Furioso come mai ricordava di esser stato in vita sua, Escol andò subito incontro alla locandiera, quasi trascinandola per mostrarle cosa era successo nella stanza del mercante. Qualcuno era entrato nella locanda impunemente, era salito nella camera di Eatfrid e l’aveva, dopo lunga e aspra contesa, sopraffatto. Poi aveva utilizzato una scala di corda per scendere dall’altra parte e si era dileguato nella notte. La locandiera trasalì, affermando che era costernata per un tale misfatto. Escol ordinò che a nessuno fosse permesso di lasciare l’edificio: non gli era piaciuta da subito né quella città e nemmeno le persone che l’abitavano, ed ora, a costo di interrogarli tutti, ad uno ad uno, avrebbe capito il perchè. Poco prima che la locanda venisse sigillata, il marito della locandiera chiamò a gran voce la moglie al piano di sotto: qualcuno aveva lasciato qualcosa davanti la locanda: una piccola scatola e una lettera ad essa allegata. La compagnia seguì ovviamente la donna nella grande sala da pranzo, ed Escol si fece consegnare immediatamente la lettera. Come si era aspettato, si trattava dei rapitori. Essi sostenevano che, se avessero voluto rivedere vivo il mercante, avrebbero dovuto consegnare 50000 pezzi d’oro nelle loro mani. La missiva aggiungeva poi che ulteriori istruzioni sarebbero presto arrivate alla loro attenzione per organizzare il luogo d’incontro tra le parti. Il figlio del Duca rifletté parecchio sul contenuto di quella pergamena, ed il dettaglio che lo catturò immediatamente fu che si rivolgeva a: “coloro che accompagnavano il mercante della stanza 18”. Considerando che la porta non era stata abbattuta, perchè avrebbe causato troppo baccano e tenendo presente che i malfattori sapevano già quale stanza avrebbero dovuto profanare, sembrava chiaro che essi avessero già a disposizione una copia della chiave della camera, molto prima dell’arrivo del mercante a Hvamsund. Escol passò la lettera a Reward e afferrò la scatola. Subito la aprì e ciò che trovò all’interno confermò i suoi peggiori sospetti. Dentro di essa c’era un dito mozzato, che ancora portava l’anello col sigillo di Eatfrid! Chiudendola di scatto,  Escol disse a Reward di seguirlo fuori immediatamente. Lo scout lo assecondò, ed insieme si recarono nelle stalle. Quando avvicinarono il carro, si resero subito conto che esso era stato completamente messo sottosopra, ma da una rapida occhiata Reward avvertì Escol che i beni di Eatfrid non erano stati toccati. Esalando un lungo sospiro, il figlio del Duca domandò a Reward a quanto ammontassero i valori complessivi del mercante. Egli lo guardò interdetto, cercando di capire quali fossero le sue reali intenzioni. Poi, realizzando il fatto che il giovane Berge non li avrebbe mai traditi, spostò delle pelli impilate sul carro fino a rivelare uno scomparto segreto. Era talmente invisibile che anche Vala avrebbe faticato nel trovarlo. Reward recuperò da un doppio fondo un grosso sacco contenente circa 20000 monete. Considerando le mercanzie, avrebbero potuto arrivare a circa 35000, forse 40000 pezzi d’oro, non una moneta di più. “Non abbastanza dunque…”. Pensò Escol, rabbuiandosi. Dunque bisognava buttar giù un piano, anticipare le mosse dei rapitori, iniziare a pensare come loro, altrimenti Eatfrid sarebbe quasi certamente morto. Mentre tornavano alla locanda, Escol volle conoscere il parere di Reward riguardo i suoi sospetti sui locandieri, ma lo scout scosse con decisione la testa: gli sembrava davvero impossibile che essi avessero potuto tradirlo. Tuttavia, c’era qualcosa nella sua espressione che non piacque al figlio del Duca: Reward non gli stava dicendo tutto! La domanda legittima a quel punto era: perché? Perché anche lui si ostinava a rimanere in un cocciuto silenzio? Escol entrò come un uragano dentro la locanda, iniziando ad incalzare ogni singolo allibito avventore che incontrava. Provocandoli, insultandoli, minacciandoli. Vedendo che la situazione stava degenerando, la locandiera, messa alle strette, ed anche esasperata dai comportamenti del giovane guerriero, si lasciò sfuggire una frase che confermò all’istante tutti i sospetti del figlio del Duca. Ella sussurrò: “mi dispiace…. ma non si erano mai spinti a tanto…” Un silenzio gravido di tensione calò implacabile nella sala. Escol si voltò lentamente verso di lei. Aveva il fuoco negli occhi. Ordinò prima ad Aemaer di far sfollare la gente. Poi, quando tutti erano usciti per tornare nelle proprie case, egli afferrò per il bavero la donna e le chiese rudemente di essere molto più specifica. Tuttavia, la donna iniziò a piangere e a disperarsi. Disse che questa era gente pericolosa, che controllava tutta la malavita della città e che se lei avesse parlato, la sua vita e quella della sua intera famiglia sarebbe stata in pericolo. Escol la lasciò andare. Poi le ricordò che quel mercante, che aveva venduto a quella gentaglia, si fidava di lei, probabilmente pensava che lei fosse sua amica e l’accusò di aver consegnato la sua testa a quei mascalzoni, preparando questo sequestro chissà da quanto. Spaventata e disperata, la locandiera non riusciva a smettere di piangere e di scusarsi per la sua debolezza. Tuttavia Escol non sembrava soddisfatto del suo pentimento. Dopo averle chiesto più volte un nome, un luogo, un particolare, qualunque maledetta cosa, anche la più insignificante, da cui avesse potuto partire per provare a salvare il mercante e dopo aver ricevuto continui silenzi sulla questione, decise di passare alle maniere forti. Egli la mise a sedere e la costrinse a guardare il dito mozzato di Eatfrid. Poi le disse, scandendo ogni singola parola, che se non l’avesse aiutato, le avrebbe tagliato un dito! Visto lo scarso rispetto che mostrava per la vita degli altri, nemmeno lui l’avrebbe avuta nei suoi confronti. La donna continuava a piangere e a scuotere la testa, ormai chiusa in un ostinato silenzio. Al che Escol le afferrò una mano, afferrò il coltello che aveva alla cintura e glielo conficcò sul dorso, fino ad inchiodarla al tavolo! La donna urlava per il dolore, tra lo sconcerto generale. Vala provò ad intervenire, ma Escol le assestò un violento scossone e minacciò tutti gli astanti che avrebbero fatto una brutta fine se si fossero intromessi. La locandiera continuava ad urlare, ma non parlava. Allorché suo marito, terrorizzato in un angolo della sala, non resse più e si fece avanti. Egli rivelò finalmente che a rapire il mercante era stata la Gilda chiamata “The Fellowship of the Jade Dagger”, confermando che aveva messo gli occhi su Eatfrid già da molti mesi. Il mercante si fidava solo di lui e di sua moglie e di nessun altro in quella maledetta città, collusa o sotto costante botta di questi filibustieri. Escol riuscì solo a rispondergli di vergognarsi, per la sua codardia e per la sua infamia. Eatfrid probabilmente non sarebbe sopravvissuto a quel sequestro anche per colpa loro, della loro omertà e dei loro vili silenzi. Detto questo, Escol sfilò seccamente il coltello dalla mano di Lia Grahame, pulendo il sangue sulla tovaglia. Poi guardò intensamente i suoi compagni, pronto a dare loro i prossimi ordini. Tuttavia, Reward sembrava scioccato per ciò che gli aveva visto fare, così come Vala e Hilda. Il solo Aemaer sembrava indifferente all’accaduto. Scorgendo in quegli sguardi, disgusto e ripugnanza, Escol assottigliò gli occhi, chiamando a raccolta l’intera compagnia all’esterno della locanda. Egli spiegò chiaramente a tutti che forse avevano equivocato i suoi modi, scambiando gentilezza per debolezza. Lui aveva a cuore ognuno di loro, questo era vero, ma non avrebbe esitato un secondo a sacrificarli per portare avanti la missione. Ecco perché quei loro sguardi, così rammaricati e delusi, non andavano affatto bene, perché indicavano un affetto e una considerazione nei suoi confronti che egli non poteva permettersi. Quindi si scusò sentitamente con Reward, ma gli disse che non avrebbe potuto più aiutarlo e dunque invocò la clausola, inclusa nel contratto, per tirarsi indietro dai suoi doveri nei confronti di Eatfrid. Reward non riusciva a credere alle sue orecchie, ma Escol fu irremovibile: c’erano delle cose che andavano chiarite tra lui e chi lo seguiva, prima di cacciarsi in una situazione così pericolosa, con zero aiuti da parte della città e probabilmente  avendo contro perfino il governatore stesso. Avrebbero rischiato altrimenti di farsi ammazzare tutti e lui non poteva permetterselo. Gli dispiaceva davvero tanto per Eatfrid, perché era una brava persona, ma questo era tutto. Il mercante, come Reward, avrebbe potuto avvertirlo di un simile pericolo: dubitava che Eatfrid non sapesse nulla a proposito di questa pericolosa setta. Anzi, secondo il suo parere aveva scelto quella locanda perchè era proprio l’unica che si teneva lontana da quella marmaglia di infami senza onore. Fino a quel giorno, evidentemente. Quel giorno avevano scelto di cedere alle loro lusinghe o alle loro minacce. Risaliti sul cavallo in direzione Flutovund, Escol ordinò ai suoi amici che si sarebbero dovuti separare giunti in città. Aemaer annuì, Vala restò silenziosa, mentre Hilda pareva davvero affranta. L’unico che rimase concentrato e determinato fu proprio Escol, che cavalcò tutto il giorno senza mai guardare in faccia uno dei suoi ormai “ex” compagni di viaggio, ed iniziando a pianificare le sue prossime mosse.