I nostri eroi seguirono Eiliana a passo svelto. Suo fratello Kirin era già andato a chiedere udienza presso l’abitazione dell’ambasciatore Quinath una mezzora prima, ed ora la compagnia doveva confrontarsi necessariamente con lui per capire quanta assistenza avrebbero avuto dai silvani per la loro prossima impresa. Certo, Eiliana avrebbe voluto parlare con lui avendo in mano già un piano o perlomeno una bozza, ma tant’era.
Il quartiere nobiliare era stato costruito un po’ più in profondità nella foresta, più o meno nella parte centro nord di Silvamori e, neanche a dirlo, era stata edificato con molta più cura ed attenzione ai particolari rispetto ai quartieri popolari. Pertanto le abitazioni erano sì delle piccole casupole in legno, ma molto meglio rifinite e più in linea con l’architettura elfica classica. Questa “differenza” spiccava in maniera marcata, evidenziandole inequivocabilmente come appartenenti "all’elite sociale di Silvamori", sempre che questa frase potesse ancora aver senso, data l'attuale condizioni dei silvani. Ognuna di queste case portava il nome del nobile di riferimento inciso sulla porta d’ingresso e, più era importante questo nobile, più gli abbellimenti e ghirigori vari potevano esser notati chiaramente sull’uscio e più in generale sull’intero edificio.
Kail ebbe da subito una brutta sensazione a riguardo. Come quando era entrato per la prima volta nella "città - campo", ed aveva udito il nome di Quinath, anche adesso ebbe la medesima percezione di disagio e malessere. In qualche modo sapeva che avrebbero avuto una conversazione assai difficile con lui, poiché l’ambasciatore silvano rappresentava davvero il peggio di ciò che la personalità e l’atteggiamento dei Silvanesti, per cui si erano spesso resi famosi e riconoscibili presso gli altri regni, raggiungevano il loro acme più negativo.
Primi tra tutti la spocchiosità e l’arroganza.
Eiliana bussò con fermezza e una voce quasi stridente dall’altra parte la invitò ad entrare. Dietro un tavolo di faggio prezioso era seduto un elfo anziano. Meno anziano di Demetrius, ma molto più avanti con l’età rispetto ad Eiliana e Kirin. Suo fratello sostava a pochi metri dall’uscio, in piedi su un raro ed elaborato tappeto, che Quinath aveva preteso fosse trasportato direttamente da Silvanesti a Silvamori.
Non appena Eiliana salutò e si presentò all’ambasciatore, il suo consanguineo si accomiatò da Quinath, le passò di lato, ed uscì quasi di corsa dalla sua casa. Aveva quasi trattenuto il fiato per tutto quel tempo, ed osservandolo attentamente mentre gli passava oltre, Kail notò che era arrabbiato, ma anche felice e sollevato di poter tornare ai suoi affari. Contento di essersi lasciato il peggio della sua razza alle spalle.
Eiliana cercò di dissimulare la sgradevole reazione del fratello e con un ampio gesto della mano introdusse i nostri eroi, invitandoli ad avanzare e raggiungerla al centro della stanza.
“Sicchè questi sarebbero i nostri ospiti: coloro che hanno scortato l’uomo dal “braccio d’argento” alla “Montagna del Drago”. Non ci siamo presentati adeguatamente al concilio di Whitestone. Con chi avrei l’onore di parlare?”
Esordì Quinath, alzandosi lentamente dalla sedia. L’elfo aveva i capelli lievemente tinti d’argento, portava una vestaglia di seta rossa, ed emanava una fragranza quasi fastidiosa, per quanti profumi diversi aveva cosparsi su di sé.
L’ambasciatore stava parlando in lingua comune, ma guardava solo Eiliana, come se lei fosse l’unica nella stanza degna della sua attenzione. Kail ignorò le sue provocazioni, si schiarì la voce e si presentò. Poi mosse la mano verso Estellen, nel tentativo di spiegare chi fosse la santa donna che accompagnava e perché adesso si trovassero lì. Tuttavia Quinath lo interruppe, lasciando il mezzelfo sorpreso e infastidito.
“Ah si, il mezzelfo… non è forse vero che vostra madre sia la strega Eyne Londelle? Colei che ha abbracciato la fede in Takhisis, perdendo di vista la via della luce? Come dovrei interpretare il fatto che voi siate un mezzelfo, ditemi… vostra madre e vostro padre si sono forse sposati? O, come molto spesso avviene in questi… casi… siete un figlio illegittimo o peggio, di una violenza?”
Kail si trattenne per non rispondere a tono a quelle pesanti insinuazioni, ma evitò saggiamente di farlo. La posta era alta e quell’elfo era un politico. Se gli avesse fornito un pretesto per non essere aiutato, lui l’avrebbe preso al volo. Si limitò a raccontare molto brevemente le circostanze dell’incontro tra sua madre e suo padre, ma senza entrare troppo nei particolari.
L’espressione sul viso di Quinath fu tanto sprezzante quanto disgustata. Tuttavia quello era solo l’inizio: l’ambasciatore non aveva affatto finito di "simpatizzare" con i suoi ospiti.
“E voi cavaliere? So che avete disubbidito ad un ordine diretto di vostro padre e vostro nonno e come conseguenza siete stato processato. Per cosa poi, per aver voluto scortare questa giovane in lungo e largo attraverso il continente, perdendo la vostra credibilità e il vostro onore? Siete uno strano cavaliere, me lo concederete.”
Stuard si morse la lingua per non replicare piccato a quel presuntuoso e superbo elfo. Riferì soltanto le sue generalità, limitandosi a dire che la missione di Estellen non era “girovagare senza meta per Krynn”, ma svolgere dei compiti precisi per conto di Paladine. Questo gli era parso un motivo sufficiente per disubbidire ad un ordine di suo padre.
“Certo, certo…”
Commentò sarcasticamente Quinath. Poi si voltò verso la sacerdotessa del drago di platino e le disse:
“E voi, mia signora Estellen. Eiliana mi ha parlato molto di voi, cosi come dei vostri amici, si capisce. Voi dite di essere una prediletta di Paladine, eppure l’antico credo di E’li si è perso nella memoria del tempo. Forse un giorno mi ricrederò su di voi, quando porterete cose concrete, come i precetti inscritti su dischi di Mishakal per esempio. Fino ad allora, per me sarete, scusate la franchezza, come un’ibrida ed inutile via di mezzo. Non abbastanza per essere considerata una vera sacerdotessa di E’li, ma sicuramente molto, molto più degna rispetto a quei ciarlatani della chiesa dei cercatori. Di certo una creatura baciata dagli dei, questo ve lo riconosco. Non intendo contraddire le parole di lady Starbreeze, non avendo alcun motivo per non creder ad esse, ma voi pronunciate il nome di Paladine, come lo chiamate voi umani, senza sapere nulla di lui. Non sapete nulla infatti della sua chiesa e del suo dogma. Mi perdonerete dunque se non nutro molta fiducia nelle vostre azioni, passate e future.“
Estellen arrossì per la rabbia e la vergogna, ma riuscì comunque a contenersi. In fondo si era aspettata parole molto più velenose di quelle da una persona del genere. Le sembrò sufficiente ribadire come i loro destini (i destini di tutti) fossero nelle mani di Paladine e che lei non faceva altro che tentare di realizzare la sua volontà al meglio delle sue possibilità.
Quinath ebbe la reazione meno stomacata rispetto alle altre nell’udire le sue parole, annuendo ad esse anche se in maniera non troppo convinta.
“Di voi infine so troppo poco, mago, ma il vostro bastone mi infastidisce abbastanza da sapere che non avete nulla di valido da offrirmi come garanzia per rischiare la vita dei miei uomini e farvi accompagnare a Pontigoth. E con questo, credo che non abbiamo più nulla da dirci, signori.”
L’ultima dichiarazione di Quinath lasciò spiazzata perfino Eiliana, che si era aspettata una conversazione ostica, ma non ostile come era stata per tutto il tempo. L’ambasciatore aveva chiuso loro la porta in faccia e non c’era molto altro che lei potesse fare per cambiare le carte in tavola. Iniziò a discutere fittamente con lui in elfico, parlando velocemente e in maniera nervosa, quasi arrabbiata. Perfino Kail faticava a seguire quanto gli stava vomitando contro. Il nobile l’ascoltava con pazienza, con un lieve e condiscendente sorriso sulle labbra, come si faceva con i bambini capricciosi. Si era rimesso seduto e teneva le mani conserte davanti al proprio viso in attesa che lei finisse di vaneggiare. Poi replicò in comune, sempre guardandola negli occhi.
“Non apprezzo gli umani, lady Starbreeze… ormai l’avrete capito. Non amo l’improvvisazione. Come quel maledetto Kender, che ha distrutto il “globo dei draghi” e con esso probabilmente ogni possibilità di sopravvivenza per la nostra razza. Quando tornerà la mia amata Alhana, voglio consegnarle il miglior governo possibile. Belthanos è molto saggio e seguirà sempre il mio consiglio. Pertanto, se fossi in voi, mi rassegnerei.”
Stuard era quasi tentato di rivelare a Quinath che il cuore di Alhana non gli apparteneva più, anzi, che forse non gli era mai appartenuto. Stava davvero per farlo, sottolineando come la regina dei silvani avesse regalato il suo amore, più profondo e devoto, ad un semplice umano. Un cavaliere come lui. Uno di quelli insomma che egli tanto disprezzava, ma per fortuna si trattenne o sarebbe davvero scoppiato un disastro incontenibile. Il cavaliere fece un bel respiro e anche quella volta si calmò.
Poi Eiliana, a chiosa di quella conversazione, esplose in lingua comune:
“Ambasciatore Quinath, io andrò con questi avventurieri in missione per conto di E’li e li aiuterò se potrò, con o senza il vostro appoggio. Meglio che voi lo sappiate adesso, prima che io sparisca e che voi vi chiediate dove potrei esser finita…”
Quinath fece schioccare le labbra in segno di disappunto, poi le rispose in elfico.
“Mi spiace molto che la vostra posizione sia questa, lady Starbreeze, ma gli elfi silvani non appoggeranno alcun piano suicida. Raggiungere Daltigoth? E per chi? Noi non dobbiamo niente a questa gente, anzi…”
Eiliana attese una paio di secondi prima di voltarsi ed uscire a grandi passi dalla casa di quell’elfo così spocchioso. Nel frattempo le sue nocche si erano sbiancate per la rabbia. Quasi urlò per la frustrazione una volta fuori. Furibonda come Kail mai l’aveva vista prima, decise di tornare indietro al posto di guardia da suo fratello. Adesso doveva escogitare un sistema alternativo per offrire copertura alla compagnia!
Il mezzelfo aveva appena proposto ad Eiliana di far visita alle due città Kagonesti di Sun e Rain e magari trovare lì la loro necessaria copertura, quando l’elfa si fermò, ed iniziò ad osservare insistentemente un cespuglio poco distante. A dire il vero anche Kail aveva udito uno strano fruscio provenire da quella parte. Mettendo le braccia a brocchetta e tamburellando con un piede sul terreno, Eiliana esordì con aria truce:
“Alchem, so che si lì dietro… esci fuori da quel cespuglio, immediatamente!”
L’intera compagnia si guardò l’uno con l’altro assai perplessa. Poi un giovanissimo elfo kagonesti spuntò timidamente da dietro la macchia di alberi, come fosse un’ombra scura in movimento.
“Che ci fai qui, Alchem, figlio di Ichlem?”
Eiliana manteneva severamente una mano sul fianco e agitava l’indice in direzione del ragazzino, imbarazzato e con lo sguardo basso innanzi a lei. I due comunicavano in un elfico molto strano, tanto che perfino Kail comprendeva davvero poco di quello che si stavano dicendo.
Dall’espressione che via via mutava sul volto della sua amata però, il mezzelfo capì che doveva trattarsi di qualcosa di importante. Perlomeno importante per quel ragazzo. Eiliana invitò il giovane a calmarsi, poi a parlare con Kail, utilizzando la lingua elfica standard, altrimenti egli non l’avrebbe inteso.
Prima di andare, l’elfa volle tradurre al suo promesso ciò che il giovane le aveva appena rivelato:
“Sono venuto per loro, mia signora Eiliana. Li ho visti in sogno, che proteggevano mio fratello in un posto assai lontano e pericoloso.”
La cugina della regina fece sprofondare in questo modo la compagnia nel più completo e totale mutismo. Dopodiché li avvertì che mentre loro avrebbero parlato con il piccolo Kagonesti, lei avrebbe contattato Valdore per capire come gestire quella situazione. Bisognava velocizzare i tempi, dopo l’intoppo con Quinath.
“Mi occuperò di parlare con Valdore, chiedendogli di farsi trovare alla porta sud ovest di Daltigoth… da lì penserà lui alla scelta migliore da fare per farci attraversare la città senza troppi rischi… finito qui, con lui… riposatevi: domani avremo molto da fare.”
Eiliana fissò per un momento Alchem, poi si ritirò. Kail la guardò allontanarsi e non poté non essere fiero di lei e contento per sé stesso di averla incontrata. Poi scosse la testa come per riprendersi da pensieri sicuramente inopportuni in quel momento e si avvicinò di un passo al ragazzo. Provando a parlare più lentamente che poteva, cercò di comunicargli che, purtroppo per lui, non credeva proprio di conoscere suo fratello. Dopo una pausa intensa di qualche secondo, per puro scrupolo, domandò ad Alchem come si chiamasse il suo consanguineo.
“Il suo nome umano è Attilus, mio signore… e si accompagnava a mia sorella Raegina. Nel mio sogno ho visto il sorriso di quella donna, lo scudo di quell’uomo e la vostra spada scintillante, proteggerlo da morte certa. Vorrei conoscere la verità, se voi la conoscete.”
Il mezzelfo spalancò la bocca incredulo!
Lui ed i suoi amici avevano conosciuto un "Attilus", molti mesi prima. Si trattava di un Kagonesti, impazzito per via delle torture inflitte a sua sorella dalla mano di un orco che comandava la criminalità locale di una piccola cittadina nelle terre selvagge. I suoi ricordi, così come quelli dei suoi compagni, erano nebulosi circa i dettagli del loro incontro, ma rammentava bene che si trattava di un sicario di un altro boss locale. Tuttavia, per quanto le sue azioni fossero state spesso riprovevoli, erano dettate dalla disperazione e dal ricatto. Pertanto il re di Vantal, che li teneva in grande stima per averlo salvato, giurò loro che l’avrebbe risparmiato dalla forca e che sarebbe stato trattato tenendo conto delle sue attenuanti. Lo avevano lasciato prigioniero, ma vivo.
Ovviamente il mezzelfo edulcorò molto il racconto, ma cercò di riportare ogni dettaglio importante che ricordasse. Lui sapeva bene che cosa volesse dire “il non sapere”: la lenta agonia di una mente che cercava delle risposte senza però trovarle da nessuna parte. Non voleva che quel fanciullo provasse la sua stessa, terribile disperazione, che ancora oggi lo accompagnava in ogni luogo che raggiungeva.
Quando il gruppo finì di aggiungere dettagli alla narrazione di Kail (anche Estellen e Stuard riportarono alcune cose importanti in merito), il giovanissimo Kagonesti annuì e disse laconicamente:
“Vi ringrazio, miei signori del popolo della “gente alta”. Non dimenticherò mai questo giorno uggioso e la speranza che mi avete donato di rivedere mio fratello. Che E’li guidi sempre i vostri passi.”
Detto questo sparì in un baleno nella foresta. In un attimo non c’era più.
Fu allora che il mezzelfo capì che Alchem aveva permesso che lui ed Eiliana lo scorgessero in quel cespuglio. Se non avesse voluto farsi vedere, nessuno di loro ci sarebbe riuscito.
“Un’abilità davvero impressionante…”
Pensò Kail tra sé.
In cuor suo il mezzelfo sperò vivamente che quel ragazzo riuscisse un giorno a riunirsi con suo fratello. Glielo augurò davvero con tutto il cuore.