin un valido elemento per poter ideare un piano funzionale e vincente. La sua conoscenza del territorio infatti sarebbe risultata molto utile per evitare eventuali pericoli inaspettati lungo il percorso, inoltre Krispin aveva un asso nella manica: era un chierico dei Paradine piuttosto famoso in questa Enclave! Escol dunque lo accolse con gioia nella sua squadra e il gruppo si diresse immediatamente nella sala tattica con la benedizione del comandante del Tempio. Questa camera era piuttosto grande, piena di libri, credenze e scaffali, con due lunghi tavoli di legno di quercia e molte sedie che li circondavano. Sui tavoli erano sparsi alla rinfusa decine di libri e mappe della zona circostante. Slanter schioccò le labbra e disse all’improvviso: “Signori, conosco perfettamente la zona delle miniere, non c’è bisogno di perdere tempo con le scartoffie: i miei nonni hanno lavorato lì per decenni. Non ci saranno problemi, una volta dentro, per liberare la mia famiglia…” Krispin alzò la mano destra e interruppe immediatamente il nano. Spiegò subito che la missione non aveva come scopo soltanto liberare i suoi cari, ma tutti i nani della miniera! C’era sufficiente spazio qui, nell’Enclave, per accoglierli tutti quanti. Egli però aggiunse anche che un’intera coorte di legionari era stanziata lì, a protezione di quella cava, ricca d’oro e d’argento. Circa cinquecento soldati in totale, più un altro centinaio di mercenari che si occupavano di “spronare” al meglio i minatori. Tutto questo dispiegamento di forze per difendere quello che all’apparenza era solo un giacimento di risorse naturali. Pareva strano, se non si conosceva la ben celata verità. Quella miniera era infatti considerata fondamentale per l’impero! Certamente per le sue risorse naturali, ma anche per qualche altra cosa, che però nessuno dei suoi scout, nel corso dei decenni, era mai riuscito a scoprire. Un aspetto pareva chiaro però a tutti: un impiego di risorse così numerose, in termini di uomini e mezzi, era quantomeno sospetto. Escol si grattava la barba pensieroso. Poi domandò a Krispin come intendeva salvare centocinquanta nani, farli uscire incolumi dalla cava e scortarli all’Enclave senza farsi notare? L’elfo sogghignò, poi mostrò un ciondolo che portava al collo. Spiegò che, grazie a potenti maghi elfi, era stato forgiato questo artefatto in grado di aprire un portale per questo luogo. Una volta radunati i nani, sarebbe stato sufficiente “risvegliare” il medaglione, che avrebbe permesso agli stregoni di aprire da qui il varco necessario per portare tutti al sicuro nel Tempio. Escol inarcò un sopracciglio. “Interessante… ed ingegnoso…” Pensò tra sé. Ancora una volta gli elfi avevano dato prova di quanto fossero illuminati e compassionevoli verso le altre razze: erano davvero una benedizione per Eord! Tuttavia Slanter iniziò a bofonchiare tra sé qualcosa, ed Escol lo invitò a parlare, qualora ci fosse qualcosa che non gli quadrava in questo piano. “E’ molto semplice ragazzo: la miniera è situata in una vallata molto ampia, chiusa per due terzi dalle montagne. Si può accedere ad essa solo tramite una gola, una strettoia, battuta centimetro per centimetro dai legionari imperiali. Anche ammesso che riuscissimo a svicolare oltre, in qualche modo miracoloso, dovremmo poi attraversare l’enorme accampamento dei soldati di Arios, evitando contemporaneamente la piccola cittadella che i mercenari hanno ricostruito qui qualche lustro fa…” Cittadella? Quale cittadella? Il nano spiegò che questo territorio un tempo aveva ospitato diverse cittadine o cittadelle naniche. Con l’avvento di Arios e il suo odio feroce nei confronti di elfi e nani, essendo state costruite senza mura di cinta, esse erano state tutte spazzate via. Cancellate dalla sua furia distruttiva. Una di queste si trovava proprio nei pressi di quella miniera. I mercenari, con il passare degli anni, sfruttarono i profitti imperiali, ottenuti per occuparsi in maniera crudelmente impeccabile degli schiavi minatori, per sistemare questo posto, ricostruendolo dalle antiche fondamenta e rendendolo un vero centro operativo delle loro forze sul campo. La compagnia si guardò un po’ spaesata. In effetti pareva difficile l’approccio diretto all’entrata della miniera, anche se dotati di armature imperiali. Sarebbero dovuti passare attraverso troppi controlli, che sarebbero certamente capitati per passare oltre i numerosi chilometri tra l’accampamento e le costruzioni nemiche. Eppure dovevano trovare un modo per riuscirci, ma come? “In effetti… in effetti un’altra via ci sarebbe, ma preferirei mille volte tentare la strada diretta, piuttosto che gettarmi dentro la fossa dei leoni…” Tutti si voltarono a guardare di nuovo il nano. Slanter fece spallucce, poi disse: “C’è un passaggio poco al di qua della gola. Un passaggio che tutti i nani che vivono o che hanno vissuto in questi territori conoscono bene. Fin da bambini, i nostri genitori ci minacciavano di portarci lì dentro, se non facevamo i buoni e mangiavamo tutto il nostro cibo…” Slanter sospirò, il suo sguardo era diventato implorante, come a voler dire: vi prego di là no! Il figlio del Duca gli sorrise e gli disse che non c’era niente che lui poteva temere, dopo aver affrontato l’imperatore in persona. Per cui doveva solo stare calmo e avere fede nei suoi compagni. Poco convinto e rinfrancato dalle rassicurazioni del giovane guerriero, il nano continuò: “Se arriveremo incolumi alla gola, riusciremo ad entrare nel passaggio senza problemi. Tuttavia io non conosco cosa ci aspetterà lì dentro. Molti nani, nel corso degli anni, hanno tentato di esplorarlo, ma nessuno è mai tornato a raccontare la propria esperienza. Siete sicuri che sia questa la scelta migliore?” La compagnia tornò a guardarsi negli occhi. Poi Eofaulf rispose: “Non so se è la scelta migliore, Slanter, ma di sicuro per adesso è l’unica possibile!” Il nano annuì, anche se Alarien avrebbe giurato che un brivido lo avesse scosso da testa a piedi. Dunque lo scout terminò di parlare, mettendo il dito sulla mappa nel punto dove probabilmente sarebbero usciti se avessero imboccato quel condotto. A occhio e croce, nemmeno cento metri dall’entrata della miniera. Superare le due guardie e la quindicina di schiavisti presenti nella cava, non sarebbe stato un problema per una compagnia che contava uno come Stee tra le sue fila. A quel punto sarebbero penetrati all’interno, avrebbero raggruppato nell’area più ampia più nani possibile e con il teletrasporto di Krispin li avrebbero condotti in salvo, dando contemporaneamente una battuta d’arresto pesante alle risorse imperiali! Escol annuì e sciolse subito dopo quella proficua riunione tattica. Il giovane Nordhmenn rimase ancora, immobile al centro della stanza, per altri pochi minuti, riflettendo attentamente sulla questione. Fissava la mappa assorto, come alienato. C’era una voce dentro di lui che gli suggeriva che ciò che nascondeva quel pericoloso passaggio dietro la gola, fosse strettamente legato a quello che la cava segretamente “produceva” per l’imperatore e che evidentemente egli bramava più dell’oro e dell’argento stessi. Forse doveva provare a parlare con Lucas prima di partire: d’altronde egli era un essere antico. Forse conosceva quella risposta. Poi si guardò meglio addosso e decise che era venuto il momento di darsi prima una ripulita e una sistemata. Adesso era il momento di posare il forcone e tornare a maneggiare la spada!