Dopo lo scontro con il terribile “spirito di sangue”, l’intera compagnia sembrava stordita, rallentata, quasi lacerata. C’erano mille cose da fare, ma tutti faticavano a riprendersi,come se non si fossero ancora resi conto di essere sopravvissuti.
La “lancia di Huma” era stata ricontrollata più e più volte da Lord Kanthor e Sir Platus, sotto la supervisione attenta di Estellen, che, fortunatamente per tutti, non aveva avvertito più alcuna presenza oscura aleggiare minacciosa sulla lama sacra. Finalmente la “Dragonlance” era pronta per essere imballata e trasportata a “Castle Eastwatch”, senza l'incombente pericolo di portarsi dietro metà delle ingenti forze dei “signori dei draghi”! Sarebbe stata la prima: la madre di tutte le altre, che sarebbero presto state sfornate dalla "forgia del drago". Certo, dove fossero finite tutte le altre centinaia, che tre secoli prima avevano affrontato i draghi cromatici di Takhisis, era un vero mistero, visto che quelle che erano appoggiate sulla rastrelliera erano false, ma non serviva a nulla porsi domande del genere, giunti a quel punto. Meglio lasciar lavorare sereni Theros e Flint e ricominciare da capo, forgiandole di nuovo una per una.
La sacerdotessa di Paladine si era occupata anche dei feriti.
Stuard e Kail avevano la necessità di restare a riposo un altro giorno, anche se il paladino, rispetto al mezzelfo, pareva riprendersi con maggiore velocità. Il cavaliere aveva dormito fino al primo pomeriggio, poi però si era alzato, dolorante, ma determinato a tornare sul pezzo il prima possibile. Appena le sue gambe glielo permisero, andò a recuperare per prima cosa i pezzi dello scudo di Sir Ulrich. Era profondamente affranto che nello scontro con la potente creatura fatta di sangue era andato in frantumi, ma questo significava che aveva svolto ottimamente il suo lavoro salvandogli la vita. Stuard li recuperò tutti, uno per uno e li portò poi a Theros, domandandogli se potesse utilizzarli per riforgiarlo in qualche modo. Ovviamente l’ergothiano lo rassicurò, dicendogli che l’avrebbe certamente fatto, una volta che il suo compito con le “Dragonlance” fosse giunto a termine. Dopidiché avrebbe consegnato lo scudo a Lord Kanthor, che a sua volta avrebbe fatto il possibile per restituirlo alla famiglia del proprietario. Il comandante di “Castle Eastwatch” diede la sua parola d’onore di ottemperare a questo infausto compito e così Stuard si tranquillizzò, concentrandosi sulle prossime fasi della loro missione.
Kail invece era rimasto sonnecchiante fino a sera: il braccio, già lussato in precedenza, gli faceva un male tremendo, nonostante le attenzioni di Estellen e non riuscì a riposare completamente. Il mezzelfo trovò comunque il tempo di assistere al lavoro dei due fabbri, che montarono "il primo stampo" della “Dragonlance” e si prepararono a colare il “metallo dei draghi” nel lungo e stretto calco per poi immetterlo nella forgia.
Sia il mezzelfo che il cavaliere sapevano molto bene che non avrebbero fatto in tempo ad assistere a quel magico momento: quello che avrebbe visto l’uomo dal "braccio d'argento" impugnare il "martello di Kharas" e battere il mistico metallo appena raffreddato sull’ampia incudine, ma bastò immaginarselo per avere comunque i brividi sulla pelle.
Anche il mago non si era voluto perdere la prima fase della forgiatura, ed aveva fatto avanti indietro dalla “Galleria Superiore” al “livello del Cuore”.
Aric, malgrado quello che Estellen aveva pensato riguardo le sue condizioni fisiche, fu quello che stranamente si era ripreso più in fretta della compagnia. Portava un’espressione sicura sul volto scavato e non si allontanava mai dal suo bastone incantato, quasi fosse diventata una morbosa ossessione. Sembrava comunque più lucido rispetto a prima e quando Kail gli aveva domandato cosa avesse voluto fare, giunti a quel punto, egli argomentò con estrema chiarezza e praticità quanto sarebbe stato saggio non separare le loro strade proprio adesso. Lui aveva bisogno di risposte su tutto ciò che gli era successo e loro avrebbero giovato del suo aiuto, come del resto anche il mezzelfo si trovò ad ammettere senza problemi. Infatti il ranger si dichiarò più che contento se Aric avesse voluto seguirli come ulteriore scorta di Estellen. Lo stregone si augurò solo che, con il passare del tempo, sarebbe riuscito ad andare a genio anche alla sacerdotessa di Paladine e soprattutto a Stuard, che era risaputo non vedesse di buon occhio i maghi.
Comunque, nella tarda mattinata, i nostri eroi iniziarono il tam tam degli addii e i confronti finali con i loro amici, che molto presto si sarebbero lasciati indietro. Il primo che aprì le danze fu Lord Kanthor:
“So che non è un buon momento per parlare, so che preferireste riposare, ma devo conoscere i vostri piani a breve termine. Intendete attendere la forgiatura della prima “Dragonlance”, ed offrire ancora una volta il vostro prezioso contributo, magari aiutando con i lavori nel passaggio sotterraneo che inizieranno nei prossimi giorni o preferite partire subito, appena le vostre ferite saranno risanate del tutto? Normalmente non vi porrei questa scomoda domanda, ma questo luogo sembra avere delle virtù particolari, che accelerano il processo di guarigione e voi sembrate avere molta fretta. Ho avuto questa sensazione fin da quando avete messo piede a “Castle Eastwatch”!”
Stuard, Kail ed Estellen, spiegarono volentieri a Broadblade quanto avrebbero desiderato dare ancora una volta una mano e rendere possibile il transito delle armi sacre fino al castello. C’erano poche cose a cui avrebbero rinunciato di meno che non assistere al lavoro alacre di Theros e Flint. D’altronde, chi non avrebbe voluto esserci nel momento in cui la “prima lancia” fosse stata alzata al cielo in segno di sfida alle forze del male? Dopo così tanti sacrifici poi. Eppure il tempo era davvero tiranno per loro. Avevano trovato una via nascosta tra le montagne, grazie al suggerimento di un potente amico e dunque non aveva senso attendere oltre, vista la lunghissima strada ancora da fare prima di giungere a Palanthas.
I nostri eroi pertanto decisero di partire all’alba dell’indomani mattina, nonostante il mezzelfo non fosse ancora in condizioni ottimali. Lord Kanthor annuì e comprese appieno le motivazioni della compagnia a voler ripartire immediatamente. Si prese la responsabilità dunque di avvertire i fabbri e Sir Platus di questa loro decisione.
Verso sera il gruppo si radunò intorno alla rumorosa ma tiepida forgia, condividendo un timido pasto. La “lancia di Huma” era stata avvolta con una pesante coperta e sarebbe stata la prima cosa che avrebbero trasportato al castello. Vederla, a pochi metri da loro, finalmente libera dalla lordura del sangue di Takhisis, mise tutti di buon umore. Tra una chiacchiera ed un’altra, Lord Kanthor aggiunse:
“Domani, verso il primo pomeriggio, dovrebbero iniziare a partire dal castello i primi uomini con il legname e gli attrezzi necessari per installare la prima traccia del ponte… insieme a loro, quelli che dovranno portare indietro i nostri morti. C’è qualcosa, signori, che desiderate lasciarvi indietro, qui in questo luogo sacro?”
La compagnia si guardò interdetta, non capendo cosa Broadblade volesse dire.
“Ci sono forse dei messaggi, degli oggetti, qualunque cosa che desiderate che io e i miei uomini possiamo riportare a qualcuno oltre mare? Non so, a Lord Gunthar per esempio?”
Spiegò meglio il comandante di “Castle Eastwatch”.
Estellen e Stuard a quel punto annuirono, replicando che il comandante in capo delle forze solamniche conosceva già tutto ciò che doveva sapere sulla loro missione. Per questo aveva dato a Stuard il suo anello e per questo si era esposto in prima persona per aiutarli durante le numerose tappe del loro viaggio. Quindi lo ringraziarono per la premura, ma no, non avevano alcuna eredità da lasciarsi indietro, qui, alla “montagna del drago”. Confidavano che tutte le informazioni riguardo le meraviglie rinvenute sull’isola di Cristyne e le insidie trovate nella città di Welmet, sarebbero state fatte pervenire a Gunthar da lui in persona o da un suo ufficiale di fiducia. Magari Sir Francis stesso.
Trovarono quindi un angolo confortevole per passare la notte, quando finalmente il rumore del mantice e del meccanismo che spostava i vani con il “metallo dei draghi” si chetarono e dopo molto poco si assopirono.
L’alba arrivò forse troppo presto, soprattutto per Kail che sembrava essere l’unico ancora parecchio affaticato della compagnia. Estellen gli aveva applicato una fasciatura rigida, che gli impediva di muovere il braccio sinistro. Nonostante il disagio, il mezzelfo fu il primo a dichiararsi pronto per ripartire.
Tuttavia non fu così facile. Per nessuno della compagnia.
Nessuno di loro aveva infatti mai amato gli addii. Già in passato erano stati costretti a lasciarsi alle spalle amici ed alleati, con cui avevano condiviso il cielo stellato per settimane, per mesi perfino. Bastava ricordare i due minotauri Marduk e Khorkh per esempio, il terribile Kender Bartolomeo Tablespoon, ed Eiliana, la nobile elfa, cugina di Alhana Starbreeze, che aveva rubato il cuore del mezzelfo. Separarsi con tutti loro era stata dura e quel giorno non sarebbe stato certo da meno.
Il primo a salutare i nostri eroi, ed in particolar modo Estellen, fu Flint. Il vecchio nano tirava su con il naso, nel tentativo assai vano di camuffare le lacrime. Il suo volto rugoso, di chi aveva visto centinaia di primavere, era come una logora sfinge, che nascondeva emozioni troppo forti che lottavano per esplodere e venir fuori dirompenti, ma trattenute con grande sforzo.
“E’ stato un vero onore accompagnarvi, mia signora. Porterò le mie avventure, con voi e con i vostri amici, nel cuore, finché esso vorrà ancora sostenermi. Vi auguro ogni bene, perché è davvero quello che meritate. E se accettate un consiglio da un vecchio e sciocco nano: non rinunciate ai vostri sentimenti. Mai. Seguite sempre il vostro cuore, perché è questa la vostra vera forza, mia cara...”
Estellen, a differenza del nano, non cercò di frenare le lacrime e lo abbracciò con calore, lasciandosi scappare forse qualche singhiozzo di troppo. La sacerdotessa di Paladine sapeva fin troppo bene che quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe visto in vita e questa amara consapevolezza le provocava un dolore indicibile. Anche Kail lo abbracciò con affetto: alla fine, si era affezionato a quel vecchio e burbero nano.
Stuard stava per fare lo stesso, ma Flint riuscì a sorprendere tutti ancora una volta con queste inaspettate parole:
“Sir Stuard, so che avrete molto da fare nelle prossime settimane, ma non saprei a chi altri affidare i miei appunti sulle incredibili scoperte fatte insieme nel “Tempio perduto della città di Baleph”. Non vi chiederei mai di sospendere i vostri impegni nel prossimo futuro: so che siete preoccupato per il vostro casato e per vostra sorella e che la vostra strada vi condurrà prima a Palanthas a compiere il vostro destino, vi chiedo solo di trovare tempo e modo di recarvi a Thorbadin e consegnare questi scritti nelle sapienti mani di re Duncan. Oppure di affidarli ad un nano, secondo voi degno, affinché possa recapitarli fino al nostro sovrano in vostra vece. Lo farete Sir Stuard? Questo gesto apporterebbe parecchi benefici alle nostre razze. Forse addirittura un’alleanza… chi lo sa? Siamo nelle mani di Reorx…”
Il cavaliere guardò le pergamene, vergate dalla abile mano del nano. Poi alzò lo sguardo da esse e lo posò su Flint, incredulo.
“Lo farei io stesso, cavaliere, ma dubito che il mio vecchio cuore mi sosterrà per un’altra avventura…”
Concluse il vecchio fabbro, quasi scusandosi per sentirsi prossimo alla morte. Stuard sorrise, poi spiegò che per lui era davvero un onore prendersi l’onere di un simile compito, sia per l’importanza culturale che aveva, che per quella politica. Quindi il nano annuì e come era solito fare quando si sentiva troppo in imbarazzo, girò le spalle a tutti e tornò al proprio lavoro.
Quindi fu il turno di Theros salutare i suoi compagni. Il grosso fabbro ergothiano ringraziò l’intera compagnia per averlo difeso e protetto e per avergli insegnato l’umiltà, la sofferenza e la tenacia, ma soprattutto per la grande crescita spirituale che aveva avuto rimanendo tutto quel tempo con loro. Si augurò di poterli rivedere presto ed in buona salute.
Infine venne il turno di Lord Kanthor:
“Signori e signore, è stato davvero un onore seguirvi in questa impresa gloriosa. So che il vostro destino vi porta lontano, ma sappiate che anche se forse non ci rivedremo più, sono davvero fiero di aver combattuto al vostro fianco e mi impegno solennemente ad aiutare “Mastro Theros” e “Mastro Flint” nel custodire le “Lance Sacre” da loro forgiate, finché non sarà il momento giusto per rivelarle al mondo e ai nostri nemici. Grazie!”.
Kail, Stuard ed Estellen, salutarono con calore Broadblade, restituendo al cavaliere parole altrettanto gentili. Poco prima di accomiatarsi, il comandante di “Castle Eastwatch” si avvicinò a Stuard, estrasse un plico dallo zaino ed aggiunse:
“Sir Stuard, ho riflettuto su quanto mi avete detto e ho pensato che vi avrebbe fatto comodo questo documento… è una pergamena scritta di mio pugno, indirizzata a Lord Gunthar Uth Wistan. Parla delle imprese di Sir Platus, che altri non è che “Lady Plata Silverglove”. Imprese di coraggio e valore, che la rendono una perfetta candidata al ruolo di cavaliere a tutti gli effetti. Se riuscirete a trovare almeno altre due testimonianze come questa, forse ci sarà speranza per vostra sorella e per l’intero "Ordine dei cavalieri", ormai troppo poco al passo con i tempi.”
Stuard non sapeva cosa dire: aveva sperato in una cosa del genere, ma non aveva trovato il tempo di parlare al condottiero veterano e domandargli una cortesia così grande. Riuscì solo a ringraziarlo e a promettere che avrebbe fatto il possibile per onorare sé stesso e l’armatura che indossava, ricordando che l’avrebbe restituita quando fosse passato per il maniero di Sir Ulrich.
Il cavaliere poi andò a salutare Lady Plata, rimasta in disparte. La donna era di poche parole, ma gli rese grazie quando egli le promise che avrebbe fatto il possibile per darle giustizia e farla entrare di diritto nell’ordine dei cavalieri ufficialmente.
Quindi la compagnia si radunò, seguendo Kail alla “Galleria Superiore” e poi oltre il portone e il corridoio che conduceva fuori, alla valle. L’immancabile nebbia li accolse nel suo grembo, ma tutti erano consapevoli di aver chiuso un importante capitolo quel giorno e che un altro si stava per aprire: ugualmente importante e ugualmente pericoloso.
L’unico che sembrava insensibile ad ogni cosa sembrava Aric. Il mago aveva ascoltato ogni parola, osservato ogni lacrima e contemplato ogni addio, ma non aveva detto nulla o fatto alcun cenno di coinvolgimento emotivo. Rimaneva gentile con tutti, ma distaccato. Cortese, ma freddo.
Insomma, quel mago dalle rosse vesti sarebbe divenuto per la compagnia un nuovo compagno di viaggio, ma Kail e i suoi amici dubitavano assai che sarebbe entrato nei loro cuori, come gli altri che si erano lasciati alle spalle erano invece riusciti a fare.
Dolorosi addii.
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- Scritto da Mike Steinberg
- Categoria: La Guerra Delle Lance
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