Eofaulf cercò di incalzare il giovane rampollo dei Berge con domande legittimamente curiose sul posto incredibile che aveva appena visitato, ma Escol si scusò con tutti, soprattutto con Lady Dana e si congedò. Anche se in questa “dimensione” erano passati appena pochi istanti infatti, nell’altra lui aveva tribolato per ben due giorni e adesso voleva fare solo una cosa: dormire e riposare in pace qualche ora. Pertanto raggiunse la locanda a passo svelto e si ritirò immediatamente nelle sue stanze. Per la prima volta in vita sua non fece nemmeno in tempo a spogliarsi per la notte: si lasciò cadere sul soffice letto e si addormentò ancor prima di poggiare la testa sul cuscino. Tuttavia, il sonno non sembrava essere un lusso che poteva permettersi, perché alle prime luci dell’alba udì un frastuono assordante assalirgli le orecchie, insinuandosi fin dentro ai suoi sogni e costringendolo infine a destarsi. Escol ci mise un po' a tornare cosciente, ma la voce dietro la sua porta era talmente straziata ed implorante, che il giovane Berge fu quasi obbligato ad andare a vedere chi fosse. “Scusatemi per avervi disturbato così presto, nobile guerriero… ma vi prego, ho un disperato bisogno del vostro aiuto!” Piagnucolò il governatore Trenton McClesc, tenendo le mani congiunte come a pregarlo di prestargli attenzione. Escol lo rassicurò, facendolo entrare ed invitandolo tosto a spiegare il motivo di tanta ansia e preoccupazione. “Lady Dana è stata rapita, Milord! Ed io non so davvero cosa fare a riguardo!” Esordì senza mezzi termini McClesc, passandosi più volte le mani sui grigi capelli inumiditi dal sudore. Il figlio del Duca cercò di farsi dare più dettagli possibili, ma il governatore era talmente sconvolto che riusciva solo a balbettare che, quando era andato a bussare alle sue stanze, la  sacerdotessa dei Paradine era sparita! Escol afferrò al volo spade, scudo e zaino, andò a svegliare i suoi compagni e, insieme a loro, ed ad un disperato Trenton McClesc, li guidò di nuovo alla casa padronale. Sia Vala che Eofaulf cercarono di carpire dal loro amico qualche particolare in più su quello che era successo, ma Escol fece intendere chiaramente che ne sapeva quanto loro sull’argomento e che avrebbero dovuto ricavare qualche pista da seguire da quello che avrebbero trovato nella camera della sacerdotessa. Infatti Lady Dana era stata vista entrare, ma non più uscire da lì. Per cui le possibilità erano due: o era stata utilizzata la magia per rapirla, oppure qualcuno di davvero molto abile si era intrufolato nelle sue stanze ed era riuscito a portarla fuori senza che nessuno si rendesse conto di niente. Eofaulf pareva confuso. Quando si rialzò da pavimento, sul quale si era sdraiato per controllare eventuali indizi sospetti e dettagli fuori posto, realizzò che qualcuno, oltre alla sacerdotessa, era stato in effetti in quella stanza e, studiando la posizione della sedia rispetto al tavolo, tenendo conto anche di alcuni particolari importanti, come il fatto che il letto era rifatto e non c’erano segni di colluttazione, arrivò a ipotizzare una terza possibilità: Lady Dana era uscita spontaneamente di lì con colui o coloro che l’avevano avvicinata. Ovviamente non poteva sapere se fosse stata “costretta” o meno a farlo, ma il ragionamento rimaneva più che coerente con il fatto che nessuno li aveva visti in giro. La santa donna infatti conosceva ogni singolo passaggio della casa padronale del governatore. Poteva dunque aver utilizzato corridoi secondari per uscire in strada e poi percorrere le vie meno battute della città per dileguarsi chissà dove. Escol strinse i pugni fino a sbiancare le nocche. Per scrupolo, domandò a Hilda di provare a capire se fosse stata utilizzata o meno una magia di qualche tipo, ma la mezzelfa scosse la testa decisa dopo appena un attimo di concentrazione. Sembrava assolutamente sicura su questo punto: nessun incantesimo era stato lanciato nelle camere di Lady Dana! Prima di far prendere corpo ad alcuni pensieri che gli si stavano formando pian piano nella testa, tra l’altro tutt’altro che amichevoli, Escol tirò fuori un oggetto molto particolare e pericoloso dallo zaino: “l’occhio di Arios”. Un artefatto potente che tutti ricordavano molto bene, poiché era stato quello che l’inquisitrice aveva utilizzato per scovare ed inibire ogni tipo di magia elfica, portando poco dopo alla cattura di Alarien. Ovviamente né lui e né Hilda erano in grado di attivarlo (per ora), ma capitò ugualmente un fatto strano: nessuno, a parte la mezzelfa, fu in grado di notare che il cristallo, sebbene inerte, pareva risplendere lo stesso come un piccolo sole! Dopo un attimo di assoluto sconcerto, perché Hilda giurò e spergiurò di non aver perso improvvisamente il senno e che ciò che vedeva era certamente reale, Escol le domandò dunque se c’era qualcosa di utile che la pietra le potesse mostrare riguardo la sparizione di Lady Dana. Hilda si concentrò un paio di secondi “sull’occhio di Arios”, poi ammise che in effetti nella camera era presente ancora un flebile residuo di magia. Però non il tipo di magia legata ad un incantesimo attivo, che era stato cioè lanciato e ancora stentava a disperdersi, piuttosto molto simile invece a quella dello stesso tipo che lui aveva utilizzato in passato per “migliorare” misticamente il suo equipaggiamento. Una magia “passiva”, ecco. Escol aggrottò le sopracciglia, pensoso. Si trattava quindi di qualcuno che utilizzava oggetti magici. Forse uno stregone? O un mago? Il giovane guerriero ordinò ai suoi amici di seguirlo fuori dalla camera della sacerdotessa e spiegò loro il suo piano. Avrebbe contattato Wizimir, colui che l’aveva spinto ad andare sul piano elementale ingannandolo apertamente e, oltre a dirgliene quattro a riguardo, avrebbe anche tentato di scoprire se ci fosse stato lui dietro questo presunto “rapimento”. Magari l’astuto incantatore era riuscito ad irretire la donna con qualche artefatto incantato, costringendola a seguirlo docilmente: chi poteva dirlo? Insomma, parlare con Wizimir circa il perché avesse scagliato Hilda sul piano elementale sarebbe stato comunque un argomento del quale entrambi avrebbero discusso prima o poi, ma, viste le circostanze, avrebbe anticipato i tempi e risolto subito la controversia. Il governatore suggerì di trovare un posto più consono per questo genere di cose e li scortò di nuovo nel suo studio. Domandò se poteva rimanere ad ascoltare la conversazione tra lui e questo famigerato mago, ed ovviamente Escol acconsentì. Il figlio del Duca prelevò la pietra nera a forma di clessidra dal taschino, indossò il suo intero equipaggiamento e chiamò lo stregone, preparandosi al peggio. Tuttavia, quando una strana nebbia apparsa dal nulla si diradò, lasciando davanti a lui l’immagine indistinta e sfocata dell’oscuro stregone, non ci fu bisogno di sedare alcuna accesa contesa tra i due. Primo perché Wizimir si trovava da tutt’altra parte e secondo perché lui non c’entrava niente con quello che era accaduto ad Hilda: aveva solo riportato ciò che il suo signore gli aveva ordinato di riferirgli. Egli non sapeva quali fossero stati i suoi fini nascosti per aver costretto Escol ad andare laddove pochissimi altri erano andati prima, ma d’altronde chi conosceva gli anfratti oscuri della mente degli Asura? Il figlio del Duca ascoltò attentamente le parole del mago e alla fine dovette ammettere che il suo discorso aveva senso. Dunque gli credette, ma domandò allora allo stregone se egli potesse organizzare un incontro con il suo signore, di modo che potesse ottenere da lui le risposte che cercava. Tra l’altro temeva molto per il fato di Alarien, visto il suo modo di agire e voleva essere rassicurato sulle sue intenzioni. Wizimir annuì comprensivo, ma suggerì ad Escol di rimanere tranquillo: gli Asura erano spesso infidi, ma non mancavano mai alla parola data. Pur non sembrando molto convinto sulla questione, visti i recenti sviluppi, Escol accettò per buono quanto Wizimir gli aveva garantito riguardo la sua amica elfa, ed aprì tosto il capitolo: “Lady Dana”. Quando apprese però che lo stregone non sapeva nemmeno chi fosse questa sacerdotessa dei Paradine, sconsolato, lo congedò. D’altronde, lo stregone si trovava piuttosto lontano da Anderoyri e in effetti trovava difficile che l’Asur, che egli serviva, potesse avere delle mire di qualche tipo nei confronti di una santa donna. Quando l’immagine traslucida del mago si estinse, Escol sprofondò su una sedia, privo di idee su come procedere oltre. Tuttavia Eofaulf gli mise una mano sulla spalla in maniera comprensiva e lo esortò a non perdere le speranze e ad andare con lui: avrebbero provato a seguire i sani e vecchi metodi tradizionali! Da sempre, in ogni città infatti, dentro o fuori l’impero, la taverna era il miglior posto per recuperare informazioni e lui sembrava piuttosto certo che anche ad Anderoyri sarebbe stato lo stesso.