La mano di Kail, che teneva ancora alto il pugnale di Cardras, stentava a tornare giù. Il ragazzo ci mise un pò a capire che era stato davvero ritenuto degno di utilizzarlo e che non sarebbe morto invano quel giorno. Escol lo guardava preoccupato, suggerendogli cautamente di andarci piano nello sventolare a destra e a sinistra quella lama incantata, visto il potere che sprigionava anche solo ad occhio nudo. A quel punto il ragazzo tornò in sé e, seguendo il consiglio del suo maestro, lo ripose saggiamente nello zaino. Il Paradine che li aveva accolti e introdotti alla “prova” di Kail era sparito e con lui anche i due guardiani che lo accompagnavano. Infatti, nemmeno Eofaulf li aveva più visti lì intorno: silenziosi come dervisci, i due uomini avevano evidentemente stabilito che la loro presenza non era più necessaria laggiù, ed erano scivolati via senza provocare nemmeno un rumore Il gruppo decise allora di uscire da quella specie di grotta e di tornare subito in città. Tuttavia la loro permanenza sull’isola di Arches non poteva ancora ritenersi conclusa. Non dopo che Synir aveva consigliato al figlio del Duca di approfondire le sue origini nella città di Azani, a circa tre giorni di viaggio da lì. Ripreso il sentiero principale e con l’animo sollevato per aver centrato il loro primario obiettivo, i nostri eroi si confrontarono su cosa fare giunti a questo punto. Il problema adesso era legato al capitano Remis e alla “Explorer”. Erano già passati quattro giorni da quando avevano lasciato il porto dove la nave era attraccata e altri tre sarebbero serviti per tornare indietro. Per raggiungere Azani ne sarebbero stati necessari altrettanti, pertanto se fossero stati costretti a rimanere lì per qualche giorno in più, avrebbero rischiato di perdere il prezioso passaggio che li avrebbe ricondotti a casa. Ecco perché Escol domandò ad Eofaulf se volesse sobbarcarsi il peso di questa responsabilità: tornare da Remis e chiedergli la gentilezza di poterli attendere qualche giorno in più, qualora le cose si fossero messe male ad Azani. Ovviamente il ranger accettò con piacere la richiesta di Escol, e, senza battere ciglio, salutò tutti e si mise subito in cammino. Il resto del gruppo, Hilda su tutti, si strinse intorno al giovane rampollo dei Berge, rimanendo fedelmente al suo fianco anche in questa impresa personale. Dopo quattro ore di marcia i nostri eroi tornarono in città e dopo aver passato l’ultima notte alla locanda, alle prime luci dell’alba, ripartirono verso Azani. Questa volta, al fianco di Alarien, si sedette Kail, per farle compagnia a cassetta. Escol ne approfittò durante il viaggio per dare qualche spiegazione ad Alden di ciò che era successo e soprattutto perchè fosse successo, in quella grotta “sacra” sotto la cascata. Il figlio del Duca si scusò intanto per non avergli fornito prima le informazioni necessarie in merito, ma confidò che il chierico fosse abbastanza comprensivo da capire che la missione in corso era piuttosto delicata e la fiducia nel prossimo era un lusso che non poteva essere sperperato senza soppesare adeguatamente le conseguenze. Quando gli raccontò della profezia e soprattutto di Kail, di chi fosse in realtà il ragazzo e di cosa dovesse fare, il prete rimase allibito. Questa estrema confusione l’aveva colpito sulla testa come un macigno: nei giorni seguenti infatti, lo guardava ogni volta che se ne presentava l’occasione come se fosse la prima volta, incredulo. Egli era stato il suo tutore e l'aveva visto crescere, anno dopo anno, pensando che Astarte fosse suo padre! Quando apprese che era un Mohdi e di conseguenza intuì tutto il sotterfugio architettato dal generale per confondere Arios, ebbe una visione d’insieme che gli permise di comprendere immediatamente tutto il piano complessivo. Capì davvero quale fosse il suo scopo e valore. Uccidere Arios con il pugnale di Cardras! Comunque, per quanto scioccanti fossero le informazioni ricevute, Alden riuscì ad accettare la missione e il suo ruolo in essa. Quando però Escol introdusse la “variabile Atreus” e domandò al prete se sapesse qualcosa su di lui, le cose si complicarono parecchio. Alden infatti raccontò che Atreus comandava gli Asura quando essi avevano dominato con il sangue i territori degli uomini. Solo grazie all’intervento dei Valoarian, i Nordhmenn riuscirono alfine a sconfiggerli e a ricacciarli nel caos che li aveva vomitati. Crudeli e spietati per natura, gli Asura avevano schiavizzato le popolazioni dell’attuale impero, sulle quali tiranneggiarono in maniera peggiore di Arios. Addirittura si sollazzavano addestrando gli umani, per poi cacciarli ed ucciderli per puro divertimento. Atreus era l’emblema, la summa di questo modo di pensare! Solo sterminandoli tutti, si riuscì a ripulire in parte la lordura di quanto avessero insozzato le belle terre di Eord. In pochi tra loro erano sopravvissuti, ed era comprensibile che Atreus fosse tra questi pochi. Alden dubitava fortemente che dopo l’epurazione di Arios e lo scioglimento delle sue legioni, Atreus potesse proporre di nuovo un esercito di Asura talmente forte da prendersi di nuovo per sé l’impero, tuttavia sembrava lo stesso turbato, molto agitato per questa eventualità. Pareva più propenso, se avesse potuto scegliere tra i due, a lasciare “l’imperatore maledetto” al suo posto, piuttosto che vedere quel demone seduto di nuovo sul trono. Pertanto consigliò ad Escol di guardarsi da lui, di non fidarsi troppo di Atreus: quello era un Asur, il peggiore tra loro forse e non si sarebbe mai fermato finché non avesse centrato il suo obiettivo. Probabilmente il motivo per cui si era dimostrato fin qui collaborativo, risiedeva proprio nel fatto che Arios e le sue legioni rappresentavano uno scoglio troppo duro da superare. Caduto Arios, in pochi avrebbero offerto una valida resistenza al suo immenso potere e alla sua sfrenata ambizione e anche se non avesse avuto con sé un esercito all’altezza, avrebbe avuto certamente qualche altro asso nella manica da giocare. D’altro canto, contattare di nuovo i Valoarian, affinché intervenissero e salvassero ancora gli uomini, sarebbe stato molto più complesso questa volta. Erano passati secoli e c’erano ben poche persone oggi che avevano mantenuto vivi i contatti con questo popolo, per natura già schivo e riservato di suo. Insomma, il prete, ora che conosceva la maggior parte della storia, offrì diversi suggerimenti utili ad Escol, oltre al suo autorevole parere in merito alla situazione politica che si stava pian piano configurando attorno all’assassinio di Arios. I due ripresero il discorso più volte nei tre giorni successivi e quando la città di Azani si profilò all’orizzonte, Escol promise al chierico che sarebbe stato attento a quel che faceva e che l’avrebbe coinvolto in ogni decisione che avrebbe preso in merito. La città era fortificata, ma le mura di cinta erano antiche. Azani era una città millenaria, che sorgeva letteralmente su un’altra, che era collassata su sé stessa e probabilmente si estendeva per per diverse miglia sotto terra. Il gruppo entrò dal cancello a nord e superò senza problemi i controlli dei miliziani del posto. Infatti, decine e decine di carri, pieni di mercanzie, andavano e venivano per la città, portando merci dentro e fuori continuamente e il loro carro non aveva nulla di strano da dare nell’occhio. Azani era una città che viveva quasi esclusivamente sul commercio, le strade erano continuamente sature di persone che entravano ed uscivano e c’erano perfino dei distretti commerciali adibiti esclusivamente alla compravendita dei prodotti al dettaglio. Per evitare di finire risucchiati in un gorgo senza fine di urla e richiami da parte dei venditori, Escol fermò un passante e gli domandò dove potessero trovare una locanda che fosse il più possibile lontana dalla tremenda confusione che avevano trovato da quelle parti. L’uomo sorrise comprensivo, poi indicò Hare & Leopard come un posto che potesse andare per loro. Escol ringraziò il cittadino, poi, sperando di non abusare troppo della sua pazienza e del suo tempo, gli chiese anche se c’era un “Tempio dei Paradine” in città e cosa fosse quel castello diroccato che aveva visto in lontananza. L’uomo non ebbe problemi ad indicare la via più facile per raggiungere il tempio, ma quando Escol accennò al castello, egli si rabbuiò immediatamente. Quello infatti era l’antico maniero abbandonato dell’Ordine, mandato in rovina dai sicari di Arios in quella che definì la “Notte Dei Lunghi Pugnali”. Ogni uomo, donna e bambino che si trovassero lì dentro, vennero sterminati senza pietà, uno dopo l'altro. Ecco perché adesso quel luogo era maledetto! Scusandosi poi per la fretta, si allontanò da lui a grandi passi. Escol rimase perplesso, mentre Alden confermò gran parte delle affermazioni di quel cittadino. L’epurazione al castello dell’Ordine avvenne sul serio da parte di Arios e in moltissimi vennero impunemente trucidati. Sul fatto però che fosse maledetto ovviamente non si espresse, ma Escol aveva tutta l’aria di andarlo a scoprire di persona molto presto.