Escol e i suoi amici ripartirono all’alba come di consueto, dirigendosi a Austakuto: una piccola città con ben poco da offrire, se non la promessa che aveva fatto Wizimir al figlio del duca. Lo stregone infatti si era infatti impegnato a far ricongiungere Alarien al gruppo, su comando diretto dell’Asura, che, in questo modo, almeno così si espresse: “avrebbe saldato definitivamente il suo conto con lui”. In realtà “Egli” aveva già fatto ampiamente la sua parte, liberando l’elfa dalle grinfie dell’Inquisitrice, ma forse il fatto di averle strappato la pelle dal corpo personalmente, l’aveva considerato come un piacere personale, piuttosto che un obbligo per sdebitarsi con colui che l’aveva salvato da una “prigione eterna”. Chi poteva comprendere d’altronde fino in fondo la controversa mentalità degli Asur? Crudeli come spietati assassini, ma fedeli alla loro parola come il più puro dei sacerdoti dei Padadine. Quando una creatura del genere ti faceva una promessa infatti, si poteva star certi che l’avrebbero mantenuta. Poi magari ti avrebbero ucciso senza ripensamenti per altre ragioni, ma questo era un altro discorso. Il gruppo varcò il cancello ovest della città alle prime ore dell’alba del giorno dopo e perfino Eofaulf aveva difficoltà a ricordarsi dove potersi rilassare un pò in una comoda locanda, in questa piccola e amena cittadella. Tuttavia non fu difficile trovare un porto sicuro: taverna a parte, esisteva solo quella locanda in città. Alma's Public House si chiamava, ed era talmente piccola che la compagnia sperò vivamente di riuscire a dormire quella notte. Una volta trovato un tavolo e fatto conoscenza con l’oste, Escol pregò che Wizimir avesse rimesso in sesto la sua amica quel tanto che bastava per poter stabilire un piano per rispedirla indietro senza troppi rischi. Troppo pericoloso infatti procedere per le terre imperiali con lei accanto e la sua missione si avvicinava sempre di più alla fase più calda. Non poteva rischiare dunque di fallire per la presenza di un’elfa nel gruppo. Era stato troppo precipitoso e forse anche arrogante a pensare che la cosa non avrebbe influito sul loro viaggio, ma adesso aveva capito quanto profondo fosse il baratro, per loro ma anche per lei stessa. Era stata torturata e seviziata per ore, forse per giorni e se non fosse stato per l’Asur, probabilmente sarebbe morta. Non poteva né voleva che una cosa del genere capitasse ancora. Come già detto, la locanda era piccola ma ben pulita e grazie all’odore delizioso di patate e arrosto, che volteggiava di continuo dalla cucina al salone, Escol riuscì ad assopire un pò i suoi cupi pensieri e a concentrarsi sul cibo e sulle cose da fare per trovare e poi gestire Alarien. Come Hilda spesso amava dire, alla fine erano ancora vivi e questa era la cosa più importante di tutte! Pertanto la compagnia mangiò a sazietà, deliziandosi con i piatti principali della cuoca locale, poi però in serata Escol si trovò a dover prendere una decisione: Contattare di nuovo Wizimir o meno. Dov’era infatti Alarien? Il giovane giocherellava con la pietra nera che aveva in tasca per diversi secondi, poi però decise per un approccio più cauto. Aveva infatti notato che, seduti ad un tavolo poco distante, c’erano tre ranger umani: due uomini e una donna. Sembravano parecchio navigati: quel tipo di persone che vedevano ogni cosa, anche quelle apparentemente più nascoste e strane. La donna in particolare sembrava guardarlo di sottecchi molto spesso. Troppo spesso per i suoi gusti. Vala tentò di spiegargli che se una donna ti guardava, non voleva per forza ucciderti o sfidarti a duello. Forse cercava qualcosa di più “tenero”, per così dire, ma Escol non sembrava molto di quell’avviso e quindi decise di avvicinarsi lo stesso e fare qualche domanda. Egli alla fine scoprì che quei tre ranger si erano incontrati per caso in città, ma non formavano un gruppo: ciascuno stava aspettando il proprio mecenate per poter riprendere a lavorare. Avevano deciso di formare un tavolo e mangiare insieme. Tutto qui. Non avevano visto inoltre alcuno stregone o donne dall’aspetto “esotico” in città. Escol allora fece spallucce, poi un lieve inchino, offrì loro da bere e tornò a sedere con i suoi amici. La donna sembrava quasi divertita, quando lui si era avvicinato a lei e ai suoi compagni, tanto che per un breve istante Escol arrivò a pensare che forse Vala avesse ragione a ritenere che cercasse qualcosa di diverso da una “sana contesa”, ma poi capì il motivo di tanta ilarità. Infatti, poco prima che il gruppo si ritirasse per la notte, la giovane (e bellissima) scout si affacciò al tavolo della compagnia e prima che Hilda o Vala la allontanassero in malo modo, dichiarò a tutti che aveva un divertente segreto da mostrare. A quel punto Escol decise di capire dove la malizia della donna volesse andare a parare e, mentre Eofaulf, sogghignando, portò via le due scalcianti compagne, affatto intenzionate ad approfondire la questione, scortandole al piano di sopra, il figlio del Duca invitò la giovane a sedersi accanto a lui e a rivelargli questo fantomatico segreto di cui stava parlando. La locanda era vuota e, per un breve secondo, Escol pensò che forse non sarebbe stato saggio agire in quel modo, rimanere solo con lei, ma alla fine decise di stare al gioco ed andare fino in fondo. Il suo istinto gli diceva che era una cosa importante e non per i motivi che riteneva Eofaulf. La giovane continuava a sorridergli, poi improvvisamente si coprì il volto con le mani. Quando le tolse da davanti al viso, i suoi connotati erano cambiati, assumendo l’aspetto di Alarien! Diavolo di un Wizimir! Lo stregone non solo l’aveva accompagnata in città, l’aveva protetta e curata, ma le aveva fatto anche un dono prezioso: una maschera incantata, che aveva la sola ma importante virtù di togliere i tratti elfici da un qualsiasi aspetto umano e viceversa. Ecco perché quella donna era così bella! Quasi “troppo” bella: era un’elfa! Escol si unì alla sua risata e la abbracciò, felice di rivedere la sua amica, che l’aveva fatto tanto disperare e che per un breve periodo aveva creduto morta. I due parlarono un po ', facendo un giro per la piccola città, approfittando di quel tempo per comprare nuovi abiti per lei e alcune provviste per la compagnia, che purtroppo iniziavano a scarseggiare. Poi tornarono alla locanda, dove Alarien poté incontrare di nuovo i suoi amici e unirsi di nuovo alla compagnia. Grazie alla maschera incantata di Wizimir, non sarebbe più stato necessario per lei tornare indietro. A meno di incontrare un’altra inquisitrice, ma in quel caso sarebbero stati tutti in pericolo, visto che tutti portavano oggetti incantati elfici. L’elfa si aggregò a Vala e Hilda, prendendo posto nelle loro stanze e perfino la maga era felice per il suo ritorno nel gruppo. Escol le chiese di Wizimir ovviamente, ma Alarien non sapeva nulla su che fine avesse fatto lo stregone, dopo averla lasciata in quella locanda il giorno prima. Tuttavia su di una cosa fu assolutamente categorica: senza la sua assistenza e quella dell’Asur sarebbe morta e per questo li avrebbe sempre ringraziati, nonostante non avessero certo un aspetto amichevole. Quella notte il figlio del Duca si addormentò serenamente: per una volta non fu assalito da cupi pensieri circa il tetro destino che avrebbe potuto capitare nuovamente all’elfa e i pericoli in cui avrebbe potuto mettere il resto dei suoi amici, se avesse scelto di continuare ad accompagnarsi con lei. Il mattino seguente la compagnia ripartì, fiera e determinata. Sollevata quasi e con il cuore più leggero. Prossima tappa, la città di Alfnirka!