Era primo pomeriggio quando Aric e Kail tornarono alla “Montagna del Drago”. I due compagni erano parecchio rinfrancati dal fatto che “Holy” avesse offerto alla compagnia una via di fuga relativamente sicura attraverso la scala nascosta che tagliava le montagne, ma continuavano ad essere preoccupati per ciò che avrebbero dovuto fare a breve riguardo il problema del “sangue di Takhisis”. Il drago di bronzo infatti aveva offerto tre soluzioni, affatto semplici da realizzare, ciascuna con parecchi pro e contro da tenere in considerazione. Tre opzioni da valutare insieme con estrema e scrupolosa attenzione.
Il mago ed il mezzelfo trovarono Estellen e Stuard, l’una accanto all’altro, nei pressi della forgia, intenti ad osservare il lavoro alacre dei due fabbri. Armati di mascherine, occhialetti e tanta buona volontà, sia Theros che Flint stavano facendo del loro meglio per prendere la mano con i complessi macchinari della “fucina del drago”, come in maniera a dire il vero poco fantasiosa l’avevano ribattezzata.
L’intero “livello del cuore” era immerso in un baccano assordante, tra il metallo che sgorgava di continuo da vano in vano, le leve che venivano bloccate e sbloccate ripetutamente e il mantice enorme che sparava aria nella camera di combustione nemmeno fosse un elefante! Senza contare le urla continue dell’ergothiano, che voleva che l’amico facesse le cose esattamente come gliele chiedeva e non a “modo suo”, come il nano invece era solito aiutarlo.
Quando Estellen e Stuard notarono il ritorno dei due compagni, non sapevano dire se fossero stati più contenti di rivederli o più arrabbiati per averci messo tutto quel tempo per tornare da loro. Era evidente che avevano impiegato troppe ore nella valle per aver fatto un semplice giro esplorativo.
Tuttavia la compagnia decise saggiamente di mettere da parte per il momento eventuali contrasti interni, per parlare di cose invece importanti per il loro futuro. Quindi, per poter sperare di avere una comunicazione decente, stabilirono di salire direttamente al livello superiore, proprio dove ancora ribolliva la “polla di sangue”, approfittando di questo anche per controllare meglio la situazione.
Infatti era rimasto il solo Sir Platus a pattugliare la zona, visto che i due cavalieri che erano con lui avevano ricevuto l’ordine da Lord Kanthor di tornare indietro al castello per velocizzare i tempi di ricostruzione del corridoio. Essi avevano anche avuto precise disposizioni da parte del comandante di “Castel Eastwatch” di fermarsi prima a ricomporre i corpi dei morti. Lui stesso aveva deciso di accompagnarli fino a quel punto, perché voleva omaggiare personalmente i caduti. Non era infatti certo che nei giorni seguenti avrebbe potuto trovare il tempo per farlo. Poi i due cavalieri avrebbero fatto il più in fretta possibile per tornare a casa, coinvolgere nell’impresa la maggior parte degli uomini disponibili e trascinare sul posto delle “palizzate di legno”, con cui costruire un “primo ponte” di fortuna. Lo scopo era chiaro: le “Dragonlance” forgiate avrebbero dovuto passare per forza di lì, trasportate manualmente fino al castello e poi imbarcate via mare direttamente per l’isola di Sancrist. Era la via più sicura e se fossero stati accompagnati da un pizzico di fortuna e soprattutto “dall’anonimato”, gli eserciti dei “signori dei draghi” non avrebbero sospettato di niente e Lord Gunthar avrebbe avuto il tempo di organizzare la controffensiva senza impedimenti di sorta.
Il piano pareva buono e anche Aric e Kail annuirono alla decisione che avevano preso i loro compagni assieme a Lord Kanthor. Tutto questo sarebbe stato vanificato però, se non avessero risolto, possibilmente in fretta, la questione di quella maledetta cosa, maleodorante e putrida, che ancora lordava il pavimento della “Galleria Superiore”.
Infatti, oltre ad essere una “vera blasfemia per l’intero creato”, come Kail l’aveva definita, quel “sangue” rappresentava una vera spina nel fianco per loro, poiché la dea oscura avrebbe immediatamente saputo, con ottime probabilità, ogni sua posizione e spostamento e chi ne fosse venuto eventualmente in possesso. Questa consapevolezza le avrebbe permesso di dedurre “cosa fosse successo” alla “Dragonlance” che l’aveva trafitta secoli prima e soprattutto che qualcuno era riuscito a recarsi alla “sacra forgia” per purificarla e magari per crearne delle altre. Seguendo ancora il filo di questo ragionamento, avrebbe quindi intuito che i draghi buoni dovevano essersi alfine risvegliati (che cosa infatti ci avrebbero fatto i cavalieri con delle "lance sacre", senza poterle montare sui draghi?) e che le forze del bene non erano affatto vicine al tracollo, come “Lei” supponeva, ma che c’era ancora speranza per loro.
Insomma, nel migliore dei casi avrebbero perso l’elemento sorpresa, nel peggiore invece Takhisis avrebbe saputo escogitare un piano astuto e malvagio per eliminare il problema alla radice. Sarebbe stato sufficiente per esempio mandare uno squadrone di draghi cromatici sul mare nuovo, ad affondare le navi che portavono le “Dragonlance” a Sancrist e ogni cosa per i popoli liberi di Krynn sarebbe andata perduta. Ecco perché bisognava trovare il coraggio di affrontare la cosa e risolverla definitivamente.
I nostri eroi decisero dunque di affiancare innanzi tutto Sir Platus, di guardia alla scura pozzanghera.
Quello che si aprì innanzi a i loro occhi fu uno spettacolo davvero raccapricciante: una orrenda polla di sangue ribollente, composta da un liquido più scuro e maleodorante, che si agitava feroce come fosse stato vivo, si contendeva “la supremazia territoriale” con un altro, più fluido e chiaro, che tentava invece di contenerlo, con pazienza e determinazione. Pareva come se quello più scuro ogni tanto cercasse di uscire da una prigione nella quale era stato confinato, creando delle forme strane, irregolari, come delle eruzioni vulcaniche in miniatura, che venivano poi sedate e riportate ad una condizione di calma da quello più limpido e lucido.
Malgrado le apparenze, la situazione era davvero disperata, poiché saltò agli occhi a tutti che il “sangue di Takhisis” avrebbe avuto presto la meglio su quello di Lindaara. Sir Platus bisbigliò tra le labbra di aver notato infatti che negli ultimi minuti “questi scoppi” erano diventati sempre più frequenti nella polla e che diventava sempre più dura per il liquido meno denso trattenere l’irruenza dell’altro. Quindi andava ideata una soluzione veloce.
A quel punto Kail illustrò, a dire il vero in maniera un po’ titubante, probabilmente inorridito da cotanta ripugnanza che gli si agitava davanti, ciò che “Holy” aveva suggerito qualche ora prima. Il mezzelfo fece subito una premessa, provando a spiegare che non era affatto facile comunicare con un drago: erano creature troppo più intelligenti, intuitive ed evolute rispetto agli umani, pertanto riferì solo le sue conclusioni e non i ragionamenti che l’avevano portato a formulare quelle strategie.
Secondo il drago di bronzo esistevano per loro solo tre vie percorribili.
Quella più facile, ma più lunga: costruire una specie di contenitore, fatto di "metallo dei draghi", che potesse rendere silente quella malvagità, come aveva fatto nei secoli la “lancia di Huma”.
Quella più difficile, ma più rapida: rendere materiale tutta quella oscurità, incarnandola in una creatura potente ed aberrante, ma anche mortale, “uno spirito di sangue”: una completa blasfemia, che avrebbe certamente rischiato di ucciderli tutti, ma che, se sconfitta, avrebbe cancellato definitivamente l’angoscia di avere il “sangue di Takhisis” sul piano materiale.
La terza sarebbe stata forse quella più sofferta, ma senza dubbio più pratica delle altre e soprattutto senza rischi per nessuno. Tranne che per Estellen. Infatti, come aveva già fatto con la fiamma azzurra di Mishakal, ella avrebbe dovuto assorbire dentro di sé l’essenza malevola della dea oscura, togliendola definitivamente dal mondo, ma non senza conseguenze nefande per lei.
La compagnia discusse parecchio, come era prevedibile, su quale fosse la scelta migliore, tenendo conto di tutte le variabili. Estellen puntava molto sul “contenitore benedetto da Paladine”: aveva già proposto una soluzione simile ore prima e aveva anche chiamato Theros per parlare con lui di questa possibilità. L’ergothiano, a dire il vero, sembrava un po’ perplesso a riguardo.
“Di certo mi ci vorrà del tempo per crearne una senza avere uno stampo, ma ci proverò mia signora…”
Aveva risposto brevemente il fabbro all’inizio, prima di tornare ai suoi affari nella forgia. Flint, che come sempre l’aveva seguito, aveva poi aggiunto, quando l’amico se n’era andato:
“Il mio unico timore, mia signora, è quello che riguarda i tempi di realizzazione di un simile oggetto… uno che possa contenere quella… quella sconcezza ributtante. Non penso affatto che per Theros sarà un lavoro semplice e breve, idearla e poi costruirla… e sarà tutto tempo che toglieremo alla costruzione delle “Dragonlance”: una in più o in meno, potrebbe fare la differenza…”
Ammise con un pizzico di preoccupazione il vecchio nano. Inoltre, secondo Aric, c’era anche il problema di chi avrebbe dovuto gestire e difendere “una custodia” così potente, che nascondeva qualcosa di talmente appetibile, che letteralmente tutti (di allineamento malvagio) avrebbero desiderato avidamente per utilizzarne il contenuto per i loro scopi.
“Penserò io a proteggere la scatola, anche se la cosa mi terrorizza. Farò in modo di nasconderla e tenerla fuori dalla portata di chiunque e per sempre. Avete la mai parola!”
Aveva aggiunto con enfasi Lord Kanthor, che nel frattempo si era unito alla compagnia. Il cavaliere aveva coraggiosamente offerto il proprio aiuto, ben sapendo che i nostri eroi non avevano più molto tempo per restare alla “Montagna del Drago”. Avevano una missione ancora lunga e complessa da portare a compimento, ed arrivare a Palanthas entro la primavera portava a considerare ogni giorno come “vitale” per il raggiungimento dei loro obiettivi.
“Se deciderete di andare non vi biasimerò, ma prima dovrete spiegarmi come fare per mettere… quel… quel sangue… nella scatola, per poi sigillarlo …”
In effetti questo dettaglio non da poco doveva essere tenuto in considerazione nelle loro valutazioni prima di scegliere questa via, poiché altrimenti il contenitore fatto di "metallo dei draghi" sarebbe servito a poco. Francamente, a nessuno venne in mente un’idea vincente per trasferire “la pozzanghera” nella scatola, senza nutrire molti dubbi sul fatto di riuscire a trasferire tutto il sangue all'interno, senza lasciarne nemmeno una goccia sul pavimento. Perché anche dimenticarne una sola, anche piccolissima, avrebbe determinato una vera catastrofe. Senza contare il fatto che, con tutta la stima nei confronti di Lord Kanthor, Aric dubitava seriamente che le sue mani fossero le migliori per nascondere o tenere con sé un oggetto simile per molto tempo. Prima o poi la notizia sarebbe venuta fuori e qualcuno di “abbastanza in alto” avrebbe distrutto l’intero castello pur di rubarlo per poterlo utilizzare o rivenderlo al mercato nero. Era un rischio troppo grande.
Il mago spingeva piuttosto per la terza ipotesi: le mani di Estellen restavano sicuramente le migliori per trattenere tutta quella malvagità, di questo anche la portavoce di Paladine era consapevole, ma chiederle di fare una cosa del genere voleva dire abbandonarla a convivere con una oscurità assoluta per il resto della sua vita. Tuttavia la giovane sacerdotessa alla fine avrebbe accettato quell’ennesimo sacrificio, anche se con grande riluttanza.
“Mia signora, siete sicura? Una tale malvagità potrebbe portarvi a compiere azioni indicibili, a condizionare la vostra mente e a portarvi lontana dalla luce. E’ un rischio immenso, non solo per voi, ma per tutti noi. Davvero ve la sentite di correrlo?”
Commentò Lord Kanthor, davvero scosso all’idea di una simile possibilità. Nessuno della compagnia osava aggiungere altro.
Restava la scelta di affrontare lo “spirito di sangue”, ma Kail lo aveva sconsigliato vivamente, poiché perfino “Holy” aveva a chiare lettere sottolineato che era assai preferibile non affrontare una creatura così potente per dei semplici mortali, perfino avendo Lindaara al loro fianco. Le loro possibilità di sopravvivenza sarebbero state davvero minime.
Quando tutti, anche se a malincuore, avevano scelto di appigliarsi ancora una volta ad Estellen, una voce inquietante ed inquieta scosse la mente dello stregone.
“A dire il vero, mago, potreste davvero scegliere l’opzione più difficile ma meno invasiva, anche se non ti nego che sarebbe davvero molto pericolosa per tutti… non solo per la vostra compagna. Già… Lindaara… un nome che non udivo da molto tempo…”
Aric pareva confuso. Era stato il bastone a suggerirgli di fare in modo che la compagnia scegliesse la terza via. Adesso aveva cambiato idea? Forse ora che aveva appreso chi si celava davvero dietro la sacerdotessa di Paladine era giunto a fare altre considerazioni? Chi era Lindaara per lui? Un amica da proteggere o una nemica da eliminare? Chi poteva dirlo: quello era un demone e anche tra i più potenti, da quello che aveva capito.
“Il sangue di un dio caotico e malvagio, come quello che regna su questo mondo, cercherà sempre un modo subdolo e distruttivo per fuggire, per tornare al proprio piano di appartenenza. Brama una forma fisica, quindi. La più probabile, vista la sua natura e come già detto da qualcuno più saggio di me, è proprio quella di uno “spirito di sangue”: una creatura raccapricciante e da non sottovalutare assolutamente. Tuttavia, una volta ottenuta questa forma, essa necessariamente dovrà diventare mortale per poter esistere su questo piano e pertanto risulterebbe possibile ucciderla. Il sangue della dea dalle cinque teste di drago trasuderebbe a quel punto nell’Abisso, fino a tornare da colei cui appartiene e questo mondo non ne sarebbe più minacciato. Devo avvertirti però: la forza di uno “spirito di sangue” è quasi inarrestabile. Perfino i miei poteri potrebbero non bastare per fermarlo, anche se tu li padroneggiassi appieno. Tuttavia questo è un luogo sacro e il tuo avversario verrebbe pertanto privato di molte delle sue capacità. Scegli saggiamente dunque, stregone.”
Dopo diversi secondi di silenzio, in cui il mago cercò di riordinare al meglio i suoi pensieri, Aric riferì ai suoi compagni ciò che il suo demoniaco bastone gli aveva detto, trovando subito l’appoggio di Stuard verso questa soluzione. Anche Lord Kanthor e Sir Platus furono d’accordo, ma tutti convennero di tenere fuori dalla pugna sia Flint che Theros, anche se erano perfettamente consapevoli che se loro non ce l’avessero fatta a bandire quel mostro, il destino dei due fabbri era chiaramente segnato. Come quello della guerra d’altronde e di chissà quante altre cose.
Anche questa scelta rappresentava un rischio mastodontico, quindi.
Tuttavia, Estellen si lasciò convincere facilmente, viste le altre due opzioni, mentre Kail alla fine cedette solo per amore nei confronti dell’amica: il mezzelfo sapeva molto bene che più di uno di loro sarebbe potuto morire con facilità nello scontro. Ecco perché adesso serviva un piano. Un vero piano.
I nostri eroi proposero varie strategie, ma quella di usare ancora un volta la “Dragonlance” di Huma si rivelò la più vincente. Se c’era qualcosa che poteva fermare un orrore simile infatti, sarebbe stata certamente e ancora una volta la lancia del grande cavaliere! Solo che il mago ammise subito di non avere la forza di utilizzare un incantesimo di telecinesi abbastanza potente da scagliarla con sufficiente violenza per uccidere o perlomeno ferire quel mostro, di cui nessuno tra l’altro conosceva ancora forma e dimensioni.
Aric consultò quindi la staffa prima di confermare che questa strategia poteva essere realizzata, ma il bastone rispose in modo assai criptico.
“Ti aiuterò stregone, ma non proteggerò nessuno dei tuoi compagni. Non sprecherò le mie forze per loro. Una volta che evocherò lo “spirito di sangue”, se essi alfine vivranno o moriranno non sarà affar mio. Quindi non chiedermi nulla di troppo stupido o lascerò anche te venir eviscerato da quella creatura spietata e costantemente affamata…”
Un bieco cipiglio si disegnò sul volto tirato del mago, ma quando i suoi amici gli domandarono se poteva riuscire, grazie al suo bastone incantato, ad utilizzare con la necessaria destrezza la “Dragonlance”, si limitò a rispondere di si. Si guardò bene però dal rivelare che avrebbe potuto far ben poco altro per aiutarli durante il terribile scontro imminente.
Le tre vie.
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- Scritto da Mike Steinberg
- Categoria: La Guerra Delle Lance
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