L’arrivo a Flutovund fu tutt'altro che latore di facili entusiasmi ed eccitanti aspettative per i nostri eroi: il nuovo volto che presto avrebbe preso la missione di Escol, era quello di uno sconosciuto, che recava con sé insidie ed incognite. La compagnia infatti entrò in città in silenzio e stretta in una cappa di tristezza e malinconia. Perfino quando per forza dovettero fare i conti con la fiumana di persone che sciamava di continuo attraverso le porte della grande città di frontiera, nessuno era riuscito nemmeno per un istante ad abbandonarsi all’incredibile energia che incessantemente vorticava loro intorno. Escol comprese immediatamente quanto Flutovund dovesse essere importante per il commercio nelle terre selvagge e con l’impero stesso e intuiva molto bene i pericoli e le meraviglie che essa poteva nascondere al suo interno, eppure non provava niente. Il suo cuore era lacerato dopo l’esperienza provata a Hvamsund. Le guardie al cancello fecero le domande di rito come di consueto, ed il figlio del Duca rispose garbatamente, ma non riusciva proprio a non apparire rammaricato: espressione che certo non passò inosservata al capitano. L’allegro veterano cercò di sollevare il morale della triste compagnia: la città era piena di opportunità per un pugno di mercenari in gamba come loro apparivano e non valeva la pena deprimersi, perchè certamente loro avrebbero saputo cogliere le loro. Escol annuì e mostrò un sorriso condiscendente, ma poco convinto. Alzando gli occhi al cielo, proprio non riusciva a pensare una maniera indolore per staccarsi dai suoi compagni. Per fortuna però, Aemaer venne prontamente in suo aiuto. Dopo aver varcato i cancelli infatti, il grosso Nordhmenn arrestò il cavallo e prese tosto la parola. In buona sostanza e senza tergiversare troppo, si congedò dal gruppo, poiché i suoi compiti, stabiliti mesi prima con Andor, erano terminati arrivando sani e salvi a Flutovund. Ora lui avrebbe dovuto raggiungere i suoi compagni, che lo stavano aspettando in città, per poi fare rifornimenti e tornare finalmente a casa. Escol aveva un groppo in gola: quel grosso energumeno stava davvero iniziando a piacergli, ed ora era sinceramente addolorato per la sua partenza. Tuttavia gli fu grato enormemente per avergli reso il compito molto più facile e lo abbracciò con caloroso affetto, augurandosi di rivederlo prima o poi. Aemaer salutò Vala con una poderosa stretta di mano e, puntando un dito verso Hilda, si raccomandò con lei, invitandola a “fare la brava”. Poi se ne andò, sparendo per i vicoli della caotica città. Escol sospirò affranto, seguendolo con lo sguardo finché Aemaer disparve, mischiandosi tra la folla. Quindi spronò il cavallo a riprendere il cammino, fino ad arrivare alla locanda che Andor gli aveva indicato prima di partire: la rinomata “Bacchetta d'Argento”. I tre compagni dovettero attendere qualche istante prima di poter entrare nell’affollata locanda, che era molto grande, ben tenuta e la cui cucina meritava ampiamente la fama che si era conquistata in tutte le terre selvagge. Infatti, dall’interno saliva un profumo intenso di carne arrosto e patate speziate che sollevò di colpo l’umore assai basso dei nostri eroi. Con un unico colpo d’occhio, Escol identificò subito, all’interno della taverna, quelli che potevano essere i mercanti e chi invece i mercenari in cerca di lavoro. Poi si avvicinò al bancone, dove una simpatica ed avvenente ostessa, si prestò molto volentieri a prendere le sue ordinazioni e a rispondere alle sue domande. Fu lei infatti a indicare un tavolo in particolare, ove era seduto un uomo barbuto, dall’aspetto tutt'altro che sprovveduto, che rispondeva al nome di Jonas Mar Jon. Andor, infatti, gli aveva spiegato molto chiaramente che, giunto a Flutovund, avrebbe dovuto cercare questo mercante, che segretamente faceva parte dell’Ordine, con il quale avrebbe dovuto legarsi e compiere un lungo tragitto attraverso l’impero. Pertanto Escol non perse tempo: si avvicinò all’uomo e si presentò come Dakkar Astarte. Gli occhi del mercante brillarono per un breve secondo. Domandò poi se poteva sedersi al suo tavolo con il suo seguito e scambiare quattro parole con lui. Jonas accolse volentieri Escol e i suoi amici e si rilassò ancor di più quando il figlio del Duca gli nominò Alchor: un uomo che sperava tanto di incontrare per questioni di “affari condivisi”. Jonas sorrise alla cautela mostrata dal giovane, facendogli intendere chiaramente di aver compreso il suo gioco, ed iniziando con lui una conversazione intricata e piena di velati sottintesi. Tuttavia, Alchor si rilassò veramente del tutto solo quando Escol dimostrò di conoscere molto bene la comunicazione gestuale degli adepti dell’Ordine. A quel punto il mercante sospirò soddisfatto ed annuì compiaciuto. Egli, in buona sostanza, gli rivelò che avrebbero viaggiato insieme passando per diverse città imperiali. Tuttavia, il suo cammino si sarebbe fermato alla città di Selhusvi e da lì in poi egli avrebbe dovuto viaggiare da solo: ecco perchè era importante affidarsi ad una guida valida ed esperta. A tal proposito, Escol commentò che avrebbero dovuto trovarne una nuova, poiché la sua non sarebbe stata disponibile per il resto del viaggio. Vala divenne bianca come un lenzuolo nel sentire quelle parole, ma rimase comunque in silenzio. Jonas non fu contento per quella notizia, poiché Andor gli aveva garantito che gliene avrebbe offerta una e anche di grande valore. Quindi egli aveva licenziato la sua, in attesa dell’arrivo di Escol, anzi di “Dakkar”. Tuttavia, il figlio del Duca rassicurò subito Jonas, asserendo che avrebbe assoldato certamente la migliore sul mercato nel giro di poche ore: tempo di mangiare un boccone e prendere le misure con questa confusione assordante che percepiva intorno a lui. Egli domandò al mercante se avesse avuto la possibilità di fare delle compere l’indomani mattina, visto che ormai era l’imbrunire. Jonas annuì, ma si offrì gentilmente di pensare lui al suo equipaggiamento e a quello della sua “compagna”, riferendosi a Hilda, così come alle loro stanze per la notte. Quando Escol però prese l’argomento relativo all’elmo e la sua volontà di trovare un tempio che potesse “incantarlo”, il mercante lo invitò alla prudenza. Il figlio del Duca sembrava non capire, quindi Jonas gli spiegò la situazione senza giri di parole. La città di Flutovund era una città di frontiera, molto vicina ai territori imperiali. L’imperatore ovviamente, non vedeva di buon occhio i dissidenti, che avevano lasciato il suo regno per rifugiarsi nelle terre selvagge e l’unico motivo per cui non aveva spazzato tutti via, era perché le sue legioni erano costantemente occupate a combattere elfi e nani all’interno dei suoi confini. Tuttavia, egli non lasciava mai niente al caso e pur non disponendo di un esercito pronto a distruggere gli esiliati, aveva però un mare di spie e di seguaci, sparsi nelle città di frontiera. Siccome la magia elfica era bandita e perseguitata, costantemente e ferocemente dagli inquisitori imperiali, non era affatto saggio per lui andare nel Tempio cittadino a chiedere “incantamenti elfici”. Sarebbe stato assai più prudente invece, mettere il naso fuori dalla locanda il meno possibile o perlomeno non mostrare la sua faccia nelle zone cosiddette “a rischio” della città. Se fosse stato scoperto e tracciato, la sua missione sarebbe infatti finita prima di iniziare. Escol annuì, commentando che avrebbe dunque accettato i suoi generosi doni (tra cui un elmo di ottima fattura) e accolto per intero i suoi preziosi consigli. In ogni caso, informò ugualmente il mercante che avrebbe voluto fare una passeggiata per la città, per sgranchire le gambe dopo un abbondante pasto e per cogliere l’occasione di scambiare due chiacchiere con Vala. Dopo aver ordinato ad Hilda di iniziare a raccogliere informazioni sui possibili candidati al ruolo di guida, cosa che stranamente fece ghignare la mezzelfa che guardò in maniera divertita e soddisfatta Vala, Escol invitò la sua amica veterana a seguirlo fuori. L’aria della sera era frizzantemente corroborante e il tragitto che divideva la locanda dal Tempio di Flutovund, garantì un po' di sollievo al figlio del Duca, schiarendogli di molto i pensieri. Considerato il macigno che portava nel cuore e che doveva togliersi quanto prima, Escol doveva decidersi ad affrontare definitivamente l'argomento con Vala, se avesse voluto continuare la sua missione con la giusta concentrazione. Alla fine ci riuscì. Con la morte nel cuore, pregò la sua amica di comprendere le sue ragioni, quando la invitava a fare un passo indietro e trovare un’altra strada che la portasse per il momento lontano da quella che lui avrebbe tra poco intrapreso. Vala non riusciva a capire perché il suo amico gli stava facendo questo, perché la stesse allontanando e non comprese le sue ragioni nemmeno quando lui tentò di spiegarle quanto emotivamente vulnerabile fosse diventato con lei accanto. Dopo quella reazione così violenta che aveva avuto in quella dannata locanda, aveva letto disgusto nei suoi occhi: una repulsione istintiva mostrata per i suoi metodi poco ortodossi. Ecco, per raggiungere il suo obiettivo finale, avrebbe potuto compiere decine di quegli atti riprovevoli e non era sicuro che sarebbe riuscito a farlo con lei al suo fianco. Vala affermò con veemenza di non essere affatto d’accordo con quella decisione, ma alla fine la accettò. Senza dire una parola, si voltò e sparì tra i vicoli della città. Escol sospirò affranto, morso dal dubbio lacerante se ciò che aveva deciso fosse davvero la scelta giusta. Poi si voltò, sistemò meglio l'armatura, ed entrò nel Tempio, motivato però solo a dare uno sguardo fugace all’interno. In effetti ebbe subito conferma delle parole di Jonas: quel posto pullulava di imperiali! Inoltre, fatto assai curioso, non aveva officianti. Almeno non a prima vista. Considerando poi che era l’unico che aveva con sé delle armi, si affrettò subito ad uscire di lì, prima che qualcuno lo notasse e iniziasse magari a fargli scomode domande. Chiudendosi nel mantello, Escol non si era mai sentito così solo, nemmeno quando era partito per questo viaggio, pieno di incognite e senza amici o alleati che potessero aiutarlo. In poche ore aveva perso sia Aemaer che Vala. Gli restava solo Hilda. Ora era costretto a fidarsi di lei. Di lei e delle sue abilità, che sarebbero potute diventare addirittura essenziali nei territori imperiali, dove però erano assai temute e considerate molto pericolose. In cuor suo il figlio del Duca si augurava solo di trovare altri alleati lungo il cammino, che avrebbero saputo sostituire degnamente i suoi compagni perduti. Da questo dipendeva il buon esito della sua missione.
Capitolo 6 - Dolorosi addii.
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- Scritto da Jack Warren
- Categoria: Eord
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