Dopo aver assistito a quel macabro spettacolo, la compagnia, orfana di Alarien, si avvicinò piuttosto preoccupata alle porte della città. Selushvi era la prima città, che avevano incontrato finora, ad avere delle solide mura di cinta e degli imponenti cancelli di ferro che conducevano dentro e fuori dal centro urbano. Si capiva che fosse uno dei principali capoluoghi dell’impero anche dal numero impressionante di soldati che la presidiavano, come quelli che intimarono per l’ennesima volta “l’alt” a Jonas e la sua scorta a ridosso dell’entrata. Il mercante però non si scompose affatto questa volta, anzi, si sporse quel tanto che bastava per farsi vedere, ottenendo immediatamente il permesso di varcare la soglia per tornarsene finalmente a casa. La guardia al cancello sembrava conoscerlo bene, almeno dal tipo di conversazione conviviale che avevano affrontato nelle poche battute prima di riprendere il cammino. Non solo, ma il graduato, che Jonas chiamò Wilfuld, sembrava anche condividere il suo disgusto per lo scempio perpetrato nella periferia di Selushvi. Quei corpi martoriati, lasciati come pasto per i corvi, rappresentavano forse il punto più basso mai raggiunto da Arios e i suoi biechi aguzzini. Un punto forse di non ritorno, ove coloro che credevano fermamente negli ideali dell’Impero, ideali sani, di lealtà, fedeltà ed obbedienza, avrebbero dovuto operare una scelta tra quello che era “giusto” fare e quello che invece era “loro dovere” fare. Una volta questa scelta non era necessaria, perché ciò che era giusto coincideva con il seguire la volontà dell’imperatore, ma oggi purtroppo si stava deragliando verso un’etica, una filosofia, silenziosamente soggiacente all’impero, assolutamente disumana. Comunque, sempre secondo quel soldato, il responsabile principale di quel massacro era l’Inquisitrice: una donna spietata e senza principi morali, che aveva apparentemente senza motivo prelevato i prigionieri dalle loro celle e li aveva brutalmente seviziati, prima di impalarli lungo la via maestra della città. Un monito certo. Ma per chi? Escol era tentato di intromettersi nella discussione, dissipando immediatamente i dubbi dell’amico di Jonas, ma decise di tacere e aspettare un momento migliore prima di dire cosa pensava di quella maga imperiale e dei suoi metodi provocatori. C’erano delle cose che non gli erano ancora chiarissime circa il suo comportamento, soprattutto quando li aveva lasciati andare invece di arrestarli tutti per trasporto illecito di nemici dell’impero. Tuttavia, nonostante queste perplessità assolutamente legittime, gli pareva lo stesso abbastanza evidente a chi fosse diretto il messaggio, ed il suo significato nemmeno troppo recondito. Pertanto, egli aveva tutta l’intenzione di mantenere la parola data alla creatura nella foresta: voleva ucciderla senza alcuna pietà e liberare Alarien dal suo giogo, ma vedendo i legionari presenti in città, intuì che questa volta non sarebbe stato affatto facile raggiungere questo obiettivo. La carovana passò, quasi invisibile, lungo le strade ben strutturate di Selushvi e senza troppi sguardi indiscreti sulla sua scorta, finché arrivò nella parte ovest del centro urbano, dove un piccolo fiume segnava i confini di una zona residenziale. Un ponte fungeva da collegamento tra questo quartiere altolocato e il resto della città e proprio lì, a qualche decina di metri dall’arcuato passaggio di pietra e legno, stanziava la villa del mercante Jonas Mar Jon. Il suo fido maggiordomo di nome Oswald li accolse all’uscio, prendendosi carico dei bagagli e impartendo immediatamente disposizioni alla servitù di stoccare le mercanzie nelle cantine, oltre ovviamente di occuparsi del pranzo e delle camere necessarie per gli ospiti. Tuttavia il bieco cipiglio di Escol non lasciava presagire nulla di buono. Infatti, dopo aver consumato un pranzo veloce, il figlio del Duca convocò tutta la squadra nelle proprie stanze e li mise al corrente delle sue intenzioni e del suo piano d’azione. Alla base di tutto il discorso, che avrebbe tosto fatto loro, c’era però il punto irremovibile che egli avrebbe provato a salvare Alarien, con o senza il loro aiuto. Pertanto si aspettava prima di tutto che tutti fossero d’accordo su questo. Ovviamente Vala e Hilda avrebbero seguito Escol anche oltre Selushvi e quindi annuirono senza esitazioni. Quando gli occhi di tutti scivolarono su Eofaulf, l’esperto scout fece spallucce e sostenne che per lui non ci sarebbe stato alcun problema ad accompagnarlo anche oltre questa città, perché era un uomo di parola (Escol aveva saldato il dovuto al ranger non appena messo piede nella casa di Jonas) e perché l’idea di creare altre noie all’impero e ad Arios in particolare, lo solleticava non poco. Confermò dunque di rimanere con loro per la seconda fase della missione per un adeguato compenso e si sarebbe messo a disposizione anche da subito per aiutare la compagnia a reperire informazioni utili alla salvezza di Alarien (anche lui non amava l’idea di lasciare l’elfa al suo destino di torture e disperazione). Escol pagò immediatamente Eofaulf e senza aggiungere una parola alle più che condivisibili richieste economiche della guida, quindi fece un bel respiro e invitò tutti ad ascoltare ciò che aveva in mente. Avevano innanzitutto bisogno di informazioni, quindi sì, Eofaulf avrebbe raggiunto la taverna lì vicino e avrebbe fatto di tutto per reperirne il più possibile: servivano dettagli sull’Inquisitrice, sulle forze stanziate in città e su quelle nella cittadella del governatore (attualmente la zona più presidiata e quindi quella dove presumibilmente avrebbero dovuto trovarsi Alarien e quella maledetta maga imperiale). Jonas invece avrebbe dovuto cercare di parlare con qualche suo dissidente amico, come quel Wifuld al cancello. Gente che palesasse un evidente malcontento nei confronti dei metodi barbari dell’Inquisitrice e che, seppur non esponendosi in prima persona, fosse disposta a sostenere la causa della giustizia e non quella dello sciacallaggio senza freni. Jonas annuì fiducioso. Hilda e Vala avrebbero avuto infine i compiti più difficili: la maga sarebbe entrata invisibile nella cittadella, con l’intento di trovare le stanze di quella maledetta donna in rosso e cercare di portare via con sé quante più informazioni possibili su di lei. Addirittura, se le si fosse presentata l’opportunità, anche su quel dannato cristallo che emetteva bagliori cremisi a ridosso della magia elfica. Sarebbe stato un risultato di inestimabile valore, non solo per loro, ma per tutto il popolo elfico, se ci fosse riuscita. Vala invece avrebbe raggiunto la foresta dove abitavano quelle strane creature d’ombra. Se infatti il “Terrore d’Argento” fosse riuscito alfine ad eliminare quella strega imperiale, avrebbero avuto dei formidabili alleati per coprire la loro fuga da Selushvi. Vala avrebbe avuto il compito di istruirli e guidarli sul da farsi.Tutta la compagnia annuì compiacente, ma poi i loro sguardi curiosi si spostarono tosto su di lui. Che avrebbe fatto nel frattempo il figlio del Duca? Sospirando per il disappunto, Escol rivelò a tutti che “Dakkar” non doveva rivelarsi a nessuno fintanto che il “Terrore d’Argento” non fosse stato chiamato in causa. Per una volta dunque sarebbe rimasto nelle retrovie, affidandosi al lavoro della sua squadra. Eofaulf si mostrò d’accordo riguardo anche questa decisione, aggiungendo che però sarebbe stato meglio che avesse agito lui per primo: non ci avrebbe messo molto a corrompere le persone giuste nella taverna e sarebbe tornato in tempi relativamente brevi per fornire altre informazioni utili prima di realizzare il piano di Escol. La compagnia accettò il suo consiglio e così l’esperto scout raggiunse tosto l’uscita. Nel frattempo l’intero gruppo preparò l’equipaggiamento giusto per finalizzare i propri compiti, studiando inoltre un piano per far credere di separarsi definitivamente e contemporaneamente alla gente del posto. L’obiettivo di Escol era quello di tenere Jonas fuori da eventuali rischi futuri. Quando la situazione sarebbe esplosa e i cadaveri spuntati come funghi nella cittadella, caduti sotto i colpi implacabili del “Terrore d’Argento”, non sarebbe stato da escludere che qualcuno, che conosceva meglio degli altri tutta la storia, potesse decidere di prendersela con il mercante. Magari interrogandolo o torturandolo per conoscere i piani di “Dakkar”, pseudonimo di Escol, figlio del Duca di Berge. Sebbene due fronde dello stesso albero, “Bedde” e “l’Inquisitrice Rossa”, avevano metodi diversi e obiettivi diversi, possedevano informazioni diverse sul loro conto e per fortuna scopi diversi. Tuttavia entrambi lavoravano per Arios e questa “costante” non doveva essere trascurata: non si poteva rischiare che i due fossero costretti a confrontarsi e dunque lasciare Jonas in balia dei loro perfidi sicari. Quando Eofaulf tornò, un paio d’ore più tardi, fornì alcune informazioni in effetti davvero interessanti. Intanto che l’inquisitrice non era in città! Elemento che cambiava un po' la struttura del piano. Da quello che il ranger aveva scoperto, ella era entrata a Selushvi, ma subito dopo era uscita per raggiungere e sgominare l’ennesima banda di dissidenti elfi poco distanti da qui. Alarien era stata portata nelle carceri sotterranee della cittadella, di cui si era fatto dare una descrizione piuttosto accurata da un legionario decisamente ubriaco e altrettanto loquace. Aggiunse però che per scoprire quante sentinelle ci fossero a protezione delle celle e quante invece a protezione delle stanze adiacenti, avrebbe dovuto fare un “lavoro più accurato”, recandosi proprio al birrificio della città: un posto molto gettonato per ottenere questo genere di informazioni. All’inizio Eofaulf provò a coinvolgere Escol, ma il figlio del Duca rimase fermo sul piano originario: ognuno aveva il suo compito e i suoi ordini e tutti dovevano fare la loro parte, perché ogni singolo dettaglio poteva fare la differenza tra la vita e la morte, viste quelle che erano le loro intenzioni. Quindi il gruppo uscì di casa poco prima di cena, si salutò come se dovesse lasciarsi definitivamente e ciascuno prese una direzione diversa dall’altro. Questo commiato avvenne in un posto affollato, in maniera che almeno due o tre pattuglie di legionari potessero assistere direttamente a questo momento. Poi Vala prese la via del cancello est, mentre “Dakkar” e Hilda quella ad ovest. Jonas invece raggiunse la casa di alcuni suoi amici con dei doni tra le mani, ed infine Eofaulf, facendo tintinnare le sue monete d’oro, a “ristorarsi” al birrificio. Insomma, tutte cose che una compagnia, che aveva viaggiato per settimane insieme, ed aveva terminato il proprio lavoro, avrebbe fatto senza destare alcun sospetto. Il gruppo, Vala a parte, si diede appuntamento al tempio per stabilire poi gli ultimi dettagli dell’incursione alla cittadella. Escol ed Hilda varcarono i cancelli ovest di Selushvi e trovarono un buon posto per lasciare i cavalli, quindi, grazie ad un incantesimo di invisibilità della maga, rientrarono non visti, scivolando di vicolo in vicolo fino a giungere, ore più tardi, al tempio della città. Eofaulf si trovava già lì, inginocchiato a pregare i Paradine. Bisbigliando come se stesse salmodiando a bassa voce, aggiunse un paio di particolari molto interessanti alle informazioni che aveva già ricavato: 1) insieme all’elfa era stato catturato un altro misterioso personaggio, che l’inquisitrice sembrava temere moltissimo e 2) la cittadella era gremita di legionari, non tutti stanziali. C’era infatti un’intera legione che apparteneva ai famosi “Leoni dell’Impero”: la leggendaria quinta legione, un contingente di truppe speciali davvero formidabili, che non era affatto saggio affrontare direttamente. Essi erano accampati in numerose tende nell’ampio cortile esterno della cittadella, “come copertura” a protezione del governatore, ma in realtà “al servizio” dell’inquisitrice. Quindi avrebbero dovuto agire con estrema cautela: l’acciaio era il caso sfoderarlo, se necessario, solo nei sotterranei, ove erano tenuti in custodia Alarien e questa creatura al momento sconosciuta. Jonas arrivò qualche minuto più tardi. Egli aggiunse, a quanto detto da Eofaulf, che per entrare nella cittadella senza dover utilizzare le maniere forti sarebbe stato necessario utilizzare una parola d'ordine. Alla domanda della sentinella: “Cosa si ode sul campo di battaglia?”, Escol o Eofaulf avrebbero dovuto rispondere: “Il ruggito dei leoni!”. Poi il mercante offrì loro due cappe con sopra cucite le insegne imperiali, dono del suo amico Wifuld: indossandole, essi avrebbero potuto tentare di infiltrarsi nell’edificio e poi nei sotterranei con l’astuzia invece che con la forza. Jonas consigliò vivamente di evitare scontri inutili, poiché, una volta giunti nei sotterranei, avrebbero avuto le vie di fuga tagliate dietro di loro. Sarebbe bastato un clamore eccessivo o una voce più accesa da parte di un singolo soldato verso il piano superiore e loro sarebbero stati spacciati! Escol annuì, accettando di malavoglia il fatto che “il Terrore d’Argento” sarebbe dovuto stare attento a sfoderare la spada questa volta, ma sapeva anche molto bene che c’erano in ballo le vite di Alarien e di Eofaulf. Quindi il piano definitivo sarebbe stato questo: mentre Hilda, coperta da un incantesimo di invisibilità, andava a indagare nelle camere dell’Inquisitrice per cercare di scoprire qualcosa di utile, lui ed Eofaulf, con indosso la livrea dei legionari imperiali, sarebbero penetrati nella cittadella e avrebbero tentato di raggiungere le prigioni. Qui avrebbero tratto in salvo Alarien e, se possibile, anche lo “strano” prigioniero di cui la dama in rosso aveva tanta paura. Sempre con la speranza che poi egli avrebbe restituito loro il favore, qualora si dimostrasse chi Escol pensava che fosse: il capo di quelle inquietanti figure che si agitavano tra le ombre della foresta! Riguardo questo punto in particolare, il figlio del Duca era infatti fermamente convinto che il motivo per cui la scura creatura che aveva risposto alla chiamata dell’Inquisitrice e che aveva asserito di essere “costretta” ad eseguire i suoi ordini, lo aveva fatto proprio perché il suo leader era stato imprigionato da lei sotto minaccia di morte. Era un rischio, certo, ma valeva la pena correrlo. D’altronde, il nemico del mio nemico è il mio amico. Jonas invece sarebbe tornato a casa: il suo compito nella compagnia terminava qui. Il figlio del Duca aveva notato che, appena giunti nella sua abitazione, Andor l’aveva avvertito con una missiva, che Oswald gli aveva consegnato personalmente, di qualcosa di evidentemente molto importante per l’Ordine, ma il giovane guerriero si era guardato bene dall’entrare nell’argomento. Meglio che il mercante uscisse del tutto dalla fase due del suo viaggio attraverso l’impero e si concentrasse su eventuali nuovi compiti per lui meno pericolosi. Pertanto Escol ed Eofaulf nascosero le livree sotto i loro mantelli, ed uscirono tosto dal Tempio seguiti da Hilda. Iniziava così la loro missione di salvataggio disperata. Una missione che probabilmente li avrebbe portati molto vicini alla morte.