“Io Edric di Berge, Gran Maestro dell’Ordine, scrivo queste poche righe con la morte nel cuore. Il “Dono della Prescienza”, che a volte ricade sulla mia Famiglia, ha cominciato a perseguitare le mie notti. Ho visto! Stanotte i sicari dell’Imperatore uccideranno me e i miei confratelli, distruggendo quasi completamente l’Ordine a cui noi tutti abbiamo dedicato la vita. Ma solo da questa immane tragedia nascerà la serie di eventi che porterà alla caduta dell’Imperatore; Lui DEVE ESSERE FERMATO! Ho scandagliato nei miei sogni, i futuri più remoti, e ho visto la vastità della sua Malvagità e quanto Perverso sia il suo vero scopo! Per il bene di tutte le creature viventi su Eord, ARIOS DEVE ESSERE FERMATO. Per questo motivo assisterò in silenzio alla morte dei miei confratelli e alla mia.
Tu che leggerai queste mie parole… Abbi pietà di me.”
Edric di Berge
Gran Maestro dell’Ordine.
La lettera ebbe la capacità di sconvolgere Escol. Per diversi motivi. Intanto perché chiariva alcuni importanti dettagli su cosa fosse successo davvero laggiù, nella “Notte Dei Lunghi Pugnali”. Poi perché forniva un indizio forse decisivo sul motivo per cui lui era stato coinvolto da Andor (o dal “Fondatore”) in questa catena di eventi che, si sperava, avrebbe portato alla fine di Arios. Il responsabile della morte di tutti nel castello era stato proprio Edric Berge! Il suo avo. Motivo per cui il maniero era stato maledetto e su di esso aleggiava adesso un oscuro anatema. Gli spettri erano anime in pena, perché avevano subito il suo “tradimento” e sarebbero state finalmente libere solo se Arios fosse stato davvero eliminato. Con il suo silenzio infatti, Edric li aveva condannati tutti a morte certa. Questo era il motivo perchè nessuno sembrava avesse offerto una qualche resistenza al nemico. Certo, Escol ancora trovava strano che nessun Asura fosse morto quella notte (alla fine i guerrieri o i maestri dell’Ordine erano forti quanto lo era lui, se non di più: per quanto impreparati, avrebbero dovuto offrire comunque una seppur minima difesa), ma almeno spiegava molto bene come poteva esser possibile che qualcuno avesse potuto espugnare dall’interno una fortezza altrimenti inespugnabile. I sicari dell’imperatore, chiunque essi fossero stati, avevano trucidato tutti in un “silenzio omertoso” e senza troppe difficoltà. Nessuno si era trovato pronto ad affrontare quello che sarebbe successo. Nessuno era stato avvisato del massacro imminente. Del sangue che sarebbe grondato a fiumi. Inoltre Escol, grazie a quella lettera, intuì il motivo del suo reclutamento, anche se ancora non riusciva a spiegarlo razionalmente. Edric era “presciente”, come probabilmente lo era anche lui! Non sapeva ancora come questo dettaglio potesse essere utile ai fini della sua missione e nella mente di chi aveva intessuto quella trama, ma immaginava che poter “vedere in anticipo” alcune cose, regalava un bel vantaggio tattico a chi volesse prefissarsi di uccidere uno come Arios! Se avesse avuto il controllo sui suoi sogni, come Edric sembrava potesse fare, avrebbe potuto scandagliare varie possibilità d’azione, fino a trovare quella che potesse dargli una visione chiara di dove potesse essere il luogo che avrebbe reso “più vulnerabile” l'imperatore maledetto e mostrargli poi il modo migliore per trucidarlo col pugnale di Cardras! La riflessione aveva ancora dei buchi di trama, ma il senso sembrava potesse essere questo. Escol ripose in tasca entrambi i fogli. Poi afferrò il lungo pugnale scuro e lo estrasse con forza dalla schiena del suo avo. Subito il cadavere si dissolse in polvere, lasciando sulla scrivania solamente una vestaglia rossa di ottima fattura e un mucchio di cenere scura. Mentre ripercorreva a ritroso il “corridoio delle stanze”, il figlio del Duca scuoteva la testa afflitto. Non solo il destino di Eord gravava sulle sue spalle e su quelle di Kail, ma adesso anche quello della sua casata! Infatti era stato un Berge a causare quello scempio, anche se concepito per fini non malvagi. Arios doveva essere fermato, questo era vero, ma sacrificare l’Ordine intero, centinaia di vite per arrivare ad oggi, era uno scambio che lui non avrebbe mai accettato al posto di Edric! Barattare vite con altre vite non era mai una soluzione. Comunque, solo se fosse riuscito nel suo intento, quelle anime, che vagavano inquiete nel castello, sarebbero state salvate e lui giurò a sé stesso che questo sarebbe stato un compito che avrebbe portato a termine ad ogni costo! Per loro e per liberare la sua famiglia da un’onta indelebile, che non sarebbe stata mai cancellata se non attraverso il peso delle sue azioni. Arios doveva morire. Assolutamente. Adesso più che mai. Il figlio del Duca gettò un’occhiata distratta alle scale di destra, che avrebbero condotto a chissà quali altri segreti custoditi ancora nel castello, ma rinunciò subito ad indagare oltre. Sentiva infatti il calore prodotto dal corpo di Hilda perfino dalla fine del corridoio. Quasi correndo, arrivò dai suoi compagni, ormai storditi dalle innaturali “escursioni termiche” che si erano create laggiù nelle ultime ore. Il figlio del Duca fece segno ad Alarien e a Kail di arretrare e di proteggere Alden, mentre lui implorò l’elementale del fuoco di diminuire la pressione sulla sua amica, perché la maga non aveva più bisogno della sua protezione, visto che stavano per uscire di lì. Non appena gli occhi infuocati tornarono azzurri e la pelle della mezzelfa riprese il suo consueto colorito rosato, Escol la prese in braccio e guidò tosto la compagnia all’aria aperta. Fece giusto in tempo a gettare un’ultima occhiata allo spettro che l’aveva aiutato, per leggere l’etichetta “Berge” appuntata sul pettorale della sua armatura di cuoio. “Un altro buon motivo per liberare quei poveretti dalla maledizione…” Pensò tra sé il giovane guerriero. Senza perdere nemmeno un minuto, la compagnia raggiunse le stalle dietro la locanda. Mentre Alarien preparava cavalli e carro per la partenza dell’indomani mattina, Escol, Kail ed Alden, si recarono dall’oste per saldare il conto e prenotare una cena veloce da consumare prima di andare a coricarsi. Era infatti l’imbrunire quando rientrarono, ed inspiegabilmente erano tutti molto stanchi. Durante la silenziosa cena, dove tutti furono davvero di poche parole, accadde solo un fatto rilevante: un uomo di chiesa, un chierico dei Paradine, venne al loro tavolo per parlare con Escol. Egli, in poche parole, sostenne che la chiesa aveva seguito con interesse i suoi spostamenti e quelli del suo gruppo, ed era a conoscenza della loro recente incursione nel castello. Il chierico domandò ad Escol se avessero recuperato qualcosa da quel luogo. Il figlio del Duca cercò di non essere scortese con lui, ma tenne tutte le sue informazioni per sé. Nonostante Alden lo avesse rassicurato sulle buone intenzioni del prete e sulla veridicità delle sue parole, c’era qualcosa che non convinceva appieno il giovane guerriero. Qualcosa che non riusciva a rassicurarlo sulle reali intenzioni di quell’uomo. Ammise pertanto che avevano trovato alcuni libri interessanti, ma che non li avrebbero condivisi con nessuno, perché la loro missione era troppo importante. L’uomo di chiesa, che si chiamava Helias, allora implorò Escol di restituire almeno ciò che avevano preso dal castello una volta che avessero trovato le loro risposte, ma anche su questo punto il figlio del Duca rimase evasivo. Di certo loro non erano dei ladri o dei saccheggiatori: se così fosse stato, non sarebbero mai usciti vivi da quella rocca. Questo punto doveva bastare alla “chiesa del luogo”, per lasciarli andare pacificamente con ciò che ivi avevano trovato. In seguito, i libri sarebbero stati consegnati ai membri dell’Ordine più alti in grado, dopo che essi avessero svolto il loro compito: questo era tutto ciò che lui poteva promettere per adesso. Il prete non sembrava molto contento dopo aver ascoltato quelle parole, ma ringraziò comunque Escol per la cortesia di averlo ascoltato e si ritirò fuori dalla locanda. Una semplice occhiata con Alden, bastò ed avanzò al figlio del Duca per capire che certamente la cosa non sarebbe finita lì per la chiesa dei Paradine. Il fatto comunque che Alden ne facesse parte, fu sufficiente per ora, a lasciare relativamente tranquillo il giovane guerriero. Infatti il prete sarebbe stato il primo ad esaminare quei preziosi tomi e a portarli indietro al “Tempio”, qualora non fossero più serviti a nessuno scopo. Dunque la compagnia si ritirò nelle proprie stanze e l’indomani all’alba raggiunse le stalle e si accinse a tornare alla “Explorer”. Più o meno la tabella di marcia era stata rispettata, pertanto nessuno aveva difficoltà nel credere che il capitano Remis, anche grazie all’intervento di Eofaulf, li avrebbe attesi per tornare a casa. Kail si mise a cassetta con Alarien, mentre Escol, Hilda (che cercava ancora di riprendersi dalla stanchezza) ed Alden, rimasero nel carro ad esaminare ciò che il figlio del Duca aveva trovato nella biblioteca del castello. Esaminando i testi dell’Ordine, il primo e l’ultimo, Escol e Alden acquisirono informazioni che in parte già conoscevano, sulla nascita dello stesso per mano del “Fondatore” e sulla sua fine, a quanto pareva, per mano del Gran Maestro Edric Berge. Informazioni utili che riguardavano la morte dell’ultimo imperatore, prima dell’ascesa di Arios, Cleon e dei suoi due figli: Edmond e Edmund, entrambi morti in circostanze poco chiare. Il Gran Maestro dell’Ordine di allora era stato proprio Arios, che riuscì a mettere tutti d’accordo e a farsi proclamare “reggente”, per sanare quelle tensioni che si erano create dopo la morte dell’imperatore. Purtroppo tutti sapevano come le cose si fossero evolute: l’auto proclamazione di Arios ad imperatore, la distruzione dell’Ordine nella “Notte Dei Lunghi Pugnali” e la persecuzione, sui territori imperiali, di elfi e nani, che perdurava ancora oggi. Mano a mano che Alden leggeva e commentava quei fatti incresciosi, nei tre giorni di viaggio sul carro, Escol rimuginava su qualcosa che gli aleggiava evanescente nel cervello senza ancora prendere forma. Qualcosa che non riusciva evidentemente a digerire. Le morti dell’imperatore e dei suoi figli, gli sembravano infatti terribilmente simili a quelle che i sicari dell’imperatore avevano realizzato nel castello dell’Ordine! Lo schema pareva molto simile, anche se su scala enormemente differente. Anche lì, degli emissari avevano compiuto il lavoro sporco per conto di qualcuno e guarda un pò il caso, anche quella volta Arios aveva avuto il suo tornaconto nel compiere quegli orrendi omicidi. Il libro sui Berge rivelò invece una cosa importante ad Escol sul suo passato remoto: i “Berge” e i “Mohdi” erano molto vicini come casate. Da quello che Alden riferì al figlio del Duca, i Berge erano stati addirittura un ramo cadetto della famiglia Mohdi! Un ramo diventato poi indipendente alcuni secoli prima per via di una donna,Thyra Modhi, terzogenita della famiglia Modhi, che unendosi in matrimonio con Okim Svanisonn della famiglia Svanisonn, ricevette in dono il Ducato di Berge da suo fratello l’Imperatore Arif Alarson Modhi. Così rinacque la casata l’antica e prestigiosa casata “Berge” i cui precedenti titolari si erano stinti senza eredi. Probabilmente tutte cose che suo padre già conosceva, ma lui non aveva dato troppa importanza alla storia fino a quel momento. Sugli Asura infine risultò interessante ricavare la storia di questo popolo, nato dalla fusione tra umani, ed una categoria di esseri potentissimi denominati “Antichi”, il cui nome era stato dimenticato. Anche i Valoarian dunque erano creature semidivine, nate dall’unione tra umani e i Vanyr, la razza antagonista per eccellenza dei progenitori degli Asura. I loro scontri, tanto leggendari quanto distruttivi, nei tempi più remoti, avevano quasi cancellato le altre specie su Eord, tanto che i Paradine costrinsero entrambe le specie a stipulare “un trattato di non belligeranza e non interferenza nelle vicende dei mortali”. Tuttavia i Vanyr e i loro oscuri nemici, fecero in tempo a lasciare su Eord una loro dote: gli “Asura” e i “Valoarian”, che ereditarono vizi e pregi dai loro antenati immortali. Oltre al loro atavico odio reciproco. Escol sospirò perplesso. Se gli Asura erano esseri feroci e crudeli oltre misura, quanto potevano mai esserlo i loro padri, che non avevano dentro di loro la parte umana a mitigare i loro istinti primordiali? Aveva i brividi solo a pensarci. Per quel che riguardava i due fogli di pergamena trovati dal giovane guerriero, la lettera di Edric e la pergamena di Atreus, Alden si dichiarò assai confuso, per gli stessi motivi per cui diceva di esserlo anche il figlio del Duca. Al di là della palese responsabilità di Edric nella distruzione dell’Ordine, trovava anche lui molto strano che Atreus stesso avesse potuto compiere un gesto così insensato come ripulire l’area dai suoi morti e poi lasciare una rivendicazione su quell’omicidio di massa. I due discussero molto su questo punto e ad entrambi sembrava impossibile che nemmeno un Asur fosse caduto sul campo di battaglia. Forse gli Asura avevano delle usanze specifiche per onorare i propri morti? Ma ne avevano uno anche per le loro armi o altri loro oggetti caratteristici? Improbabile. Comunque stessero le cose, quel messaggio rimaneva dubbio. Inoltre, il fatto che qualcuno, nei decenni successivi, fosse entrato sicuramente nel castello, faceva perlomeno sospettare che quel foglio di pergamena, scritto con il sangue, avrebbe potuto lasciarlo anche uno che non fosse Atreus. Uno che aveva interesse affinché si credesse che fosse stato l’Asur a distruggere l’Ordine, per confondere le idee e depistare proprio chi avesse trovato quel messaggio. Quando il carro arrivò al porto di Duruchta, Escol e Alden erano ancora impegnati in discussioni del genere. D’altronde, senza altre informazioni in merito, quella conversazione sarebbe potuta durare all’infinito.