Escol preferì spostare la conversazione su Elwen. Se le cose si fossero messe male con i suoi interlocutori, voleva uscire da quella camera con delle risposte esaustive sull’argomento che maggiormente gli stava a cuore. Chi era dunque davvero quell’elfa, che si preoccupava di servire in maniera così accurata il “Fondatore”? Lucas sorrise amaro, ed indicò il petto deforme del ragazzo. “Lei… lei è Elwen, giovane Nordhmenn. Ma allo stesso tempo non lo è.” Il figlio del Duca assottigliò pericolosamente lo sguardo, invitando il vecchio ad essere più chiaro di così. Molto più chiaro. Wizimir, che ben lo conosceva, sapeva come l’amico tendeva ad infiammarsi sempre parecchio sulle questioni a cui teneva di più, pertanto si affrettò ad intervenire. “Il “Fondatore” sta morendo, Escol. Non è più in grado di realizzare la volontà dei Paradine come vorrebbe. Ha trovato in Enwel il suo successore fin da quando era bambina. Da decenni la osserva, incontrandola nei suoi sogni, preparandola al ruolo a cui è da sempre destinata. Ad essere un suo degno sostituto. Purtroppo, come sai bene, ella morì per salvarti e per proteggerti. Vedi, un “eletto” non è qualcuno che si può trovare facilmente. Lucas ci ha messo secoli a scovarne uno. Inizialmente aveva pensato ad Arios, più di cento anni fa, per questo ha rischiato ogni cosa per lui, per poi fallire miseramente.” Le parole implacabili del mago, arrivarono al cuore del “Primo Imperatore" come tanti pugnali affilati. Il giovane guerriero si alzò lentamente. I pugni stretti fino a sbiancare le nocche. Ora era davvero stufo: qualcuno doveva dirgli la verità, senza girarci troppo intorno! “Ho visto la sua morte, Escol e la sua tomba, dove tu l’avevi seppellita! Attraverso la magia ho recuperato il suo corpo e l’ho trasportato qui da me. Poi ho riacceso la scintilla della vita in lei, ma la sua anima giace nel gioiello che è incastonato nel tuo petto e lei non accetterà mai di separarsi da te. Mai.” Terminò Lucas, affranto. Escol sprofondò nella sedia disperato. Mille pensieri iniziarono ad affacciarsi nella sua mente, scuotendolo dalle fondamenta e angosciandolo fino a fargli salire la bile in bocca. Perchè diavolo quel vecchio non aveva recuperato anche il corpo di Kail allora? Chi c’era per Eord più importante di lui? Wizimir, intuendo i suoi pensieri, sentenziò: “Non farti il sangue amaro su cose e procedimenti che non conosci, amico mio. So a cosa stai pensando, ma la magia, anche la più potente, non può sovvertire le leggi della natura. Si può intervenire, certo, ma nei tempi e nei modi giusti. Kail è morto, Eledras è morto e anche Atreus è morto. Elwen aveva perso la sua scorza mortale, ma la sua anima, il suo spirito era ancora con te. Inoltre è un’elfa e il suo corpo non subisce degrado come nel caso dei mortali. Ella giace adesso come sospesa tra la vita e la morte, rimanendo contemporaneamente nel regno degli spiriti, ma anche qui, sul piano mortale attraverso di te. Tuttavia non sarà mai più un tutt'uno, se il suo spirito non viene riunito nel suo corpo. E lei non accetterà mai di lasciarti. Non senza la certezza che tu sia in salvo e al sicuro.” Escol implorò entrambi i maghi di restituire il “legame indissolubile” ad Enwel, di ridarle la sua integrità, ma entrambi ribadirono più volte come questa doveva essere prima di tutto una sua scelta. Questa cosa non poteva essere fatta senza il suo consenso. Escol non sapeva se esserne felice o addolorato. Da una parte gioiva perché Enwel era ancora viva, dall’altra però era triste, perché ella non poteva condividere i suoi sentimenti. Non fino a quando avrebbe portato con sé il suo “dono”. Tuttavia una cosa poteva essere fatta e Lucas volle realizzarla subito, anche a costo della vita: riparare il danno che Arios aveva fatto e tirar fuori “il legame indissolubile” dal corpo del giovane Berge! Wizimir tentò di dissuadere il vecchio, ma egli restò irremovibile su questo punto. Si concentrò e pian piano la sua magia fuoriuscì luminosa dal suo corpo rattrappito, avvolgendo il figlio del Duca come un bozzolo di luce. Quando pian piano essa sopì fino a scomparire, il ciondolo di Enwel era di nuovo al suo collo. L’escrescenza che aveva sul petto era sparita! Escol dovette dar prova a tutti i suoi famosi riflessi, per evitare che l’anziano “Fondatore” crollasse a terra esanime. Poi, con dolcezza riuscì a stenderlo sul suo feretro. Wizimir si sincerò che fosse ancora in vita ed annuì: il “Fondatore” era vivo, ma ora doveva riposare. Enwel arrivò di corsa nella stanza, prendendosi immediatamente cura dell’anziano. Escol non le disse nulla: meglio lasciare le cose come stavano per ora. Il giovane guerriero e Wizimir si allontanarono di qualche passo, lasciando spazio di manovra all’elfa. A questo punto i due terminarono la conversazione parlando dei progetti futuri dell’Ordine e di ciò che rimaneva della resistenza. Il mago poggiò una mano sulla spalla dell’amico, dicendo che sapeva bene che egli non voleva tornare in azione. Perlomeno non affrontando direttamente Arios. Anche perchè, Escol aggiunse che lui non era certo un Mohdi e che quindi l’incantesimo che aveva segnato la linea di successione del “Primo Imperatore”, quella che avrebbe concesso ai suoi eredi diretti la possibilità di ucciderlo, non poteva essere esteso a lui. Lui era un Berge! Wizimir schioccò le labbra e la sua faccia pareva tutto un programma di amarezze e scuse insieme. Escol sospirò, chiuse gli occhi, allargò le braccia, ed esclamò esasperato: “Cos’è che dovrei sapere adesso, che non conoscevo fino a cinque secondi fa?” Le braccia si chiusero sui fianchi, lo sguardo si fece truce e il giovane guerriero spronò l’amico ad essere sincero con lui. Wizimir sollevò fieramente il capo e disse: “Tua madre è morta di parto, Escol…” Il giovane guerriero lo guardò tra il serio e il faceto. Questo lo sapeva bene. E quindi? “E con lei anche il suo bambino…” Il figlio del Duca sgranò gli occhi, fece un passo indietro e dovette reggersi alla sedia per non finire per terra. “Andreas Mohdi era una grande guerriero, ma prima di sposarsi, anche un donnaiolo rinomato. Durante le numerose feste a palazzo, erano in molte le donne corteggiate da lui che finivano nel suo letto. Una di esse, Lady Thilda Frodridotr rimase incinta. Incinta di te, mio giovane amico.” Il ragazzo stentava quasi a respirare: guardava attonito il mago, che continuava a parlare implacabile e privo di alcuna accortezza espressiva. Sapeva che non stava scherzando: Wizimir non ne era nemmeno capace.Un conato di vomito gli salì all’improvviso dallo stomaco che quasi lo soffocò. “Ovviamente Andreas ti considerava una benedizione, ma tua madre, che era anche lei una nobile, preferì darti in adozione al Duca di Berge. La ragione è semplice: in questo modo tu saresti cresciuto in una famiglia cadetta dei Mohdi, Helmaer sarebbe finalmente guarito dalla disperazione sopraggiunta dopo la morte di sua moglie e suo figlio e l’Ordine avrebbe avuto una freccia in più al suo arco, se le cose fossero andate male con Kail.” “Ecco perchè sentivo quel legame così forte ed inspiegabile con lui: perché Kail era il mio fratellastro!” Rifletté tra sé Escol, folgorato da questo improvviso pensiero! Tuttavia c’era ancora qualcosa che non quadrava. Se solo i primogeniti avevano la medicina giusta nel loro sangue per uccidere Arios, perchè sacrificare Kail? Egli non era il primogenito. Poi Escol capì da solo il motivo e la sua reazione non fu affatto piacevole. Wizimir dovette reggersi allo schienale della sedia per evitare la sbracciata furibonda dell’amico! Chiunque fosse stato degno, avrebbe potuto impugnare il pugnale di Cardras e Kail era certamente degno. Inoltre era di sangue reale: il primo in linea di successione ufficiale della casata Mohdi, figlio legittimo, venuto al mondo davanti ad un giuramento diretto rivolto ai Paradine di Andreas e di sua moglie Ingeg Eidikrdotr Sarebbero bastate queste credenziali per uccidere Arios? Probabilmente si. Nessuna creatura “generata” poteva sopravvivere al pugnale di Cardras, in ogni caso. Kail o non Kail, primogenito o non primogenito. Ora però il coltello era nelle mani di Arios e la possibilità di usarlo di nuovo era definitivamente sfumata. Quindi che sarebbe successo, per l’appunto, se il piano originale fosse fallito? Se Kail fosse morto e il pugnale non più utilizzabile? Eord non avrebbe avuto più eredi Mohdi, né armi adatte per uccidere l’imperatore maledetto. In questo modo, nascondendo a tutti che in realtà ce n’era segretamente un altro in giro, il futuro dell’impero e forse del mondo intero avrebbe ancora avuto speranza. A questo punto, ecco che cosa avrebbe dovuto fare dunque, quello che si aspettavano che lui facesse adesso: liberare l’elementale del fuoco dalla sua prigione, farsi dire dove poter recuperare la spada oscura e, con essa in mano, mettere su un nuovo piano per ammazzare Arios! Sarebbe bastato per ucciderlo? La spada sicuramente avrebbe svolto il suo compito, ma in Escol c’era sufficiente sangue puro per dargli questa possibilità? Per concedergli questa occasione? Probabilmente si. Egli era un figlio illegittimo, nessun giuramento aveva visto l’approvazione dei Paradine sulla sua venuta al mondo, ma restava sempre il “vero primogenito” e questo doveva pur valere qualcosa. Il giovane Nordhemenn tornò a sedere, così come fece Wizimir, che tacque e attese che l’amico si calmasse e si riprendesse dalle rivelazioni sconvolgenti di cui era stato latore. Dopo alcuni minuti, il ragazzo si alzò di nuovo e disse allo stregone ciò che avrebbe fatto per i suoi amici e per Eord, ma pretendeva che nessuno osasse chiedergli di più, perché l’avrebbero messo nella spiacevole situazione di negargli il suo aiuto. Per prima cosa avrebbe liberato la famiglia del nano. Poi avrebbe salvato sia suo padre che Hilda. Quindi avrebbe recuperato la spada forgiata dagli Wraith, ma non avrebbe affrontato con essa l’imperatore. Infine avrebbe restituito il ciondolo ad Enwel e lei, come tutti gli altri, avrebbe dovuto accettare la sua decisione di ritirarsi dalla scena e il dono della completezza che le veniva restituito. Non ci sarebbe stato niente e nessuno che gli avrebbe fatto cambiare idea, nemmeno Enwel stessa, poiché se non avesse potuto passare la sua vita assieme all’elfa, sarebbe rimasto allora con la sua famiglia adottiva. E questo era tutto: prendere o lasciare. Il figlio del Duca si inchinò a tutti i presenti e lasciò poi la sala. Tosto, trovò il comandante dei soldati del Tempio, che stava già organizzando una spedizione di salvataggio per i congiunti di Slanter, ma Escol lo fermò subito: sarebbe andato lui, con un piccolo gruppo di sua scelta. I nomi erano i soliti: Eofaulf, Alarien, Stee Aldor, Slanter e un chierico, se fosse stato possibile. Wizimir purtroppo non avrebbe potuto seguirlo, ma il mago gli fece dono di un’altra pietra nera, con la quale poterlo contattare nei momenti più difficili. Di nuovo sembrava tornata la speranza, vedendo il “Terrore d’Argento” all’opera, tornare a dare ordini e disposizioni ai suoi compagni, ma chi conosceva bene il giovane Berge sapeva che non era così. Egli era un uomo diverso adesso. Tormentato, diviso, logorato da migliaia di morti che aveva sulla coscienza. Su tutti quella di Kail, suo fratello minore, morto forse inutilmente per inseguire una visione, un sogno o forse un’ossessione che durava da più di un secolo: la morte dell’imperatore! Tuttavia Escol non la pensava più come loro. Arios gravava come un’ombra oscura su Eord, ma dov’era finita la sua luce? La sua parte luminosa? Era morta oppure no? Forse non era necessario uccidere l’imperatore, forse poteva essere ancora salvato. In fondo, anch’egli era una vittima. Una vittima della paura. Dal canto suo, Escol avrebbe fatto ciò che poteva, per i suoi amici e per coloro che l’avevano salvato, ma non avrebbe affrontato di nuovo l’imperatore maledetto. Non perché non avesse il coraggio di farlo, ma perché non era più sicuro che fosse la cosa giusta da fare.