La compagnia ci mise un po’ per riuscire a togliersi dalla testa Moebius, la maledizione di Demetrius e il “mezzo drago” immortale ed invulnerabile che presto sarebbe giunto per prendersi lo scettro di Silvanesti.
Alla fine furono costretti a farlo, poiché, una volta lasciati i Londelle e scesi al livello del suolo, dovettero compattarsi per andare a parlare seriamente del loro prossimo futuro. Un futuro che si prospettava pericoloso. Non conoscevano nulla infatti di quei territori. Perfino Kail non c’era mai passato: luoghi troppo insidiosi, anche per un esploratore navigato ed esperto come lui.
Ai nostri eroi bastò seguire la scia di arcieri elfi, che, ad un certo punto, iniziarono a sciamare dentro e fuori la periferia di Silvamori, entrando ed uscendo da una grossa costruzione di legno, a dire il vero un po’ spartana per i canoni elfici, per trovare il centro di comando e di smistamento delle truppe. I silvani non dicevano niente quando i quattro stranieri passavano loro accanto, ma perfino Aric, che di certo non era un guerriero, poteva avvertire in loro una certa tensione: era evidente che essi non si fidavano della compagnia, ma tacevano e rimanevano composti per rispetto o forse per ordine diretto dei loro superiori.
L’interno della grande casupola di legno era ampio e pieno di stanze. Non c’erano dormitori, ma solo sale di raccolta, ove i vari gruppi di ricognizione si radunavano per partire in missione o quando ritornavano alla base. In alcune erano presenti delle rastrelliere di legno, ove erano state appese delle armi di metallo. L’acciaio era un bene prezioso a Silvamori e molte delle spade che erano lì, a disposizione dei soldati, erano state portate direttamente da Silvanesti o erano state forgiate dai cavalieri di “Castle Eastwatch” o “Welmet” e poi scambiate con i silvani con pelli e altri doni della foresta, nelle poche volte che si riusciva a commerciare.
Kail apriva la pista, gli altri seguivano il mezzelfo, guardinghi.
La compagnia trovò Eiliana e un altro silvano che le somigliava molto dentro una di quelle stanze, munita però di un grosso tavolo di legno al centro, sul quale era stata spianata una grande mappa dell’Ergoth del sud. Oltre a loro due, erano presenti nella stanza pochi altri elfi: probabilmente i ranger più fidati di Eiliana. L’altro silvano vicino alla compagna di Kail si presentò come Kirin, suo fratello e capo delle guardie di Silvamori. Egli non doveva essere un tipo molto loquace o espressivo e Kail non riuscì a capire se egli fosse contento o meno della relazione che aveva con sua sorella. Non che in quella circostanza fosse la cosa più importante a cui pensare, ma fu impossibile per lui non fare questa considerazione.
“Allora signori, verrò subito al punto… le linee d’azione possibili per realizzare questa impresa sono due: o passiamo il “passo del lupo”, qui… soluzione più semplice, ma ovviamente più rischiosa visto che quello è uno dei punti del territorio più battuto da orchi e giganti … oppure attraversiamo le montagne lungo il fiume Thon – Tsalarian, qui e poi qui… soluzione molto più lunga, ma molto meno rischiosa. Giganti di montagna a parte, ovviamente.”
Eiliana indicava i punti sulla mappa con l’indice, mostrando la via esatta che la compagnia avrebbe dovuto percorrere per arrivare al suo obiettivo. In poche parole, tutte cose che Stuard aveva già intuito guardando da solo la sua cartina, ma averne riprova dall’elfa gli confermò che aveva visto giusto. Non c’erano altre strade praticabili, quindi non c’era molto altro da fare: o si beveva o si affogava. Non c’era alternativa.
Kail non aveva gradito molto il fatto che Eiliana avesse parlato del loro viaggio includendo all’interno del gruppo anche sé stessa, ma Stuard lo anticipò con una domanda che in effetti sembrava più importante: chi diavolo erano i giganti di montagna?
“I giganti di montagna sono i cugini di quelli di collina, cavaliere. Sono estremamente rari, ma infinitamente più pericolosi dei loro parenti più piccoli. Se ne dovessimo mai incontrare uno, meglio fuggire. Lo dico per la nostra incolumità…”
Rispose Eiliana di getto. Nessuno di loro, lei compresa, ne aveva mai visto uno, ma si diceva che la loro forza ed astuzia rivaleggiava perfino con i dragoni più anziani. Ecco spiegato il senso del suo commento finale a riguardo. Stuard la guardò un po’ scettico, ma non disse niente. Quindi Eiliana continuò.
“Se passiamo per il passo del lupo, abbiamo bisogno di un piano. Perché non converrà farsi largo con la forza attraverso le spire nemiche: se ci sarà uno scontro, la voce si spargerà presto e questo porterà “Stormogre” ad aspettarci al varco. Direttamente a Daltigoth!”
A quel punto Kail non riuscì proprio a trattenersi e le fece notare che non era il caso che lei li accompagnasse fin dentro la città. Aveva un popolo da guidare e, parlando francamente, l’idea che si potesse mettere nei guai rischiava di distrarlo dai compiti che avrebbe avuto durante la missione. La nobile elfa sogghignò, mettendo subito in chiaro che non aveva bisogno che lui le facesse da balia. Sarebbe venuta perché era la soluzione più giusta e logica, visto che era l’unica ad avere le conoscenze che servivano in città per passare dall’altra parte senza bisogno di scatenare una guerra.
“Come pensi che io abbia raggiunto Silvamori? Certo che abbiamo dei contatti a Daltigoth, persone che vivono nell’ombra e che fanno entrare ed uscire dei piccoli gruppi di elfi dalla città, permettendo loro di raggiungere Pontigoth e il mare, oppure, dall’altra parte, questo avamposto o quello dei nostri cugini Qualinesti.”
Replicò piccata Eiliana alla domanda più che scontata e carica di ansia del mezzelfo. Sul fatto che non l’avrebbe mai convinta a rimanere nelle retrovie, Kail se n’era fatta subito una ragione. Inutile discutere con lei: era più anziana, più abile e più cocciuta di quanto lui potesse mai sperare di diventare.
“Il suo nome è Valdore, Sir Stuard. E’ un sicario che lavora per conto di Kthaarx, cugino di Stormogre, attuale reggente/dittatore di Daltigoth e zio dei suoi tre figli: Thunderbane, Hammerfall e Strokelighting, terribili più del tiranno stesso. Essi tramano continuamente alle spalle del padre e si sono divisi idealmente la sua città. Stormogre li lascia fare per quieto buon vivere, a patto che però non superino certi limiti. Almeno queste sono le informazioni più recenti che abbiamo.”
Replicò la nobile elfa, sorridendo al cavaliere. Estellen chiese invece alla ranger come pensava di gestire il loro tempo durante la permanenza in città e la risposta di Eiliana come sempre fu breve e schietta.
“Rimanere a Daltigoth vuol dire esporsi a pericoli pesanti e gravosi, mia signora Estellen. Quella città è un vero inferno, soprattutto i quartieri vicini alla fenditura. E al “Sanguinarum”… che non so nemmeno cosa sia, perché Valdore si è sempre rifiutato di darmi informazioni in merito. Probabilmente temeva che, se ne avessi saputo troppo, avrei potuto compiere una pazzia. Si dice che sia letteralmente “il cimitero degli elfi…”: un luogo empio ed osceno, ove silvani, qualinesti e kagonesti, vengono continuamente torturati ed uccisi non si sa bene per ottenere cosa…”
Kail rabbrividì a quelle parole e cercò immediatamente conforto nello sguardo di Stuard, che sembrava condividere i suoi oscuri pensieri. Entrambi non poterono non associare le parole di Eiliana a ciò che avevano vissuto mesi prima alla “Morning Dew” e al “Mead” e, passandosi una mano sul volto, furono perlomeno sollevati dal fatto che Valdore non avesse detto nulla all’elfa. Se l’avesse fatto, probabilmente Eiliana si sarebbe fatta ammazzare.
Saltando a piè pari eventuali chiarimenti sul loro scambio di sguardi atterriti, la nobile silvana continuò ad illustrare la situazione, spiegando che avrebbe fornito loro un breve sommario dei luoghi e dei quartieri più importanti e malfamati di Daltigoth. Loro avrebbero dovuto studiarli attentamente, mentre lei avrebbe fatto in modo di contattare Valdore: aveva uno strumento specifico, di arcana fattura, che poteva mandare un messaggio telepatico al loro contatto in città una volta al giorno. Non appena fossero arrivati lì, Valdore avrebbe trovato il modo migliore di aggirare i controlli alle porte della città, dall’altra parte e farli uscire senza troppi rischi.
Questo perlomeno era ciò che si augurava Eiliana.
Nel frattempo Kirin se ne stava in disparte con le braccia conserte ad ascoltare ogni cosa e a carpire ogni piccolo e insignificante movimento nervoso dei nostri eroi. “Abile…” Pensò il mezzelfo, mentre lo guardava di sottecchi. Dubitava che egli lo facesse per sfiducia nei loro confronti. Piuttosto credeva fosse una strategia per capire chi fossero quegli “eroi” di cui sua sorella gli aveva tanto parlato, il loro carattere, la loro determinazione e soprattutto chi fosse lui, il mezzelfo che aveva rubato il suo cuore.
Schioccando le labbra, Kail azzardò che aveva forse in mente un piano per poter perlomeno entrare in città, ma doveva sapere prima se avrebbero avuto il supporto degli elfi oppure no. Eiliana fece spallucce, evidenziando quanto proprio questo punto fosse il tasto dolente della vicenda. Per avere supporti logistici o militari, dovevano chiedere prima al reggente Belthanos e lui non faceva nulla se l’ambasciatore Quinath non gli “consigliava” di agire così.
Pertanto Eiliana volle ascoltare il piano di Kail, mentre forniva a tutti alcune larghe foglie sulle quali aveva descritto le note salienti su Daltigoth. Poi comunicò che avrebbero raggiunto subito il “quartiere dei nobili”, ove avrebbero incontrato Quinath, gli avrebbero spiegato l’importanza della loro missione e avrebbero sperato nel suo aiuto. Kirin annuì una sola volta quando incontrò gli occhi della sorella, poi sparì tra i corridoi dell’edificio.
Nel frattempo i quattro compagni cercavano di raccapezzarsi il più possibile con le raggelanti informazioni sulla città di Daltigioth, un tempo maestosa capitale dell’impero ergothiano, ed oggi covo di creature malvagie e spietate, alleate con le forze della dea oscura.
Infatti, la prima cosa che i nostri eroi poterono leggere sui compendi preparati da Eiliana, furono le brevi annotazioni sull’accordo che “Stormogre” aveva fatto con “Feal – Thas”, ormai defunto signore dei draghi, sconfitto da Laurana, Flint, Tas, Derek Crownguard e altri due cavalieri di Solamnia, nelle terre del ghiaccio eterno. L’elfo scuro aveva perso il globo dei draghi nello scontro con gli eroi di Solace, lo stesso artefatto che il kender avrebbe poi distrutto a Whitestone.
Secondo quanto Eiliana sosteneva, in cambio della lealtà di “Stormogre”, Feal – Thas aveva garantito al gigante di collina ingenti forze orchesche, mercenari umani e perfino alcuni draghi bianchi. Queste forze ancora stanziavano a Daltigoth, probabilmente ignare che il loro signore era stato ucciso. Pareva a tutti ovvio che questa informazione o non era ancora arrivata agli orecchi del distaccamento di “Feal Thas” e di “Stormogre” stesso o il dittatore si era guardato bene dal divulgarla, per evitare di indebolirsi permettendo ai suoi alleati di ripiegare verso Neraka.
A prescindere dalla informazioni sui luoghi della città, Kail immaginò e non a torto, che ci fosse parecchia confusione e caos tra chi comandava a Daltigoth. “Stormogre” manteneva le redini, questo era vero, ma i suoi tre figli cospiravano continuamente alle sue spalle e suo cugino aspettava il momento giusto per azzannarlo alla gola. Valdore lavorava per Kthaarx, pertanto avrebbero potuto cavalcare questo vantaggio. Sarebbero bastati dei travestimenti adeguati per gli umani (Stuard, Estellen ed Aric) per passare come mercenari di “Feal – Thas”, che avevano catturato delle importanti personalità elfiche (lui stesso ed Eiliana) e che stavano rientrando in città per consegnarle direttamente a “Stormogre”. Nel tragitto, sarebbe poi intervenuto Valdore per scortarli invece verso Kthaarx, magari con un espediente o fingendo che i due si fossero messi d’accordo in precedenza. Giunti presso il cugino del dittatore, magari con lui avrebbero potuto trattare più facilmente, offrendogli qualcosa in cambio. Tanto gli aspiranti tiranni volevano tutti le stesse cose: maggiore potere, maggiore influenza, maggiori ricchezze.
Su questo punto, Aric pensava di poter dare una grossa mano: aveva più di una freccia al suo arco per poter camuffare o addirittura rendere invisibile l’intera compagnia. Inoltre era un mago e i giganti di collina non erano certo rinomati per la loro arguzia ed intelligenza: era sicuro di poter offrire al gigante ben più di qualcosa che luccicava. Magari proprio il controllo sulla città.
In un angolo della sua mente, la volontà del bastone gioiva.
Daltigoth era il luogo ove, molti secoli prima, era letteralmente esplosa la torre della stregoneria, creando la fenditura di cui parlava prima Eiliana e contaminando molti quartieri con potenti emanazioni magiche estremamente pericolose. Questo evento rappresentava certamente una sfortuna, ma aveva anche i suoi lati positivi: quali immense meraviglie infatti potevano celarsi lì sotto? Quali segreti indicibili erano ivi nascosti, in attesa di essere rivelati?
Per quanto si sforzasse di non pensarci e di concentrarsi sul ciò che andava fatto, Aric non poteva non condividere questa specie di esaltazione mistica con il demone. Soprattutto se egli avesse scelto di aiutarlo.
Il piano di fuga.
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- Scritto da Mike Steinberg
- Categoria: La Guerra Delle Lance
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