Escol lasciò la sala trafelato, con Hilda che lo seguiva da presso. Con uno sferragliare di armatura, il figlio del Duca tornò a grandi passi nelle sue stanze, salendo le scale velocemente, a due a due. Dopo aver parlato con Andor e Victor, nella sua mente si era definito via via un piano, solo che ancora non sapeva bene come riuscire a realizzarlo. Astarte ed il principe Mohdi non avevano aggiunto una parola a quanto detto dal giovane “Guerriero dell’Ordine” sulla volontà di cercare chiarezza sulla profezia e quindi sulla loro prossima missione: entrambi sapevano molto bene quanto fosse rischioso avventurarsi per terre e per mari infestati dagli Okar e quanto sarebbe stato praticamente impossibile farlo con il cuore colmo di dubbi come era quello di Escol in quel momento. Avevano deciso dunque di non dargli limiti di tempo per rimettere a posto i pensieri, ed ottenere quelle informazioni che lui riteneva così essenziali prima di iniziare l’ultimo capitolo della sua missione. D’altronde, non era solo il figlio del Duca ad avere a cuore la salute ed il destino di Kail! Escol fece accomodare Hilda sull’unica sedia presente nella stanza, poi si inginocchiò al suo cospetto e le prese dolcemente le mani. Quindi le sorrise e le domandò sommessamente ciò che rammentava di quando si era persa sul piano degli elementali. La mezzelfa gli sorrise di rimando, balbettando di ricordarsi di aver vissuto “una comoda prigionia”, uno “strano processo” che aveva subito, ed il fatto che lui infine “l’aveva salvata” e riportata a casa. Hilda guardava il suo amico in maniera confusa, perplessa, non riuscendo a capire dove, con quella domanda così inaspettata, volesse andare a parare. Escol però tenne duro e la spronò a ricordare di più, in particolare quando uno dei “Sette Dominatori del Fuoco”, aveva chiesto ed ottenuto da parte loro, la possibilità di osservare con gli occhi mortali della maga le stranezze del piano materiale. Questa condizione era stata essenziale per riuscire a scagionare Hilda dalle pesanti accuse che pendevano sulla sua testa. La mezzelfa annuì, anche se ammise che aveva avuto diverse amnesie da quando era tornata dalla dimensione degli spiriti. Amnesie di cui non gli aveva parlato, per non caricarlo di un ulteriore pensiero in questo momento difficile. Escol le sorrise condiscendente e, anche se avrebbe preferito di gran lunga esser messo a conoscenza di queste sue difficoltà, non aggiunse nulla alla sua giustificazione. Sapeva che aveva deciso così in perfetta buona fede. Poi le accarezzò il viso teneramente e le disse che adesso però aveva bisogno della sua collaborazione, perché non aveva idea su come riuscire a realizzare quanto adesso le avrebbe spiegato. Dichiarò dunque, senza giri di parole, che la compagnia aveva bisogno disperato di informazioni, perché erano troppe le lacune che esistevano sulla profezia, su Arios e sul “Pugnale di Cardras”, ipotizzando che forse l’elementale del fuoco, che lei ospitava dentro di sé, avrebbe potuto aiutarli a colmarle. Le domandò dunque di concentrarsi e di provare a mediare tra lui e il suo interlocutore, invisibile ma certamente presente. Escol la osservò chiudere gli occhi e iniziare a fare respiri lunghi e profondi. Poi la maga aprì di scatto gli occhi e il figlio del Duca fu costretto a lasciarle andare le mani, perché erano diventate bollenti. In quel momento capì che Hilda non era più sola: c’era qualcun altro in ascolto con lei, qualcun altro antico e potente. Escol lo salutò, un po impacciato. Come ci si relazionava infatti con un essere così alieno e la cui intelligenza era così distante e diversa dalla sua? Il giovane guerriero si fece forza: doveva ottenere assolutamente informazioni e quell’essere era l’unico che poteva rispondere a domande di cui probabilmente su Eord davvero in pochi conoscevano le risposte. Il figlio del Duca iniziò col porre legittimi interrogativi su Arios. Sulla sua natura, sui suoi obiettivi, sulla sua inspiegabile longevità, ma l’elementale non riusciva a capire quelle domande. Non sapeva nemmeno chi fosse Arios o cosa fosse un “Imperatore Maledetto”. Ricevette la stessa reazione quando gli pose alcune domande sulla profezia: “quell’essere” sembrava completamente allo scuro di ogni cosa fosse accaduta su Eord, fino a circa venti giorni prima. Tuttavia, quando Escol deviò la conversazione sul “Pugnale di Cardras” e sui Paradine, la creatura riferì finalmente alcune informazioni davvero sconvolgenti. Verità di cui nessuno o perlomeno in pochissimi erano a conoscenza. Per esempio, che i gemelli “Cardras e Maedras” avevano in realtà un terzo fratello, il cui nome, per qualche oscuro motivo, non poteva essere pronunciato e che, come i suoi congiunti, avendo preso forma umana, ancora camminava come loro in mezzo ai mortali. L’elementale però non aveva contezza di cosa fosse “il tempo” per i mortali, quindi non riusciva a lasciare ad Escol notizie inquadrate bene in momenti storici precisi. Suggerì al figlio del Duca di chiedere al suo “mentore” che, erroneamente, in principio Escol identificò nel principe Andor. Solo successivamente capì che la creatura di fuoco non si stava riferendo allo zio di Kail, ma a qualcun altro. Qualcuno ben più terribile e malvagio, ma con il quale per ora era riuscito a stringere una incredibile ed insperata alleanza. Una di quelle che poteva determinare in positivo la riuscita della loro missione: l’Asur senza nome, che il suo amico stregone Wizimir ancora serviva! Escol aveva già pensato di provare a contattarlo, dopo aver finito di parlare con l’elementale del fuoco e quando “egli” gli consigliò di non perdere più tempo con lui e invece provare ad ottenere le sue risposte dal suo alleato, il figlio del Duca lo ringraziò e accettò di buon grado il suo suggerimento. Attese che Hilda tornasse in sé, ringraziò anche lei dell’aiuto e le propose di esaminare la sua antica spada per vedere se, prima di partire, fosse riuscita a scoprire l’ultimo incantamento di cui essa era fornita. La mezzelfa, a dire il vero ancora un pò stordita dalla strana esperienza che si era appena conclusa, afferrò con un po di riluttanza la lama ricurva di Escol, ed uscì dalla stanza con reticenza, delusa di non potersi “riposare” nemmeno una mezz’ora insieme al giovane guerriero. Purtroppo Escol aveva troppo da fare per concedersi con lei un po' di svago, anche se questa volta l’idea gli era davvero passata per la mente. Sospirando affranto, recuperò dal taschino la pietra nera che gli aveva regalato lo stregone Wizimir e provò subito a richiamarlo sul posto. Il suo scopo era scoprire se l’Asur avesse tempo per rispondere a qualche sua domanda. In fondo loro due erano alleati adesso e non vedeva perché egli avrebbe dovuto risentirsi o non mostrarsi collaborativo: non era forse vero che entrambi volevano la stessa cosa? Wizimir non solo riferì che il suo signore sarebbe stato disponibile a svolgere questo compito, ma che si trovava lì, insieme a lui, poiché già era stato messo al corrente che egli avrebbe richiesto il suo aiuto molto presto. Ad Escol venne subito in mente l’elementale del fuoco e quei famosi “rapporti diplomatici”, di cui l’Asur aveva parlato quando il figlio del Duca gli aveva chiesto il motivo per cui avesse spedito Hilda sul piano elementale. Inquietante come solo quelli della sua razza riuscivano ad essere, il potente Asur si dichiarò dunque pronto per rispondere alle sue domande, a patto però che il giovane “Guerriero dell’Ordine” rispettasse i suoi silenzi su certi argomenti, di cui aveva giurato di non far voce con nessuno alcuni secoli prima. Si poteva senz’altro dire che la conversazione con “Atreus”, questo era il suo vero nome, fu meno problematica di quella con lo “spirito del fuoco”, ma altrettanto sconvolgente in merito alle rivelazioni che egli gli avrebbe offerto. Intanto confermò quello che Escol già pensava: “la profezia” era tutto fuorché una storia campata in aria, né una specie di “divinazione mistica”, generata da qualche veggente o santone di sorta, che aveva scrutato in un torbido e fumoso futuro e aveva predetto il giusto modo per renderlo finalmente radioso per tutti. Essa era piuttosto una “legenda”, una specie di “manuale”, creato da persone potenti ma precise e che riguardava l’operato di una persona in particolare (Kail) che, con attrezzi specifici (il pugnale di Cardras), avrebbe potuto abbattere al momento giusto l’usurpatore (“l’imperatore maledetto”). In realtà nella profezia non si faceva menzione della “sacra lama”, ma non era stato difficile per gente del calibro di Andor ed Eledras, dedurre che sarebbe servita un’arma del genere per uccidere l’imperatore. Anche su Arios, Atreus diede manforte al giovane guerriero, confermando in larga parte le sue idee. Una specie di “oscuro maleficio” era stato legato a lui fin dalla nascita, tanto che l’Asur ed altre potenze di Eord, avevano già provato ad eliminarlo quando Arios venne al mondo, fallendo però miseramente. Per “eliminare”, l’Asur non entrò nei particolari di ciò che intendesse davvero, limitandosi solo a rivelare che era esistito un iniziale “piano a” per togliere di mezzo la minaccia che lui avrebbe rappresentato in futuro. Ecco il perché dell’esistenza della “profezia”: essa era “un piano b”, ideata da lui stesso ed altri, al fine di portare “un primogenito dei Mohdi” ad aver facoltà di usare il pugnale di Cardras per togliere la vita al “maledetto”. Questo poiché era stato “spalmato” un potente incantesimo sulla discendenza del primo imperatore “Lucas Mohdi” e che, per l’appunto, avrebbe donato a tutti i primogeniti di questa antica famiglia questa virtù unica. Ecco svelato il motivo di parlare del “Prescelto” e la necessità di mettere in mezzo Kail. Tuttavia Atreus non si mostrò molto d’accordo sul posizionare il rampollo dei Mohdi sul trono, una volta ucciso Arios. Egli infatti rivendicava diritti inalienabili sull’impero: un territorio che egli aveva già dominato personalmente, quando gli Asura erano stati gli incontrastati padroni di quasi tutto il continente. Questo prima che una potente coalizione riuscisse a sconfiggerli e a scacciarli verso est. Escol provò a proporre soluzioni differenti, un approccio più diplomatico, che non portasse per forza ad un ennesimo bagno di sangue, ma Atreus per adesso preferì concentrarsi su problemi più imminenti: eliminare Arios dalla faccia della terra! L’Asur fornì informazioni molto importanti anche sul “Fondatore”, un essere molto potente con il quale egli saltuariamente riusciva ancora oggi a comunicare. “Il Fondatore” non si “incarnava”, come qualcuno erroneamente pensava: si trattava sempre della stessa persona, che viveva, come alcuni Paradine facevano da sempre, in mezzo ai mortali e ogni tanto ritornava per offrire il suo contributo alla stabilità politica e sociale di Eord. Era stato proprio il “Fondatore” a contattarlo, affinché suggerisse ad Andor di coinvolgere proprio quel giovane virgulto, nel lontano ducato di Berge, per fargli svolgere un compito che sarebbe diventato presto fondamentale! Il motivo per cui avesse deciso così però, Atreus lo ignorava. Sconvolto da quelle rivelazioni, Escol domandò come poteva essere stata possibile una cosa del genere. Il giovane guerriero non sapeva nulla dell’esistenza di cose come il "controllo mentale a distanza”. L’Asur allora gli spiegò che esistevano scuole di magia sconosciute ai più e assolutamente inaccessibili ai mortali. Scuole che egli riusciva però a padroneggiare senza problemi. Scuole come quella della “Mente”, per esempio. Tali magie potevano essere imparate solo se un maestro “le schiudeva” nella mente di un allievo capace, che aveva già dimostrato prima di saper utilizzare appieno le quattro case degli elementi base (Fuoco, Aria, Acqua, Terra). Grazie ad un piccolo incantesimo della mente quindi, Atreus aveva dunque condizionato Andor, inducendolo ad inserire sulla scacchiera anche il figlio del Duca Berge. Perché Escol era solo questo, almeno secondo ciò che su di lui sapeva l’Asur. Aggiunse che lo aveva talvolta osservato e reputato interessante, ma non così interessante come altri volevano portarlo a credere. Per questo aveva scelto di farsi catturare e poi liberare dalle prigioni imperiali: per conoscerlo di persona! Escol trasecolò nell’udire queste parole. Dunque Atreus aveva preparato appositamente il loro incontro, solo per la curiosità di capire perché mai il giovane Nordhmenn godesse della fiducia di qualcuno potente quanto lui. Dopo averlo conosciuto, l’Asur fu costretto ad ammettere che sospettava che ci fosse qualche altra nascosta verità su di lui, che però ignorava. Alla fine, parlare con una creatura così potente, ridusse Escol ai minimi termini. Pertanto, quando si rese conto di essere davvero stremato, ringraziò Atreus per il suo prezioso aiuto, si scusò per la sua fragilità e si congedò da lui. Fece soltanto in tempo, prima di crollare, ad ottenere da Wizimir poche altre informazioni riguardo l’isola di Arches. Esisteva una città laggiù, chiamata Siyanivas, all’interno della quale era stato edificato un tempio dedicato ai Paradine in generale e a Cardras in particolare. Qui, le cronache narravano che fosse ancora custodito il “sacro pugnale”, ma che esso era protetto da un “Guardiano”, di cui nessuno conosceva la natura. Questo “Guardiano” avrebbe dovuto verificare se il prossimo portatore dell’arma fosse stato degno di poterla eventualmente utilizzare. A prescindere dal compito che essa avrebbe dovuto affrontare. “Ci mancava pure il “Guardiano”…” Pensò tra sé Escol sconsolato. Quel “Guardiano” era stato messo lì da Cardras stesso secondo i resoconti, per motivi assolutamente diversi e disgiunti dalla profezia. Sfinito, come raramente ricordava di esser mai stato, il figlio del Duca ringraziò anche l’amico stregone, colse l’occasione per sottolineare il rispetto e la stima che nutriva nei suoi confronti e gli confidò quanto fosse preoccupato sui propositi futuri del suo signore. Fu in quel momento che Wizimir, pur sottolineando che egli non avrebbe mai tradito l’Asur e che l’avrebbe sostenuto fino alla morte, suggerì ad Escol che, gli unici che erano stati in grado di fermarlo in passato, a meno che lui riuscisse oggi ad offrirgli qualcosa di più appetibile dell’Impero stesso, erano i Valoarian. Coloro che, insieme ai Nordhmenn, avevano sconfitto gli Asura e ripulito il continente dalla loro crudeltà e nefandezza. Contattarli e prepararli al peggio, poteva dunque rappresentare un’opzione importante, se avessero voluto sopravvivere. Se lui avesse voluto sopravvivere. Che esisteva un esercito di Asura, nascosto da qualche parte e pronto per l’invasione, Escol aveva iniziato già a capirlo collegando ciò che Atreus gli aveva chiesto di fare con suo figlio e il suo gruppo di dissidenti, alle dichiarazioni dell’Asur riguardo ai suoi gloriosi propositi di conquista. Inoltre Atreus non aveva minimamente chiesto ad Escol di rispettare il silenzio riguardo questi propositi, anzi l’aveva invitato a scatenare il terrore nei cuori e nelle menti di chi era a conoscenza della storia antica e di chi davvero lui fosse in realtà. Tuttavia ,il giovane guerriero giurò comunque di mantenere il segreto, come forma di cortesia “tra alleati”. Escol sperava davvero di trovare una soluzione pacifica con lui e si ripropose di offrirgli “qualcosa di alternativo” che potesse evitare di far ripiombare l’impero in un altro decennio o ventennio sanguinoso di caos e guerre. Ora però si lasciò sprofondare in un sonno profondo ed immediato, che lo investì non appena mise il viso sul fresco e morbido cuscino. A dire il vero quella notte egli si sarebbe aspettato di essere invaso da incubi che riguardavano umanoidi molto alti, tatuati e dagli occhi rossi come l’Asur, che lo infilzavano a morte, invece sognò di Enwel, chiusa in preghiera in un tempio costruito in marmo bianco, dentro una città maestosa. Nonostante essa fosse stata sotto feroce assedio, quindi in pericolo, la sua amata sembrava riuscire a vederlo e a gioire di questo, sorridendogli, felice di averlo notato. Escol dormì diciotto ore di fila e quando si svegliò, interpretò quel sogno come un segno di buon auspicio. Ora però doveva riportare tutte le informazioni ricavate nei due difficili colloqui ad Andor e Victor, pertanto si tirò su e si preparò per quella ennesima impresa.