Con l’arrivo nel gruppo del chierico di nome Alden, la riunione venne dichiarata conclusa, ed Escol, in accordo con Victor e Andor, diede appuntamento a tutti i membri della sua compagnia, coinvolti nella prossima missione, al mattino del giorno dopo. La sala tattica si svuotò in pochi secondi, ma il figlio del Duca rimase ancora qualche attimo a parlare col generale Astarte. Il giovane guerriero voleva sapere qualcosa in più sul prete, da lui appena introdotto nel gruppo. Non gli piaceva iniziare una nuova avventura senza conoscere i punti forti e quelli deboli di coloro che l’accompagnavano. Quindi rivolse a Victor qualche domanda generica su di lui. Il generale fu lesto a rispondere: Alden era uno dei migliori chierici dei Paradine che conosceva, era giovane ma non giovanissimo (non arriva ai trent’anni), ed era molto ferrato sulla storia di Eord e ancor di più sulla sua “storia sacra”. Oltre a conoscere diverse invocazioni ai Paradine, di guarigione e di benedizione, che Astarte riteneva potessero diventare fondamentali per lui e i suoi amici, durante il corso dei loro viaggi. Escol annuì e fu assolutamente d’accordo con l’anziano guerriero. Quindi lo ringraziò e decise di testare immediatamente le abilità del nuovo arrivato e quanto su di lui prometteva il grande condottiero. Pertanto, appena fuori dalla sala tattica lo avvicinò e gli domandò se avesse tempo di andare con lui alla biblioteca della città, per verificare alcune informazioni che aveva ricavato di recente sull’isola di Arches e sul “Guardiano del Tempio”. In accordo con Astarte, il figlio del Duca decise di non rivelare al santo padre come avrebbe dovuto concludersi la loro missione. In particolare, come avrebbero dovuto utilizzare il “Pugnale di Cardras”, una volta che l’avessero recuperato. Escol aveva usato questo tipo di cautela con tutti i membri del gruppo, finché aveva legittimamente ritenuto di potersi fidare di loro. Ad Alden dunque sarebbero state rivelate solo le informazioni di base: ci sarebbe stato tempo di aggiornarlo sul resto, se fosse stato in seguito ritenuto necessario. I due uscirono dal complesso militare e si buttarono in mezzo al caos della città, piena di mercati, di vita e di gente che interagiva di continuo. Grazie alla gestione del comandante Astarte infatti, i cittadini parevano molto più rilassati e tranquilli rispetto a quelli che Escol aveva incontrato nelle altre città e questo era senza dubbio un bene. Un popolo rappresentava il riflesso dei suoi governanti: più era felice e più coloro che lo guidavano sarebbero stati da encomiare. Escol cercò di coinvolgere subito Alden, ponendogli domande sui Paradine, su Cardras e sull’editto che “Egli” aveva promulgato sul suo pugnale moltissimi anni prima. La maggior parte delle risposte del prete Escol già le conosceva, ma fu comunque contento che egli le stesse confermando: significava che era molto preparato e ferrato su un argomento di cui si sapeva molto poco. Inoltre il prete aggiunse alcuni particolari molto interessanti sulla questione che fecero riflettere parecchio il figlio del Duca. Per esempio, che era successo già altre volte che i Paradine, nel corso della storia di Eord, avessero messo dei “Guardiani” a protezione di un luogo o di un oggetto e questi “Guardiani” erano stati sempre altri Paradine come loro! Era dunque presumibile che anche questa volta, sull’isola di Arches, nel “Tempio di Cardras”, avrebbero trovato un altro “Paradine” come lui a guardia del suo pugnale! Questo dettaglio spalancava considerazioni interessanti. Intanto che sarebbe stato molto probabile che loro non avrebbero dovuto, se messi alle strette, combattere per ottenere con la forza il sacro coltello. Questo perché esisteva un editto sacro e inviolabile, secondo cui i Paradine avevano giurato di non intromettersi mai più nelle questioni dei mortali. Era dunque plausibile che il giudizio su Kail, sarebbe stato pacifico ed equo. Niente che il ragazzo non avrebbe potuto superare alla grande. Inoltre, Alden aggiunse particolari storici sulla creazione di queste potenti lame, che aiutarono Escol ad avere una visione d’insieme molto più completa sulla vicenda. Queste armi erano troppo potenti per essere condivise con mani mortali, ed ecco perché presumibilmente i Paradine le avevano fatte sparire tutte dalla circolazione. Tutte tranne questa, che però era nascosta e ben protetta, lasciata sul piano materiale solo in caso di estrema necessità. I due si dilettarono a parlare di storia antica finché raggiunsero la biblioteca della città e qui riuscirono a ricavare un altro paio di informazioni interessanti. Intanto che l’isola di Arches, nonostante custodisse un oggetto così potente, non era annoverata tra i territori imperiali. Essa era una terra autonoma, autogestita ed autoregolata da leggi del posto e questo sembrava molto strano agli occhi di Escol, visto che perfino tre isolette insignificanti lì vicino erano state asservite sotto l’egida dell’imperatore. La seconda cosa fu che il “Tempio di Cardras” non sorgeva all’interno della città di Siyanivas, ma poco fuori, almeno secondo le cronache. Purtroppo però non avevano trovato mappe che riportavano l’ubicazione precisa e quindi i due compagni dovettero tornare al complesso di Astarte senza avere altre indicazioni sicure su questo punto. Però non era stata assolutamente un’uscita infruttuosa: Escol aveva conosciuto meglio le abilità di Alden, la sua affinata familiarità con gli eventi antichi, ed in più avevano anche recuperato un paio di suggerimenti utili per il viaggio. Soddisfatti, passarono per i vicoli della città, continuando a discutere sulle novità che avevano appena appreso. Finché Escol impose al chierico di fermarsi. C’era infatti qualcuno che li stava seguendo. Il figlio del Duca ordinò ad Alden di tornare subito da Astarte, mentre lui cercava di stanare i loro inseguitori. Se non fosse tornato entro al massimo un’ora, voleva dire che Arios e le sue spie li avevano infine trovati e quindi loro avrebbero dovuto procedere senza di lui. Il santo padre annuì e si ritirò velocemente. Escol si nascose in una stradina laterale, aspettando che qualcuno sbucasse da lì a poco, intento ancora a pedinarli. Tuttavia nessuno sembrava essere sulle loro tracce, a parte forse un’ombra fugace che Escol aveva visto muoversi all’interno o forse addirittura al di sopra delle abitazioni limitrofe. Infatti il figlio del Duca aveva sì percepito un movimento sinistro sopra di lui, ma non sapeva affermare con certezza se fosse stato qualcuno che procedeva spiandoli dai tetti o dall’interno delle case stesse. Inoltre era l’ora di punta e c’era troppa gente per tentare una sortita o per provare ad intercettarli direttamente. Escol decise dunque di farsi un giro per il mercato per depistare eventuali inseguitori, per poi tornare senza dare troppo nell’occhio al complesso di Astarte. Ne approfittò per comprare alcune cose utili per il viaggio e poi tornò indietro. Appena arrivato nell’edificio, incrociò per primo Andor. Il suo mentore non fu così sorpreso di sentire che qualcuno lo avesse seguito. Loro erano stranieri e l’imperatore aveva spie ovunque, che avevano l’ordine di udire e vedere ogni cosa per conto suo. Per questo avevano fatto molto bene a non uscire dalla struttura a girovagare per la città (biblioteca a parte) e avrebbero fatto ancora meglio a non farlo più: era assai preferibile non dare adito a nessuno di avere un colpo fortunato e rivelare ad Arios informazioni che sarebbe stato molto meglio tenergli segrete. I due poi discussero delle recenti cose scoperte da Escol in biblioteca, in particolare il fatto che l’isola di Arches rimaneva un porto franco, dettaglio che secondo il figlio del Duca non poteva non essere correlato con l’editto di Cardras riguardo il suo pugnale. Pareva strano infatti che Arios, consapevole che in quel posto era custodita l’unica arma che poteva farlo fuori, non avesse conquistato l’isola come prima cosa da fare il giorno dopo essersi autoproclamato imperatore! Andor gli spiegò che non era proprio andata in maniera diversa, perché sull’isola di Arches un tempo risiedeva l’Ordine. Il complesso venne distrutto dalle legioni imperiali e innumerevoli membri vennero uccisi dalle lance e le spade dei soldati di Arios. Forse l’imperatore ritenne, distratto da molte altre campagne militari che si erano aperte nel frattempo, che quell’isola, senza più l’Ordine, non rappresentava più una minaccia per lui. Chi poteva dirlo? Eppure Escol insisteva nel credere che questa era solo una parte del motivo per cui l’imperatore maledetto avesse mai conquistato l’isola, ma confidava di scoprire il resto della storia quando fosse giunto lì di persona. Il giovane guerriero si raccomandò col suo maestro di non sottovalutare quanto gli aveva chiesto di fare con Eledras ed i Valoarian. Avrebbero rischiato altrimenti di uccidere Arios col pugnale di Cardras solo per cadere vittime di un altro usurpatore, ugualmente potente e crudele del precedente. Andor sorrise e disse ad Escol di non preoccuparsi di queste cose. Di pensare solo a Kail. Al resto avrebbe pensato lui. I due si salutarono col consueto affetto, ma quando Escol stava per allontanarsi, il principe Mohdi gli lanciò un’ultima considerazione che ebbe l’effetto di intristire il giovane guerriero. Egli infatti gli confidò di non tornare al complesso di Astarte, una volta recuperata la sacra lama. Sarebbe stato troppo pericoloso, anche alla luce del fatto che qualche spia lo stava seguendo e poteva averlo riconosciuto. Meglio recarsi direttamente nella capitale dell’impero: avrebbero potuto mettere a punto il piano per uccidere Arios direttamente sul posto. Escol sembrava perplesso nell’udire quel suggerimento dall’aria un pò troppo pericolosa, ma non disse nulla al suo maestro, limitandosi ad annuire. Così il giovane guerriero raggiunse le sue stanze, mangiò qualcosa e poi si preparò per la notte. Sarebbe stata davvero una lunga notte, poiché sarebbe stata l’ultima di relativa quiete, prima dell’atto finale che avrebbe coinvolto il destino di Eord.