Sia Kail che Aric stavano riposando un po’ al tiepido tepore della forgia appena accesa.
Theros e Flint stavano invece armeggiando con gli stampi e le loro potenti voci baritonali potevano essere udite a decine di metri di distanza. Entrambi i fabbri non stavano più nella pelle per poter finalmente adempiere al loro destino: forgiare le “Dragonlance” e vincere la guerra! Almeno quella era la loro speranza.
Tuttavia c’era ancora una cosa da fare, altrettanto importante, prima di poter concentrare l’attenzione di tutti esclusivamente sul loro lavoro. Di sopra c’era il sangue di Takhisis, per adesso contenuto da quello di Lindaara e pattugliato costantemente da due cavalieri di Solamnia.
Estellen e Stuard stavano parlando con Lord Kanthor e Sir Platus di "questioni logistiche" e nessuno sembrava volesse affrontare il problema: come bisognava procedere per rendere innocua la nefandezza immonda che giaceva e lordava il pavimento della “Galleria Superiore”, un'oscenità che palesava l’essenza stessa della dea oscura? Pareva come se tutti ci pensassero ma nessuno volesse occuparsene, ben sapendo che qualunque scelta fosse stata presa a riguardo avrebbe potuto portare conseguenze terribili al mondo intero. Il sangue di un dio infatti non avrebbe dovuto mai essere presente sul piano materiale: rappresentava una pericolosa contraddizione, che rischiava di compromettere la realtà stessa!
A tutto questo riflettevano Kail ed Aric.
Più volte si erano incrociati con lo sguardo e più volte avevano optato di non prendere anche loro questo argomento. Finché il mago vinse l'imbarazzo, si alzò e si recò tosto dallo scout.
Lo stregone voleva assolutamente approfondire invece un’altra questione che gli stava particolarmente a cuore e che non era affatto sicuro che, una volta risolte le ingerenze nella “Montagna del Drago”, la compagnia gli avrebbe concesso di esaminare. Il tempo sembrava scarseggiare per loro e lui si sentiva come un pesce fuori dall’acqua: non sapeva cosa fare e come farlo, se avesse dovuto rimanere con loro oppure seguire una via diversa. In qualche modo percepiva che la strada da seguire, almeno per lui, risiedeva da qualche parte nella valle, laddove aveva sentito una grande fonte di magia. Pertanto domandò a Kail se avesse tempo per un piccolo giretto ricognitivo, affinché potesse svelare un mistero che probabilmente sarebbe stato utile portare alla luce anche per lui ed i suoi amici. Aric raccontò brevemente di cosa si trattasse e suggerì che forse Lord Kanthor conosceva qualcosa in più riguardo questa "fonte magica" nella valle, che percepiva sotto forma di un intenso formicolio sotto pelle. Il mezzelfo ci pensò sopra qualche secondo, poi annuì: Theros e Flint ne avevano per diverse ore ancora e rimanere fermo senza fare niente proprio non gli andava. Aveva già riposato abbastanza per i suoi gusti e le sue ferite andavano molto meglio, quindi perché non sgranchirsi le gambe ed esplorare un posto unico come “Foghaven Vale?”. Dunque anche Kail si alzò e insieme al mago andarono ad avvertire Estellen e Stuard circa le loro intenzioni.
La sacerdotessa di Paladine, ed il cavaliere, stavano ancora discutendo di logistica con il comandante di “Castle Eastwatch” e non fu difficile per lo scout e il mago ricostruire il senso della loro conversazione. In pratica stavano decidendo come fare per riparare il tratto di corridoio distrutto dal drago bianco, per permettere alle “Dragonlance”, forgiate da Theros e Flint, di essere trasportate al castello e poi imbarcate sulle navi fino all’isola di Sancrist. La strategia più gettonata pareva essere quella di tornare indietro alla base, per poi trascinare sul posto legname e strumenti utili per costruire un ponte di circa trenta metri che agevolasse il passaggio e il trasporto delle lance.
L’alternativa sarebbe stata trovare un’altra via e quello che Aric aveva in mente era proprio capire se ce ne fosse stata una. Quindi domandò scusa per intromettersi brutalmente nella conversazione e chiese a Lord Kanthor se fosse a conoscenza se, poco distante alla “Tomba di Huma”, sorgesse una qualche “fonte magica” di sorta. Il cavaliere scosse la testa, asserendo che “Foghaven Vale”, secondo i suoi registri, era sempre stato un luogo di pellegrinaggio e di preghiera, soprattutto dalla “Terza Guerra dei Draghi” in poi. L’unica altra costruzione che c’era nella valle era l’avamposto che un tempo ospitava i pellegrini venuti a visitare le meraviglie della “Tomba di Huma” e della “Montagna del Drago”. Tuttavia sottolineò subito il fatto che, dopo l’avvento del “Cataclisma”, era rimasto ben poco di quella costruzione. I pochi esploratori che l’avevano ispezionata negli anni, avevano trovato solo ruderi immersi nella nebbia più fitta. Se ci fosse stata poi una "fonte di magia", nessuno di loro aveva avuto le competenze per poterla rilevare.
Aric annuì, poi si voltò verso Estellen e Stuard, riferendo la sua volontà di andare comunque a dare un’occhiata. Si trattava infatti di pochi chilometri verso ovest e, se loro fossero stati d’accordo, avrebbe portato il mezzelfo con sé, per non rischiare di perdersi. Estellen lo osservò attentamente, poi annuì, raccomandandosi però di non fare il passo più lungo della gamba. Lei e Stuard avevano da fare ora e sarebbero rimasti alla “Montagna del Drago”, quindi andava bene esplorare eventuali altre vie di fuga, ma senza esporsi troppo. Dettaglio tra l’altro che Stuard rimarcò con molta più enfasi, poco dopo che la portavoce di Paladine era tornata accanto a lord Kanthor. Dunque Kail si sitemò meglio lo zaino in spalla e anticipò lo stregone sulla scala che portava al piano di sopra.
Il condotto d’uscita spiccava evidente su questo livello e per fortuna il mezzelfo lo aveva già esplorato ore prima.
“Shirak!”
Esclamò il mago, prima che lo scout potesse prendere una delle torce dal suo equipaggiamento. Una calda luce divampò dal teschio del bastone, illuminando così il percorso da seguire.
Lungo il corridoio, i due presero a parlare un po’, anche per conoscersi meglio.
Kail sottolineò ad Aric quanto quel bastone gli ricordasse la maledizione che gravava sulla sua testa, a causa del medaglione oscuro che la madre gli aveva donato quando era un infante. Aric annuì, ben conoscendo il pesante rischio che stava correndo a passare troppo tempo con quell’artefatto cosi malvagio. Sapeva bene che esso avrebbe potuto contaminarlo e corrompere la sua anima, ma non aveva altra scelta adesso. Qualcuno, probabilmente un "cronomante", lo aveva assegnato a lui, come si arguiva dal suo nome scritto in bella mostra sull’impugnatura e qualcosa gli suggeriva che, lasciarselo dietro alle spalle, avrebbe potuto causare la sua dipartita prematura, visti i nemici che lo volevano morto o perlomeno fuori dal gioco. A qualunque gioco si stesse giocando e chi fossero i giocatori coinvolti.
Kail aggiunse che aveva conosciuto due "cronomanti" in questi ultimi mesi e poteva ben confermare che entrambi quei maghi sapessero molto bene quello che facevano e perché lo stavano facendo. Uno di loro stava riparando il corso degli eventi, compromesso da un “sabotatore”, mentre l’altro era stato richiamato da loro tramite “una clessidra”, per aiutarli a risolvere una faccenda piuttosto spinosa, riguardo fatti non ancora avvenuti, direttamente al consiglio di “Whitestone”. Non poteva giurare che entrambi fossero stati dei “Guardiani”, come Aric li aveva definiti, forse erano “Reietti”, la loro controparte che cercava di modificare gli eventi a quanto sembrava per scopi personali, chi poteva saperlo, ma in ogni caso, quello che era certo, era che erano estremamente determinati a fare la cosa giusta per la loro fazione, come se sapessero che dal loro lavoro dipendeva la sopravvivenza della storia stessa.
Pertanto, anche quel bastone incantato, frutto del dono di un "cronomante", avrebbe svolto un ruolo determinante per il corretto svolgimento degli eventi. Ne era certo. Che ruolo avesse avuto, da quale parte si fosse schierato, probabilmente sarebbe dipeso da lui. Lo stregone annuì nuovamente, anche se poco prima, quella strana ed inquietante staffa, gli aveva comunicato a chiare lettere che non gradiva molto recarsi alle rovine nella valle. Lo stregone gli aveva risposto laconicamente che non era certo un problema suo, ma dentro di sé era stato scosso da un brivido freddo. La volontà di quell’artefatto era davvero potente. Forse troppo potente per lui. Doveva essere cauto.
Kail gli aveva poi mostrato il suo amuleto, ed Aric gli aveva confermato che era un oggetto maledetto e molto potente. Tuttavia, non avvertiva una "malvagità intrinseca" in esso, come per esempio percepiva chiara e distinta nella verga che portava seco. Era piuttosto un manufatto che era stato forgiato appositamente per “contrastare il male con il male”. Una cosa che sembrava perversa, ma che aveva invece un senso e uno scopo ben precisi.
Lo stregone offrì un unico suggerimento valido sull’argomento: scoprire per quale motivo sua madre aveva voluto che lui lo portasse sempre con sé. Quindi, contro cosa era stato pensato avrebbe dovuto combattere e da quale grande malvagità avrebbe dovuto difenderlo. Se non avesse capito questo, sarebbe stato molto probabile che egli si sarebbe perso, soggiogato da una volontà molto più forte della sua. Quindi aveva fatto molto bene a toglierselo dal collo e a tenerlo più lontano possibile dalla sua "aura", poiché era molto probabile che sua madre avesse vincolato quell’oggetto a lui attraverso un “sacrificio di sangue”. Qualunque cosa il mago volesse significare con questa frase, Kail decise di non approfondire l’argomento.
“La conoscenza è potere”.
Questo era il motto dei maghi, a qualunque fazione appartenessero e questo sarebbe dovuto diventare anche il suo “mantra”, almeno finché non avesse posizionato ogni pezzo al suo posto sulla scacchiera. Kail ringraziò dei consigli lo stregone, mentre spalancava il portone di legno e faceva strada nella magnifica valle.
Era mattina molto presto, faceva freddo e la nebbia era parecchio fitta, ma il mezzelfo si muoveva sempre con la consueta destrezza, ed Aric riconobbe che sapeva davvero il fatto suo.
Lungo la strada ripresero a fare conversazione, affrontando questa volta tematiche meno oscure e problematiche delle precedenti.
Infatti Aric domandò a Kail che cosa avesse intenzione di fare una volta fuori dalla valle. Il mezzelfo disse che il suo obiettivo finale e quello dei suoi amici, era quello di giungere a Solanthus, capitale della Solamnia. Lì, Estellen avrebbe dovuto accendere di nuovo il “sacro braciere”, attraverso la “fiamma azzurra” di Mishakal. Quello sarebbe stato il segnale per scatenare il contrattacco: draghi e cavalieri si sarebbero preparati per lo scontro nei cieli e Palanthas avrebbe rappresentato l’abbrivio di una battaglia epica tra il bene e il male. Tuttavia, la strada per arrivare laggiù era ancora molto lunga e piena di pericoli: dovevano attraversare prima le terre dominate dagli orchi e arrivare sani e salvi a Pontigoth, da lì, con una nave che avrebbero dovuto rimediare non si sa bene come, attraversare il “Mare Nuovo” e cercare un approdo sicuro a Port O’Call o nelle vicinanze. Quindi risalire verso la foresta di Darkwood e verificare le condizioni dei due manieri “Uth Braennar e Uth Monnar”, che si sperava fossero ancora in piedi. Quindi deviare verso ovest e fare un’altra tappa veloce in un vecchio podere abbandonato da anni, deviazione necessaria per stretti motivi personali, ed infine arrivare a Solanthus. Tutto questo cercando di rimanere vivi, evitando orchi, goblin, giganti, draghi e chierici oscuri. Insomma, Kail suggerì ad Aric, nemmeno troppo velatamente, di pensarci sopra parecchio prima di decidere di andare con loro. Indubbiamente lo stregone concordò sulla pericolosità estrema del loro piano, ed entrambi convennero di stabilire intanto come fare per uscire dalla valle, dopo avrebbero valutato, magari insieme, cosa fosse stato meglio per loro.
Ad un certo punto Kail si fermò: la nebbia in quel punto era troppo fitta, anche per le sue incredibili abilità da ranger e per la sua straordinaria vista elfica. Quindi tirò fuori una bussola molto strana dallo zaino. Un oggetto che aveva rubato alla torre della stregoneria di Ishtar: d’altronde, a chi sarebbe potuta servire, visto che una montagna di fuoco stava per spazzare via da lì ogni cosa? Sperando che essa non nascondesse un segreto terribile come la “maschera Apoc”, il mezzelfo la agitò davanti agli occhi, cercando di capire come diavolo funzionasse.
Aric gli domandò cosa c’era che non andava e il mezzelfo gli parlò di quell’oggetto. Lo stregone afferrò dunque la bussola, scoprendo in quello stesso momento che si trattava di un artefatto incantato. Dopo alcune brevi domande di rito, tipo dove l’avesse trovata e se sapeva come funzionasse, Aric dedusse che per attivarla fosse necessaria una “parola di potere”. Fortunatamente per entrambi egli era un mago suffieintemente potente per conoscerla.
“Lovlak!”
Esclamò lo stregone, mentre l’oggetto reagiva illuminandosi di una luce arancione. Aric si compiacque per la sua arguzia, ma il sorriso pian piano gli morì tra le labbra quando qualcosa di inaspettato ed orribile stava per accadere davanti ai suoi piedi. Anche Kail se ne accorse e mise subito mano alla magica spada di Silvanos.
Un braccio scheletrico infatti, spuntò lentamente dal terreno, facendosi strada tra terriccio ed erba, come se un morto vivente o uno zombi stesse provando a venire fuori. Lo stregone non riusciva a crederci: come diavolo poteva essere possibile che un non morto si stesse materializzando davanti a lui? In quel posto poi. La “parola di potere” che aveva esclamato, non c’entrava niente con il macabro spettacolo che si stava concretizzando innanzi ai suoi occhi attoniti. Tuttavia, il braccio cadaverico si fermò a mezz’asta, rimanendo immobile e visibile solo fino alla spalla. La mano restava aperta, con il palmo scheletrico rivolto verso l’alto.
Aric fece segno a Kail di aspettare prima di colpire. Pian piano stava capendo che cosa fosse successo. Il bastone doveva aver reagito a quella “parola di potere”, rivelando un sistema di "divinazione" molto più macabro, ma molto simile a quello della bussola che ancora teneva in mano.
Lo stregone si schiarì la gola, fece una passo avanti e domandò al braccio d’ossa dove fossero le rovine. La mano si mosse immediatamente con un suono raccapricciante, fino a posizionare lo scheletrico indice nella direzione richiesta.
Il mago restituì la bussola al mezzelfo, che saggiamente si appuntò la parola di potere. Quindi esclamò:
“Trelak!”, ed osservò la raccapricciante apparizione mentre ritornava sotto terra.
Chissà quanti altri talenti ed abilità inquietanti possedeva quella staffa maledetta. Poteri intrinseci alla sua stessa natura che, oltre ai numerosi ed avanzati incantesimi, che indubbiamente conosceva, potevano essere a sua disposizione. Chissà quante meraviglie gli erano ancora sconosciute, ma a portata, quante cose straordinarie avrebbe potuto imparare attraverso di esse.
Mentre rifletteva su queste cose e una punta di bramosia si accendeva in lui verso questo potere, malvagio ma assoluto, una risata beffarda gli esplose nella testa, come a ricordargli a cosa avrebbe dovuto rinunciare per padroneggiare appieno quel potere che adesso stava agognando.
A passeggio nella valle.
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- Scritto da Mike Steinberg
- Categoria: Krynn
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