Il viaggio per Silvale sarebbe durato quattro giorni e Slanter, dal momento che si viaggiava leggeri, era abbastanza convinto di giungere a destinazione secondo tabella di marcia e senza troppi intoppi. La strategia del nano rimaneva la stessa: entrare ed uscire dalle piccole ma frequenti macchie di alberi sparse sul territorio, qualora avesse annusato nell’aria il puzzo opprimente degli imperiali. La compagnia era formata da gente abbastanza taciturna. Aelion parlava poco, soprattutto da quando Valyn Ukshade si era unita al gruppo. Elfi ed Asura infatti non andavano molto d’accordo, anzi, per niente. Escol non era certo un chiacchierone e Stee, beh, Stee non parlava affatto. L’unico che talvolta amava ciarlare un pò era proprio Slanter, ma i suoi interlocutori non l’aiutavano molto. Durante la prima notte di campo, il figlio del Duca cercò di scambiare due parole con l’asur, scoprendo dei dettagli su di lei molto interessanti. Nel corso della conversazione infatti, egli le parlò di Atreus e dello strano rapporto, di rispetto e stima reciproca, che aveva con lui. Valyn annuì, asserendo che sapeva ogni cosa su di loro, ma quando Escol le domandò il perché e soprattutto il come ne fosse venuta a conoscenza, rimase senza parole. Valyn era l’ultima figlia di Atreus! Il giovane guerriero faticò ad uscire dall’imbarazzo di doverle spiegare che era stato lui ad uccidere suo fratello, per ordine diretto del suo stesso padre. Tuttavia l’asur gli risparmiò volentieri questa vergogna, dicendo che suo fratello meritava quel fato e che se non ci avesse pensato lui, avrebbe dovuto farlo lei. Quindi che lo ringraziava per questo. “Asur...” Pensò tra sé il figlio del Duca, alzando gli occhi al cielo. Poi Valyn confermò che sarebbe rimasta al suo fianco per tutta la durata della missione, e, provocata sull’argomento che riguardava la nemmeno troppo nascosta volontà del padre di sedere un giorno sul trono di Arios, ella rispose: “Non mi interessa il trono, ho altre mire e altri scopi per il mio futuro.” Escol cercò di scrutare nei suoi occhi cremisi, per capire se stava mentendo o dicendo il vero, ma già faticava a riuscire a vedere i contorni del suo viso, figuriamoci le sue intenzioni. Immersi nell’oscurità della notte, con solo la flebile luce del fuoco a “chiaroreggiare” intorno al campo, era quasi impossibile sapere quando finiva l’asura e quando iniziava il buio di quella fresca serata senza luna. In ogni caso, Escol si mostrò disponibile con Valyn a qualunque collaborazione futura: sebbene avesse preso accordi con Wizimir, che tra l’altro scoprì che lei disprezzava per la sua natura mezzosangue, egli non si sarebbe dimenticato dell’aiuto che l’asura gli stava fornendo. Valyn annuì, ed Escol la lasciò al suo ristoro accanto al fuoco. Poco dopo iniziarono i turni di guardia, ed il giovane guerriero si offrì per fare il primo. Si sistemò su un tronco d’albero spezzato e invitò tutti i suoi compagni a riposare un pò. Dopo nemmeno una mezzora, qualcosa cominciò a emanare calore da uno dei sacchetti che teneva appesi alla cintura. Si trattava della pietra nera di Wizimir! “Già problemi!” Mormorò tra sé il figlio del Duca, mentre la sfilava dall’astuccio e la mise delicatamente sul palmo della mano. La pietra ardeva, mentre l’immagine traslucida del mago si manifestava davanti a lui. “Abbiamo un problema, Escol. Liss è sparita.” Il giovane guerriero non riusciva a crederci: non erano passate nemmeno quarantotto ore da quando aveva lasciato l’enclave degli elfi e già il fato ordiva per mettergli i bastoni tra le ruote! Il figlio del Duca domandò se fosse successo qualcosa di grave all’Enclave in queste poche ore, magari se qualche mutaforma si fosse rivelato e potesse averla rapita. Wizimir lo tranquillizzò subito sulla questione: la situazione restava problematica, con gli imperiali alle porte della città, ma non c’erano stati eventi significativi per cui preoccuparsi di una cosa del genere. Spiegò che aveva operato molte magie per capire cosa fosse successo alla sua allieva: incantesimi di psicomanzia, di rivelazione del vero, oltre al suo occhio dello stregone, che vedeva ogni cosa. Perfino Keira, quasi impazzita per la preoccupazione, non aveva aggiunto nulla che potesse aiutarlo nelle indagini, poiché, uscita da scuola, a poche ore da quando lui era partito, non era più tornata a casa. Poteva solo dire due cose certe a riguardo: la prima era che Liss non era più all’Enclave e la seconda che la piccola aveva abbastanza potere mistico da nascondere le sue tracce, se l’avesse voluto. Escol sospirò, alzando ancora una volta gli occhi al cielo. Che aveva fatto di male per meritare due donne nella sua famiglia così pazze e cocciute? Riflettendo meglio sulla situazione, tenendo a freno l’ansia, stava cominciando a capire cosa fosse davvero successo a Liss. Ringraziò Wizimir, chiedendogli di rimanere però sempre disponibile per futuri aggiornamenti e andò a vedere di confermare la sua teoria. Si avvicinò silenziosamente a Valyn, immersa nella sua meditazione. A gambe incrociate accanto al fuoco, l’asur tuttavia sembrò percepire la sua presenza a molti passi di distanza. “Cosa c’è che non va, guerriero Nordhmenn?” Gli sussurrò l’eburnea donna, inchiodandolo sul posto col suo sguardo di fuoco. “Avrei bisogno del tuo aiuto…” Rispose piano Escol, schiarendosi un pò la voce per il nervoso. Gli occhi rossi dell’asura si posarono su di lui. Escol si tolse il bracciale di cuoio intrecciato che aveva intorno al polso e lo mostrò alla maga. “Puoi dirmi dove si trova colei che mi ha fatto questo dono?” Valyn osservò curiosa il rozzo oggetto di pelle, inclinando leggermente la testa in un modo quasi buffo. Poi chiuse gli occhi per qualche secondo, li riaprì all’improvviso e disse: “Si trova … vicino … a circa una giornata di cammino da qui. Pare stia seguendo le nostre tracce.” Poi chiuse di nuovo gli occhi, facendo capire ad Escol che non aveva affatto voglia di riaprirli. Il giovane guerriero annuì, mordendosi il labbro tra rabbia e preoccupazione. Poi si avvicinò a Slanter, chiedendo al nano se al mattino potesse trovare una zona limitrofa più sicura rispetto a quella in cui si trovavano ora. Il nano borbottò qualcosa sulla pericolosità di rimanere fermi per troppo tempo da qualsiasi parte in questo territorio, ma quando capì che c’era di mezzo Liss, acconsentì e disse ad Escol di non preoccuparsi. Infine il figlio del Duca svegliò Stee. Anche al generale fece il punto della situazione e gli parlò della sua immatura figlioccia, che aveva lasciato l’Enclave per seguirlo. Stee pareva non molto contento di questo e quando Escol lo pregò di andare a recuperarla perché temeva per lei, lo fu ancor di meno. Tuttavia, accettò l’incarico, partendo immediatamente. Una giornata di cammino erano circa sei ore a cavallo, questo avrebbe significato che, se tutto fosse andato bene, il generale sarebbe tornato per l’ora di pranzo. E così fu. L’indomani, verso mezzogiorno, Stee fece ritorno. Slanter aveva spostato l’accampamento più all’interno rispetto alla strada maestra, ma niente che il mezzelfo non potesse trovare con facilità, grazie ai suoi fini sensi elfici. Dietro al suo cavallo c’era un grosso sacco di iuta che si agitava e mugugnava. Stee l’aveva preso dal carro prima di partire, ed ora Escol capì perché l’aveva fatto. Stee si caricò sulla spalla il sacco, ma Escol fu lesto a sfilarglielo dalle mani prima che il suo contenuto si facesse male. “La giovane, mostrava una certa … reticenza … ad obbedirmi. Ho dovuto… improvvisare.” Bisbigliò il mezzelfo, abbozzando una vaga giustificazione e mostrando quanto fosse poco capace di trattare con gli adolescenti. Perlomeno aveva pensato ad un piano “B”, chissà cosa sarebbe successo se fosse stato costretto a viaggiare con lei e a riprenderla per la collottola ogni volta che fosse scappata via. Il giovane guerriero scosse la testa e la liberò. Liss iniziò a scalciare e ad imprecare contro Stee, che si allontanò noncurante, ma quando incrociò lo sguardo severo di Escol capì che l’aveva fatta grossa stavolta. Il figlio del Duca non riusciva a crederci: quella ragazzina era “svicolata” oltre il portale che conduceva fuori le mura dell’Enclave e aveva seguito a piedi le loro tracce per quasi una giornata intera, eludendo viaggiatori curiosi e forse anche sentinelle imperiali. “Notevole…” Pensò tra sé, ma questo non gli tolse l’obbligo di redarguirla in maniera molto aspra e anche di schiaffeggiarla per la sua stupida avventatezza. Mortificata, Liss cercò di giustificarsi, ma Escol le disse chiaramente che quello che stava facendo non era un gioco: lui e i suoi compagni si stavano recando in un luogo pericoloso ed inesplorato e non sarebbero usciti vivi di lì se lei fosse andata con loro. Liss scoppiò a piangere e ad Escol esplose il cuore. Sapeva quanto la piccola soffrisse per la morte del padre, ma non poteva accontentarla stavolta: avrebbe avvertito sua madre e l’avrebbe attesa a Silvale affinché la riportasse subito indietro. Liss era terrorizzata all’idea, segno che aveva già visto Keira arrabbiata con lei e che non le era piaciuta affatto. Figuriamoci dopo una bravata del genere. Ma in fondo che aveva fatto di male? Voleva solo aiutare. Vendicare la morte del padre. Fare qualcosa di utile e non rimanere dentro l’Enclave ad aspettare di essere uccisa. Sembrava di ascoltare le parole di Keira. Di nuovo Escol scosse la testa affranto. Poi ordinò a Liss di mangiare e di riposare. Ormai quella giornata era andata sprecata, per cui meglio partire all’alba del giorno dopo. Il figlio del Duca, ancora furioso con la sua protetta, ma sollevato per il fatto che fosse sana e salva, avvertì Wizimir che il problema era stato risolto. Almeno in parte. Ora bisognava però che qualcuno venisse a prenderla, ma il mago scrollò le spalle, spiegando che Keira era già uscita con una scorta elfica alla ricerca della figlia. Probabilmente la donna aveva seguito il suo stesso ragionamento e aveva anticipato quella mossa, fidandosi del suo istinto. Escol pregò il mago di avvertirla, sfruttando i venti della magia e Wizimir acconsentì. Si sarebbero ricongiunti a Silvale. Così l’indomani mattina la compagnia e la sua piccola ospite, ripresero il cammino, raggiungendo la loro meta la sera del quarto giorno senza intoppi. Escol lasciò appositamente delle tracce evidenti sul terreno per far capire a Keira che non avrebbero lasciato mai la via maestra. L'unica cosa significativa che capitò in questi giorni fu una breve conversazione tra Escol e Valyn, dove l’asura domandò al guerriero perché lui temesse così tanto per una persona così “dotata nella magia”. Escol storse la bocca, rispondendo che non bastava “essere dotati nella magia” per sopravvivere in queste aspre terre. Tuttavia Valyn sembrava sinceramente non capire il suo discorso: il suo popolo preparava i giovani asura fin dall’età di dodici anni a sopravvivere alle difficili prove di sopravvivenza nel loro angusto territorio. Certo, qualcuno non tornava indietro, ma chi lo faceva era già pronto. Escol deglutì e le regalò un sorriso forzato: dalle sue parti invece, i bambini facevano i bambini, gli adolescenti gli adolescenti e gli uomini gli uomini. Valyn inarcò un sopracciglio e tornò a guardare dritta verso il sentiero. Dall’espressione che aveva sul volto si vedeva chiaramente che era molto perplessa. Escol non era affatto sicuro che ce l’avrebbe fatta a sopravvivere a tutto questo. Silvale era più un grosso villaggio che una piccola città. Senza mura di cinta e con affaccio sul mare, viveva di pesca e di commercio. Mentre il figlio del Duca si occupò di trovare una taverna e delle stanze, Slanter e Aelion nella sua forma umana, procacciarono le provviste. Riempito il carro, i due lo portarono nella stalla adiacente alla locanda e si unirono al gruppo per la cena. Liss cercava di parlare con tutti: la sua incredibile energia positiva, questo il figlio del Duca dovette ammetterlo, era davvero contagiosa, ma quando una figura incappucciata entrò minacciosamente nella taverna, si alzò terrorizzata, nascondendosi dietro ad Escol. Keira portava una mantella scura di valore, lisa ma di chiara sartoria Nordhmenn. Il giovane guerriero non sapeva se indossasse l’armatura, ma aveva la sua spada al fianco. Appena vide Liss che faceva capolino da dietro le spalle di lui, assottigliò gli occhi e si avvicinò a grandi passi ai due. Poi la afferrò per un braccio, causandole una smorfia di dolore e le sferrò un forte manrovescio che la fece finire a terra in lacrime. Ci fu un momento di panico nella locanda, ma quando tutti capirono che si trattava di una lite tra madre e figlia, ripresero a bere e a mangiare come nulla fosse. Keira urlò di tutto e di più alla figlia, poi la alzò da terra per un’ascella, assai poco delicatamente a dire il vero, ordinandole di andare immediatamente in camera a prendere le sue cose. Quindi si girò verso Escol e lo abbracciò forte. Il figlio del Duca la strinse, poi le accarezzò i soffici capelli biondi. “E’ solo una ragazzina spaventata, Keira. E cocciuta… come la madre.” La donna sorrise. Quindi annuì. Condivise con la compagnia qualcosa da mangiare e poi, non appena l’imbronciata figlia tornò al tavolo con le sue poche cose, si alzò, salutò tutti e se ne andò via con lei. “Ti aspetto all’Enclave, Escol. Ricorda: hai promesso di accompagnarmi a casa. Non ti azzardare a morire, laggiù dove stai andando. Hai capito?” Escol annuì, ed abbozzò un sorriso. Avrebbe dato qualunque cosa affinché lei fosse andata con lui: la sua sola presenza gli dava forza, ma non poteva davvero rischiare di perderla. Né lei, né Liss. Valyn lo guardò incuriosita ed affascinata. L’asur, per quanto così aliena rispetto ai modi e ai costumi degli umani, sembrava l’unica che riuscisse a leggere nel cuore delle persone. O perlomeno nel suo. Seguirono altri sette noiosi giorni di viaggio fino al villaggio successivo. Giorni in cui Escol  aveva chiesto all’asur di tenere un occhio vigile sulla sua famiglia. Quando Valyn lo avvertì che la donna e la ragazza erano tornate sane e salve all’Enclave, quando notò l’espressione di sollievo sul volto del giovane guerriero Nordhmenn, capì che lui le amava entrambe, anche se in maniera diversa. La notte prima di arrivare a destinazione, Escol parlò di nuovo con Wizimir e il mago ancora una volta non fu latore di buone notizie. Quella bravata infatti, avrebbe potuto portare conseguenze nefande a lui e alla sua famiglia. La rete di spie dell’imperatore era rinomata e il mago non poteva escludere il pericolo, che quell’imprevista “uscita dall’anonimato”, avrebbe potuto causare a Keira e Liss nell’immediato futuro. Si offrì di proteggerle entrambe ovviamente, ma consigliò ad Escol di fare quello che doveva e tornare indietro in fretta. Le cose si sarebbero presto messe male per loro due, ne era certo.