Escol guidava il piccolo contingente di Nordhmenn, capeggiati dal suo amico Aemaer, da vero leader. Aveva indossato la sua tipica maschera, ed ora sperava che tutto il lavoro psicologico che aveva fatto nel corso dei mesi, costruendo il personaggio chiamato: il “Terrore d’Argento”, avrebbe pagato, quando i legionari imperiali se lo fossero trovati davanti. Il figlio del Duca ancora non riusciva a credere che Eledras fosse lì con lui, a combattere al suo fianco. L’elfo sarebbe stato determinante contro qualcuno con i poteri dell’imperatore! Uscirono tosto dal boschetto con grande entusiasmo e si fiondarono velocemente all’assalto dei cancelli della cittadella. C’erano cadaveri sparsi dappertutto e la cosa strana fu che la maggior parte di essi erano di elfi scuri. Un gruppetto di due dozzine di guardie imperiali uscirono come forsennate da una caserma laterale e, urlando come dei pazzi, indicarono con le lance il gruppo di invasori, con Escol in testa. Quindi, deviando dal loro percorso originale, si buttarono al loro inseguimento. Il figlio del Duca era consapevole che non sarebbero mai riusciti a raggiungere in tempo l’edificio che Eofaulf aveva indicato come loro obiettivo finale, pertanto il giovane Berge diede l’ordine di fermarsi e di affrontare i loro assalitori. I suoi compagni sfoderarono tosto le armi e si prepararono a subire il tremendo impatto con la carica del nemico. Fu in quel momento che Aemaer lo afferrò per un braccio e gli disse di proseguire senza di lui e gli altri Nordhmenn. Escol provò a bofonchiare qualcosa in merito, a rimarcare che non era saggio lasciar dietro qualcuno in questo posto, ma il nerboruto Nordhmenn lo guardò con occhi invasati e poi commentò che i loro compiti alla cittadella erano diversi: il giovane guerriero e la sua gente dovevano raggiungere Arios, mentre lui e la sua avrebbero dovuto decapitare più nemici possibili!  Sapendo che era quasi impossibile ragionare con Aemaer, che stava sogghignando sinistramente, il figlio del Duca annuì e gli strinse forte la mano. Poi gridò alla compagnia e a Eledras di seguirlo! Il suo gruppo si staccò dagli altri e scartò di lato, mentre i Nordhmenn incrociarono le loro asce con le spade degli imperiali in uno scontro dal sapore davvero epico! Escol non poté evitare però qualche piccola schermaglia prima di disingaggiare, ed un colpo vagante, davvero sfortunato, aveva ferito gravemente padre Alden ad una spalla. Sorretto dai suoi compagni, il chierico riuscì comunque ad andare con loro, fino a raggiungere una grande sala interna al palazzo imperiale. Qui però fu costretto a fermarsi, per il dolore e la debolezza. Escol gli fornì subito una pozione di guarigione completa, ma il prete ammise tristemente di non farcela a seguire i suoi amici: aveva perso troppo sangue e sarebbe stato solo d’intralcio. Il giovane guerriero annuì, aggiungendo solo di attendere il suo ritorno rimanendo ben nascosto, oppure di lasciare questo posto appena si fosse sentito in grado di farlo. I due si salutarono con grande affetto, sperando di potersi rivedere presto. Eofaulf invitò il suo comandante a sbrigarsi, poiché erano ancora tante le zone del palazzo che avrebbero dovuto superare. La compagnia ed Eledras riuscirono a procedere avanti per un’altra buona mezz'ora, passando da comprensorio in comprensorio, edificio in edificio, fino ad arrivare in una struttura immensa, grande quasi quanto una piccola città. Il ranger guidava bene i suoi amici, conoscendo alla perfezione l’intero complesso. Quando imboccarono un largo corridoio, pieno di arazzi preziosi, tappeti raffinati fatti a mano e rifiniture in oro e argento purissimi che abbellivano quasi tutti gli interni, capirono che erano vicini alla fine del cammino. Eledras aveva fatto il massimo per confondere le poche sentinelle che si erano avvicinate un po' troppo a loro, riuscendo così ad evitare inutili e sfiancanti scontri. Purtroppo però, quando un calore tremendo iniziò a percepirsi in lontananza, Escol intuì che qualcosa di terribile si stava avvicinando. Qualcosa che nemmeno l’elfo avrebbe saputo accecare. Quando un orribile Jaychira apparve nel corridoio, nessuno poteva più far nulla per evitare lo scontro. La creatura sembrava come un piccolo sole ambulante, proprio come lo erano gli elementali del fuoco più forti e infatti Hilda sembrava impazzita dalla rabbia e dall’ansia quando riuscì ad inquadrarlo bene. Il mostro era alto quasi tre metri, aveva una struttura fisica che ricordava quella di un grosso grizzly, ma incuteva molto, ma molto più terrore solamente a guardarlo. Quando Eledras disse: “Andate, questo è un avversario al di là delle vostre possibilità”, Escol comprese che il Jaychira era stato evocato da Arios proprio per contrastare eventuali minacce gravi come poteva esserlo l’antico elfo. Il figlio del Duca non disse nulla: fece segno con la mano ai suoi amici di schiacciarsi contro la parete e scartare di lato molto lentamente. Hilda non seguì i suoi compagni: l’elementale del fuoco che era in lei per la prima volta parlò per bocca sua, dicendo che sarebbe rimasto anche lui con Eledras. Avrebbe combattuto al suo fianco quell’abominio che “Egli”, come tutti i suoi fratelli spiriti del fuoco, odiavano sopra quasi ogni altra cosa. Escol si rattristò per dover lasciare indietro la mezzelfa, ma ormai non c’era più tempo. Il calore divenne quasi insopportabile quando la compagnia passò accanto al mostro, ma alla fine riuscirono a superarlo senza particolari problemi. Per fortuna Il Jaychira sembrava avesse occhi solo per Eledras e Hilda! Eofaulf disse a tutti di accelerare il passo: erano rimaste poche decine di metri da percorrere prima di arrivare alla sala del trono. Com’era prevedibile, ad attenderli c’erano sei guardie scelte dell’imperatore a protezione della grande porta di legno che li divideva dalla loro mèta finale. Oltre ad almeno una dozzina di cadaveri di elfi scuri che tappezzavano il pavimento. A quel punto lo scontro fu inevitabile e terribile! Escol ingaggiò ben due legionari dalla rossa livrea, gettando un occhio sempre su Kail, che faticava a rivaleggiare con avversari di quel calibro. Nonostante avesse attivato ogni magia disponibile del suo equipaggiamento, il figlio del Duca continuava a colpire e a colpire le guardie, senza sosta, ma esse non cadevano. Pensò ad un certo punto che fossero invulnerabili! Poi, con urlo straziante, Alarien venne trafitta allo stomaco e crollò esanime a terra. Anche Eofaulf, dopo aver subito numerose ferite, fu sbilanciato dal suo formidabile avversario, che abilmente lo scaraventò a terra e si stava preparando a dargli il colpo di grazia. Il giovane guerriero era disperato, perché sapeva che non poteva fare nulla per i suoi amici. A malapena riusciva a tenere sotto controllo Kail e a dargli supporto quando gli serviva. Tuttavia, poco prima che un soldato imperiale potesse dare l’ultima e definitiva stoccata al ranger, un suo compagno si tolse d’improvviso l’elmo gettandolo di lato e, mulinando la spada, da tergo lo decapitò di netto. Quindi aiutò Eofaulf a rimettersi in piedi, ed insieme andarono ad aiutare Kail, che stava per cedere le armi ai nemici. Con grande fatica, l’ultima delle sentinelle a guardia della sala del trono venne finalmente abbattuta, ed Escol poté finalmente capire cosa fosse accaduto: il fratello di Eofaulf, Gunnar, vedendo che il suo consanguineo sarebbe stato trucidato senza pietà, era intervenuto e l’aveva salvato. I due si erano incredibilmente ritrovati! Escol lo ringraziò di cuore per questo, ma l’ombroso guerriero non pareva molto contento di quello che aveva fatto. Era felice di aver salvato la vita al fratello, ma non di aver tradito l’imperatore. Tuttavia, quando vide il giovane guerriero che si inginocchiava, ed offriva una pozione di guarigione sia ad Eofaulf che ad Alarien, si mostrò un pò meno combattuto di prima. Quegli uomini, quei guerrieri che erano giunti fin laggiù, affrontando indicibili pericoli, dovevano essere molto uniti. Escol gli strinse forte la mano e lo pregò di portare al sicuro suo fratello e la donna (che ora, per fortuna, era fuori pericolo di vita), raggiungendo il prete vicino l’entrata del palazzo reale. Alden infatti avrebbe potuto aiutarli ancor di più a riprendersi dalle terribili ferite subite. Poi sarebbero potuti fuggire di lì: il loro compito nella compagnia era finito.Ora toccava a lui e a Kail. Il giovanissimo Mohdi sembrava l’immagine stessa della paura, ma anche della determinazione: oltre quella porta c’era Arios in persona e c’era anche il suo destino da compiere. Non poteva e non doveva fallire! Questa consapevolezza lo stava però lacerando.   Gunnar afferrò Escol per un braccio, domandandogli se fosse proprio sicuro di voler entrare nella sala del trono. Lì dentro c’era l’imperatore in persona e dunque la morte certa per chiunque. Escol scrollò le spalle, dicendo di non avere altra scelta. I due si augurarono buona fortuna, poi il figlio del Duca abbracciò Kail e insieme, maestro ed allievo, entrarono tosto nella sala del trono.