Il gruppo era ancora stordito e desensibilizzato quando lasciò la città di Alfnirka e si diresse a Oldenes, capoluogo dei territori imperiali dell’est. Questi territori erano ufficialmente sotto la tutela di un governatore locale, ma tutti sapevano che era in realtà il generale Astarte che gestiva ogni cosa, militare e non. Ovviamente il popolo immaginava che lo facesse di comune accordo con l’imperatore Arios, di cui era il più fedele soldato e solo in pochi erano a conoscenza della verità. Egli aveva compiuto un lungo percorso di redenzione, dal giorno in cui anni prima aveva ucciso il comandante delle forze della ribellione e suo più caro amico, Andreas Mohdi, diretto discendente dell’ultimo, “vero” imperatore e padre di Kail! Come infatti molti fervidi sostenitori del “concetto di impero” in quanto ideale di vita, Victor aveva creduto fino all’ultimo di agire per il bene supremo nell’affrontare e sconfiggere gli ultimi scampoli di chi si era opposto a colui che, solo in seguito, sarebbe stato definito: “il Maledetto” e si sarebbe rivelato per ciò che era. Tuttavia, già quando aveva deciso di adottare il giovanissimo Kail e di allevarlo come fosse suo figlio, aveva dimostrato che anche lui aveva percepito in Arios “qualcosa di sbagliato”, che in qualche modo “Egli” non era la “persona giusta” per regnare saggiamente su un così vasto territorio come era l’Impero. Sicuramente capì troppo tardi che “Andreas” stava reclamando nient’altro che il suo diritto di nascita, la sua stessa eredità. Se l’avesse compreso prima, forse la guerra avrebbe preso una piega differente. Eredità che adesso gravava su Kail. “Kail Mohdi”: il legittimo imperatore per linea di sangue! I pensieri di Escol erano confusi a riguardo. Che il giovane fosse un impavido, non era argomento di discussione. Che fosse forse troppo giovane per assumersi sulle spalle una responsabilità così grande, era però un tema su cui bisognava riflettere. Il ragazzo aveva appena diciotto anni. Sapeva combattere, questo era vero, ma guidare un popolo così vasto, così variegato, così stratificato, era tutt'altro. Rieducare la gente a principi come la tolleranza e la collaborazione, avere la saggezza di comprendere i propri limiti e tentare di superarli attraverso la consapevolezza che sarebbe stato possibile solamente attraverso il confronto con specie più evolute e longeve, come gli elfi per esempio o i nani, significava probabilmente aspettarsi troppo da lui. Almeno in questo momento. Tenendo sempre conto che avrebbe dovuto prima riuscire ad uccidere Arios, che era di gran lunga la creatura più potente e pericolosa di tutta Eord. Certo, lui si era fatto degli alleati potenti durante il viaggio che l’aveva portato da Kail: i nani e i suoi principi, gli elfi e i suoi maghi, perfino la setta delle ombre e il suo “Gran Maestro” dall’assassinio facile. Sulla sua scacchiera Escol aveva posizionato perfino gli “elementali del fuoco”, provenienti da un’altra dimensione, ed uno stravagante e misterioso Asur, apparso così, dal nulla sul suo cammino. Tutti pronti a schierarsi al suo fianco e a dare battaglia “all’imperatore maledetto”. Tuttavia, nonostante la loro disponibilità ad affrontarlo, ed il loro sostegno, restava un compito a dir poco complicato. Soprattutto per Kail. Ecco perché il percorso non sarebbe finito arrivando da lui, ma solo iniziato. Tutto quello che aveva fatto fino a quel giorno, tutta la fatica, il sangue, le perdite che aveva avuto, rappresentavano solo il prologo, non l’epilogo della sua missione. Ora avrebbero dovuto viaggiare verso nord e raggiungere il prima possibile, nelle desolanti lande di ghiaccio, il tempio dedicato a Cardras. Qui, sperando di sopravvivere ad orde di Okar e a molte altre esotiche minacce, avrebbero dovuto recuperare il famoso “pugnale di Cardras, signore di tutti i Paradine, che era in grado di “uccidere ogni creatura nata”. Così almeno sosteneva la profezia. D’altronde, che Kail fosse il prescelto non c’erano dubbi. Egli era il figlio di “Andreas Mohdi”, ed essendo il principe Andor suo fratello, il maestro dell’Ordine era tecnicamente suo zio. Ciò che invece lasciava Escol con più di qualche perplessità e molta preoccupazione a riguardo, era il pugnale di Cardras. E se il pugnale non facesse quanto la leggenda narrava su di esso? E se Arios non fosse “nato”, ma magari fosse semplicemente l’incarnazione di un potere oscuro primigenio, come lo erano i Paradine per esempio? Certo, in molti aveva studiato l’argomento e tutti molto più sapienti di lui. Tuttavia, come guerriero, egli doveva pensare ad ogni eventualità tattica: non aveva alcuna intenzione di portare quel ragazzo al macello! Eofaulf dovette scuotere Escol per una spalla, poiché il figlio del Duca era talmente concentrato e impantanato nei suoi imperscrutabili pensieri, che non aveva sentito i molti richiami dei suoi amici. C’era qualcuno poco distante dal sentiero principale! Era sicuramente un viandante, considerando la pesante cappa e gli abiti lisi e consunti che portava indosso, ed aveva allestito un piccolo campo ed acceso un allegro fuocherello per riscaldarsi. Escol annuì e si scusò per essersi distratto. Fermò il cavallo e smontò, iniziando ad inerpicarsi per la corta collina che apriva sulla città sottostante. Quando fu abbastanza vicino, mandò una voce a quel solitario viandante, il quale si alzò in piedi quasi di scatto e si incamminò subito verso di lui. Escol aggrottò le sopracciglia, sperando vivamente non fosse qualcuno in cerca di guai: ci mancava solo ammazzare un rapinatore poco prudente nei territori di Victor Astarte! Quando però il viaggiatore si scoprì il viso, ed elargì al giovane guerriero un ampio sorriso, la tensione calò del tutto. Si trattava infatti del principe Andor! I due si abbracciarono, con il veterano che ammise di essersi accampato da quelle parti proprio perché lo stava aspettando. Quando tutti si riunirono attorno al fuoco, il maestro dell’Ordine spiegò che c’era una pesante taglia sulla sua testa: centomila pezzi d’oro per chiunque lo riportasse in una qualunque delle città imperiali, vivo o morto! Scherzando, Escol commentò che, quasi quasi, ci avrebbe fatto un pensierino a consegnarlo alle autorità: centomila monete d’oro erano davvero un mucchio di soldi! Andor si fece una risata. Fortunatamente Astarte era un suo preziosissimo alleato e questo vantaggio avrebbe permesso al nobile Mohdi di ricevere aiuti in termini di rifornimenti e supporti per il prosieguo della sua missione. Si, perché egli aveva raggiunto il figlio del Duca per aiutarlo a mettere Kail sui giusti binari, ma dopo sarebbe dovuto ripartire per preparare il terreno agli alleati che erano sul piede di guerra e andavano quindi coordinati. Inoltre, aveva appreso dell’ottimo lavoro di Escol con elfi e nani, lavoro che gli era tornato estremamente utile, visto che il suo giovane allievo aveva aiutato diversi di loro a mettersi in salvo da spie di Arios, minacce soprannaturali e crudeli fattucchiere. Era riuscito perfino a trasformare la “sentenza della setta delle ombre” in un prezioso, tacito, “trattato di alleanza”. Certo, in questo caso, era stato aiutato dal grande mago elfico Eledras, ma aveva dimostrato di avere una volontà di ferro e grande coraggio. La sua trovata poi del “Terrore d’Argento” per confondere Bedde e i suoi sgherri, la definì addirittura “geniale”. Per questo, ad un certo punto della conversazione, gli domandò della “Prova”. Andor in cuor suo credeva fermamente che Escol un giorno sarebbe diventato un grande “Maestro dell’Ordine”, forse il più grande di tutti, se avesse avuto successo con Kail e la sua missione. Se fosse sopravvissuto. Perché il figlio del Duca non era solo un grande guerriero, ma anche un ragazzo intelligente. Talmente intelligente da aver capito che dietro la sua scelta di metterlo al fianco di Kail, non c’era solo la “Prova” per diventare “guerriero dell’Ordine”, ma anche, se non soprattutto, un’altra motivazione, che però lui non aveva mai voluto conoscere. Era evidente che una missione così importante, anzi, la più importante di tutte, non poteva esser affidata, come semplice “Prova Iniziatica”, ad un giovanotto poco più che ventenne con zero esperienza sul campo, se non ci fosse stata qualche altra verità taciuta sotto. Eppure Escol non aveva fatto un fiato. Aveva accettato di pagare il fio senza tirarsi indietro e adesso era lì, davanti a lui, con la pergamena in mano, in attesa del suo giudizio. Anche questa volta Andor si stupì della sua sagacia. ll figlio del Duca spiegò infatti che i tre precetti guida della “Prova”: “Giustizia”, “Fedeltà” e “Compassione”, gli erano stati proposti in maniera troppo netta per fargli prendere una decisione saggia su quale dei tre scegliere. Non si poteva essere infatti “sempre” giusti o “sempre” fedeli o “sempre” compassionevoli. Egli raccontò diverse situazioni in cui non lo era stato, ma questo non lo rendeva in assoluto “non compassionevole” o “non giusto”. Semplicemente era un essere umano e gli esseri umani erano creature complesse che spesso compivano degli errori. L’importante era cadere e rialzarsi, cadere e rialzarsi. Sempre. Andor sorrise e annuì. Ripose poi la pergamena nello zaino e gli disse di rammentare sempre quelle parole che aveva appena espresso, perché erano fonte di verità e avrebbe dovuto trasferirle un giorno a chi sarebbe stato suo allievo. Per quel che poteva valere, dunque, in quel momento così incerto e difficile, aveva passato appieno la sua “Prova” e avrebbe ottenuto i suoi nuovi voti da Astarte in persona! Sarebbe stato un grande onore diventare “Guerriero dell’Ordine” direttamente attraverso la sua mano. Il nobile guerriero si intristì poi molto quando Escol gli raccontò della morte prematura di Vala. Il figlio del Duca aveva le lacrime agli occhi mentre raccontava del suo coraggio nell’affrontare insieme a lui alcuni Asura fuggitivi. Oltre alla comprensibile mestizia nell’apprendere una notizia così tragica, Andor fu sorpreso anche dalla presenza sul territorio di creature del genere. Tuttavia, nonostante il grande dispiacere, che entrambi condividevano in quanto amici veri della veterana, adesso dovevano sforzarsi di concentrarsi solo su Kail. Escol domandò però qualche secondo di pazienza in più al suo vecchio maestro: doveva prima sapere se i suoi compagni sarebbero rimasti con lui per questa nuova, nascente ordalia o meno. Il Maestro dell’Ordine annuì, poi si alzò e si allontanò di qualche metro, approfittandone per fumare la sua pipa. Escol fu diretto con loro, come di consueto: prima di far conoscere dettagli pericolosi sulla prossima tappa della sua missione ai suoi amici, volle sapere quali fossero le loro intenzioni. Hilda ed Alarien nemmeno lo fecero terminare, accettando subito oneri ed onori di quel nuovo incarico, per motivi diversi ovviamente, ma entrambe senza nemmeno volerne discutere. Eofaulf invece volle rifletterci un po’ sopra, poiché i loro accordi iniziali erano di arrivare fino ad Oldenes e tecnicamente ancora non l'avevano ancora fatto. Escol abbozzò un sorriso condiscendente: sapeva che lo scout aveva servito sotto il generale Astarte molti anni prima. Era logico dunque aspettarsi che volesse inquadrare meglio quella nuova situazione, prima di accettare una missione suicida. L’ennesima, da quando si accompagnava a lui. Escol ovviamente si guardò bene dal giudicarlo, si avvicinò solamente ad Andor, riferendo di rimandare qualsivoglia discussione su Kail a quando avrebbero raggiunto Victor Astarte. Il figlio del Duca infatti, immaginava, e non a torto, che il giovane Mohdi non conoscesse nulla riguardo la sua vera storia. Era molto probabile che il ragazzo pensasse di essere semplicemente il figlio del generale e convincerlo del contrario e del suo glorioso destino sarebbe stato oltremodo complesso. Meglio arrivare quanto prima in città e prepararsi con calma il discorsetto da fargli, senza coinvolgere i suoi amici. Nel frattempo Eofaulf, Hilda ed Alarien, avrebbero trovato una sistemazione comoda e poi, dopo che il ranger avesse deciso cosa fare, avrebbero pensato tutti insieme ad un buon piano e ad una linea d’azione comune su come attraversare gli aspri e gelidi territori del nord. Pertanto la compagnia rimontò a cavallo e tutti insieme scesero dalla collina, entrando senza sforzo nella città di Oldenes: la città dove viveva Victor Astarte. Finalmente.