I minuti che anticiparono la pista che Eofaulf alla fine scovò riguardo Alarien e i suoi rapitori, lasciarono tutti col fiato sospeso. Fortunatamente lo scout non ci mise molto a rinvenire il punto in cui l’elfa era stata stordita e trascinata via con la forza. Guardando Escol negli occhi, con il pollice gli indicò la via da battere. Dunque i nostri eroi raggiunsero subito i cavalli, iniziando un folle inseguimento a perdifiato. Dopo aver percorso poche miglia verso sud est, Eofaulf ordinò alla compagnia di fermarsi. Scese da cavallo e si inerpicò per una corta collinetta. Escol e gli altri si affrettarono a seguirlo, dopo che il ranger aveva controllato la piccola vallata sottostante. Alden sgranò gli occhi e invocò il nome dei Paradine quando si rese conto cosa stava succedendo un centinaio di metri più sotto. Un’ottantina di quei guerrieri Nordhmenn, tra cui sicuramente molti che li avevano assaliti qualche ora prima, si erano radunati lì, su quella piana e si stavano preparando a combattere. Escol non riusciva bene a capire contro chi o cosa e se la questione fosse collegata in qualche modo al rapimento della sua amica. Vedendo però che il prete era rimasto a bocca aperta, gli domandò spiegazioni, che il sant’uomo mise subito a disposizione sua e di tutti gli altri. Quello che stava accadendo laggiù aveva un nome preciso: si trattava del “Bretonsey Contest”, un’antica e barbara usanza, che era appartenuta ai Nordhmenn fino a qualche secolo prima. Questo antico costume, parecchio violento a dire il vero, ebbe origine per l’appunto tantissimo tempo addietro, quando i Nordhmenn erano un popolo selvaggio che viveva rintanato nel profondo nord di Eord. Era abitudine dei vari clan combattersi tra di loro per i più svariati motivi: terre, approvvigionamenti e persino per zotici divertimenti come rapire le donne, cosa che era solito fare il “Clan Bretonsey”. Costoro solevano spesso accaparrarsi le fanciulle più graziose dei clan rivali, mettendole poi in palio in una sanguinosa sfida tra i suoi uomini d'arme più forti. Purtroppo, con il passare del tempo, anche i campioni di altri clan si unirono a quella che mutò in una vera e propria “giostra”, finché questa non divenne una tradizione radicata, che iniziò a ripetersi ogni anno.
Quando i Nordhmenn migrarono nelle terre dei Valoarian, continuarono a praticare questa usanza, che però “Essi” consideravano, a ragione, “primitiva e barbara”. Dopo la “Grande Guerra” contro gli Asura e la conseguente fondazione dell'Impero, il “Primo Imperatore”: Lucas Modhi, seguendo gli insegnamenti dei “Maestri” (cosi' i Nordhmenn avevano preso a considerare i Valoarian, che li avevano salvati dallo sterminio), aboli' questa tradizione incivile. Tuttavia, non ufficialmente, essa continuo' ad essere praticata in clandestinita', sempre perseguitata, ma mai del tutto cancellata dall'Impero, fino a giorni odierni, dove Arios aveva sempre mostrato indifferenza nei suoi confronti. Probabilmente, quello che avevano sotto gli occhi, era ciò che rimaneva di quell antichissimo costume. Praticato adesso da gente inconsapevole dei motivi per cui si trovassero lì, pronti a massacrarsi l’un l’altro, solo per soddisfare i propri istinti primordiali. Quella gente si comportava non solo in maniera primitiva, ma anche anacronistica e oggi priva di senso, perché un tempo il “ratto delle donne” poteva anche aver avuto una funzione sociale, come quella di evitare di mischiare troppo spesso lo stesso sangue all’interno del medesimo clan, per esempio. Restava dunque una tradizione dura e violenta, ma ancora comprensibile per chi la stesse studiando come fenomeno storico. Ora invece non aveva altra funzione se non “sfebbrare” le radici represse, spesso crudeli e terribili, che erano rimaste incollate nel genoma Nordhmenn, come spirali di veleno proprie della loro longeva e bellicosa stirpe. Escol abbassò il capo e si vergognò profondamente, perché sapeva che le parole del prete erano vere. Gli uomini stipati laggiù, non avevano clan o se li avevano di certo non avevano bisogno di Alarien per premiare il loro coraggio in battaglia. Erano come quelli che facevano parte di sette fasulle: gente inconsapevole, che spesso si trovava a fare del male ad altre persone, attraverso sacrifici, torture o mutilazioni, solo per accaparrarsi favori invisibili da parte di forze soprannaturali inesistenti. Il figlio del Duca disse alla compagnia di “rimanere bassa” e di non mostrarsi ancora. Poi domandò al prete come funzionava quella “giostra” assurda. Alden schioccò le labbra e riprese a parlare. Il torneo si svolgeva in modo molto semplice: i vari campioni venivano divisi in due gruppi e si combattevano l’un l’altro finche' uno dei due schieramenti non fosse piu' in grado di continuare. Questo prevedeva, nell’ordine: perdere i sensi, essere feriti troppo gravemente da non per potersi più muovere o morire sotto i colpi dell’avversario. Quelli rimasti in piedi, avrebbero continuato ad affrontarsi ad eliminazione diretta, finché l’ultimo rimasto ancora abile sarebbe stato proclamato vincitore. A quel punto, avrebbe avuto il diritto di rivendicare il suo premio, che, in questo caso, sarebbe stato proprio Alarien. Escol ascoltò in silenzio, ma era furibondo. Ordinò a tutti di rimanere lì e di aspettare il suo ritorno. Disse all’intera compagnia, a chiare lettere, che avrebbe ammazzato tutti coloro che si sarebbero messi tra lui e l’elfa: alla fine, non ci avrebbe messo poi molto. Solo a quel punto avrebbe fatto ritorno. Kail sospirò. Domandò ad Escol di poter andare con lui, usando la scusa che, essendo un Nordhmenn, avrebbero in caso potuto fare squadra insieme, qualora avessero accettato di stare alle loro regole. Alla fine riuscì a convincerlo e si preparò a scendere a valle. Prima di montare a cavallo, Hilda si avvicinò al giovane Mohdi, ringraziandolo di cuore e dicendogli che si sentiva molto più tranquilla, adesso che il figlio del Duca non sarebbe dovuto andare laggiù da solo. Kail la guardò perplesso, poi rispose che non andava con Escol per proteggere lui da loro, ma per evitare che lui facesse una disastrosa carneficina. Lo stava facendo per loro. Hilda abbassò tristemente lo sguardo e si staccò pensosamente dal suo cavallo. I due Nordhmenn presero a scendere la breve collina e presto arrivarono in mezzo a quelle persone. La maggior parte di loro si stava preparando per la pugna e nessuno li aveva fermati per domandare dove stessero andando. Finché Escol smontò da cavallo e disse a Kail di rimanere lì, ad aspettarlo pronto a tutto. Più si avvicinava al palco e più vedeva chiaramente che c’era qualcuno seduto su un trono al centro dello stesso. Si trattava proprio di Alarien, che sembrava come stordita, ammaliata. Escol provò a raggiungerla, ma parecchie guardie gli si pararono innanzi. Il figlio del Duca represse a stento la spinta a massacrarli tutti seduta stante. Alla fine ci riuscì, sia perché la potente voce baritonale di uno di quelli che avevano organizzato la giostra non gli impedì certo di partecipare per accaparrarsi quel premio e sia perché lo sguardo implorante di Kail era assai eloquente. Dunque Escol decise di abbassarsi a quel barbaro gioco e limitare lo spargimento di sangue al minimo. Tuttavia avrebbe partecipato utilizzando le sue regole: non avrebbe fatto parte di alcuno schieramento. Si sarebbe buttato nella mischia e avrebbe ucciso chiunque fosse stato sufficientemente a tiro della sua spada. Pregò soltanto che la maschera, che nascondeva le vere fattezze di Alarien, avesse resistito il più a lungo possibile. Se quella marmaglia si fosse resa conto che si trattava di un’elfa, l’avrebbero probabilmente uccisa senza indugi. Kail iniziò a spogliarsi del suo corpetto di maglie e a seguire il suo maestro nella contesa, ma Escol scosse la testa. Lui era troppo importante per rischiare di morire in quel misero, antiquato e senza alcun senso contesto. Avrebbe invece fatto la guardia alla sua preziosa armatura di scaglie, mentre lui avrebbe svolto il lavoro sporco fino a riprendersi la loro amica. Così, armato soltanto di spada e scudo, Escol Berge del Clan Berge venne iscritto al torneo come rappresentante della sua casata. Tuttavia non si lasciò includere né sotto lo stendardo blu e né sotto quello rosso dei due schieramenti. Legò un piccolo fazzoletto bianco alla spada e pretese di essere “segnato” sotto quello. Nessuno si oppose a quella piccola anomalia: alla fine contava solo lo spettacolo. E il sangue. Di sangue il figlio del Duca ne versò tanto. Uccise un mare di persone nella mischia, di entrambi gli schieramenti. Quando l’organizzazione propose una pausa per far rifiatare i contendenti, ne era zuppo dalla testa ai piedi. Il giovane guerriero si concesse solo una pozione di guarigione, poi tornò a sterminare tutti fino allo scontro finale con un giovane Nordhmenn, che venne altresì schiacciato dal potere incantato delle sue armi elfiche. Oltre che dalla sua rabbia feroce. Quando anche l’ultimo rimasto cadde, un boato accolse le gesta del figlio del Duca, a cui fu accordato l’onore di rivendicare il suo premio. Kail fece le sue veci, poiché il suo maestro stava sforzandosi di rimanere concentrato e non estendere la strage anche a chi rimaneva a urlare indegnamente il suo nome intorno al campo di battaglia. Quando il giovane Mohdi lo strattonò e gli indicò il cavallo, non sentiva più alcun suono e non vedeva nessuna immagine davanti a sé: bramava solo la vita di quei vigliacchi che avevano osato toccare la sua amica. Kail mise Alarien dietro il suo cavallo e portò il bianco destriero ad Escol, togliendogli le armi dalle mani e invitandolo a salire in sella. Insieme poi uscirono dalla vallata e raggiunsero tosto i loro amici. A quel punto, il figlio del Duca decise di tornare leggermente indietro, rispetto al tragitto che avevano compiuto dalla città, fino a fermarsi nei pressi di un piccolo ruscello che aveva notato sulla strada maestra. Doveva assolutamente togliere via dal corpo tutto quel sudiciume il prima possibile e nessuno ovviamente provò a contraddire i suoi ordini. Escol scoprì poi che l’elfa era stata drogata e gli era stato somministrato un qualche filtro d’amore, perché utilizzava nei suoi confronti dei modi un pò lascivi che non gli appartenevano affatto. Dopo essersi lavato, la costrinse a bere un elisir che aveva acquistato durante il lungo viaggio iniziato dal suo ducato e, grazie ad esso, con il passare delle ore, Alarien riconquistò lentamente la sua consueta lucidità. L’elfa si scusò durante la sera per il suo comportamento inappropriato, ma il figlio del Duca ribadì che lei non aveva colpe e che la responsabilità era solo di quelle persone, barbare e incivili. Così l’elfa si tranquillizzò e tutti, soprattutto lui, poterono abbandonarsi ad un sonno ristoratore. Purtroppo però questo gli riuscì solo parzialmente, poiché la quarta parte della sua visione riaffiorò prepotente ed inaspettatamente nei suoi sogni, creandogli non poca inquietudine: un uomo interamente vestito di nero infatti, seduto su un trono, che teneva tra le braccia un Kail bambino con la gola tagliata, tornò ancora una volta ad atterrirlo. Qualunque significato avesse questa visione, Escol sapeva che doveva essere importante. Questa cosa la dedusse quando, dolorante, si alzò più stanco di prima il giorno seguente.