Escol pensava di essersi appena assopito, quando qualcuno o “qualcosa” nella stanza lo destò di soprassalto. Il giovane rampollo dei Berge non riusciva a tenere gli occhi aperti per la stanchezza, ma il suo istinto da guerriero l’aveva spinto a reagire ad un possibile pericolo. Cercò con grande sforzo di mettere a fuoco quell’immagine confusa, così bianca ed eterea, quasi evanescente, che si stava muovendo lentamente verso di lui, ma era dannatamente difficile. Si stropicciò dunque con violenza e più volte gli occhi per tentare di riprendersi e quando si rese conto finalmente a chi appartenesse quella sagoma, trasparente come un fantasma, non poteva credere a ciò che vedeva. Non perché adesso non riuscisse a scorgerla con chiarezza, ma perché la sua mente si rifiutava di accettare di chi si trattava. Infatti, l’elegante ed esile figura di Enwel, la sua amata Enwel, stava lì, a pochi centimetri da lui, osservandolo con un sorriso dolce e comprensivo! Escol scuoteva la testa incredulo, non riuscendo a convincersi che quella visione potesse essere reale. Enwel era morta! E già da molto tempo ormai. Come poteva essere possibile allora? L’elfa a quel punto spiegò che la “dimensione” dove la sua anima era stata confinata era molto “vicina” al piano elementale, soprattutto per quelli della sua razza, ed ella aveva chiesto ai rispettivi dominatori dei due distinti “reami” il permesso di poter avvicinare temporaneamente l’umano di nome Escol, perchè sarebbe stato fondamentale per Eord e tutti i mortali senzienti che in esso abitavano. Il figlio del Duca faticò e non poco a svegliarsi dal suo torpore emotivo e a calarsi in quella nuova ed assai insperata situazione e quando cercò di abbracciare l’elfa, di stringerla a sé, si rese conto quanto le sue parole fossero maledettamente vere. Enwel era del tutto incorporea, anche se lei talvolta riusciva, tramite la propria volontà, a mantenere una minima fisicità. Deluso, Escol si staccò lentamente da lei, che lo guardò di rimando con infinita tristezza. Poi però lo invitò a riprendersi e ad ascoltarla attentamente, poiché non aveva molto tempo a disposizione. Il giovane guerriero si sedette sul letto un pò sconsolato, poi alzò gli occhi ad osservarla: anche così rarefatta ed indistinta gli sembrava bellissima. Enwel gli parlò con calma e pazienza, perché gli argomenti che toccò erano molto gravi. La premessa fu che il suo “dono di veggenza” l’aveva accompagnata anche dopo il trapasso, “benedicendola” o forse “maledicendola” anche nella dimensione laddove le anime immortali dei defunti erano confinate. Pertanto aveva “visto”, nel cammino del suo amato, cose che sarebbero potute accadere con estrema probabilità e con pesanti rischi per la sua vita. Fortunatamente il futuro non era scritto e questo dava ad Escol una chance per cambiare le cose. L’elfa gli rivelò dunque le seguenti profezie: 1) qualcuno della sua compagnia avrebbe potuto tradire molto presto la sua fiducia, passando informazioni preziose al nemico. Tuttavia sarebbero state le sue azioni a determinare se questo tradimento sarebbe di fatto avvenuto, quindi questa situazione poteva essere ancora prevenuta. 2) Nessuno era a conoscenza della profondità della sua missione. Né Andor, né lei e neppure lui stesso. Fare in modo che il “Prescelto” arrivasse ad uccidere “Arios il maledetto”, era solo il primo passo di ciò che andava fatto per impedire che il mondo intero collassasse su sé stesso. 3) Per quel che riguardava l’argomento: “eliminare l’odiato imperatore”, le uniche persone su cui lui avrebbe potuto essere certo di condividere questa inossidabile volontà, erano: il potente mago elfo di nome Eledras, ed il “Maestro delle Ombre” della “Setta delle Ombre”. Due figure all’apparenza opposte, ma con obiettivi evidentemente molto vicini. Escol non aggiunse assolutamente nulla alle preziose informazioni che Enwel gli aveva riportato. Ad un certo punto aveva chiuso gli occhi e si era lasciato cullare dal suono armonioso della sua voce, delle sue parole. Aveva le lacrime agli occhi e si rese conto, in quel preciso momento, quanto non gli importasse granché del destino di Eord: se gli avessero offerto l’occasione di rimanere per sempre accanto a lei, non avrebbe dubitato un istante su cosa fare. Poi l’elfa lo salutò con un caldo sorriso e pian piano svanì, lasciandolo ancora una volta solo e disperato in una “stanza vuota” di una remota dimensione. Fortunatamente Aemaer non tardò a raggiungerlo. Anzi, era stato solo per rispetto di quel momento “intimo” tra i due, che gli era parso importante, che si era tenuto lontano qualche minuto in più. Escol fu felice di rivedere l’elementale dell’acqua, perché in qualche assurdo modo, visto il posto in cui si trovava, egli l’aveva finalmente restituito alla realtà. Si alzò a fatica e andò a prendere i fogli di pergamena sui quali aveva impresso tutte le sue principali esperienze degli ultimi anni e glieli offrì. Aemaer sembrò gradire moltissimo quel dono e riferì al figlio del Duca che egli aveva avuto ragione: Hilda sembrava davvero avesse cambiato del tutto umore ed atteggiamento, quando aveva appreso che lui era arrivato per toglierla dai pasticci. Disse che per la prima volta aveva visto un sorriso di pura gioia aprirsi sul suo volto scuro e perennemente rigato dalle lacrime. Escol annuì abbozzando un sorriso, poi lasciò che la sua guida lo conducesse da “Fuoco”, nella grande “sala del giudizio”. In quel poco tempo, il giovane guerriero parlò brevemente ad Aemaer di Enwel, mostratosi curioso dei suoi sentimenti nei confronti dell’elfa. Aveva percepito infatti una volontà molto potente in quel mortale, quando aveva sbirciato nei suoi ricordi relativi alla donna elfo. Il giovane guerriero fece spallucce: non era certo possibile spiegare il significato dell’amore in pochi minuti, ma gli bastò implorarlo di poter intercedere con “Fuoco” affinché gli permettesse di venir qui per poterla rivedere un’altra volta, per fargli intuire quanto grande potesse essere il suo potere e quanto a fondo potesse incidere sul destino dei mortali. Quando i due arrivarono a destinazione, Escol non si trovò davanti un unico trono con un un solo “sovrano”, ma ben sette! Sette creature di fuoco, tutte identiche e tutte potentissime. Il figlio del Duca pensò che ciascuno di loro fosse sovrano di un dominio diverso della sfera del fuoco, poiché Aemaer non riuscì a fargli capire bene come stessero le cose in realtà. L’elementale dell’acqua sorrise all’incapacità del suo giovane ospite di dare il giusto senso alle sue parole, ma non c’era più tempo per discuterne: il “giudizio dei Sette Fuochi” stava cominciando. “Siamo qui riuniti a giudizio, per stabilire se la mortale di nome Hilda abbia commesso o meno i crimini di cui è stata accusata, nel recarsi qui, nella nostra casa e senza invito alcuno e nell’aver aggredito senza motivo uno dei nostri fratelli. Il mortale di nome Escol Berge la rappresenterà e se la maggioranza di noi la riterrà innocente, entrambi saranno liberi di tornare sul loro piano d’esistenza, incolumi. Accetti dunque tu, Hilda, la difesa che ti è stata proposta?” La mezzelfa non riusciva a togliere gli occhi luccicanti di felicità da Escol, poi si voltò verso i sette mastodontici esseri di fuoco ed annuì. Prima di iniziare, il giovane guerriero non riuscì a non andare da lei ad abbracciarla. La mezzelfa era scossa dai sussulti di pianto, ma quando gli raccontò come erano andate le cose riguardo l’aggressione ad un innocente elementale, Escol la guardò con severità. Come sospettava, aveva reagito impulsivamente, scagliando un fulmine ad una creatura molto simile all’ospitale Samar. Un fulmine? Da quando Hilda aveva simili poteri? In ogni caso, a questo avrebbe pensato in un altro momento: ora lei si sarebbe seduta e avrebbe lasciato che lui gestisse la situazione. Ovviamente Hilda gli sorrise ed annuì speranzosa. “Molto bene. Allora credo che possiamo procedere. Giovane Escol, a te la parola." Escol si schiarì la voce ed iniziò a raccontare tutto. Dall’arrivo in città, al piano per liberare Alarien, dall’incantesimo di invisibilità di Hilda, al ritrovamento fortuito ed inaspettato di un Asur nelle prigioni della cittadella. Infine riferì cosa Wizimir gli aveva detto riguardo all’infausto cozzare tra l’incantesimo di Hilda e quello del portale dell’Asur per fuggire via dalle prigioni. Quindi, era facile dedurre che l’arrivo della mezzelfa in questa dimensione era stato solo frutto di un errore, una spiacevole conseguenza che si era creata nel fortuito scontro tra queste due magie. “Questo è impossibile.” Esordì il sovrano del settimo cerchio, con voce possente. Nonostante Escol giurò e spergiurò che le cose erano andate esattamente nel modo in cui lui le aveva descritte, “Egli” rimase inamovibile su questo punto. “Mortale, non ho detto che non credo alle tue parole. Ho detto che è impossibile che ciò potesse avvenire. Quindi, che sei stato ingannato.” Escol si alzò dalla sedia lentamente. Se ciò era vero e non aveva motivo di dubitare del contrario, voleva significare che l’Asur aveva di proposito bandito Hilda su questa dimensione. Ma perchè? Quale poteva essere il motivo? Escol tornò a sedere e non proferì più parola sull’argomento. “Accettiamo questa spiegazione come vera e quindi la riteniamo sufficiente per scagionare la tua amica. Il tuo cuore e la tua mente sono liberi da menzogna. Riguardo la seconda accusa invece? Come dichiari l’imputata?” Il figlio del Duca ci mise qualche intenso secondo prima di scuotersi dai suoi cupi pensieri: non riusciva a capacitarsi che Wizimir l’avesse manipolato in maniera così bieca e meschina. Poi gettò un'occhiata di sottecchi alla sua amica e tentò di raccontare ai “Sette Giudici” la natura buona ma forse un pò troppo impulsiva di Hilda. Tuttavia, nonostante la sua accalorata difesa, i “Fuochi” non riuscirono ad ignorare del tutto quell’atto di violenza ingiustificata. “Non dubitiamo, Escol Berge, che l’impulsività sia una caratteristica umana e concordiamo che la mortale che rappresenti non sia certamente una creatura malvagia e crudele. Ciononostante, l’aggressione è avvenuta e dei provvedimenti in merito dovranno esser presi.” Escol scosse la testa: come poteva riuscire a far semplicemente intuire come “funzionava” un essere umano a degli esseri privi di carne e sangue, di sentimenti ed istinti? Si appellò solo alla loro clemenza e al rispetto che avevano per ogni forma di vita. La loro reazione a queste parole, così dimesse ed imploranti, furono quasi “empatiche”. Il figlio del Duca ebbe in quel momento la sensazione che egli fosse diventato quasi “simpatico” a quelle creature. Ovviamente sapeva che ciò era impossibile, vista la loro natura completamente neutrale, ma il loro atteggiamento nei suoi confronti sembrava più quello di un padre nei confronti di un figlio che aveva sbagliato, che non quello di un giudice che esprimeva un verdetto nei confronti di un reo confesso. “Non temere, Escol Berge. Non c’è pericolo per la vita della tua amica. Abbiamo davvero apprezzato i tuoi sforzi per portarci a comprendere la natura umana. Soprattutto attraverso i tuoi scritti: un lascito davvero molto gradito. Dobbiamo ammettere che sei riuscito ad incuriosirci, giovane mortale, per cui abbiamo deciso di trasformare una pena in un’opportunità: la mortale di nome Hilda, per un mese intero da questo momento, secondo il vostro modo di calcolare il tempo, rappresenterà i nostri occhi e le nostre orecchie su Eord. Accetti dunque questo verdetto, Escol di Berge?” Il figlio del Duca non si aspettava certo una simile decisione da parte dei “Giudici” e rimase in silenzio a riflettere per qualche istante. Poi voltò la testa verso Hilda, che annuì. Quindi Escol acconsentì e dunque il processo della mezzelfa terminò senza conseguenze estreme. I “sette Giudici” si accomiatarono da Escol, lasciando lui ed Hilda alle cure di Aemaer. Egli li accompagnò di nuovo alle porte della fortezza, affidandoli poi alla guida di Samar. Tuttavia, prima di congedarsi da lui, ammise che la sua permanenza era stata davvero molto apprezzata dai “Dominatori del Fuoco” e pertanto essi avrebbero valutato se concedergli la possibilità in futuro di tornare per incontrare Enwel. Il figlio del Duca si illuminò in viso e lo ringraziò dal più profondo del cuore, poi prese per mano Hilda ed insieme andarono incontro a Samar. L'elementale della terra non fu molto contento di vedere la mezzelfa, ed Escol scoprì molto presto il perché: il suo fulmine aveva colpito suo fratello! Imbarazzata per l’incidente, la mezzelfa si scusò e l’elementale della terra sembrò accettare il suo sentito pentimento. Dopo un lungo cammino, i tre viaggiatori raggiunsero infine un portale di luce, si salutarono velocemente e poi si separarono forse per sempre. Terminò così l’esperienza di Escol ed Hilda nella dimensione elementale: un’esperienza senz’altro straordinaria, ma anche estenuante: ci mancò davvero poco che il giovane guerriero crollasse al suolo sfinito quando si trovò dall’altra parte. Tuttavia il figlio del Duca non aveva tempo per riposarsi: c’era ancora troppo da fare e, visto una più che probabile cospirazione da parte di Wizimir e del suo oscuro signore, la vita di Alarien poteva esser adesso minacciata da qualcosa di ben peggiore che la mano armata di un’inquisitrice!