Escol ed Eofaulf affrettarono il passo per arrivare il prima possibile alla locanda Nothern Horse Avevano ancora tempo per organizzare le proprie cose e raggiungere poi la corvetta di Remis, ma il figlio del Duca sapeva fin troppo bene che raramente le cose procedevano nel verso sperato. Sarebbe stato meglio quindi sbrigarsi e magari anticipare di qualche ora il loro arrivo alla nave. Trovarono il resto della compagnia nella sala comune, come Alarien aveva promesso e questo era già un buon punto di partenza. Lo scout raccontò poi com’era andata con Remis, descrivendolo come un buon soldato, fedele ad Astarte ed una brava persona. Insomma uno a cui il coraggio certamente non mancava. Riferì poi le sue intenzioni di partire con l’oscurità, al fine di rispettare una tabella di marcia che li avrebbe portati, dieci giorni dopo, a ridosso con il loro approdo, avendo già affrontato i punti più pericolosi della traversata con l’ausilio delle tenebre. Quando Eofaulf fu sicuro che tutti avevano capito bene qual’era il piano e cosa si dovesse fare nelle prossime ore, si voltò verso Escol e propose di dividere il gruppo in due parti, così da scendere al porto dando il meno nell’occhio possibile. Escol non amava molto l’idea di separarsi ancora, ma in effetti la proposta del ranger era saggia e prudente e quindi decise di seguirla. Dunque lui, Kail e Alden, avrebbero fatto parte del primo gruppo, mentre Eofaulf, Alarien e Hilda, avrebbero composto il secondo. Quando tutto sembrò chiaro per tutti, Escol diede ordine di radunare le proprie cose e lasciare le loro stanze. Si sarebbero concessi un pasto decente alla locanda, forse l’ultimo per un bel pò di tempo, poi, a distanza di una mezz’ora gli uni dagli altri, avrebbero raggiunto il capitano Remis ai moli. Così fecero. Dopo aver desinato e riposato qualche ora, il gruppo di Escol uscì velocemente dalla locanda e andò diretto alla Explorer. Il giovane guerriero teneva costantemente la mano sulla spada: per quanto sapesse che la situazione in città fosse tranquilla, passare in mezzo a tanta gente, quando con lui c’era Kail, gli creava una certa apprensione. I tre compagni passarono i controlli ai moli e salirono senza difficoltà sulla passerella, incontrando tosto il secondo del capitano, che mostrò loro subito gli alloggi. Erano stanze piccole ma pulite, inoltre, come Escol già sapeva, quella che occupava Remis, la più grande e confortevole di tutte, l’aveva già fatta preparare e sistemare per le sue compagne di viaggio. Il figlio del Duca aveva notato subito che il capitano non era sulla nave, ed il suo secondo spiegò che infatti egli si era recato alla capitaneria di porto, per regolare le scartoffie sul viaggio che la sua nave avrebbe dovuto affrontare quella sera stessa. Oltre ai dettagli sulla partenza anticipata e il carico in più di passeggeri che la Explorer si sarebbe portata dietro. Questa operazione sarebbe durata sicuramente qualche ora, ma ne erano già passate tre da quando Remis aveva lasciato la nave, per cui c’era da sperare che sarebbe stato di ritorno molto presto. Escol annuì e ringraziò il primo ufficiale. Poi prese posto con Kail nella sua cabina e, una volta che entrambi ebbero preso confidenza con quella nuova situazione, lui e il suo allievo decisero di sfruttare la mezz’ora di tempo prima dell’arrivo di Eofaulf e l’altro gruppo, per parlare con Alden dei loro sogno comune. Il chierico si mostrò decisamente perplesso quando i suoi compagni gli rivelarono che facevano già da tempo gli stessi sogni. Non c’era bisogno di essere dei servitori dei Paradine per comprendere che la cosa non era affatto normale e che tra loro esisteva un legame fortissimo e di qualche genere paranormale. Disse che avrebbe approfondito la questione con piacere, una volta che avesse avuto il tempo di pensare meglio a questa situazione molto peculiare. Per quel che riguardava il contenuto dei loro sogni, arrivò alla conclusione che, dalla loro descrizione, la città era proprio un’enclave elfica. In particolare gli sembrava proprio quella di Koyavik nel sud dell’impero. Ignorava però il motivo dell’assenza di soldati sui bastioni o chi fosse quell’uomo estremamente anziano vegliato dalla sacerdotessa elfica. Tuttavia, raccontò che un tempo, elfi ed umani avevano moltissime cose che li tenevano uniti e saldi: erano alleati dal tempo delle “Convergenze” e condividevano tante usanze che rendevano il loro legame solido e imperituro. Non era difficile dunque credere che un uomo, magari un Nordhmenn, potesse decidere di andare a morire in un’enclave elfica o che un bimbo vi nascesse. Solo che gli pareva strano, molto strano, che si potesse ancora riuscire a farlo oggi. Molto più facile credere che il sogno si riferisse ad un momento nel tempo dislocato indietro o avanti rispetto al presente. I tre discussero sull’argomento per quasi un’ora, poi Kail ed Escol ringraziarono il prete per le preziose informazioni e lo lasciarono alle sue preghiere. Anche perché il figlio del Duca stava iniziando a preoccuparsi. Perchè diavolo Eofaulf, Alarien e Hilda ancora non erano arrivati? Il giovane guerriero stava iniziando ad agitarsi seriamente. Fortunatamente, Remis giunse alla nave pochi minuti dopo, garantendo di aver svolto ogni pratica burocratica necessaria per lasciare il porto di Valvik senza problemi. Inoltre, riferì ad Escol che se le persone che stava attendendo erano un uomo e due donne, essi probabilmente erano stati arrestati sulla banchina nemmeno un’ora prima. Li aveva infatti visti passare in catene, quando stava ancora aspettando il lasciapassare dal magistrato della capitaneria del porto. Escol chiuse gli occhi per dominare la rabbia, poi scosse la testa come se non riuscisse a credere alle parole del capitano. Quindi si voltò verso Alden, che era rimasto sul ponte, incuriosito dagli sviluppi della situazione e gli disse che si sarebbe allontanato un paio d’ore. Si raccomandò con lui per Kail: detestava lasciarlo ancora da solo, ma sarebbe stato meglio mostrarsi in giro con lui il meno possibile. Il prete lo guardò un pò perplesso, non capendo bene perché mai quel giovanotto fosse addirittura così importante da mostrarlo poco in giro, ma ubbidì, giurando che l’avrebbe protetto con la vita se necessario. D’altronde era sempre il figlio di Astarte! Quindi Escol si sistemò meglio l’armatura e raggiunse a grandi passi la capitaneria di porto. Qui l’attendente che lo accolse gli spiegò la dinamica dei fatti: sembrava che fosse scoppiata una rissa tra i suoi tre amici e la gente del posto. Una rissa che aveva generato alcuni feriti. Tuttavia, non era questa la cosa grave. Non si sapeva bene chi infatti, ma lui aveva più di qualche sospetto a riguardo, uno di loro avrebbe aggredito un soldato, nel frattempo accorso per tentare di sedarla, ferendolo lievemente al volto. In seguito a questo increscioso accadimento, i suoi tre compagni erano stati arrestati, ed ora erano stati trattenuti in attesa di giudizio. Escol provò a chiedere se fosse possibile parlare con loro, ma l’attendente fu categorico nel sottolineare che non si poteva parlare con i detenuti, se non dopo previa autorizzazione del magistrato Lars Pagneill Al che Escol domandò perlomeno se poteva vedere il magistrato, visto che doveva salpare quella sera stessa. L’ufficiale all’inizio traccheggiò, sperando magari in una qualche mancia, poi però quando il figlio del Duca sottolineò senza giri di parole che lavorava per il generale Astarte, decise saggiamente di chiamare una guardia e di far accompagnare il presente visitatore direttamente dal magistrato. Il soldato pareva piuttosto contrariato e aveva un occhio nero sospetto, che portò il figlio del Duca a domandargli cosa gli fosse capitato. Egli non ebbe difficoltà a raccontare che era stato aggredito da una donna formosa ai moli. Una mezzelfa, che si accompagnava ad un’altra donna e ad un uomo che pareva un militare e aveva un aspetto vagamente familiare. Dalla ricostruzione che Escol fece sulla spezzettata narrazione del soldato, sembrava che Hilda avesse aggredito un gruppo di persone al porto, probabilmente in seguito ad insulti o provocazioni un po troppo spinte. Quando lui e i suoi colleghi erano intervenuti per sedare la baruffa, lei se l’era presa anche con loro e il suo occhio nero testimoniava abbondantemente le sue parole. Escol non faceva proprio fatica a credere a quel ragazzo, scusandosi con lui per l’irruenza della sua amica. Sapeva bene che Hilda spesso reagiva in maniera esagerata alle provocazioni, non era certo la prima volta. Prima che il soldato lo portasse davanti la porta del magistrato quindi, il figlio del Duca domandò al giovane gendarme se potesse risarcirlo in qualche modo per i danni che aveva subito e magari spingerlo a revocare la denuncia che aveva stilato su di lei e i suoi compagni. Escol aggiunse che era in missione per conto di Astarte e che la mezzelfa era la sua guida. La guardia pareva confusa. Percepiva che Escol stava dicendo il vero su quella ragazza dai pugni così pesanti e sulla sua missione, però era ancora troppo arrabbiato con lei. Quando però il magistrato Lars Pagneill si presentò al figlio del Duca e ascoltò ciò che egli aveva da dire sulla questione, alla fine gli concesse di pagare solamente una somma di denaro per la libertà dei suoi amici. Questo anche perché Escol gli riportò che Eofaulf era un uomo al servizio diretto di Astarte e anche lui stesso stava lavorando per il grande generale. Avrebbero dovuto salpare quella sera stessa per una importante missione e dunque domandò un pò di tolleranza in più rispetto a ciò che imponevano le regole. Il magistrato si mostrò comprensivo nel giudicare gli accadimenti: non potendo far cadere la cosa per via del fatto che agire con violenza nei confronti della vigilanza armata era un crimine molto grave, si voltò verso il soldato, ancora sulla porta, attendendo che egli avallasse almeno il ritiro della denuncia. Il gendarme alla fine accolse la richiesta di Escol e Lars Pagneill fu in grado di limitarsi ad applicare la sanzione prevista in questi casi. Sanzione tra l’altro ridotta al minimo, visto chi servivano quegli uomini che avevano in custodia. Il figlio del Duca pagò subito il dovuto e l’alto funzionario firmò immediatamente un foglio che sanciva la scarcerazione immediata di Eofaulf e il suo gruppetto di insubordinati. Il giovane guerriero ringraziò il magistrato, fece un lieve inchino e seguì la guardia al piano di sotto, dove c’erano le prigioni. Escol pregò il soldato di accettare qualche moneta d’oro per la sua disponibilità e comprensione della situazione: non era da tutti mettere da parte le questioni personali per un bene più alto. Poi, quando si trovò faccia a faccia con i suoi amici dietro le sbarre, biascicò furibondo queste poche e semplici parole: “Se qualcuno di voi, chiunque sia, inizia a parlare o cerca di giustificarsi, lo lascio a marcire qua dentro per i prossimi sei mesi. Lo giuro!”. Così, mestamente, i suoi compagni seguirono il loro comandante fuori dalla capitaneria di porto, portando finalmente a termine un capitolo davvero triste e vergognoso, vista l’importanza della loro missione. Escol non volle nemmeno sapere come fossero andati davvero i fatti. Pretese da tutti i presenti, Eofaulf ed Alarien compresi, maggiore concentrazione e dedizione alla causa, perché ciò che avrebbero fatto nelle prossime settimane, si sarebbe ripercosso sul destino stesso di Eord!