Anche il secondo giorno di viaggio passò senza problemi, con Eofaulf che però sembrava insolitamente più adombrato del solito. Lo scout pareva infatti prendere molto seriamente i nuovi compiti che Astarte gli aveva assegnato e di conseguenza tutto il suo atteggiamento generale era cambiato. Più attento, più riflessivo, più serio insomma. Il gruppo incrociò sulla strada molte carovane che andavano e venivano da Valvik, dando subito l’idea di quanto grande e strutturata fosse quella città portuale. Forse ancor più grande e strutturata della capitale stessa dell’impero. Il gruppo si accampò per la notte e come al solito si divise i turni di guardia. Questa volta Escol scelse il terzo, così da vegliare su Kail giusto per il tempo che serviva al giovane Mohdi di riuscire ad addormentarsi. Il figlio del Duca lo osservò attentamente durante il sonno: si agitava di continuo, segno che stava sicuramente di nuovo sognando e, da come si voltava e rivoltava nel sacco a pelo, non stava facendo affatto un bel sogno. Quando fu il suo turno di dormire, capì anche il perché. Egli fu proiettato di nuovo all’interno dello stesso scenario delle ultime due volte, dove, a volo d’uccello, poté assistere ad uno spettacolo piuttosto deprimente: una città grande ed assediata, all’interno della quale sorgeva un maestoso tempio in marmo bianco, ove però questa volta “Enwel” stava presenziando al capezzale di un feretro sul quale un uomo incredibilmente anziano giaceva immobile come fosse morto. Questa volta l’elfa aveva però il volto rigato dalle lacrime e sembrava volgere le mani verso di lui, come se “percepisse” la sua presenza, desiderosa di aiuto e di conforto. Al risveglio, Escol si confrontò subito con Kail, ed il ragazzo confermò il sogno, tale e quale. Sembrava evidente dunque che c’erano in ballo forze che in qualche modo legavano loro due, maestro ed allievo, a quella città, quel tempio, quella sacerdotessa elfica e adesso anche a quell’uomo anziano e rugoso. Escol sembrava piuttosto confuso. La città aveva l’aspetto di una delle diverse enclavi elfiche sparse nel territorio imperiale, perennemente sotto assedio dalle forze militari di Arios. Tuttavia, l’anziano sul feretro era certamente umano e questo dettaglio inseriva nell’equazione una variante strana, di difficile collocazione, per inquadrare almeno geograficamente la vicenda. Era anche vero che i sogni raramente intendevano quello che mostravano, ma quello che aveva condiviso con Kail era qualcosa di più che un’esperienza onirica da interpretare: pareva più un ricordo o forse una premonizione di qualche tipo. In quest’ultimo caso, Enwel doveva rappresentare qualcosa di diverso da sé stessa, poiché purtroppo il grande amore del figlio del Duca era morto mesi prima tra le sue stesse braccia. I due ammisero che non avrebbero ricavato altro dalle loro riflessioni e si decisero a parlarne molto presto con Alden. Il chierico infatti, ferratissimo sulla storia di Eord, avrebbe perlomeno offerto informazioni certe sul luogo in questione e sul perché la città non avesse soldati sui bastioni. La compagnia riprese dunque il cammino, arrivando a ridosso della città di Valvik a poche ore dall’imbrunire. Escol decise dunque di non fermarsi per la notte, ma di fare tutta una tirata per giungere a destinazione in tarda serata. Così Eofaulf guidò i suoi compagni fino dentro a Valvik, consigliando di evitare nelle ore più buie il porto e magari cercare una locanda in una zona più tranquilla, per non dare nell’occhio e non provocare involontariamente problemi. Il giovane guerriero appoggiò il suo suggerimento e dunque il gruppo si gettò tra le vie della grande città, trovando alla fine un posto accogliente, che potesse ospitarli e rinfrancarli, nella sezione nord est della città. La locanda era ampia e pulita, il cibo buono e il personale molto affabile e disponibile a condividere informazioni. Ben presto infatti Escol riuscì a scoprire che il capitano Remis, famoso per esser stato un tempo un soldato alle dipendenze del generale Astarte, era con la sua ciurma al molo dodici, a bordo della sua nave, la Explorer Escol lasciò un paio di monete d’argento come mancia per l’oste, sia per la gentilezza del servizio, sia per l’importanza delle informazioni che aveva ricevuto. Pregò solo il loquace locandiere di avere una certa riservatezza riguardo quanto avevano appena discusso, ma sapeva bene, perchè ormai aveva viaggiato abbastanza, che le informazioni era un buon modo per arrotondare per un taverniere esperto. Avido o meno che fosse stato. Comunque, prima di abbandonarsi ad un sano sonno ristoratore, in un letto comodo questa volta, la compagnia stabilì di recarsi ai moli all’alba del giorno dopo, evitando così qualunque tipologia di problema potesse mai verificarsi durante la notte. Ancora una volta Escol, che divideva la stanza con Kail, ebbe lo stesso sogno della sera prima, solo che questa volta, quando la sua forma eterea era arrivata dalla piangente e disperata “Enwel”, era rimasto ad osservare meglio il feretro qualche secondo in più. L’anziano c’era ancora, ma questa volta si tirò su di scatto, come se si fosse destato all’improvviso da un richiamo soprannaturale. Un particolare che si verificò in maniera davvero inquietante, che tenne occupata la mente del giovane guerriero fino all’alba del giorno seguente. Al mattino, il figlio del Duca verificò che anche Kail avesse condiviso con lui quella stessa “visione” e i due convennero alla fine che non c’era molto altro tempo da perdere: appena avessero risolto il problema del passaggio verso l'isola di Arches e quindi avessero trovato il capitano Remis, avrebbero dovuto parlare subito con Alden o sarebbero usciti entrambi di testa. Dovevano assolutamente mettere ordine in quel marasma di immagini strane, ed in continua evoluzione, all’apparenza completamente scollegate tra di loro. Kail aiutò Escol ad indossare l’armatura, poi i due raggiunsero gli altri al piano di sotto, dove poterono condividere un’abbondante colazione, prevista negli accordi presi con l’oste la sera prima. Il figlio del Duca avrebbe voluto scendere tutti insieme al porto, ma Eofaulf suggerì che non fosse il caso esporsi ancora e che sarebbe stato più saggio che fossero andati in prima battuta loro due da soli. Ancora una volta Escol annuì e lasciò le “chiavi della compagnia” ad Alarien. L’elfa gli sorrise, dicendogli di stare tranquillo: avrebbero atteso il loro ritorno senza muoversi di un centimetro dalla locanda! Dunque Escol e lo scout arrivarono in una mezz’ora al porto, passando per le strade piene di gente ed in fermento per i mercati sempre aperti. I due amici poterono subito dedurre il grande assetto commerciale della città, semplicemente osservando com’era strutturata la lunghissima banchina. I moli erano divisi in sezioni, tutte numerate e controllate a vista da guardie cittadine. In ogni sezione erano ancorate fino a cinque navi, generalmente mercantili, ancorate una accanto all’altra. Le merci venivano smistate dalle varie gilde commerciali del posto, supervisionate dalla capitaneria del porto, che regolavano ciò che entrava e ciò che usciva, ed anche i visti delle persone che partivano ed arrivavano in città. Escol non aveva mai visto un’organizzazione tanto meticolosa, ed un controllo così totale, in nessuna delle tante città che aveva visitato, né nelle terre degli esiliati, né nei territori imperiali. Eofaulf arrivò alla fine al molo dodici e qui le guardie indicarono la nave del capitano Remis nella corvetta ivi ancorata. Riconobbero immediatamente la livrea verde di Eofaulf, per cui non fecero molte domande, nel momento in cui seppero che dietro quella visita c’era il generale Astarte. Escol arrivò di fianco alla nave e mandò una voce all’interno. Si affacciò dopo pochi secondi un mozzo. Il figlio del Duca domandò subito del capitano Remis e il marinaio rispose che l’avrebbe chiamato immediatamente. Remis era un uomo di mezz'età, ma ancora robusto e dallo sguardo determinato. Aveva una lunga barba scura, ed un abbigliamento semplice, da “vecchio lupo di mare”. Il capitano fece salire sulla nave i due ospiti e quando apprese che cercavano un passaggio e quale sarebbe dovuta essere la loro mèta, all’inizio declinò la richiesta. Sostenne che quelle acque, soprattutto a ridosso dell’approdo che cercavano, erano estremamente pericolose a causa dei pirati Okar e che il gioco non valeva la candela. Poi però Escol aggiunse che quel viaggio non era certo di piacere, ma era stato commissionato da Astarte in persona e la situazione cambiò drasticamente. Alla fine Remis accettò il compito, prendendo quel viaggio, quella missione, come fosse stata sua: improvvisamente era di nuovo tornato ad essere al servizio del generale, rinunciando persino al compenso di cui si era parlato all’inizio della conversazione. Il capitano offrì addirittura la propria stanza, per ospitare le due donne che Escol aveva avvertito sarebbero state con loro, poi si diedero appuntamento alla sera stessa, affinché si veleggiasse di notte e si arrivasse nella parte più pericolosa dell’isola sempre nelle ore notturne. Il viaggio sarebbe durato dieci giorni, con il vento in poppa, ed in base alla sua esperienza, questo era un periodo dell’anno in cui generalmente non si prevedevano burrasche o mari particolarmente agitati. Pertanto, rispettando la sua tabella di marcia, avrebbero ridotto i danni al minimo. Escol accettò tutti i suoi consigli e le sue generose offerte, quindi riferì che sarebbe tornato tosto alla locanda e, verso il primo pomeriggio, li avrebbero raggiunti alla nave per prepararsi alla partenza. Remis annuì, accompagnando personalmente i due soldati in missione per conto di Astarte alla passerella che portava al molo. Il figlio del Duca fu soddisfatto di come erano andate le cose: il capitano pareva una brava persona, molto legata a Victor e forse questo era un segno del destino che la fortuna si era decisa finalmente ad aiutarli nel primo atto della loro nuova avventura. Sarebbe stata una bellissima e graditissima novità.