Estellen si aggrappava a Stuard con tutta la sua forza, tanto da conficcargli le unghie nella pelle. I suoi occhi violetti erano fissi e sbarrati e non riusciva a prendere fiato, a mettere un respiro dietro l’altro. Il giovane cavaliere era molto preoccupato nel vederla in quel modo, solo un’altra volta l’aveva vista cosi provata e atterrita: sul ciglio d’entrata per l’abisso, quando la malvagia Takhisis stava punendo l’arroganza di Dracart! Era come se l’oscurità, che si stava lentamente abbassando dal cielo verso il suolo, la stesse schiacciando, premendole sulla cassa toracica e spezzandole il fiato.
Stuard guardò Kail speranzoso, come se si aspettasse qualche intervento provvidenziale da parte del mezzelfo, ma Kail scrutava tra le nubi in alto, dentro l’oscurità e attraverso i baluginii rosati che intravedeva tra le pieghe dei densi cirri sfaccettati di volute d’inchiostro, poi indicò il ponte della nave, richiamando l’attenzione dell’amico cavaliere.
Un uomo imponente, che indossava un’armatura di nere piastre dall’aspetto piuttosto spaventoso e un minaccioso elmo cornuto, fece capolino su una delle passerelle sopra il ponte della nave. Sembrava fosse l’assoluto dominatore di ogni cosa sotto di lui. Egli teneva le braccia incrociate, dettaglio che gli conferiva un atteggiamento maestoso e al contempo altezzoso, con il vento che muoveva ritmicamente il suo mantello bianco e nero come fosse uno stendardo con sopra impresse insegne di morte.
Stuard aveva paura a lasciare Estellen da sola ed affiancare il compagno: non capiva se era la presenza di quell’uomo ad aver ridotto in quel modo la sua amica o qualcos’altro, qualcosa di molto più inquietante e terribile.
Poi però “Lo” vide e il terrore afferrò il suo spirito in una morsa insieme gelida e indissolubile.
Qualcosa più nero delle nubi oscure si levò sinuoso nel cielo: sembrava addirittura che ingoiasse i bagliori rossastri, che di tanto in tanto esplodevano qua e la, contorcendosi e facendo intravedere l’immensità del suo corpo meraviglioso e terrificante. Delle gigantesche ali membranose spuntavano e sparivano continuamente sotto il pelo delle nuvole, in un ribollire di fumo denso, scuro e cinereo.
Quei pochi attimi in cui i due amici avevano di fatto visto il drago, bastarono per lasciarli spauriti, tremanti e piangenti come bambini disperati. Ci volle tutta la loro forza di volontà per non cedere alla follia.
Soprattutto Stuard dovette combattere strenuamente.
Quando il cavaliere sentì infatti la sua mente andare in pezzi ed il suo cuore cedere alla paura, dovette ritrovare quell’angolo nella sua anima in cui la luce non l’avrebbe mai abbandonato: un angolo d’argento scuro e opaco chiamato Deneva! Aggrappandosi alla sua presa argentina, il giovane riuscì a superare a stento quella terribile prova.
Kail reagì invece diversamente: forse protetto dal suo medaglione maledetto, vedeva quella cosa enorme e sinuosa nel cielo come una bestia crudele e letale. Era ovvio che avesse paura di essa, ma era un timore pratico e non soprannaturale come quello che stava affliggendo i suoi amici. Era molto simile, anche se amplificato mille volte, al timore che avrebbe potuto giustamente provare trovandosi al cospetto di qualche bestia feroce, affamata, ringhiante e a pochi metri da lui.
L’uomo in armatura da guerra diede poi un ultimo sguardo verso gli esseri insignificanti sotto di lui, poi con uno svolazzare del mantello si confuse con l’oscurità e si mosse verso il mostro nero che apparentemente gli stava andando lentamente incontro. Poi entrambi sparirono, inghiottiti dal buio più totale, ma non prima che una sinuosa coda, massiccia più di un enorme tronco di sequoia, sferzasse l’aria in un unico gesto nervoso ed istintivo e si abbattesse su una delle travi non portanti della chiglia della nave, distruggendola in un singolo potentissimo colpo.
Stuard fece scudo con il corpo ad Estellen, proteggendola dai detriti e dalle schegge cadute dal cielo, poi, quando rialzò gli occhi, notò che il drago se n’era andato, così come il suo cavaliere. Anche Kail diede una mano all’amico a rimettere in piedi Estellen, che finalmente stava riacquistando colori ed energie.
La giovane sacerdotessa di Paladine non ebbe dubbi: quell’uomo in armatura che cavalcava un drago nero era proprio Ariakas, l’uomo che avevano incontrato la notte prima! Egli non solo era un guerriero terribile e spietato, ma era anche un servitore potente della dea dalla cinque teste, anzi il più potente di tutti. Estellen lo definì: “il verbo di Takhisis” e le sue parole paralizzarono dalla paura i suoi due attoniti amici. Costui cavalcava un dragone anziano e probabilmente aveva certamente a che fare con la guerra da poco scoppiata su Krynn! Era stato forse il promotore del conflitto, sotto pressione di Takhisis stessa? E quale incredibile pericolo avevano dunque scampato?! Se infatti Lord Ariakas avesse capito fino in fondo la vera natura di Estellen, per loro sarebbero probabilmente stati guai molto seri! Di sicuro in quella circostanza Paladine li aveva protetti.
Comunque, fortunatamente solo in pochi si erano accorti di quanto fosse successo sul ponte della nave, almeno fino al momento in cui uno dei tramezzi era stato distrutto. Anche in quel caso però, ci fossero stati spettatori più attenti, avrebbero pensato a quell’incidente come l’effetto di uno sferzante e distruttivo fulmine, non certo provocato dai movimenti inconsulti della coda di un drago nero!
Il gruppo aveva parecchio su cui riflettere, ma per fortuna Khorkh e i minotauri stavano venendo loro incontro e i nostri eroi tirarono un sospiro di sollievo nel dover procrastinare ad altro momento il dover confrontarsi sull’argomento.
Il giovane minotauro non era affatto contento del ritardo di Kail e dei suoi amici e chiese spiegazioni immediate alla maniera spiccia dei minotauri. Sia Kail che Stuard spiegarono dove li aveva portati le loro indagini e a chi, ma soprattutto descrissero con minuzia gli scempi che venivano perpetrati quotidianamente contro gli elfi e perché. Tuttavia Khorkh non parve impressionato dalle enfatiche parole del cavaliere e quelle aspre del mezzelfo, ribadendo che farsi il sangue amaro adesso non avrebbe avuto alcun senso, visto che la loro missione avrebbe dovuto prevedere la mente sgombra da pensieri lugubri e avversi, per sperare di finire con un esito positivo. Questa nave e i loro loschi e barbari traffici, poteva essere tirata giù solo da un esercito e nemmeno era troppo sicuro di questa soluzione, perché affermò di conoscer molto bene l’animo delle persone senzienti che vivevano su Krynn: ogni razza aveva pregi e difetti, ma l’avidità e la corruzione dei loro capi era un tratto comune di tutte. Forse non sarebbe stato nemmeno possibile formarlo questo famoso esercito. Forse il “Mead” avrebbe corrotto prima i loro cuori o nel migliore dei casi, le loro menti. D’altronde, quando si possedevano così tante risorse, si diventava praticamente inattaccabili!
In ogni caso non era quello il giorno adatto per discuterne o per prendere decisioni definitive in merito. Quello era il giorno per riprendere il viaggio verso il loro destino!
Così Morduk tornò a riunirsi ai nostri eroi, sottolineando che avrebbe fatto le veci del figlio di Thorkh con la dama bianca: l’avrebbe dunque protetta e difesa al prezzo della sua vita.
Quindi salirono tutti sui cavalli e iniziarono a farsi largo in mezzo alla calca. Kail guidava il gruppo con disinvoltura e dopo aver fatto una breve sosta da mastro Dargo e aver ritirato la sua nuovissima armatura di cuoio lavorata a mano, portò entrambi i gruppi in un punto relativamente tranquillo a nord ovest rispetto alla città – nave. Qui le due squadre si salutarono e si allontanarono, ciascuno seguendo il proprio fato.
Khorkh aggiunse soltanto che avrebbe atteso i nostri eroi a Langtree, tra circa due mesi. Lì una nave della sua gente li avrebbe condotti ovunque avessero voluto. Poi girò fieramente il cavallo e puntò verso sud, nel territorio dei sudroni di Qindaras, seguito da presso dalla sua silenziosa scorta.
Gli occhi del secondo gruppo si posarono invece sul mezzelfo che, con la morte nel cuore, guardò un’ultima volta la grande nave, affranto dal pensiero di quanti elfi sarebbero morti nei successivi due mesi. Poi spronò il suo destriero verso nord est, anche lui seguito prontamente dai suoi compagni.