Le urla degli Okar, che stavano affondando e bruciando su una nave ormai carbonizzata, potevano udirsi persino a distanza di orecchio, per quanto erano vicine. La Explorer, dal canto suo, cercava di manovrare e di districarsi dalla morsa delle navi nemiche che avevano tentato di abbordarla. Il capitano Remis urlava ordini dal timone, tra lo sciabordio furibondo dell’acqua e del vento ululante che era per fortuna salito da est, ma c’erano troppo pochi uomini rimasti per obbedire ai suoi ordini di tornare ai remi e dispiegare le vele il più possibile. Avevano ancora qualche minuto di vantaggio sulla seconda nave, perché la prima ne ostruiva le manovre, ma entro pochissimo sarebbero stati di nuovo speronati ed abbordati, se qualcuno non avesse trovato subito una soluzione vincente. Escol ordinò ai suoi uomini di portare subito sotto coperta Hilda, mentre, insieme ad Alarien, andò ad occuparsi di Alden. Il prete era l’unico infatti che potesse fare qualcosa per tirarli fuori da quel pasticcio, pertanto il figlio del Duca tirò fuori una delle ultime preziosissime pozioni di guarigione, gli alzò il più possibile la testa e fece per fargliela bere. L’elfa però lo fermò in tempo. Il chierico non era stato ferito: lei lo aveva assistito tutto il tempo, proteggendo sia lui che la maga. Essendo illeso, quindi, la pozione di guarigione non avrebbe sortito alcun effetto e avrebbe solo sprecato un “elisir” che sarebbe stato molto utile in futuro. Alarien gli afferrò il volto e gli sussurrò invece alcune incomprensibili parole in elfico, chiudendo gli occhi e ponendo la fronte sulla sua. Alden lentamente si riprese, sbattendo più volte le palpebre per riacquistare lucidità. Escol lo scuoteva per le spalle, ma il prete sentiva tutto ovattato attorno a sé e aveva ancora molta difficoltà a mettere a fuoco le cose. Il giovane guerriero gli indicava di continuo le vele afflosciate e la nave nemica, che Remis stava tentando di tenere lontana dai pirati incalzanti, andando a zig zag e sfruttando quel poco di inerzia che ancora avevano a disposizione. La situazione era davvero disperata, considerando poi che avevano altre due navi di poppa che seguivano a mezza giornata di distanza! Dopo qualche secondo il chierico annuì, mostrando di aver capito l’entità del pericolo. Quindi si alzò, ed iniziò ad utilizzare le sue arti per far riacquistare velocità alla Explorer, ma chiarendo subito che non avrebbe potuto mantenere a lungo la concentrazione: aveva perso troppe energie occupandosi delle ferite di tutti durante l’abbordaggio. Escol annuì, arrovellandosi il cervello per cercare di capire come fare ad uscire da quella crisi. Poi si ricordò di una “sostanza alchemica”, comprata molti mesi prima nelle terre selvagge per situazioni critiche come quella: un materiale chimico, altamente infiammabile e impossibile da spegnere con mezzi naturali, che aveva ancora nello zaino. Di corsa scese sottocoperta, mise sottosopra lo zaino e afferrò la fiala scura con dentro il liquido che forse avrebbe salvato la vita di tutti sulla nave. Risalì d’un fiato sul ponte e la diede ad Alarien. Senza dire una parola, l’elfa capì al volo le intenzioni del giovane guerriero e legò ad una freccia vagante, che aveva strappato via dal ponte, la fiala di Escol. Poi salì immediatamente sulla coffa e, sfruttando il movimento in diagonale che la loro corvetta stava operando rispetto a quella che li inseguiva, scagliò verso gli Okar il dardo esplosivo che aveva preparato. La parabola risultò perfetta: la freccia si schiantò sul ponte dell’altra nave con uno scoppio immediato ed intenso. Le fiamme divamparono in un secondo. Gli Okar, colti di sorpresa, iniziarono a sciamare con secchi d’acqua dolce e coperte, ma fu tutto inutile: in pochi minuti il fuoco alchemico aveva divorato anche la loro nave, che adesso mostrava chiaramente molti pirati preferire gettarsi in mare piuttosto che rischiare di arrostire rimanendo a bordo. Il capitano urlò di felicità, mentre la Explorer sfrecciava su acque finalmente più sicure. Tuttavia, la minaccia dei pirati non si era ancora estinta: restavano le due navi a poppa, che, conoscendo gli Okar, non avrebbero perso tempo a raccogliere i naufraghi, ma avrebbero continuato ad inseguirli fino in capo al mondo se fosse stato necessario. Pertanto Remis concesse ad Escol e alla sua compagnia un pò di riposo, ma in meno di due ore, avrebbero dovuto raggiungere il resto della ciurma, ed aiutarli a remare. Se non l’avessero fatto, in meno di un giorno avrebbero avuto di sicuro addosso quelle due maledette navi pirata! Escol annuì, tornando stancamente nella sua cabina insieme a Kail. Ordinò nel frattempo ad Alarien di occuparsi di Hilda e poi anche di Alden, che, dopo un’ora di sforzo ulteriore a governare un elementale dell’aria, crollò di nuovo a terra sfinito. Il figlio del Duca l’aveva sollevato e portato in camera sua, fiero del suo lavoro. Grazie a lui infatti avevano ancora più di una speranza di salvezza. Poi, dopo un paio d’ore di meritato riposo, svegliò il suo allievo e, insieme ad Eofaulf, raggiunsero tosto la stiva e si misero ai remi. Sul ponte rimaneva il solo Remis che teneva il timone: gli ultimi marinai della nave erano tutti insieme a loro, a remare come se non ci fosse un domani. Dopo la prima ora, Escol riusciva a sentire solo il ritmo ossessivo del tamburo che dava il tempo ai rematori e il loro canto ipnotico che li aiutava a rimanere concentrati e a non cedere alla stanchezza. Erano le prime luci dell’alba quando avevano iniziato, ed era appena calata la sera quando il capitano scese sottocoperta ad avvertire che ormai erano fuori pericolo. Senza dire nemmeno una parola, Kail si addormentò stremato sui remi. Eofaulf ci mise qualche secondo per riuscire ad alzarsi e, barcollando, a tornare a letto. Escol si piegò più volte per riuscire a sgranchirsi la schiena anchilosata e dolorante, poi prese in braccio Kail e lo riportò nella loro cabina. Quindi si distese sul letto e anche lui si addormentò nel giro di un respiro. Il figlio del Duca sognava di dormire fino all’approdo, ma, come al solito, non poteva sperare di essere così fortunato. Infatti Atreus decise di fargli di nuovo visita! L’Asur era tornato alla carica con la vecchia proposta di aiutarlo a scandagliare nella sua mente alla ricerca delle informazioni che entrambi volevano scoprire. Sottolineò subito una cosa importantissima: sull’isola di Arches non avrebbe più potuto contattarlo, pertanto se avesse voluto saperne di più sul suo coinvolgimento in questa storia, doveva farlo subito! Da parte sua egli giurò che non avrebbe cercato altro che quello che avevano pattuito insieme l’ultima volta. Escol era consapevole che fidarsi dell’Asur avrebbe rappresentato comunque un rischio enorme per riuscire ad organizzare poi il “dopo Arios”, tuttavia sapeva anche molto bene che Atreus non aveva mai mancato alla parola data. Inoltre, bisognava pensare al presente: Arios era ancora vivo e vegeto e metterlo fuori gioco sarebbe stato un compito tutt’altro che facile! Per cui diventava troppo importante conoscere i burattinai dietro questo ordito del complotto per uccidere l’imperatore: bisognava sapere di chi fidarsi, chi erano gli amici e chi invece i nemici, magari sotto mentite spoglie. Dunque il figlio del Duca decise di acconsentire. Atreus sogghignò soddisfatto, iniziando a setacciare i ricordi del giovane guerriero dell’Ordine. Il procedimento fu assolutamente indolore. Fino al punto però in cui l’Asur scovò un blocco! Egli provò a toglierlo, ma il prezzo da pagare sarebbe stato distruggere la mente del suo ospite e questo era un pegno che non voleva pagare, per adesso. Teneva molto di più all’assassinio “del maledetto” e togliere di mezzo Escol non sarebbe stata una mossa funzionale. Quindi decise di interrompere la sua “ricerca”, spiegando al giovane Berge la causa del dolore lancinante che aveva provato. Escol dunque iniziò a ragionarci sopra, condividendo i suoi pensieri con Atreus. Qualcuno aveva messo quella misura di sicurezza al fine di proteggere qualcosa da qualcuno, ma c’erano ben poche persone in grado di farlo: la magia della mente era infatti quasi una leggenda. Una di queste poteva essere certamente Eledras, ma il grande mago elfo non avrebbe avuto alcuna ragione di manipolare la sua mente in quel modo: sarebbe stato sufficiente, visto che era un membro dell’Ordine o comunque che ne aveva a che fare in maniera diretta, stabilire altri procedimenti meno invasivi e pericolosi di quello. Avrebbe potuto per esempio parlarne con Andor o con gli altri “Gran Maestri” e trovare con loro una strategia meno orientata ad “occultare” e più a “strutturare”. Invece il principe Mohdi stesso era stato manipolato per coinvolgere Escol, quindi il figlio del Duca decise di escludere dalla lista il potente stregone dalle orecchie a punta. Un altro che avrebbe potuto farlo era Arios stesso, ma Escol era convinto che in questo caso l’imperatore si sarebbe limitato ad ucciderlo piuttosto che sforzarsi a mettere blocchi nella sua mente. Escludendo ovviamente l’Asur, l’ultimo che rimaneva era il “Fondatore”. Il figlio del Duca sentì vibrare la mente di Atreus quando arrivò a quella conclusione e questo particolare gli tolse ogni altro dubbio di chi sospettasse anche il potente stregone tatuato. Sembrava evidente che egli fosse più che curioso di capire perché il “Fondatore” aveva voluto coinvolgere quel ragazzino “Nordhmenn” in una faccenda tanto delicata da rischiare la stabilità di tutto Eord. Inoltre voleva anche scoprire il motivo per cui “Egli” non aveva voluto condividere con lui quella informazione. Anche se Escol aveva un’idea piuttosto precisa a riguardo, ma che tenne saggiamente per sé. Apertamente Atreus non poteva parlare del “Fondatore”: aveva promesso di non farlo, ma Escol era sicuro che c’era lui dietro questo “complotto nel complotto”, ed ora l’Asur aveva un tarlo in testa che stava rischiando di farlo impazzire. Cosa gli stava nascondendo il “Fondatore”? Chi era davvero quel giovane guerriero del ducato di Berge? Non che il figlio del Duca non fosse curioso quanto lui di scoprire la verità, ma la cosa più importante era che adesso sapeva di poter mantenere la loro alleanza in piedi fintanto che Atreus l’avesse considerato utile ai suoi scopi e questa consapevolezza gli dava forza. Per sottolineare ancora una volta che tra di loro infatti esisteva un solido patto di collaborazione, l’Asur fece un dono extra al suo “socio”, restituendogli forza e vigore. Infatti, quando Escol si svegliò, con l’Explorer che stava finendo di fare le manovre d’approdo al porto di Duruchta, si sentiva fresco come una rosa e guarito da ogni ferita.