Fortunatamente l’alba arrivò presto, ed Escol fu lesto a prepararsi e a scendere nella sala tattica per l’incombente riunione. A dire il vero non è che avesse riposato molto bene, ma era anche comprensibile: quel giorno si sarebbero prese decisioni importanti, di quelle da cui non si poteva poi più tornare indietro. Il figlio del Duca indossò la sua armatura completa, applicò ad essa il mantello rosso e si strinse bene la spada al fianco come se dovesse andare in battaglia. Se avesse messo su anche la maschera, il “Terrore d’Argento” avrebbe fatto la sua inaspettata apparizione alla tenuta di Astarte! Il giovane guerriero dell’Ordine passò prima a prendere come di consueto Alarien e Hilda, poi entrò a grandi passi nell’ampia “sala della guerra”. Qui trovò già Astarte, Andor e Kail, intenti ad esaminare una grande mappa, aperta su un lungo tavolo di legno di quercia. Escol si scusò per il ritardo, ma il generale sorridendo lo rincuorò, commentando di non preoccuparsi perché era arrivato invece perfettamente in orario. Kail infatti non aveva dormito quella notte, ed era già lì da molte ore, mentre lui ed il principe Mohdi avevano deciso di vedersi mezz'ora prima dell’appuntamento per preparare gli ultimi dettagli di quella riunione. Escol annuì, sollevato e prese posto con i suoi amici attorno al tavolo. Andor fu il primo ad iniziare a parlare, come era suo solito, mostrando chiaramente sulla mappa la loro attuale posizione e quella dove avrebbe dovuto trovarsi adesso il pugnale di Cardras. Spiegò subito che si trattava di un viaggio spigoloso di poco meno di 900 miglia e che poteva essere affrontato in due modi differenti. Il primo era quello di attraversare le montagne a nord ovest, arrivare alla città portuale di Sordurbak e da lì prendere una nave per la vicina isola di Arches. Il secondo invece consisteva nel raggiungere via terra la città marittima di Valvik a nord est, per poi affrontare un viaggio molto lungo via mare fino alla medesima isola. Era chiaro che entrambi i tragitti presentavano punti deboli e punti di forza, ma Andor era fortemente motivato a lasciare che fosse Escol a scegliere il percorso migliore. Astarte ovviamente offrì il suo consiglio, in quanto profondo conoscitore di quella zona. Anche se all’apparenza sembrava che miglia e miglia di territorio aperto e saliscendi tra montagne, colline e vallate, offrissero numerosi spunti per essere scoperti quasi subito da qualche pattuglia Okar, in realtà non era scontato che fosse così. Loro erano un piccolo gruppo di uomini e donne e anche se da quelle parti pullulavano molte bande di Okar inferociti, gli scout di Astarte avevano imparato a muoversi tra le loro linee, silenziosi e invisibili, dimostrando che, con grandissima cautela, si poteva viaggiare anche da quelle parti. Quindi sarebbe stata un’impresa che avrebbero potuto realizzare anche loro: Kail ed Eofaulf, infatti, conoscevano molto bene quelle procedure. Una volta oltrepassato quel pezzo di territorio, a dire il vero parecchio esteso, avrebbero dovuto però arrangiarsi e riuscire a coinvolgere qualche vecchio lupo di mare nella città portuale di Sordurbak. Un capitano che fosse sufficientemente motivato a scortarli per quel breve tratto di oceano fino alla loro destinazione. Anche questa volta, compito difficile, ma non certo impossibile. Astarte volle specificare quel punto perchè viaggiare invece per dieci giorni via mare, se non di più, offriva il fianco ai pirati! Per quanto scaltro, il capitano che li avrebbe aspettati a Valvik, un loro uomo di fiducia, non poteva certo nascondere la nave da qualche parte, mentre stava cavalcando le onde a vele spiegate. Questo significava che quasi certamente sarebbero stati intercettati almeno una volta da una imbarcazione di pirati Okar. Dunque lo scontro sarebbe stato quasi inevitabile. Escol era molto combattuto. Da una parte, il fatto di tenere i piedi sulla solida terra lo stuzzicava di più che percorrere decine e decine di miglia solcando la superficie dell’acqua. Quello che poi sosteneva Victor era del tutto vero: incontrare una nave pirata di Okar, sarebbe stato altrettanto pericoloso che imbattersi in una loro pattuglia in mezzo al bosco. Anzi, forse più pericoloso, perché avrebbero dovuto combattere in spazi ristretti e senza potenziali nascondigli per Hilda ed Alarien. Di contro però, c’era da considerare che sarebbe stato molto difficile imbattersi in più di una nave pirata sul loro tragitto, mentre le pattuglie di Okar avrebbero sciamato vicino a loro di continuo, pertanto esisteva il rischio concreto di venire alle armi con essi più di una volta. A malincuore, Escol scelse di puntare sulla seconda opzione e quindi di prendere “la via del mare”. Meglio affrontare una sola volta i pirati, che rischiare di combattere gli Okar per giorni e giorni. Inoltre in acqua non c’era alcuna possibilità di scappare e chiedere rinforzi e questo valeva per fortuna da ambo le parti. Se infatti un solo Okar fosse riuscito a fuggire, in un territorio che certamente conoscevano molto meglio di loro, il rischio di venire setacciati e alfine scoperti dai loro scout sarebbe stato troppo alto. Andor annuì al ragionamento del suo allievo e lo appoggiò, così come Astarte, Kail e il resto della compagnia. Quindi il principe tolse una parte della mappa dal tavolo e lasciò solo le informazioni che si sarebbero rivelate utili al gruppo relativamente alla scelta che era stata appena fatta. La compagnia avrebbe preso “la via del mare” e non c’era ragione di continuare a rimuginare se fosse stata la decisione più saggia o meno. Prima di scendere nei dettagli del piano ed usufruire delle informazioni necessarie per poterlo realizzare, Escol volle però prima discutere con i maestri dell’Ordine di ciò che lui e Kail avevano parlato la sera prima. Il figlio di Astarte si era lasciato andare, udendo le forti parole di Escol, sbattendo con forza la schiena sull’appoggio della sedia e incrociando le braccia polemicamente. Entrambi i gesti furono notati ed annotati sia da Andor che Victor, che però rimasero in silenzio. Il figlio del Duca si alzò e, ricoperto di metallo in quel modo quasi truce, fece sorridere il principe Andor, che non riusciva a non apprezzare, in qualche modo strano, la sua animata determinazione, che a tratti prendeva i contorni di una quasi fastidiosa sfrontatezza. Sembrava stesse andando in guerra in quella stanza! Il figlio del Duca si appoggiava ad Enwel mentre parlava, altro particolare che, soprattutto Astarte, colse immediatamente. Attraverso quel piccolo dettaglio, il generale comprese subito che ciò che avrebbe detto quel giovane a breve non doveva essere sottovalutato, se avessero voluto ancora contare su di lui. In poche parole Escol riportò fedelmente ciò che raccontava la profezia e i suoi diversi punti nebulosi. Essa recitava che, una volta giunti sull’isola di Arches, ammesso e non concesso che sarebbero sopravvissuti al viaggio per arrivare laggiù, avrebbero dovuto recarsi in un tempio che non esisteva su alcuna mappa e recuperare un pugnale scomparso ormai da secoli. Grazie ad esso, “il Prescelto” (Kail), avrebbe potuto uccidere Arios (tutto ciò che era nato). Questo in buona sostanza era il sunto del suo contenuto. Ora, intanto sembrava davvero strano che proprio un “Mohdi” fosse “il Prescelto”. Era invece molto più presumibile che “il fondatore” volesse lasciare intendere che il “Prescelto”, essendo “un Mohdi”, una volta che avesse ammazzato il tiranno, avrebbe potuto di diritto rivendicare il trono. Forse non l’aveva detto esplicitamente per non spingere Arios e la sua fitta rete di spie ed assassini, ad uccidere tutti i potenziali eredi di Andreas, diretti o indiretti, negli ultimi venti o trenta anni. Chi poteva dirlo? La verità però era che sapevano troppo poco sulla natura “dell’Imperatore Maledetto”, su quel pugnale incantato e anche sul “fondatore” stesso, che aveva lasciato loro una profezia sulla quale potevano fare solo congetture senza avere alcuna certezza. Escol pertanto specificò con chiarezza che non si sarebbe mosso di lì prima di saperne di più a riguardo. Prima che avesse consultato le sue fonti. Fece notare ad Andor che aveva fatto finora tutto quello che lui gli aveva ordinato, senza porgli nemmeno una domanda. Senza porgli nemmeno “LA” domanda, che ormai anche i sassi avevano capito: "perché proprio io?” Il perché Kail fosse il “Prescelto” si era forse dedotto, ma lui? Che c’entrava un ragazzo Nordhmenn, figlio del Duca di Berge, prelevato a mezzo continente di distanza, in tutto questo complesso ed intricato ordito? Andor schioccò le labbra. Allargando le braccia rispose semplicemente che una profezia era una profezia. Non aveva nulla di razionale o scientifico da esaminare o scandagliare con il ragionamento. Si doveva semplicemente aver fiducia in essa. Riguardo la scelta che aveva fatto su di lui rimase evasivo, anche se ribadì più volte che egli era di gran lunga il suo migliore allievo e che bastava questo motivo per giustificare la sua scelta, ma era palese che stesse nascondendo qualcosa. Prima che il figlio del Duca potesse incalzarlo di nuovo però, Astarte intervenne spezzando la tensione, dicendo che era d’accordo con Escol e che se davvero aveva delle fonti valide da consultare era giusto che lo facesse, poiché ogni informazione in più poteva risultare preziosa. Il figlio del Duca annuì, poi disse che avrebbe avuto bisogno di un ulteriore giorno per contattare chi di dovere e capire se da essi poteva attingere a qualche altro dettaglio, qualche brandello di informazione in più, che riuscisse a fare la differenza. Poi si ritirò nelle sue stanze, chiedendo a Hilda di andare con lui. Il giovane guerriero dell’Ordine aveva in mente due strade chiare da percorrere: una era quella dell’Asur, attraverso Wizimir. Egli era un essere sì controverso, ma anche molto antico, che poteva conoscere cose riguardo Arios non riportate sui libri. L’altra l’avrebbe condotto all’elementale del fuoco, attraverso Hilda. Una creatura primigenia, non generata ma creata, che avrebbe potuto fornirgli importanti delucidazioni sull’argomento e sul pugnale di Cardras. Per ora avrebbe verificato questi due percorsi, poi avrebbe pensato al prossimo passo da fare. Mentre saliva le scale verso la sua camera, Eofaulf si presentò al suo cospetto, mandandogli una voce da sotto. Indossava la livrea verde dei soldati di Astarte. Escol si dichiarò felice che fosse rientrato tra i ranghi dei soldati del generale e gli augurò ogni bene e fortuna. Gli tirò addosso scherzosamente una sacchetta d’oro, che rappresentava il saldo del suo compenso più che meritato e fece per continuare a salire le scale. Eofaulf però lo richiamò di nuovo, dicendogli che Victor gli aveva ordinato di andare con lui fino alla fine di questa missione e ovviamente Escol non si oppose all’idea di avere l’abile scout ancora nel gruppo per un'ultima volta. I due si fecero un cenno d’intesa reciproca e poi tornarono ai loro affari.