La compagnia trascinava stancamente i propri passi all’interno della grande città – campo di Silvamori: sulla carta un rifugio per gli elfi di Silvanesti, ma in realtà una vera e propria cittadella che ospitava la maggior parte dei superstiti del popolo silvano. Eiliana illustrava ai suoi ospiti come era stata organizzata la città, come erano stati concepiti logisticamente gli alloggi e come invece erano stati costruite e pensate le botteghe degli artigiani e i magazzini per lo stoccaggio di viveri, pelli e tutto il resto. Erano presenti perfino un “quartier generale bellico” e una costruzione più centrale, dedicata al reggente e ai pochi nobili altolocati della vecchia capitale Silvanost.
“Gli elfi silvani non si smentiscono mai…”
Pensò Kail tra sé, riflettendo sulle “pecche” della natura dei Silvanesti, che impedivano a questo popolo meraviglioso di ascendere ad un livello superiore di consapevolezza. La loro alterigia era infatti perlomeno pari alla capacità, che quasi sempre manifestavano, di dimostrarsi profondamente spirituali e in comunione con il creato e le cose della natura.
Eiliana condusse Kail e i suoi amici presso una scala di corda poco distante, invitandoli a salire sulle piattaforme che portavano al primo livello. Nonostante qualche problema di equilibrio, tutti, compresi Aric ed Estellen, alla fine arrivarono a destinazione. Mano a mano che salivano verso la parte alta, ed incontravano la popolazione locale, avvertivano una certa tensione e preoccupazione nei loro sguardi. Su questo forse i silvani erano cambiati: gli occhi di coloro che sfioravano, non sembravano più altezzosi, come era solito riscontrare quando si aveva a che fare con i silvanesti, ma timorosi, apprensivi, preoccupati. Evidentemente, anni di sofferenza, interna ed esterna alla "Grande Foresta", aveva cambiato la mentalità perlomeno della classe media. Li aveva resi più consapevoli della loro mortalità e in generale fragilità, se avessero continuato a considerarsi al di sopra di tutto e di tutti!
La nobile elfa invitò il mezzelfo e gli altri a salire di un altro livello, poiché i suoi alloggi si trovavano al secondo piano e poi, giunti su quella piattaforma, li scortò poco distante, all’interno della corteccia della sequoia dove era stata ricavata la sua abitazione. Come una gigantesca groviera, l’abero secolare ospitava così “tutti i suoi figli”, offrendo loro un alloggio sicuro e al caldo.
I nostri eroi faticarono per entrare tutti nella casa di Eiliana, che, pur essendo una nobile, aveva scelto di vivere con la sua gente in un ambiente più modesto di quello dedicato ai nobili, ma alla fine si adattarono. All’interno trovarono anche un piccolo ma confortevole fuocherello, che scaldava l’aria e rendeva la permanenza più comoda. Quando l’elfa ritenne che la compagnia stava bene e a suo agio, riferì a tutti che si sarebbe allontanata per qualche minuto, ma che sarebbe ritornata prestissimo. Nel frattempo Stuard ne approfittò per sbocconcellare una mela, mentre Aric tentava di far riprendere innanzi al fuoco sensibilità ai piedi che erano stanchi ed intirizziti. Kail si alzò dal piccolo tronco sul quale era seduto e scostò la sottile tenda che divideva l’interno dall’esterno. Con un unico sguardo abbracciò l’intera città – campo, non riuscendo a non ammirare la grande caparbietà degli elfi silvani. La loro forza di volontà. La loro voglia di sopravvivere. Nonostante le torture costanti alla “Morning Dew”, nonostante “l’incubo con le ali” e i millenni di vessazioni da lui subite, nonostante le razzie degli orchi del Blode e soprattutto nonostante Takhisis stessa, che forse li odiava più di chiunque altro, visto che erano i primogeniti di Paladine. Nonostante tutto, erano ancora lì. Sospirando, tornò poi accanto al fuoco, in attesa del ritorno di Eiliana.
L’elfa, come promesso, non tardò a tornare, ma non era da sola. Dietro di lei c’era un qualcun altro, un’elfa silvana, che il mezzelfo riuscì ad intravedere solamente. Kail, per pura forma di cortesia, si alzò di nuovo e attese.
“Non so se ti ho fatto cosa gradita con questa azione, Kail, mio amato, ma ho pensato che ti avrebbe fatto piacere conoscere una persona. Vieni avanti…”
Disse Eiiliana, voltandosi alle sue spalle e facendo segno con la mano all’elfa di avvicinarsi. Una silvana dall’aspetto maturo si affiancò a lei, mostrandosi dunque all’intera compagnia. Non era possibile stabilire l’età precisa di un elfo, questo era vero, ma quest’elfa aveva un portamento troppo composto e misurato per essere una giovinetta.
A Kail prese letteralmente un colpo.
Lì per lì non ci fece caso, ma quando l’osservò meglio, si rese conto che era la copia quasi esatta del ritratto che aveva visto a Silvanesti, quella che ritraeva sua madre insieme ad uno strano elfo dai lineamenti molto marcati! Il mezzelfo iniziò a tremare.
Eiliana prese per mano l’elfa, si schiarì la gola e disse:
“Kail Uth Mohdi, ti presento Arielle Londelle, tua nonna…”
L’esperto ranger dovette reggersi per non finire per terra: non sarebbe stato pronto ad affrontare sua madre, ma la consapevolezza di conoscere sua nonna, per quanto forse meno traumatica, era una notizia talmente straordinaria che quasi lo stordì. Non riusciva a pronunciare una sola parola: continuava a guardarla meravigliato come se fosse un miracolo vivente.
L’elfa manteneva un leggero sorriso sulle labbra e lo sguardo basso: era l’immagine della compostezza! Aveva gli occhi di sua madre, i capelli forse un po' più chiari, lisci e lunghi rispetto ai suoi e vestiva con un semplice abito spezzato, forse un po' troppo succinto ma senza pretese. Sembrava anche lei parecchio in imbarazzo.
“Mia signora Eiliana, deve esserci un errore. Costui non può essere il figlio di Eyne e Decius…”
Bisbigliò con voce rispettosa e soffusa, guardando la nobile di sottecchi. Kail sapeva bene chi era Decius, rammentando perfettamente la storia del necrospettro nella casa di sua madre ad Alinosti. Ovviamente, non disse nulla in proposito.
Eiliana raccolse le idee: sapeva che quella domanda scomoda Arielle l’avrebbe posta prima o poi. Dopo un momento di profondo silenzio replicò calma:
“Come sappiamo entrambe, Arielle, la vita di tua figlia non è stata facile… a tratti è stata perfino tragica, come abbiamo tristemente scoperto a Silvanesti, grazie a suo figlio Kail. Ella ha avuto un secondo… matrimonio… con un cavaliere di Solamnia, dopo che… dopo che ebbe lasciato la “Grande Foresta” e smarrito la via. Prima del “sogno” di zio Lorac, ma dopo la morte di Decius…”.
Arielle si intristì appena udito pronunciare quel nome: era evidente che aveva appreso solo di recente della sua dipartita. Tuttavia riprese il controllo quasi subito. Guardò Kail un po’ perplessa, poi gli sorrise. Cercò un secondo con gli occhi il conforto di Eiliana, che la spronò a parlare a suo nipote. Timidamente, poi, disse:
“Se tu sei davvero figlio di Eyne, avrai qualcosa con te che lo dimostri. Non per mettere in discussione le parole di mia signora Eiliana o le tue… ma sono sicura che mia figlia non ti avrebbe mai abbandonato, a meno che ci fosse un grave rischio per la tua incolumità: anche quando smarrì il sentiero della luce, trovava sempre il tempo di incontrare me e suo padre. Non posso credere dunque che non abbia trovato il tempo per vedere suo figlio.”
Kail, ancora frastornato per la scarica emotiva subita, che faticava a lasciarlo andare, riuscì appena a sbiascicare qualcosa riguardo il ciondolo che teneva nella tasca. Un ciondolo che infastidì tutti i presenti, quando egli lo mostrò a sua nonna. Un manufatto certamente di natura malvagia.
In un angolo, Aric strinse ancor di più il suo bastone demoniaco, ringraziando silenziosamente colui che aveva celato il suo vero aspetto e in parte la sua natura, attraverso una potente magia di occultamento. La staffa era tornata ad essere ora una semplice verga di legno, con una gemma gialla incastonata al suo vertice e di questo lui fu davvero grato o chissà quello che gli sarebbe successo in questo posto.
“Quello è… quello è davvero il suo amuleto del Wyrmslayer! Donatole da un giovane mago silvano dalle vesti nere, molto noto in città, alcuni anni fa. Non abbiamo vissuto molto Eyne dopo che ha voltato le spalle a Paladine e alle nostre tradizioni… i nostri incontri erano sempre segreti e molto pericolosi. L’intera città la odiava. Tuttavia lei sosteneva che sarebbe stata al sicuro "dall’incubo con le ali” finché avesse tenuto con sé quel medaglione. Se l’ha dato a te, Kail, evidentemente ti amava molto. Abbiamo visto la nostra Eyne scivolare giorno dopo giorno nella follia… quel mostro, che ha distrutto la nostra amata foresta, le nostre vite e nostro genero, voleva lei. Solo lei. Era diventata un’ossessione per lui. Eyne gli resisteva, domandò aiuto a Paladine molte volte, ma solo Takhisis le aveva risposto. Almeno così ci confidò una volta… il mago le disse che in cambio del ciondolo, avrebbe dovuto giurare la sua fedeltà e la sua dedizione alla causa della dea oscura. Le ultime informazioni che abbiamo avuto su di lei parlavano di un difficile viaggio che avrebbe dovuto intraprendere verso il nord. Da quel momento non sappiamo più nulla su nostra figlia… vuoi raccontarci tu il resto della storia per favore?”
Il mezzelfo ascoltava le parole di Arielle avidamente, gustandosi ogni singola sillaba. Aveva di fronte l’unica famiglia che forse avrebbe mai avuto, considerando che suo padre era probabilmente morto e sua madre era una delle principali sacerdotesse di Takhisis e quindi non avrebbe avuto molte occasioni per rivederla. Le raccontò dunque la sua storia o perlomeno la storia che conosceva su di sé: quella che Astarte gli aveva riportato dopo che suo padre l’aveva affidato a lui ed era sparito, vinto dalla disperazione. Victor gli aveva detto che sua madre voleva sacrificarlo alla dea oscura e che suo padre era intervenuto per evitarlo. Poi lei era sparita e suo padre era impazzito. Lui invece era stato allevato ed educato da quel cavaliere amico di suo padre e quel ciondolo era tutto ciò che aveva di sua madre.
Un medaglione che aveva sempre ritenuto una maledizione, ma che forse non lo era o almeno non completamente. Così come il senso della sua intera storia. Forse non era tutta “bianca o nera”, forse sua madre non voleva davvero sacrificarlo a Takhisis e suo padre aveva solo frainteso le sue intenzioni. A quel punto non lo sapeva più. Le raccontò poi del diario di Eyne e del rituale per riportare in vita il povero Decius: l’unica persona che sua madre avesse mai amato. Il viaggio verso nord avrebbe dovuto condurla a recuperare l’ultimo componente che le serviva per realizzare il complesso incantesimo clericale che l’avrebbe fatto rivivere, ma era stata catturata. Tra quei cavalieri c’era suo padre, che se ne innamorò.
Arielle anche ascoltava il racconto di Kail con estrema attenzione, dando peso perfino alle sue comprensibili pause.
“E dimmi, perché alla fine ti ha abbandonato?”
Bisbigliò affranta.
Il mezzelfo fece tristemente spallucce. Non sapeva perché l’avesse fatto, forse per proteggerlo, forse per fuggire da quel luogo troppo umano che l’aveva tenuta in gabbia per anni. La cosa che contava era che l’aveva lasciato solo. Solo con quell’amuleto: un marchio incomprensibile, dall’oscuro e molteplice funzionamento. Kail preferì infine non rivelare il messaggio di Eyne, che aveva scoperto esser ben celato nel medaglione. Ancora doveva districarne il significato preciso e quindi, se avesse riferito solo le sue impressioni, avrebbe solo rischiato di confondere di più sua nonna, dandole false speranze riguardo sua figlia. Lui aveva solo capito e di questo era sicuro, che sua madre gli aveva lasciato quell’artefatto maledetto per proteggerlo dal “Drago Verde”. Tutto qui.
“Quanto dolore… quanta sofferenza… per lei… ma anche per te, Kail…”
Sussurrò a chiosa Arielle, rivolgendo al mezzelfo un caldo sorriso. Poi gli si avvicinò e allungò una mano per carezzarne il viso, leggermente barbuto. Con fare tremante, Kail le afferrò le dita esili e le baciò la mano. Accanto a lei e dietro di lui, Eiliana ed Estellen sorrisero per questo piccolo gesto di amore e comprensione reciproca.
“Che ne è stato di tuo padre, giovane Kail?”
Aggiunse l’elfa, con voce soffusa.
Il mezzelfo le disse la verità: suo padre era sparito. Giunto in età adulta, l’aveva cercato per anni, recuperando solo brandelli di informazioni riguardo un ex cavaliere, dall’aspetto trasandato e che viveva di elemosina o di espedienti, ma non era affatto certo che fossero notizie certe o piuttosto frutto della fantasia di qualche ubriacone che voleva solo farsi offrire l’ennesima pinta di birra.
“Una vera sciagura. Senza padre, né madre…. tu sei figlio di Eyne e quindi mio nipote.”
Sospirò Arielle prendendolo per mano, che lui afferrò come un'ancora senza pensarci su due volte.
“Mia signora Eiliana tiene molto a te: i suoi occhi brillano quando pronuncia il tuo nome. Lei ha fatto tanto per noi e io non desidero voltare le spalle ad un ragazzo innocente, che non ha chiesto lui di subire quello che gli è capitato. Vieni, ti porto a conoscere tuo nonno…”
Kail non riusciva a crederci: anche suo nonno era ancora vivo! Mentre si lasciava scortare fuori dall’abitazione di Eiliana, la nobile elfa fece segno alla compagnia di andare con loro: meglio rimanere insieme e non dividersi, perché gli elfi non vedevano di buon occhio gli umani e loro non potevano certo stupirsi di questo infausto pregiudizio.
“Tuo nonno pensa, come facevo io, che tu sia figlio di Eyne e Decius. Ti prego di posare le parole, nipote, prima di parlare… abbiamo sofferto molto negli ultimi anni…”
Kail teneva sotto braccio sua nonna, che di sicuro aveva superato i quattro secoli di età ma sembrava avesse la sua stessa età. Annuì ovviamente, augurandosi di trovarsi davanti un elfo che avesse pochi preconcetti, come sua moglie Arielle.
La nuova casa dei Londelle si trovava sempre su quel livello e poco distante fortunatamente. Kail schivò ogni sguardo aggressivo da parte degli abitanti della città: pensava solo ai suoi nonni ritrovati, alla famiglia che pensava avesse irrimediabilmente perduto e che invece aveva ritrovato.
“Demetrius, vorrei presentarti qualcuno… che… ti farà molto piacere conoscere io credo.”
L’abitazione dei suoi parenti era molto simile a quella di Eiliana. All’interno, la compagnia trovò un elfo intento a dipingere, che quando udì le parole di Arielle si voltò stupito verso l’uscio, rivelando uno sguardo cieco e vacuo. I suoi occhi bianchi si sforzavano di notare qualcosa, ma invano.
“Demetrius perse la vista per colpa “dell’incubo con le ali”… almeno è quello che lui sostiene. Egli decise di andare dal senatore Moebius per parlargli di Eyne, ma proprio quel giorno subì l’incidente che gli fece perdere la vista e anche la sua stabilità mentale. Nessuno era presente quando Demetrius divenne cieco in “quell’incidente” increscioso, probabilmente una brutta caduta… e nessuno seppe mai perché quell’esperienza lo portò così vicino alla follia…”
Sussurrò Arielle all’orecchio di Kail.
Il mezzelfo, rispettosamente, si presentò.
“Chi siete voi, dalla voce così familiare e gentile?”
Rispose con cordialità l’elfo anziano. Aveva delle ciocche di capelli biancastri che mal si sposavano con una pelle ancora liscia e pulita. Era vestito con abiti semplici: pantaloni di cotone, una maglia grigia e un gilet marrone. Demetrius allungò poi le mani sottili per poter toccare il volto di Kail, che lo lasciò fare. Quindii annuì entusiasta e disse sbalordito, quasi incredibilmente sollevato:
“Invero, voi siete figlio di Eyne! Avete alcuni lineamenti troppo simili a quelli di mia figlia! E’ una gioia conoscervi, ed un sollievo per me… un caldo tepore che allontana definitivamente le voci terribili che aleggiavano su questo argomento a Silvanost.”
Kail corrucciò la fronte, non tanto per il fatto che suo nonno avesse scoperto così facilmente che egli fosse davvero figlio di Eyne, ma perché aveva il sospetto che lo stesse confondendo con qualcun altro. Decise di lasciarlo parlare e di apprendere prima qualche informazione in più.
“Riguarda…”
Sembrava come se Demetrius non riuscisse nemmeno a pronunziarne il nome.
“Moebius…”
Disse infine e con immenso sforzo.
“ …tutti mi hanno preso per pazzo quando dicevo che lui, proprio lui era “l’incubo con le ali…”! Lui si è preso Silvanost, ha ucciso le nostre sacerdotesse, ha ucciso Decius e votato mia figlia al male. Poi si è preso mio nipote, rapendolo direttamente dal grembo materno… ma oggi, Paladine sia ringraziato, io l’ho ritrovato!”
Kail pareva sempre più confuso, ma incrociando lo sguardo severo di Eiliana, ed intuendone i pensieri, iniziò a capire cosa stesse dicendo suo nonno. Di cosa stesse parlando. Un brivido gli scosse la colonna vertebrale.
“Quando affrontai Moebius, implorandolo di lasciar stare mia figlia, dicendogli che c’erano donne molto più appetibili e altolocate di lei a Silvanost e che lei non si sarebbe mai concessa a lui, perché già promessa ad un altro elfo, egli non solo mi ha bruciato gli occhi, soffiandoci sopra il suo putrido fiato, ma mi ha anche marchiato con un simbolo blasfemo: costringendomi a ricordare ogni giorno che la mia famiglia era stata maledetta solo per il fatto che ha tentato di resistergli…”
Kail strinse le nocche fino a sbiancare: non poteva contare quanti erano stati i danni causati da quel dannato drago verde, soprattutto alla sua famiglia.
“Egli, per chiudere la conversazione, mi disse queste strane ed incomprensibili parole, rimaste impresse nella mia mente come un timbro indelebile: gioisci Demetrius, poiché finché tu rimarrai in vita, niente potrà ferire od uccidere il salvatore del popolo elfico… durante l’ascesa della dea oscura, egli sarà liberato e tornerà a Silvanesti per prendersi la corona che gli spetta di diritto. Nessun "Globo dei Draghi" o altro artefatto potrà scacciarlo, perché egli sarà per metà elfo e per metà drago!”
Kail sgranò gli occhi. Ricordava bene le pagine del diario di sua madre riguardo un’inspiegabile gravidanza, che l’aveva portata a partorire molto prima di una normale gestazione, mentre Decius moriva. Aveva letto della sua disperazione quando qualcuno gli aveva sottratto il figlio appena nato, ed era sparito nel buio della notte, ignorando i suoi pianti e le sue grida soffocate.
“Lui ghignava e mi sbeffeggiava, mentre poneva il suo schifoso marchio su di me… ed io sapevo che Eyne era stata ingannata non una, ma due volte, poiché nel mio cuore sentivo che “l’incubo con le ali” e “la dea oscura” erano d’accordo su questo terrificante ordito!”
Congelato laddove si trovava, Kail domandò a Demetrius cosa fosse accaduto a Moebius dopo.
“Moebius sparì circa sessanta anni fa, pochi giorni dopo il mio "incidente"… quando qualcuno lo vide fuggire sinistramente, con un fagotto in mano, dalla città di Alinosti senza fare più ritorno… c’è chi sussurra di aver visto che si trattava di un infante, un bimbo appena nato, trattenuto contro la sua volontà tra le sue braccia infide.”
Arielle guardava suo marito con immensa pena, come si poteva guardare qualcuno che aveva perso il senno e che doveva essere compatito. Kail invece pensava che si, forse suo nonno era davvero impazzito in seguito a quella terribile esperienza, chi non avrebbe rischiato una cosa del genere, ma “sentiva” che le sue parole erano veritiere e i contenuti che esse esprimevano, affatto fallaci o da considerare mere fantasticherie romanzesche.
Probabilmente era vero: Moebius era riuscito a far concepire a sua madre un figlio "mezzo drago e mezzo elfo"! Questa sarebbe stata la più grande minaccia mai vissuta da Silvanesti e dal suo popolo, poiché egli sarebbe stato immune a tutto ciò che i silvani avevano concepito per combattere “l’incubo con le ali”. Compreso il “Globo dei Draghi” di Lorac, che alla fine l’aveva scacciato. In fondo Cyan aveva sempre saputo che prima o poi il suo inganno sarebbe stato scoperto e lui bandito dalla “Grande Foresta”. Per questo doveva aver pensato a questo piano di riserva: far concepire un figlio che avrebbe potuto spianare il suo ritorno. Un monarca incontrastato, per potere e lascito, che si sarebbe preso con la forza i suoi sudditi.
Un re.
Suo fratello.
Dal volto rasserenato che aveva Demetrius, era chiaro che non aveva capito che lui non era quel fagotto che Moebius aveva rapito dal tenero abbraccio di Eyne e adesso farglielo capire, affrontare questo argomento, sarebbe potuto essere per lui assai deleterio.
Inoltre c’era la questione del marchio. Come poteva sperare di fermare un giorno il suo fratellastro, se egli era immortale ed invulnerabile? Solo se suo nonno fosse morto avrebbe avuto una chance, ma con quale coraggio avrebbe potuto ucciderlo? Proprio ora che l’aveva ritrovato?
Kail fu assalito da un turbinio di pensieri, che lo costrinsero ad uscire un momento a prendere aria, lasciando tutti quanti perplessi e preoccupati per il suo prossimo futuro.