L’alba arrivò veloce, ed Escol si era già preparato alla partenza quando il sole non aveva fatto ancora capolino alle sue finestre. Il giovane guerriero indossò l’armatura, si fissò la spada al fianco e lo scudo dietro la schiena con calma e misurata concentrazione, proprio come se dovesse andare in battaglia. Poi infilò nello zaino il resto delle sue cose e scese giù nella sala tattica ad aspettare il resto della compagnia. Andor e Victor erano già lì, in attesa del commiato finale, mentre i suoi compagni arrivarono di lì a poco. Così come Kail, che giunse silenzioso e anche un po' adombrato. Il giovane passò, prese un pò da mangiare e si ritirò immediatamente nel cortile, probabilmente in attesa di ricevere il cavallo che aveva scelto per questa avventura. Victor l’aveva seguito con gli occhi per tutto il tempo, ma il giovane Mohdi non aveva proferito una parola, né aveva rivolto la sua attenzione nemmeno per un attimo a suo padre. Semplicemente lo aveva evitato. Il generale sembrava affranto a causa del suo comportamento, ma Escol decise di non intromettersi in affari privati ed emotivi che non erano i suoi. Pertanto, non appena Eofaulf arrivò, si alzò e ordinò all’intera compagnia di seguirlo, perché la loro missione iniziava adesso! Mentre Alarien ed Eofaulf controllavano di nuovo i cavalli, come erano soliti fare ogni volta che si partiva per un nuovo viaggio, Andor consegnò una lettera al suo allievo. Portava il sigillo di suo padre, ed Escol era talmente contento che non riuscì a chiedere nemmeno al suo mentore dove e quando egli gliel’avesse data. Si limitò a ringraziarlo con le lacrime agli occhi, proponendosi di leggerla qualche giorno dopo, magari sulla nave che veleggiava per l’isola di Arches, in un momento di totale tranquillità. Ora che non c’era più Vala con loro, avrebbero dovuto essere ancor più attenti, non solo con i cavalli, ma con ogni singolo dettaglio del loro viaggio: l’ultima cosa che avrebbe voluto fare infatti sarebbe stata seppellire un altro amico durante lo svolgimento della missione. Victor ed Andor augurarono a tutti di riuscire nel loro compito e fare anche ritorno per poter raccontare le proprie gesta. Poi la compagnia, con Escol in testa, uscì dal complesso militare di Astarte, ed utilizzando il cancello est, si ritrovò ben presto anche al di fuori della città. L’operazione avvenne in pochi minuti, dividendosi in piccoli gruppi e prendendo strade separate, così da non dare punti di riferimento a nessuno che fosse stato troppo curioso sui loro movimenti. Il gruppo ne approfittò, per tutta la giornata, fino al momento in cui si accamparono per la notte, per fare conoscenza con il nuovo arrivato nella squadra. Alden risultò essere un ottimo interlocutore, in grado di affrontare quasi ogni tipo di conversazione. Quando Eofaulf accese il fuoco e stabilì i turni di guardia, Alarien stava ancora conversando con lui di storia elfica. Escol fu contento di questo ovviamente: era importante, per il buon esito della missione, che tutti i membri si sentissero legati tra loro per potersi coprire le spalle a vicenda in caso di bisogno. L’esistenza di dissapori in una squadra, in genere, non era mai latrice di belle cose. Al figlio del Duca sarebbe toccato il secondo turno, pertanto si chiuse tra le coperte e cercò di prendere sonno. Eppure, per quanto avesse provato, più e più volte, non ci riuscì. C’era qualcosa che lo teneva sveglio: un senso di ansia ed apprensione che non sapeva spiegare. Era come se “percepisse” che questo malanimo non gli apparteneva davvero, eppure permaneva comunque lì, come un tarlo nella sua testa, tenendolo sveglio senza motivo. Poi, con la coda dell’occhio, notò Kail. Il giovane si agitava di continuo, come se anche lui avesse provato più volte ad addormentarsi, ma qualcosa lo facesse destare senza sosta. Forse un incubo o un’esperienza che non riusciva a digerire. Escol sospirò: questa storia di condividere con il ragazzo molte strane esperienze simili a questa, cominciava a stancarlo. Poi si tirò su. Andò dolcemente da Alarien, che stava montando di guardia e le disse che avrebbe fatto lui quel turno. Lei poteva andare a riposare e tornare a dargli il cambio dopo un paio d’ore. L’elfa annuì, si alzò e andò a rannicchiarsi nel suo giaciglio accanto al fuoco. Escol invece si avvicinò a Kail. Il giovane notò subito che il guerriero dell’Ordine e adesso suo mentore si stava approssimando a lui, pertanto si tirò sulla schiena e lo salutò grattandosi la testa, sorpreso. Escol gli disse che l’aveva visto parecchio nervoso e stava cercando di capire cos’è che non andava. Kail gli parlò di un sogno, che continuava a fare ogni volta che chiudeva gli occhi. Il sogno mostrava un’elfa bellissima, che officiava le sue preghiere agli dei in un tempio edificato interamente in marmo bianco, all’interno di una città assediata. Escol non rimase troppo sconvolto del fatto che Kail gli stesse riportando il suo stesso sogno della sera prima: ormai ci stava facendo l’abitudine che loro due erano in qualche modo connessi. Tuttavia notò subito che esisteva una differenza sostanziale tra il suo sogno e quello del suo allievo. Nel suo, Enwel, la protagonista della visione, gli aveva sorriso quando i due avevano incrociato i loro sguardi, mentre in quello di Kail lei aveva pianto! Escol non era certo conosciuto su Eord per le sue grandi capacità di interpretare i sogni, ma pensava di riuscire lo stesso a trovare il modo per rincuorare il giovane “Prescelto”. Gli disse infatti che conosceva bene quell’elfa, in quanto lei era stata il grande amore della sua vita. Gli raccontò anche che era morta e che quindi, qualunque cosa stesse cercando di dire ad entrambi, doveva essere interpretata tra le righe. Era dunque vero che a lui aveva sorriso, mentre con Kail pareva addolorata, ma questo poteva dipendere da tante cose e certamente non dipendevano dal ragazzo. Dalla sua natura o dalla sua indole. Al di là del fatto che fosse morta, lei non avrebbe mai fatto del male a nessuno a cui lui era legato e con il giovane figlio di Astarte si sentiva molto legato. Kail prese coraggio nell’udire le parole di Escol e lo pregò di non abbandonarlo quella notte. Escol annuì, trovando uno spazio vicino al giaciglio del giovane e vegliando su di lui, finché non si addormentò. Il figlio del Duca capì solo in quel momento la grande fragilità emotiva di quel giovanotto. Egli si sentiva solo adesso, senza una guida, senza una famiglia. Il suo intero mondo gli era caduto sulla testa e il peso della sua eredità era troppo difficile da portare sulle sue spalle. Prima di lasciare il posto ad Alarien, Escol giurò a sé stesso di aiutarlo a portare per sempre quel fardello. Non poteva uccidere Arios al suo posto, ma poteva spianargli la strada e prepararlo adeguatamente per svolgere tale compito, rimanendo accanto a lui e proteggendolo finché avesse avuto la forza per farlo. Poi chiuse gli occhi e si addormentò. Tuttavia quella notte non era destinata a passare tranquilla. Infatti, qualcun altro aveva deciso di frapporsi tra lui ed il suo meritato riposo. Si trattava del potente ed inquietante Atreus! L’Asur tatuato infatti era giunto nei suoi sogni per proporgli un affare. Entrambi, ancora una volta infatti, sembravano volere la stessa cosa: risposte su chi fosse davvero e il perché fosse stato coinvolto in un disegno molto più grande di lui. Atreus dichiarò dunque di poter “estrarre” questa informazione direttamente dalla sua mente, poiché era certo che, custodita da qualche parte, essa era ancora lì, a sua disposizione. Sistemata per bene, in qualche anfratto buio, da colui che ce l’aveva nascosta. La proposta pareva davvero allettante, ma la nota dolente sarebbe stata però che, una volta data questa opportunità all’Asur, nessuna sua esperienza sarebbe stata al sicuro. Nessuna informazione sarebbe più rimasta segreta, ogni singolo dettaglio, come quello sui Valoarian ed Eledras per esempio, sarebbe diventato disponibile per Atreus! Egli avrebbe potuto frugare dappertutto e leggere qualunque suo pensiero, in qualsiasi momento avesse voluto. Pertanto, con sommo rammarico, Escol dovette rifiutare. C’erano ben poche cose che ritenesse più importanti di conoscere finalmente la verità su sé stesso, ma Kail era una di queste. Se Atreus avesse potuto conoscere tutti i suoi segreti, non ci sarebbe stata infatti più alcuna possibilità di prenderlo d’anticipo, se fosse stato necessario e le loro vite, la vita del “Prescelto”, ed il futuro stesso di Eord sarebbero stati per sempre compromessi. L’Asur provò astutamente a provocarlo, dicendogli subdolamente che poteva trovare quell’informazione lo stesso e senza il suo consenso, ma Escol non si lasciò intimidire dalle sue infide parole, ribattendo che di certo avrebbe potuto tentare, ma qualcosa gli diceva che lui se ne sarebbe però reso conto, altrimenti ci avrebbe già provato. Siccome però aveva bisogno della loro alleanza e avrebbe giovato grandemente del fatto che Kail avesse infine ucciso “il Maledetto”, non sarebbe stato saggio agire in questo modo e rischiare di mandare a monte tutto il lavoro fatto finora: sarebbe stato meglio rimandare quel tentativo così invasivo ad un momento più opportuno. Esistevano adesso altre priorità, molto più importanti rispetto a quella curiosità e questo valeva per entrambi. I due pertanto si salutarono con grande rispetto, cosa non da poco per Escol, considerando chi fosse il suo interlocutore. L’Asur avrebbe potuto “scarnificarlo” pronunciando una singola parola di potere, eppure sembrava attratto da lui, ne pareva affascinato e la cosa era assai strana per uno della sua razza, che notoriamente non amava di certo i Nordhmenn. Escol, nel sogno, lo guardò allontanarsi in pace e sperò vivamente che Atreus non sarebbe mai diventato suo nemico, perché onestamente egli era un avversario ben al di là delle sue possibilità. E anche questa era un’altra cosa che sapevano entrambi.